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  • I “facinorosi della classe media” ne “L’inchiesta in Sicilia”

    Quando, alcuni anni fa, mi ritrovai per la prima volta tra le mani L’inchiesta in Sicilia di Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, edita da Kalos, pensai di leggere una delle più profonde ed attuali analisi di quella cultura, tipicamente siciliana (anzi palermitana), così allergica a regole “uguali per tutti” come accondiscendente con quella prepotenza che suscita più invidia che civile indignazione: la causa mai seriamente rimossa del mancato sviluppo in senso moderno della Sicilia. Con buona pace dei sicilianisti, una simile inchiesta, nel 1875 come oggi, non potrebbe essere fatta altrove, neanche in quella Campania che pure interessò gli stessi autori e che conosciamo come la Gomorra di oggi. Nel 1875, per cercare di comprendere da vicino il retroterra politico elettorale di Francesco Crispi e per scongiurare i rischi di derive socialiste scatenate dalle umilianti condizioni di vita dei contadini, Leopoldo Franchetti e Sidney Sonnino, parlamentari liberali del nuovo regno unitario, si recarono privatamente in Sicilia per studiarne le condizioni politiche-amministrative e la condizione sociale dei contadini. Riporto, a beneficio di chi non conoscesse l’opera, peraltro introvabile, un significativo passo di Franchetti sulla borghesia palermitana, i cui appartenenti sono significativamente definiti come i “facinorosi della classe media”.

    «Imperocché la città e l’agro palermitano ci presentano un fenomeno a prima vista incomprensibile e contrario alla esperienza generale e alle opinioni ricevute. Ivi l’industria delle violenze è per lo più in mano a persone della classe media. In generale questa classe è considerata come un elemento d’ordine e di sicurezza, specialmente dov’è numerosa, come lo è infatti in Palermo. Noi stessi abbiamo più sopra notato come il suo scarso numero in Sicilia fosse una delle principali cagioni della condizione dell’Isola. Questa contraddizione però è solamente apparente. Invero, quando la classe media non ha preso in un paese una preponderanza di numero e d’influenza tale da assicurare ad una legislazione uguale per tutti il sopravvento della potenza privata, l’osservanza delle leggi, la condotta regolare e pacifica non è più un mezzo di conservare le proprie sostanze e il proprio stato. Ora, la caratteristica essenziale che fa sì che codesta classe sia in generale un elemento d’ordine, è per l’appunto il timore che domina chi la compone di perder ciò che ha acquistato, e la ripugnanza di correr rischi per acquistare di più. Per modo che, quando per le condizioni sociali da un lato, per l’impotenza dell’autorità dell’altro, il rischio non è maggiore a usar violenza che a non usarla, cessa ogni cagione per i membri della classe media, di sostenere l’ordine. Anzi, per poco che abbiano intelligenza, energia e desiderio di migliorare il proprio stato (e in quella parte del territorio dove la classe media sarà più numerosa, saranno pure più numerose le probabilità che si trovino nel suo seno uomini dotati di siffatte qualità), niuna industria è per loro migliore di quella della violenza. Perché portano nell’esercito di questa tutte le doti che distinguono la loro classe, e, in altri paesi, la fanno prosperare nelle industrie pacifiche: l’ordine, la previdenza, la circospezione; oltre ad una educazione ed in conseguenza una sveltezza di mente superiore a quella del comune dei malfattori. Perciò l’industria delle violenze è, in Palermo e dintorni, venuta in mano di persone di questa classe. A quelle deve la sua organizzazione superiore; l’unità dei suoi concetti, la costanza dei suoi modi di agire, la profonda abilità colla quale sa voltare a suo profitto perfino le leggi e l’organizzazione governativa dirette contro il delitto; l’abile scelta delle persone, dalle quali conviene accettare la commissione d’intimidazioni o di delitti; la costanza colla quale osserva quelle regole di condotta, che sono necessarie alla sua esistenza anche nelle lotte che non di rado insorgono fra coloro i quali la praticano.

    Tutti i cosiddetti capi mafia sono persone di condizione agiata. Sono sempre assicurati di trovare istrumenti sufficientemente numerosi a cagione della gran facilità al sangue della popolazione anche non infima di Palermo e dei dintorni. Del resto sono capaci di operare da sé gli omicidi. Ma in generale non hanno bisogno di farlo, giacché la loro intelligenza superiore, la loro profonda cognizione delle condizioni della industria ad ogni momento, lega intorno a loro, per la forza delle cose, i semplici esecutori di delitti e li fa loro docili istrumenti. I facinorosi della classe infima appartengono quasi tutti in diversi gradi e sotto diverse forme alla clientela dell’uno o dell’altro di questi capi mafia, e sono uniti a quelli in virtù di una reciprocanza di servigi, di cui il resultato finale riesce sempre a vantaggio del capo mafia. Il quale fa in quell’industria la parte del capitalista, dell’impresario e del direttore. Egli determina quell’unità nella direzione dei delitti, che dà alla mafia la sua apparenza di forza ineluttabile ed implacabile; regola la divisione del lavoro e delle funzioni, la disciplina fra gli operai di questa industria, disciplina indispensabile in questa come in ogni altra per ottenere abbondanza e costanza di guadagni. A lui spetta il giudicare dalle circostanze se convenga sospendere per un momento le violenze, oppure moltiplicarle e dar loro un carattere più feroce, e il regolarsi sulle condizioni del mercato per scegliere le operazioni da farsi, le persone da sfruttare, la forma di violenza da usarsi per ottenere meglio il fine. È proprio di lui quella finissima arte, che distingue quando convenga meglio uccidere addirittura la persona recalcitrante agli ordini della mafia, oppure farla scendere ad accordi con uno sfregio, coll’uccisione di animali o la distruzione di sostanze, od anche semplicemente con una schioppettata di ammonizione. Un’accozzaglia od anche un’associazione di assassini volgari della classe infima della società, non sarebbe capace di concepire siffatte delicatezze, e ricorrerebbe sempre semplicemente alla violenza brutale».

    Palermo, Sicilia
  • 113 commenti a “I “facinorosi della classe media” ne “L’inchiesta in Sicilia””

    1. Incredibile! Dopo più di 100 anni poco o niente è cambiato. Ma allora non c’è proprio speranza!

    2. bellissimo. Vedrò di procurarmi questo volume

    3. SUD: COME NASCONO CLIENTELISMO, CORRUZIONE E MAFIA SECONDO G. SALVEMINI

      Da Gaetano Salvemini, Scritti sulla questione meridionale, Einaudi, Torino, 1955.

      IL “MINISTRO DELLA MALAVITA”

      Quando gli elettori sono molti, e soprattutto quando la maggioranza del corpo elettorale è formata da lavoratori, che non possono aspirare a impieghi, non concorrono agli appalti e non possono essere tutti conquistati con la corruzione personale, i partiti sono obbligati ad occuparsi degli interessi generali per mantenersi le simpatie della grande massa non legata alla loro causa con vincoli personali. E le pressioni governative hanno generalmente scarsa efficacia.

      Dove, invece, come nell’Italia meridionale, gli elettori sono pochi, e il proletariato non ha peso politico, e domina solo la piccola borghesia improduttiva, e gli interessi generali sono del tutto dimenticati, e ogni lotta politica si riduce alla conquista degli impieghi, degli appalti, dei bilanci comunali, ivi l’influenza del governo non può incontrare nessun apprezzabile ostacolo. Basta, infatti, al governo, intimidire nelle elezioni le poche centinaia di persone aderenti stabilmente al partito, che esso vuole abbattere, e corrompere le poche centinaia di elettori che formano la massa intermediaria; e la vittoria gli è assicurata.

      La corruzione il governo la fa, non solo permettendo la compera dei voti, ma distribuendo, per mezzo del deputato ministeriale, impieghi, porti d’arme, grazie sovrane, condoni di imposte, sviamenti di processi, ecc.
      L’intimidazione si compie per molte altre vie. Il delegato di pubblica sicurezza, specialista in operazioni elettorali, che è distaccato dal prefetto nel Comune in cui occorre dare battaglia, toglie le licenze di minuta vendita agli esercenti contrari al partito, diciamo così, dell’ordine; richiama dal domicilio coatto i malviventi e li aggrega alle squadre di propaganda del partito governativo; sorveglia i seguaci del partito contrario, li provoca, e, al primo scarto, li mette al fresco; chiude gli occhi sulle bastonate, che toccano ai nemici, e interviene energicamente, con la fascia ad arcobaleno sul petto, quando sono in pericolo i congiunti. Negli ultimi giorni che precedono la votazione, il paese è in istato d’assedio: squadre di elettori governativi, tra i quali non mancano mai questurini travestiti in fraterno connubio con la malavita, occupano le strade e i crocicchi; costringono gli elettori avversari a rimanere in casa; invadono i comitati elettorali nemici e li chiudono per forza; fanno guardia ai locali, in cui sono sequestrati gli elettori malsicuri, e li accompagnano a votare con la scheda visibile in mano.

