La repressione di Cosa nostra è vigorosa, continua, efficace e puntuale. E però chi denuncia il pizzo entra a far parte di una piccola, fragile, per quanto coraggiosa e generosa, minoranza. Anche se rispetto al recente passato il trend è senz’altro positivo, cosa fino a pochi anni fa inimmaginabile, qualcosa continua a non andare. C’è qualcosa di sbagliato, ad esempio, nei meccanismi attraverso i quali si perpetua la classe dirigente della Sicilia. La nebbia è fitta, ma ce ne accorgiamo solo quando “sbattiamo la faccia”, e anche allora ne facciamo solo una questione penale, che va circoscritta, accertata… e fino a quando un giudice non ci dice che ci siamo rotti la faccia, praticamente non è successo niente. Letteralmente, non succede nulla.
La vicenda di Totò Cuffaro, che la Procura di Palermo intende far processare di nuovo, stavolta per concorso esterno in associazione mafiosa, presenta anche alcuni personaggi e alcuni fatti, che con il codice penale – è già accertato – non hanno nulla a che fare. Ma socialmente hanno delle responsabilità. E bisogna gettare una luce su questi fatti, per far diradare la nebbia.
Paolo Borsellino diceva: bisogna distinguere la responsabilità penale da quella politica e sociale. Un politico potrebbe risultare penalmente non responsabile, ma ciò non toglie che possano esserci altre responsabilità che dovrebbero comunque esser sanzionate: dai partiti, dagli ordini professionali, per esempio. E allora proviamo a fare un po’ di luce: magari, in futuro, eviteremo di sfigurare ulteriormente il volto della Sicilia. Continua »
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