      Questa è la tattica nel caso che il Consiglio comunale sia nelle mani della camorra governativa. Se nel Comune è stabilito un partito d’opposizione, il governo aggiunge lo scioglimento del Consiglio comunale. Il commissario regio riceve dal prefetto, che a sua volta l’ha ricevuta dal deputato, la nota delle persone ai cui servigi egli si deve mettere. I consiglieri indicati dal prefetto sono i capi della fazione, che va messa al potere; amministrano il Comune sotto la maschera del commissario; destituiscono gli impiegati avversari e mettono a posto gli amici; intimidiscono gli incerti e li obbligano a diventare agenti elettorali; moltiplicano le contravvenzioni per l’igiene contro i nemici, annullando quelle degli amici, e lanciandone delle cervellotiche contro i poveri diavoli per poterle poi revocare e accapparrarsi così altri voti; ritirano o concedono, sempre in vista dei voti, i permessi di occupazione del suolo pubblico; adoperano tutti i fondi della beneficienza per la corruzione elettorale; disperdono in un mese tutti gli stanziamenti di un anno per i lavori pubblici, distribuendoli fra gli appaltatori secondo le convenienze elettorali, e ben inteso che gli appaltatori intascheranno i quattrini e non faranno i lavori.

      E il regio commissario firma i mandati, spiega al prefetto la necessità delle canagliate, garantisce da ogni procedimento penale gli amici. Nello stesso tempo studia col microscopio i bilanci dell’amministrazione che è stata tenuta dal partito da stritolare: se irregolarità vengono fuori tanto meglio; se non le trova, le inventa; così sottomette a processo il sindaco e gli assessori contrari, rendendoli ineleggibili. E, se alcuno si arrischia a resistere, è messo in carcere per ribellione sino al lunedì dopo le elezioni, affinchè non possa votare. E se qualcuno è così ingenuo da querelarsi, è sicuro di rimetterci la carta bollata. Così, intimidite le poche centinaia di avversari, e comprate le poche centinaia di incerti, è assai difficile che l’elezione non porti il trionfo del partito protetto dal governo.

      Questi sistemi di oppressione e di corruzione sono stati sempre più o meno, usati dal 1860 ad oggi nell’Italia meridionale.

      fonte:

      http://www.meridiosiculo.altervista.org/

    4. una grande Piovra che stritola da sempre palermo.

    5. Quella era una lettura che non teneva conto del doppio filo che legava quella classe media mafiosa proprio al nuovo stato italiano.
      E infatti siamo ancora a quegli equilibri e sempre sarà così sinché saremo un possedimento italiano: DO il mio fedele sostegno UT DES carta bianca in Sicilia per far quello che mi pare.
      Con buona pace degli “italianisti” come Didonna.

    6. Massimo, nel 1875, ma per alcuni versi ancora oggi, la Sicilia viveva in un contesto sociale e culturale di tipo feudale. La mancanza di un’adeguata tradizione civica, quale quella dei Comuni del centro-nord, spiega un degrado civile e democratico che è preesistente alla venuta dei piemontesi i quali potranno avere tante responsabilità, ma non possono certo fungere da comodo e autoassolvente alibi per la dolorosa storia dei siciliani e dei … sicilianisti.

    7. “La Sicilia lasciata a se troverebbe il rimedio: stanno a dimostrarlo molti fatti particolari, e ce ne assicurano l’intelligenza e l’energia della sua popolazione, l’immensa ricchezza delle sue risorse…Ma noi italiani delle altre regioni, impediamo che tutto ciò avvenga. Abbiamo legalizzato l’oppressione esistente, ed assicuriamo l’impunità all’oppressore”

      (Sidney Sonnino – da Realtà siciliana di G. Garretto);

    8. da Realtà siciliana di G. Garretto

      (Sidney Sonnino – 1877 -)

      « L’ilota dei contadini italiani, il paesano della bassa valle del Po, mangia esclusivamente grano-turco e soffre di fame, anche quando ha il corpo pieno ».

      Pasquale Villari, nel 1867:

      « II contadino della più ricca terra della libera Italia è ancora forzato dalla miseria a dare la caccia ai ranocchi ».

      White Mario, nel 1872, visitando i paesi inondati dal Po, vide molte donne che ricusavano di farsi salvare gridando:

      « Meglio annegare tutti insieme che morire ad uno ad uno di fame ».

      Stefano Jacini, quasi nello stesso tempo:

      « Vi sono miserie inenarrabili, anche laddove la produzione è lussureggiante. Persino nelle vicinanze di Milano languono i contadini più poveri di Europa ».

      E in Sicilia?

      Pontieri, nel suo libro, così antisiciliano, « Tramonto del baronaggio in Sicilia », ha dovuto confessare:

      « Nell’Isola si aveva un benessere innegabile fin negli ultimi ceti della società, in mezzo ai quali, ad esempio, il pane bianco e la buona pasta di frumento erano — cosa rarissima fra le altre plebi rurali e cittadine d’Italia — il naturale nutrimento ».

      Corrado Barbagallo, nel suo libro « Le origini della grande industria contemporanea », considerando le condizioni del Mezzogiorno e quelle del Piemonte e della Lombardia, intorno al 1850, scrive:
      « Si poteva allora parlare di differenze organiche tra Nord e Sud? ».

      « No certamente. Nessun osservatore avrebbe potuto prevedere i rivolgimenti di poi, attraverso i quali il Settentrione della Penisola si sarebbe tanto innalzato, laddove il Mezzogiorno avrebbe perduto tutte le sue industrie, la sua agricoltura sarebbe precipitata in basso e la popolazione, disperata, avrebbe cercato salvezza nelle vie di un esilio volontario ».

      Non c’erano differenze organiche tra Nord e Sud, afferma Corrado Barbagallo.

    9. ” … Ogni giorno che passa diventa sempre più vivo in me il dubbio, se non sia il caso di solennizzare il cinquantennio [dell’Unità] lanciando nel Mezzogiorno la formula della separazione politica. A che scopo continuare con questa unità in cui siamo destinati a funzionare da colonia d’America per le industrie del Nord, e a fornire collegi elettorali ai Chiaraviglio del Nord; e in cui non possiamo attenderci nessun aiuto serio né dai partiti conservatori, né dalla democrazia del Nord, nel nostro penoso lavoro di resurrezione, anzi tutti lavorano a deprimerci più e a render più difficile il nostro lavoro? Perché non facciamo due stati distinti? Una buona barriera doganale al Tronto e al Carigliano. …”

      Lettera di G. Salvemini ad A. Schiavi, Pisa 16 marzo 1911

    10. Salvo ha risposto meglio di quanto avrei saputo fare io. Ma una cosa la voglio puntualizzare. Che la Sicilia abbia avuto una struttura sociale su cui si è innestato il corpo mafioso è indubbio. Non si inventa la mafia a tavolino. Su questo siamo d’accordo. Ma la responsabilità italiana resta tutta. La mafia prima del 1860 non esisteva. E’ la saldatura di taluni ceti ai margini della società durante il regime duosiciliano (che ha pure le sue responsabilità ma ne parliamo un’altra volta) con i nuovi dominatori che ha creato la mafia. E i nuovi dominatori hanno foraggiato da subito “malandrini e briganti”, anzi li hanno letteralmente messo al potere in Sicilia in cambio del loro sostegno. Una rapina coloniale bella e buona con la complicità di una borghesia parassitaria. Poi c’è una contraddizione: se la mafia è specifica siciliana (non si può applicare alla Campania, etc.) che senso ha diluire la Questione Siciliana in quella meridionale? Esiste una Questione Siciliana e non si risolve criminalizzando in blocco il popolo che ne è vittima, ma facendolo camminare sulle sue gambe in modo che le contraddizioni esplodano. Ma ciò nuoce ai poteri forti di chi ci colonizza. E allora continuiamo così. Per altri 150 anni.
      L’ideologia risorgimentale voleva la Sicilia popolo che aveva subito “tante dominazioni” e quindi privo di senso civico, “redento” da Garibaldi e dall’Italia. A parte le mille falsità di questa verità di regime (la più antica costituzione liberale l’abbiamo fatta noi, poi Napoli ce l’ha tolta, e questo lo sai benissimo), in questo “civismo” l’Italia ha clamorosamente fallito.
      Si è rivelata l’ennesima “dominazione” anzi l’unica vera “dominazione”. I Siciliani di oggi pensano allo Stato come a qualcosa di esterno, che o minaccia o dona, mai come a qualosa di proprio. E da questo fallimento dovremmo trarne le debite conclusioni, anche se scomode. Sicilianismo vuol dire ripartire dal Popolo Siciliano, oggi incivile, dopo 150 anni di dominazione italiana e altri 40 di dominazione Sud-italiana. Dopo quasi 200 anni di persone che ci vogliono redimere siamo irredimibili. Forse la cosa migliore è che se vadano tutti, compresi quelli venuti in Sicilia a confondere le idee e radicarci nei nostri complessi.

    11. E bellissimo leggere le vostre lettere.

    12. «E’ noto quale ideologia sia stata diffusa in forma capillare dai propagandisti della borghesia nelle masse del Settentrione: il Mezzogiorno è la palla di piombo che impedisce più rapidi progressi allo sviluppo dell’Italia; i meridionali sono biologicamente degli esseri inferiori, dei semibarbari o dei barbari completi, per destino naturale; se il Mezzogiorno è arretrato, la colpa non è del sistema capitalistico o di qualsivoglia altra causa storica, ma della natura che ha fatto i meridionali poltroni, incapaci, criminali, barbari, temperando questa sorte matrigna con l’esplosione puramente individuale di grandi geni, che sono come le solitarie palme in un arido e sterile deserto. Il Partito socialista fu in gran parte il veicolo di questa ideologia borghese nel proletariato settentrionale; il Partito socialista diede tutto il suo crisma a tutta la struttura “meridionalista” della cricca di scrittori della cosiddetta scuola positiva, come i Ferri, i Sergi, i Niceforo, gli Orano, e i minori seguaci… ancora una volta la “scienza” era rivolta a schiacciare i miseri e gli sfruttati, ma questa volta si ammantava dei colori socialisti, pretendeva di essere la scienza del proletariato.»

      (A.Gramsci – Quaderni vol. III)

    13. C’è da augurarsi che più di un politico nella nostra attuale classe dirigente abbia a cuore la Sicilia e i siciliani come le persone che si confrontano in maniera così alta in questo blog

    14. …leggo da un libro uscito in questi giorni..
      “Il sicilianismo,declinato nelle sue varie forme,è stato il linguaggio politico privilegiato dagli uomini d’onore e dai loro referenti istituzionali..

      Temo molto quello che in questi giorni sta accadendo nella politica siciliana, e lo temo perchè NON LO CAPISCO e soprattutto non riesco ad inquadrare il ruolo dell’Innominato..

    15. Italinanista convinto.

      E’ vero che parti e apparati dello Stato hanno avuto connivenze con il malaffare sin dalla formazione della Nazione ma nulla attecchisce nel nulla… A Palermo si trova terreno fertile.

      Bisogna che i palermitani cambino cultura, siano umili e non arroganti, capiscano che dagli altri possono solo imparare e si rendano conto che con il rispetto delle regole e della legalità si sta tutti meglio…anche economicamente…meditate panormitana gente meditate…

    16. Dopo l’ultimo suo commento qui sopra (26/01 alle 14:52) si conferma che Didonna è il maestro del capovolgimento dei fatti e della mistificazione. Ora ci viene a parlare di tradizione civica degli ex morti di fame del nord, guerreggianti e in bolletta per debiti di guerra ed altri …
      Certo, facile risalire per l’ex Regno dopo essere stato derubato di tutte le ricchezze ed essersi trovato con la violenza e i tradimenti dentro il similStato dalle leggi e ostacoli e oppressioni – imposte dal nuovo similStato allora, e anche dall’attuale similStato in maniera subdola e perversa – che impedivano ogni forma di sviluppo. Altri l’hanno già scritto che il similStato italiano ha legittimato la mafia e se n’è servita; e inoltre lo stesso similStato italiano ha causato il terreno fertile per la crescita di una classe di dilettanti pseudo-politici che non sanno produrre altro che parassitismo e assistenzialismo e inciuci; una classe di pseudo-politici incapaci che hanno dato e danno il colpo di grazia in un disegno decadente voluto da coloro che Didonna vanta, a loro uso e consumo allora come oggi.
      Didonna dimostra ancora una volta di denigrare il popolo siciliano ben al di là dei suoi difetti reali, di capovolgere le verità storiche, di avere il dente avvelenato nonostante dichiarazioni d’amore di facciata; non si capisce perché non se ne torna in Puglia o nella milano degli scandali finanziari e del malaffare diffuso in tutti i posti sociali influenti.

    17. @ Massimo: “La mafia prima del 1860 non esisteva.” Nella ricostruzione ad esempio di Gambetta (The Sicilian Mafia: the Business of Private Protection. Harvard Un. Press) non sembrerebbe essere così. La nascita dell’industria della protezione sembra sia avvenuta con la fine del feudalesimo (1812 in Sicilia) e al tempo dell’unificazione: “le fondamenta di questa particolare industria erano già fermamente presenti” (Gambetta, p. 97)

    18. “Riprendendo le fila del nostro dis­corso, prima di occuparci della mafia del periodo che va dall’unificazione del Regno d’Italia alla prima guerra mondiale e all’avvento del fascismo, dobbiamo brevemen­te, ma necessariamente premettere che essa come associazione e con tale denomina­zione, prima dell’unificazione, non era mai esistita in Sicilia”, e più oltre aggiunge: “La mafia … nasce e si sviluppa subito dopo l’unificazione del Regno d’Italia”.

      (Rocco Chinnici, magistrato palermitano assassinato dalla mafia il 29-07-1983 nella sua relazione sulla mafia tenuta nell’incontro di studio per magistrati organizzato dal Consiglio Superiore della Magistratura a Grottaferrata il 03-07-1978 – da “Scritti Ereticali” del giudice S. Riggio Scaduto)

    19. “1862.Grandissima esasperazione negli spiriti di quei Siciliani che si danno seriamente pensiero delle sor­ti dell’Isola poiché è nato in essi il sospetto che il governo, mentre ostenta il proposito di volere di­fendere la Costituzione e quindi le libertà civili in essa sancite, miri, al contrario, a fiaccare nei Sici­liani ogni sentimento di libertà e di fierezza.

      Si assiste alla continua spedizione nell’Isola di tanti prefetti avventurieri, e di tanti improvvisati organizzatori, ispettori, commissari, espoliatori, e, per dirla alla siciliana, di tanti Verre, che per co­prire la loro incapacità e rapacità, crede opportu­no calunniare il paese, e distruggere quel nazionale sentimento che muove e nobilita la Sicilia.

      Il Governo che da il triste spettacolo di calpe­stare lo Statuto ed ogni legge umana e divina, pre­tende che la Sicilia, dopo d’avere acquistato i suoi diritti per proprio valore, debba adottare l’abnega­zione la più cieca, la più vigliacca e la più co­darda, di farsi impunemente assassinare e infa­mare”

      (Macaluso: Rivelazioni politiche sulla Sicilia e gravi pericoli che la minacciano, Torino, 1863 da Realtà siciliana di G. Garretto);

    20. « Si gridi pure, e gridiamo anche noi con tutte le nostre forze, contro la grave delinquenza che ci affligge. Ma quando si sostiene che ciò dipende dal fatto che la miseria e l’ignoranza sono attaccate alla nostra terra, che noi siamo sospettosi, violenti, ribelli, che in quarant’anni di vita nazionale abbia­mo progredito ben poco di fronte alle regioni d’Ita­lia, lasciate ch’io lo affermi: anche in questo non si arriva a denigrarci, ma si legge nel libro della sto­ria l’atto di accusa contro i nostri millenari sfrutta­tori; non si rileva la causa dei nostri mali, ma si mettono soltanto a nudo i nostri dolori.

      E cosa dice il fatto che la delinquenza dell’Iso­la è alta di fronte a quella delle altre regioni del­l’Italia centrale e settentrionale, se non che dopo aver perduto i nostri padri e i nostri fratelli sui campi di battaglia per l’indipendenza e l’unità d’Italia, siamo stati poi trascurati, spesso abban­donati, ingannati sempre?

      Che cosa ci dice tale dislivello, se non che lo Stato, invece di mettere anche noi nelle condizioni di potere progredire dando agio alla nostra indu­stria agraria di sviluppare, aprendo nuovi sbocchi ai nostri prodotti, fornendoci di strade, di ferrovie, di porti, ha, in 40 anni di vita unitaria, danneggiato le piccole proprietà con un fiscalismo crudele, raf­forzato con i contratti agrari il latifondo, imposto tributi sproporzionati alle nostre risorse? E che, do­po averci fìnanco contesi i tre milioni spettanti alle nostre Università, ci ha ingiuriato volentieri, man­dando fra noi. come in un luogo di pena, i funzionari puniti, e quindi senza quella autorità indispen­sabile per infondere nello spirito pubblico la fede nella giustizia, e ci ha anche tormentati ingerendosi per fini di politica personale, più o meno egoistica, in tutte le amministrazioni affermando, cosciente o incosciente, la prepotenza della mafia? »
      (II Procuratore del re, a Sciacca, nel 1906, alla inaugurazione dell’anno giudiziario- da Realtà siciliana di G. Garretto);

    21. “Io ritengo responsabile primario del mondo mafioso lo Stato, quello stesso che in Italia, dai giorni dell’Unità ad oggi, ha dato la dimostrazione legislativa ed amministrativa dello spregio della legge. Se mafia vuol dire extralegalità, rifiuto della legge, sostituzione del fatto imperioso e prepotente alla norma e al rapporto giuridico, se la mafia vuol dire tutto questo, e contemporaneamente si considera la storia della nostra Isola dal plebiscito ad oggi, ci accorgiamo che si tratta di una sequela di sopraffazioni in cui lo Stato è il primo ad affermare l’inutilità della legge, l’offesa alla legge. Potrei documentare…”
      (Giuseppe Alessi, goà Presidente della Regione Siciliana, in una conferenza su Mafia e potere politico, tenuta a Catania al Palazzo dell’E.S.E. nel 1968 –
      da L’essenza della Questione Siciliana di N. Turco)

    22. “A report from a Neapolitan magistrate in western Sicily demonstrates the extent these coalitions of mafiosi had developed by 1838 … Only three decades later these activities and relationships would be called mafia” (Anton Blok, The Mafia of a Sicilian Village 1860-1960, 1974, Harper)

    23. Non ho capito se quanti sottolineano la (presunta) concomitanza della nascita del fenomeno mafioso con l’unità d’Italia (1860) intendano affermare che l’humus sociale e culturale all’origine di questo fenomeno criminale sia stato in qualche modo introdotto in Sicilia dai piemontesi …
      Attenzione che perdere il senso del ridicolo non è una bella cosa 🙂

    24. Anche per te, Didonna.
      Le responsabilità dei piemontesi sulle connivenze coi mafiosi sono documentate “per tabulas”.
      Sai chi era Liborio Romano? Uno dei più grandi garibaldini napoletani, e un camorrista. Hai mai pensato all’estrazione sociale dei famosi “picciotti siciliani”, “esperti in cospirazione contro le forze dell’ordine” come diceva l’ingenuo Abba nel suo diario?
      Il depistaggio non può più funzionare.
      La feccia della società era nostra, certo, ma sono stati proprio i piemontesi, anzi, gli ITALIANI, a eleggere questa feccia classe dirigente dell’isola.
      E gran parte dei loro discendenti è ancora là a comandare e a sventolare il tricolore.

    25. Non chiedo che regga sul piano storico, se non ti convince l’analisi di due economisti piemontesi puoi sempre leggere Denis Mack Smith …

    26. veramente anche se ci metti l’emoticon sorridente il senso del ridicolo tuo non conosce limiti, quando mistifichi non sei solo ridicolo … Il similpaeseitalia ha legittimato la mafia, l’ha usata e gli ha dato un ruolo pari allo Stato, quasi assente peraltro lo Stato. E non l’hanno fatto solo i piemontesi e i loro complici e finanziatori, per gli altri due eventi storici rilevanti venuti dopo, ultima la liberazione seguita dala democrazia(?), hanno ripetuto lo stesso copione e quindi riconfermato il ruolo della mafia. Se poi tu circoscrivi la mafia alla sola Sicilia non hai capito un tubo del funzionamento del mondo; e non mi riferisco solo alla camorra, all’altra della tua regione e a quella calabrese … e si, in Cina ce l’abbiamo portata noi, come in Russia, come a milano, a proposito come si chiama a milano?
      Didonna fai la persona seria invece di scrivere cretinaggini, al di là del fatto che sembri masochista, non fai altro che denigrare la Sicilia; tornatene in Puglia dove il malaffare è peggio di quello nostrano …

    27. e poi tu che m…nchia ci stai a fare in un posto dove l’humus sociale è mafioso; dovresti essere quantomeno masochista, o cretino; non ti rendi conto di quanto denigri … e non si capisce perché Rosalio che in genere è attento te lo lascia fare.

    28. Gigi Donato è un autore che stimiamo e non vedo perché non dovrebbe esprimere le sue opinioni. Piuttosto invito te a esprimere le tue in un modo rispettoso. Saluti.

    29. Non si capisce, fra queste dotte citazioni, se alla fine la conclusione sia “noi non eravamo mafiosi e voi ci avete fatto diventare tali” oppure se debba essere “noi eravamo mafiosi già in embrione e voi ci avete fatto sbocciare
      Personalmente, considerato che la sicilia è stata sempre colonizzata e comandata da qualcuno, nei secoli, ritengo che l’essere stati dominati per così tanto tempo abbia aguzzato l’ingegno di alcuni, che ne hanno approfittato alla prima occasione buona, rappresentata dall’unificazione del paese.
      E’ come quando uno finisce in prigione. All’inizio se la passa malissimo, poi se rimane vivo, si abitua e, se è sveglio, dopo qualche anno arriva persino a comandare, contando sui rapporti che nel frattempo ha stabilito con le guardie…

    30. Rosalio, io ho usato quel tono per diversi motivi che hai capito benissimo, poiché non hai censurato il post. Ma Didonna quando decide di mistificare e denigrare usa metodi subdoli. Lui non ha detto che il gene siciliano, o per la larga maggioranza dei siciliani, è mafioso, ma poco ci manca. Come se io lo dicessi di altre regioni come la Campania, la Calabria, la Puglia dove la malavita è spietata e il malaffare non ha eguali nel similpaeseitalia, come se lo dicessi per russi o cinesi, come se dicessi che il gene dei piemontesi è fatto di assassini ladri traditori malvagi delinquenti di ogni sorta, come se scrivessi che il gene milanese è fatto da imbroglio tangenti ladri scandali finanziari e altre cose che in fondo sono molto simili agli scopi mafiosi.
      Didonna ha scritto la piu’ grossa idiozia da quando scrive su Rosalio, e pertanto ne ha dette … per esempio che l’opus dei si occupa solo di Spiritualità …
      Io ho notato la differenza tra esprimere un’opinione e i tentativi subdoli di mistificazione con l’aggiunta della denigrazione sistematica di un popolo … non mi permetto di chiedere la censura di nessuno, perlomeno farglielo notare.
      Didonna è “intelligente” e sa che il similpaeseitalia ha determinato ad hoc le condizioni socio-economiche adatte al proliferare della malavita come alternativa e nel caso della mafia in sostituzione dello Stato (sto parlando dell’inizio del similpaeseitalia, ma le scorie si vedono anche oggi), come ha determinato lo stato di bisogno che produce malaffare, incompetenza nella gestione pubblica e impossibilità di gestire per mancanza di mezzi e strutture, ha determinato parassitismo e assistenzialismo, tutti elementi ad uso e consumo della parte – circa la metà – del similpaese che beneficia dell’economia nazionale basata sullo SQUILIBRIO.

    31. “Spioni dell’antica polizia, uscieri, commessi di magazzino, etc., sono oggi nominati giudici, prefetti, sottoprefetti, amministratori…Un mio amico trovava installato, in qualità di giudice, un individuo che, mediante quattro carlini, gli aveva procurato reiterati convegni con una sgualdrina. L’arbitrio governativo non ha limiti: un onesto uomo può ritrovarsi disonorato, da un momento all’altro, per la bizza del più meschino funzionario…Facendo un calcolo approssimativo, possiamo arrivare alla spaventevole cifra, per il Regno delle Due Sicilie, di 52 mila incarceramenti all’anno, di 9.400 deportati all’anno, mentre sotto l’esecrato governo borbonico il numero dei carcerati non oltrepassò i 10 mila e i deportati non arrivarono neanche a 94…Si fucila a casaccio, senza processo, senza indagini…Il reclutamento è stato definito giustamente una tratta di bianchi: si arrestano, si seviziano le madri, le sorelle di ogni presunto refrattario e su di esse si sfrena ogni libidine…”
      (Conte Saint-Jorioz, piemontese, capitano di Stato Maggiore Generale);

    32. “Lo stesso Diego Tajani, mandato in Sicilia quale procuratore generale durante la missione del generale Medici, trovava uno stato di cose veramente incredibile. Le autorità governative, in connivenza spesso con la mafia, esercitavano ingiustizie, ricatti, soprusi e torture indicibili, arrivando ad organizzare, esse stesse, delitti, furti, cospirazioni ed agguati. Il Tajani ne era esterrefatto, e per porre un freno a quella situazione, arrivava a procedere, per omicidio ed altri reati, persino contro il Questore di Palermo, accusandolo di avere agito in pieno accordo con lo stesso generale Medici”
      (Colajanni: nel regno della Mafia – da Realtà Siciliana di G. Garretto)

    33. tornata de’ 20 novembre (atto nr. 234)

      Il deputato di Casoria, il duca di Maddaloni Marzio Francesco Proto, propone il distacco dell’ex Regno delle Due Sicilie dal Regno d’Italia e accusa apertamente il governo piemontese di avere invaso e depredato il Napoletano e la Sicilia:
      “Gli uomini di Stato del Piemonte e i partigiani loro – afferma nella sua mozione – hanno corrotto nel Regno di Napoli quanto vi rimaneva di morale. Hanno spogliato il popolo delle sue leggi, del suo pane, del suo onore… e lasciato cadere in discredito la giustizia… Hanno dato l’unità al paese, è vero, ma lo hanno reso servo, misero, cortigiano, vile. Contro questo stato di cose il paese ha reagito. Ma terribile ed inumana è stata la reazione di chi voleva far credere di avervi portato la libertà … Pensavano di poter vincere con il terrorismo l’insurrezione, ma con il terrorismo si crebbe l’insurrezione e la guerra civile spinge ad incrudelire e ad abbandonarsi a saccheggi e ad opere di vendetta. Si promise il perdono ai ribelli, agli sbandati, ai renitenti. Chi si presentò fu fucilato senza processo. I più feroci briganti non furono certo da meno di Pinelli e di Cialdini.
      Tra l’altro così aggiunge: Intere famiglie veggonsi accattar l’elemosina; diminuito, anzi annullato il commercio; serrati i privati opifici. E frattanto tutto si fa venir dal Piemonte, persino le cassette della posta, la carta per gli uffici e per le pubbliche amministrazioni. Non vi ha faccenda nella quale un onest’uomo possa buscarsi alcun ducato che non si chiami un piemontese a sbrigarla. A’ mercanti del Piemonte si danno le forniture più lucrose: burocrati di Piemonte occupano tutti i pubblici uffizi, gente spesso ben più corrotta degli antichi burocrati napoletani. Anche a fabbricar le ferrovie si mandano operai piemontesi i quali oltraggiosamente pagansi il doppio che i napoletani. A facchini della dogana, a camerieri, a birri vengono uomini del Piemonte. Questa è invasione non unione, non annessione! Questo è voler sfruttare la nostra terra di conquista. Il governo di Piemonte vuol trattare le provincie meridionali come il Cortez ed il Pizarro facevano nel Perù e nel Messico, come gli inglesi nel regno del Bengala.”

    34. Costantino Nigra, diplomatico amico di Cavour, a proposito dei parlamentari eletti nei territori annessi, così si esprimeva in una lettera recapitata al conte:
      “Le spedisco i deputati e i senatori. Vostra Eccellenza vedrà che roba. Ma è malleabile”.

    35. tornata de’ 28 marzo (atto nr. 45)

      Il Brofferio (deputato piemontese, n.d.r.) dice: …Disputate pure di luogotenenze, di governi locali, di governi centrali; sono tutte odiose disputazioni; voi logorerete uomini, leggi e decreti; ma non cangerete le cose. Finché voi vi agiterete nella cerchia fatale, in cui vi siete messi, finché governerete Napoli, come se sapeste di non dovervi restare lungamente, voi non potete reggere. La vostra odiata politica nelle Due Sicilie vi costringe a mantenere una parte dell’esercito per frenarvi le popolazioni turbolente, e quelle armi, di che avreste necessità contro lo straniero, voi dovete impugnarle contro quei popoli anch’essi italiani. … Noi per verità avremmo dovuti andar più cauti nel portare altrove le nostre leggi subalpine. Non vogliamo dimenticare che … nel 1814 il Piemonte divenne uno dei più infelici paesi dell’Italia; mentre tutte le altre nazioni si erano inoltrate, noi retrocedemmo spaventosamente …

    36. tornata de’ 3 aprile (atto nr. 52)

      Il deputato calabrese Greco si restringe a fare alcune osservazioni, tra cui si nota la seguente: …Chiamo l’attenzione de’ ministri su lo stato della finanza napolitana, che lamentasi di essere molto stremata a causa del lusso di pensioni e di soldi accordati a coloro, che non tutti li hanno meritati; anzi in questi ultimi giorni la Finanza di Napoli è stata chiusa per mancanza di numerario, e gli impiegati non hanno avuti i loro soldi … E per fare qualcosa utile domando una commissione d’inchiesta, che eserciti un sindacato su ciò che si è fatto del denaro pubblico, e le cariche conferite e da conferirsi, su’ bisogni reali del paese, sul modo di ovviarli, per renderne poi conto al Parlamento (dolorosissima verità, che troppo compruova quale dilapidazione siasi fatta de’ tanti milioni in numerario, dotazione de’ pubblici banchi, accumulata con sapiente economia ne’ 29 anni di regno di Re Ferdinando II, che resero le Finanze napolitane le più floride d’Europa; e il corso di quella rendita il più elevato di tutte le altre nelle borse di cambio del mondo intero).

    37. tornata de’ 4 aprile (atto nr. 53)

      Il deputato Ferrari: …e il mio timore si aggrava quando considero le condizioni storiche delle due Sicilie, la cui tradizione si spinge assai più lungi nella notte de’ secoli, che non giunga la real casa di Savoia … [Napoli] è dessa ancora la terza Capitale d’Europa … io desidererei che l’annessione fosse differita …

      Il deputato Petruccelli (di Moliterno in Basilicata): …Nelle province Napolitane vi sono dieci milioni di moggia di pubblico demanio. Sapete voi quanto ne resta? … la massima parte è stata occupata da’ convicini possidenti. Ora questo popolo non vuole già la restituzione del Demanio per ripartirselo, ma vuole che lo si restituisca a’ Comuni, appartenendo a’ quali, il popolo, che nulla possiede, che è proletario, avrà dove tagliare legna d’inverno per riscaldarsi, dove condurre il bestiame al pascolo. E lo stesso deputato Petruccelli continuando a scagliarsi contro il governo luogotenenziale, di cui relama l’abolizione, conchiude così: I Borboni avevano una legge organica amministrativa, che fissava la cifra degli impiegati. Questa cifra è stata da Voi enormemente superata. Gli impiegati si sono elevati al di là di sessantaquattromila …[provenienti dal Piemonte, n.d.r.]

    38. Il deputato siciliano Bruno: … La Sicilia sotto i Borboni offrì per molti anni l’edificante spettacolo, che furti non ne succedevano assolutamente, e si poteva passeggiare per tutte le strade, ed a tutte le ore, senza la menoma paura di essere aggrediti, né derubati …

    39. tornata de’ 16 aprile (atto nr. 62)

      Il deputato Petruccelli dice: … la politica del governo vive di spedienti, di perfidie, di violenze, di violazioni …

    40. tornata de’ 6 maggio (atto nr. 109)
      Il deputato San Donato prende la parola: … sono nove mesi che la guardia nazionale sta facendo solo continuamente fucilate.

      Il deputato Ferrari lamenta che solo attraverso i giornali stranieri riesce a conoscere le notizie degli avvenimenti che accadono nelle Due Sicilie e che i giornali italiani sono pieni di falsità e nascondono sistematicamente la verità.

    41. Il deputato Plutino: … nell’Italia meridionale, appena passò il dittatore Garibaldi, nella provincia della Calabria sorsero ivi non solo de’ contrabbandieri, ma si organizzarono anche delle associazioni sotto il nome di camorristi, che sostituendosi al governo vollero a loro particolare profitto esigere le imposte …

    42. tornata de’ 24 giugno (atto nr. 219)

      Il deputato Ricciardi su la proposta fatta dal ministro de’ lavori pubblici per una stazione ferroviaria in Torino, osserva: Non posso fare a meno di manifestare l’immensa mia meraviglia nel vedere, che siasi potuto pur pensare a chiedere in questi momenti, due milioni settecentomila lire per una spesa non indispensabile. In un momento, in cui tutti parlano della necessità della più rigida economia; in un momento, in cui il tesoro di Napoli, in specie, è in tali ristrettezze, che appena è dato sovvenire alle spese più urgenti.

    43. Il deputato Pisanelli: … In fatti, non vi è istituzione pubblica, collegi, università, amministrazione, educandati, ecc. ecc., a Napoli, che non sieno stati sciolti, unicamente perché non avevano i regolamenti piemontesi.

    44. Nino Bixio, autore dell’eccidio di Bronte, nel ‘63 proclamò in Parlamento: “Un sistema di sangue è stato stabilito nel Mezzogiorno. C’è l’Italia là, signori, e se volete che l’Italia si compia, bisogna farla con la giustizia, e non con l’effusione di sangue”

    45. Patrick Keyes O’Clery, irlandese, eletto parlamentare in Inghilterra, dà la parola alla Guida della Sicilia una guida turistica per inglesi, scritta da un certo Murray, che metteva in guardia: “Le strade siciliane non sono più sicure come al tempo del governo borbonico, il quale. Pur con tutti i suoi errori ebbe il merito di rendere le sue strade sicure come quelle del Nord Europa”.

    46. Nessun problema si è mai risolto semplicemente negandolo. Ecco perchè, dopo più di 130 anni, scorrendo gli scritti di Franchetti, sembra di leggere un’acuta analisi della società siciliana d’oggi: manca solo un capitolo dedicato ai sicilianisti, i difensori d’ufficio, anche contro le evidenze della storia e della cronaca, di un orgoglio ferito sicuramente degno di miglior causa.

    47. “…lo stato italiano era una feroce dittatura che ha messo a ferro e fuoco l’Italia meridionale e le isole, crocifiggendo, squartando, seppellendo vivi i contadini poveri che gli scrittori sardi (leggi “piemontesi” o comunque “italiani”, n.d.r.) tentarono di infamare con il marchio di briganti”.
      A. Gramsci

    48. Da Cronaca degli avvenimenti di Sicilia del 1863 ove venivano raccolti gli articoli dei giornali italiani ed esteri dell’epoca – archivio privato di Carlo Alianello autore di “La Conquista del Sud”:

      « L’altro deputato siculo D’Ondes Reggio ripete le stesse interpellanze del Crispi e con rammarico accenna che cinque cittadini siano stati fucilati senza essere stati sottoposti a processo regolare, e tra le altre cose, osserva: “Questi cinque di Castellammare saranno stati ribelli; almeno credo che tali saranno stati, perché appunto, non essendovi ancora giudizio, io non so che cosa veramente fossero… Quei cinque dovevano avere il tempo ed i mezzi di difendersi, dovevano essere giudicati da magistrati, quali dalla legge sono stabiliti. Di essi era necessario veder chi veramente fosse stato reo, o no, e se questo reo fosse colpito dalla pena dell’estremo supplizio o da un’altra pena più mite. Poteva tra loro trovarsi un minore… coloro potevano essere innocenti; e non è questa la prima volta che de’ ribaldi si impadroniscono degli innocenti e li costringono di stare in mezzo a loro con le armi alla mano; quindi poteva anche ben darsi che tra quei cinque si trovasse non solo un innocente, bensì un uomo che fosse d’idee liberali e, ciò non ostante, fosse stato trucidato… Signori, crudeli e feroci sono i selvaggi, i deboli, i timidi, gli improbi; ma i civili, i forti, i probi, i magnanimi, sono di sensi umani, vogliono la giustizia ed anche perdonano*.

    49. Da Cronaca degli avvenimenti di Sicilia del 1863 ove venivano raccolti gli articoli dei giornali italiani ed esteri dell’epoca – archivio privato di Carlo Alianello autore di “La Conquista del Sud”:

      « E nella stessa tornata l’anzidetto Crispi in replica aggiunge altre accuse per arresti arbitrari, uccisioni impunite, ecc. ecc.

      « II deputato Cordova rivela i seguenti abusi: 1) Negli uffici delle dogane di Sicilia furono nominate persone idiote e analfabete. 2) In Palermo i doganieri rubano, ed in Messina gli impiegati sono uccisi, occupando il loro posto gli uccisori. 3) In Siracusa gli impiegati sanitari degli ospedali sono il quadruplo del numero degli infermi. 4) Gli impiegati in Sicilia sono enormemente moltiplica ti e, sotto questo aspetto, era assai migliore il governo borbonico, il quale per la Luogotenenza spendeva novecentomila lire meno del governo piemontese. 5) Si danno tristissimi esempi al popolo e questo impara il male dai governanti. Per far denari, illecitamente gli impiegati al lotto inventano Giuocate ideali. 6) Non potendosi riscuotere le imposte, si ricorre a percezioni immaginarie.

    50. « In Marsala, come in tutti i paesi dell’Italia meridionale, vi sono pochi renitenti alla leva, che si son dati alla campagna. In un subito, invece di rintracciarli all’aperto, si vede bloccato il paese da duemila soldati, comandati da un maggiore, che intima al municipio di consegnare fra dieci ore gli sbandati; perché, in caso contrario, essi e il paese ne avrebbero fatto mallevadori. Da principio il sindaco si spaventa; poi, fattosi animo, cominciò a protestare contro quel vandalismo. Indarno! Le proteste nulla valsero; vennero intercettate tutte le comunicazioni che danno vita al commercio e furono arrestati proditoriamente ben tremila campagnoli, mentre attendevano ai loro lavori nei propri pacifici poderi, e vennero quindi gettati, come sacchi di paglia, in una catacomba non mai adoperata sotto i Borboni, dove certamente avrà a deplorarsi qualche infortunio, essendo un antro oscuro e privo d’aria.

    51. Il mack Smith è uno storico metodologicamente poco affidabile. Non ha passato un giorno a consultare mezzo archivio di tutto il materiale documentario esistente in Sicilia, né la folta letteratura di studiosi ed eruditi locali che su quegli archivi e documenti avevano passato la loro vita.
      Ha scritto la sua storia … dall’Inghilterra, sfruttando materiale storiografico italiano di seconda mano, soprattutto storia vista dai nordisti. Le conseguenze sono talvolta paradossali, come quando arriva ad affermare che la vita in Sicilia si sarebbe fermata per parecchie decadi dopo il terremoto di fine ‘600 e che l’università di Catania sarebbe rimasta chiusa per diversi anni.
      Mentre è invece documentato che le attività didattiche ripresero letteralmente pochi giorni dopo, tra le macerie del sisma, e che la ricostruzione del Val di Noto fa impallidire gli intrallazzismi odierni, consegnando al mondo un patrimonio artistico di valore inestimabile, e quel che è più rilevante, costituito tutto in meno di vent’anni. Altro che fatalismo, dominazioni, etc. E tutto ciò fu fatto con soldi delle amministrazioni municipali, feudali, religiose e statali (cioè dello stato siciliano). Non uno scudo venne dalla Spagna che, secondo la vulgata, a quei tempi “ci dominava”.
      La Sicilia non era “dominata da secoli” quando venne Garibaldi. Vedo che la scuola italiana ha fatto danni indelebili. Aveva soltanto perso l’indipendenza nel 1816. Prima era in “unione personale” con corone estere, ma era completamente sovrana al suo interno. La teoria delle dominazioni è completamente priva di fondamento.
      Le istituzioni municipali nell’antico regime erano libere. Dopo la rivolta di Giuseppe Alesi, nel 1647, nel Senato palermitano (specie di Giunta) potè entrare anche il rappresentante del Popolo e non più solo quelli del patriziato. Ma anche prima nel Consiglio (un po’ come il Consiglio di oggi) le corporazioni artigiane erano sempre state rappresentate sin dal lontano Medioevo.
      Le votazioni in siciliano antico avevano addirittura un termine, “squittini”, più o meno “scrutini”. Certo non votava il proletariato, né i mendicanti, né il sesso femminile, ma così anche in ogni altra parte del mondo. Così almeno nelle città demaniali, piccole repubbliche in realtà. Gli stati feudali erano invece piccoli principati autonomi, governati in modo assoluto dai feudatari, i quali però in genere delegavano l’amministrazione alle oligarchie paesane (forse questo è in nuce l’antenato più remoto della mafia? sì, ma… un po’ come i dinosauri con gli uccelli…). C’era una giustizia a tre livelli: la prima era la corte baronale o municipale, poi in appello la corte distrettuale, e infine la Gran Corte Civile e Criminale a Palermo. Le nostre leggi, da Federico II in poi, all’avanguardia sino alla Rivoluzione francese.
      Ho tra le mani un libro di diritto privato siciliano del 1773: è espressamente menzionato il possesso dei diritti civili (non di quelli “politici”) come la proprietà, la libertà nei negozi etc. anche per “mauri” (musulmani) e “iudei” (ebrei), sebbene all’epoca la loro presenza doveva essere soltanto sporadica.
      Insomma non eravamo poi così incivili come ci vogliono far credere.
      Dopo la cura di 40 anni di polizia duosiciliana e 150 di falsa democrazia e unità d’Italia sembriamo lo scarto del Paese. E in più dobbiamo subire il dileggio antropologico (oltre il danno la beffa) di sentirci dire che la colpa è della nostra cultura: siamo mafiosi di razza? E allora lasciateci in pace, se siamo così irredimibili.

    52. « In seguito venne pregato il prefetto della provincia perché cooperasse a far cessare quello stato violento; ma, avutane conoscenza, il maggiore aumentò gli arresti, le minacce, le persecuzioni, le torture de’ malcapitati, come se fossimo ai tempi di Attila. Grande è il terrore nel paese, il piagnisteo di tanti infelici che non possono guadagnarsi il pane della giornata; l’atroce spasimo dei carcerati sotto terra, che esce come rombo apportatore della bufera, le strida di tanti bimbi che, dimenandosi con le manine, cercano la madre che li allatti… Ma perché tanto strazio? 9 « Ma gli spiriti faziosi aborrono la storia veridica dei loro torti e, per impedire che si faccia la luce sui tenebrosi intrighi dei partiti, costringono al silenzio i campioni della giustizia, i quali non sono mai rassegnati a mentire. Eppur, tra il coraggio che soccombe e la dignità che si perde, si fa talora sentire una parola ferma ad intonare il vero.

    53. « Tale è la solenne interpellanza del deputato siciliano Ondes Reggio 10 che, narrando le atrocità governative, commesse in nome del regno d’Italia sulle sventurate popolazioni della Sicilia, dice tra le altre cose: « “Devo esprimere a voi fatti miserandi e sui quali il ministero non accetta l’inchiesteti Eppure non si tratta di partiti politici; ma dei diritti, della giustizia e dell’umanità orrendamente violati! I siciliani non hanno avuto mai leva militare, e repugnano ad essere arruolati… il Governo ha fatto per la Sicilia una legge eccezionale, che è eseguita con ferocia” ».

    54. L’Ondes Reggio, continua la Cronaca, « da lettura di un documento ufficiale dal quale risulta essersi dato ordine, nella sera del 15 agosto 1863 dal maggiore Frigerio, comandante piemontese del comune di Licata, di doversi presentare tra poche ore i renitenti di leva, ed in pena si priva d’acqua quella città di 22 mila abitanti, si vieta ai cittadini di uscire di casa sotto pena di subitanea fucilazione e di altre più severe misure. “In Licata dunque vennero chiusi in carceri le madri, le sorelle, i parenti dei contumaci alla leva, sottoposti a tortura fino a spruzzarne il sangue dalle carni; uccisi i giovinetti a colpi di frusta e di baionetta; fatta morire una donna gravida! « “II proclama e la condotta del militare di Licata furono imitati a Trapani, Girgenti, Sciacca, Favara, Bagherìa, Calatafimi, Marsala, ove fu distrutto anche il raccolto del vino, e in altri comuni” ».

    55. Sempre l’Ondes Reggio « da lettura dell’ordinanza d’un altro comandante piemontese che dispone l’arresto di tutti coloro dai cui volti si sospetti d’essere coscritti di leva, e anche l’arresto dei genitori e dei maestri d’arte dei contumaci: « “Questo avveniva a Palermo: i cittadini ricorsero al Prefetto che rispose nulla sapere e nulla potere! In una città di 230 mila anime, il capo del governo nulla sa, nulla può! « “Questa lunga Iliade finiva con due catastrofi: la prima fu quella di Petralia; una capanna fu circondata dalla truppa, non per trovare un coscritto, ma per chiedere informazioni; gli abitanti erano tre, padre, figlio e figlia, e questi tre furono bruciati vivi per non aver voluto aprire! « “L’altra catastrofe fu il povero muto Cappello di Palermo, rinchiuso nell’ospedale e stimmatizzato con 154 ferite fatte da ferro rovente; la madre potrà finalmente vedere suo figlio, inzuppare un fazzoletto nel sangue di lui, dargli un pane perché lo avevano affamato… Io non ho fiducia negli agenti del governo: sono tre anni che si commettono atrocità innumerevoli, e non fu mai punito un funzionario reo, nemmeno quello che fu convinto d’aver fucilato cinque innocenti! È pure l’autore delle atrocità di Calabria [Fumel] che furono denunziate in questa stessa Camera. Mi direte che le Giunte e i Consigli municipali si dichiarano contenti del governo e fanno indirizzi di ringraziamento per le atrocità commesse dagli agenti governativi? … Anche il Senato romano votò ringraziamenti a Nerone che aveva uccisa la madre e bruciata Roma!…”.

    56. « Nella tornata dell’indomani il deputato Mordini osserva: “Gli atti del governo sardo nella Sicilia hanno l’impronta della barbarie; e lo stato desolante della Sicilia è tale che i ministri non hanno osato di consigliare al re di visitarla”.

      « II deputato Miceli aggiunge: “I fatti atroci, le violenze, gli arbitri… sono l’abituale sistema dell’attuale governo in Sicilia e anche nel continente; il governo avrebbe agito più francamente se avesse del tutto abolito lo Statuto, come già proponeva ai ministri il prefetto d’Avellino, signor De Luca”.

    57. « …nella sussecutiva tornata, il deputato Crispi, enumerando l’esuberanze stesse, dice: “L’unico vantaggio ottenuto dal governo di Torino nella Sicilia è quello di aver riempito le carceri di disgraziati!”.

    58. « E con maggior successo, la tornata dell’8 maggio 1863 nel parlamento inglese offre il più solenne sviluppo sui fatti dell’Italia meridionale. Corredati da ufficiali documenti primeggiano i discorsi dei deputati lord Enrico Lennox, Cavendish-Bendik, sir G. Bowier, M. Cochrane e N. MacGuire. « Le rivelazioni ivi espresse sono i corollari dei fatti sinora sobriamente accennati in questa Cronaca, tra i cui brevi confini non è dato riportare estesamente le arringhe di quei valentuomini, e soprattutto quella del primo, tanto più autorevole in quanto che personalmente ha visitato i paesi, a garantire i fatti che vi accadono. Nel discorso però dell’ultimo di essi si coordinano varie particolarità, per le quali meritano attenzione i seguenti periodi: « Dopo aver fatto allusione con raro talento alle deplorabili simpatie di alcuni membri del Gabinetto britannico per le innovazioni d’Italia, il signor Mac-Guire accenna allo scopo cui egli mira, d’accordo con gli onorevoli preopinanti: “Limitarsi cioè ad impegnare il governo inglese nel nome della comune umanità, perché s’interponga a prevenire la continuazione delle atrocità che si commettono nelle Due Sicilie, delle quali il medesimo governo è in gran parte responsabile, per avere col peso della sua influenza fatta traboccare la bilancia a prò del Piemonte, e a danno del giovane re Francesco II, lasciandolo fra le mani dei traditori…”.

      « E continua l’eloquente oratore: “Per me, io non credo nell’unità d’Italia e la ritengo una smodata corbelleria. L’Italia è come un castello di carte, al primo urto sicuramente andrà in pezzi… Voi potete piuttosto sperare di unire le varie nazioni del continente europeo in una sola nazione che unire l’Italia del Sud a quella del Nord, e rendere i napoletani contenti di vivere sotto il giogo di un popolo che disprezzano come barbaro, ed odiano come oppressore.

      « “Non vi può essere storia più iniqua di quella dei piemontesi nell’occupazione dell’Italia meridionale. Vittorio Emanuele era alleato intimo del papa, e del Re di Napoli; gli ambasciatori degli uni e degli altri erano nelle rispettive corti; amichevoli relazioni si conservavano, senza esservi la minima cagione di querela. Vittorio Emanuele pretese che unico suo scopo era quello di prevenire ogni possibile rivolta e, sotto questo specioso pretesto, invase i domini del Re di Napoli e se ne impadronì con la forza delle armi, dopo averne minato il trono con una sistematica rete d’infernali perfidie… Intanto, qual è il risultato? In luogo di pace, di prosperità, di contento generale che si erano promessi e proclamati come conseguenza certa dell’unità italiana, non si ha altro di effettivo se non la stampa imbavagliata, le prigioni ripiene, le nazionalità schiacciate, ed una sognata unione che in realtà è uno scherno, una burla, una impostura”.

    59. w verdi e w l’italia

    60. “Desidero sapere in base a quale principio discutiamo sulle condizioni della Polonia e non ci è permesso discutere su quelle del Meridione italiano. E’ vero che in un Paese gl’insorti sono chiamati briganti e nell’altro patrioti, ma non ho appreso in questo dibattito alcun’altra differenza tra i due movimenti”
      (Benjamin Disraeli, alla Camera dei Comuni del parlamento inglese, nel 1863.)

    61. “L’Italia campo vastissimo di esecrabili delitti; l’Italia paese classico d’imperiture memorie, dove oggi giac­ciono prostrati al suolo e conculcati tutti i dritti… e rovesciati dalla rivoluzione; l’Italia, dove per sostenere quanto gli usurpatori hanno denominato liberalismo si stanno sbarbicando dalla radice tutti i dritti, manomettendo quanto vi ha di santo e di sacro sulla terra… Italia, Italia! Dove sono devastati i campi, incenerite le città, fucilati a centinaia i difensori della loro indi­pendenza!”.

      Arringa del deputato Nocedal, nella tornata del 7 dicembre 1863, nel parlamento di Madrid.

    62. “… per duemila anni l’Italia ha portato in sé un’idea universale capace di riunire il mondo, non una qualunque idea astratta, non la speculazione di una mente di gabinetto, ma un’idea reale, organica, frutto della vita della nazione, frutto della vita del mondo: l’idea dell’unione di tutto il mondo, da principio quella romana antica, poi la papale. I popoli cresciuti e scomparsi in questi due millenni e mezzo in Italia comprendevano che erano i portatori di un ‘idea universale, e quando non lo comprendevano, lo sentivano e lo presentivano. La scienza, l’arte, tutto si rivestiva e penetrava di questo significato mondiale. Ammettiamo pure che questa idea mondiale, alla fine, si era logorata, stremata ed esaurita ma che cosa è venuto al suo posto, per che cosa possiamo congratularci con l’Italia, che cosa ha ottenuto di meglio dopo la diplomazia del conte di Cavour? E’ sorto un piccolo regno dì second’ordine, che ha perduto qualsiasi pretesa di valore mondiale, … un regno soddisfatto della sua unità, che non significa letteralmente nulla, un’unità meccanica e non spirituale e per di più pieno di debiti non pagati e soprattutto soddisfatto del suo essere un regno di second’ordine. Ecco quel che ne è derivato, ecco la creazione del conte di Cavour!”

      Fè’dor Michajlovic Dostoevskij nel suo diario per il periodo maggio – giugno 1877

    63. “Gli oltraggi subiti dalle popolazioni meridionali sono incommensurabili. Ho la coscienza di non aver fatto del male, nonostante ciò non rifarei la via dell’Italia meridionale, temendo di essere preso a sassate, essendosi colà cagionato solo squallore e suscitato solo odio!”.
      Garibaldi ad Adelaide Cairoli in una lettera del 1868

    64. “…Inorridisce davvero e rifugge l’animo per il dolore, ne può senza fremito rammentarsi molti villaggi del Regno di Napoli incendiati e spianati al suolo e innumerevoli sacerdoti, e religiosi, e cittadini d’ogni condizione, età e sesso e finanche gli stessi infermi, indegnamente oltraggiati e, senza neppur dirne la ragione, incarcerati e, nel più barbaro dei modi uccisi… Queste cose si fanno da coloro che non arrossiscono di asserire con estrema impudenza…voler essi restituire il senso morale all’Italia”.

      Pio IX, nell’allocuzione tenuta al concistoro segreto del 30 settembre 1861

    65. vorrei vivere fino a centanni x vedere come cambierà L’ITALIA,spero in un futuro Migliore.

    66. Professor Putnam, la sua graduatoria tra le due Italie, che bolla il Sud, nasce da un curioso “indice di rendimento istituzionale”, cioe’ una classifica sulla efficienza dei governi locali. Qualcuno parla di azzardo scientifico, tra base di partenza e considerazioni finali. Spieghi un po’ come ha lavorato. “Ero nel vostro Paese al debutto delle Regioni e percio’ giudicai una opportunita’ unica studiare sistematicamente il modo in cui le istituzioni si sviluppano e si adattano all’ ambiente sociale. Da allora cominciai un lavoro sistematico, con migliaia di interviste ad amministratori e amministrati, tenendo presenti tutta una serie di indicatori molto diversi tra loro: ad esempio la stabilita’ delle giunte, la capacita’ di legiferare e la capacita’ di spendere, la prontezza nel rispondere alle esigenze dei cittadini. In piu’ abbiamo chiesto alla gente, con sei sondaggi in dodici anni, di valutare l’ operato delle loro Regioni, e abbiamo messo tutto a confronto. Il giudizio medio degli italiani e il nostro erano perfettamente coerenti sulla disastrosa performance di certi governi del Sud”. GGia’ , solo che a questo punto i dati metabolizzati dal suo computer hanno ribaltato il classico approccio aalla questione meridionale. Avete stabilito che alcune Rregioni, anche del Sud, funzionano meglio di altre non soltanto per una questione di risorse economiche e avete introdotto nell’ analisi la variabile storica. “Si e’ visto che il gap tra un’ area e un’ altra dipende moltissimo pure dal cosiddetto civic ness, traducibile col concetto di senso civico, che dipende dai rapporti di reciproco rispetto, collaborazione e mutuo soccorso tra i cittadini, il che e’ tipico delle societa’ a struttura orizzontale, soprattutto del Nord. Al Sud, invece, dai tempi della monarchia feudale normanna all’ intera era moderna, i legami sociali si sono potuti sviluppare solo sull’ asse verticale del privilegio e della clientela, cio’ che ha appunto favorito familismo amorale, malgoverno e mafie. Sia ben chiaro, comunque, che quando parlo di senso civico non alludo a caratteri personali o, peggio, a inferiorita’ razziali. Intendo dire che se il Sud e’ in ritardo cio’ dipende dalla sua triste storia, che l’ ha condannato a un assetto sociale che rende difficile cooperazione, solidarieta’ e controllo politico”. . Nel suo libro lei sostiene che per il Sud “politiche pubbliche migliori devono costruire non solo il capitale fisico (le famose cattedrali nel deserto) ma anche il capitale sociale, cioe’ un tessuto e nuove regole di impegno civile”. Come si fa ad arrivarci presto, a un simile cambiamento, se il presente e’ frutto di lunghi secoli bui? “Le difficolta’ sono enormi, e i tempi potrebbero essere disperatamente lenti. Tuttavia la sfida e’ questa, e sinora nessun governo centrale ci si e’ impegnato. Vedo che parecchi qui da voi sperano che il nuovo corso venga dall’ ingegneria istituzionale e ripongono fiducia quasi unicamente, ad esempio, in diverse leggi elettorali da inventare. Io credo piuttosto che non si cambia davvero se non si incide nel tessuto sociale”.
      “Io non ho scritto alcuna sentenza, semmai lancio l’ invito a un grande impegno, che parta dalla base della societa’ meridionale per superare quegli ostacoli storici investendo, ripeto, sul capitale sociale, sulla gente. Nulla di antiunitario, insomma, tanto piu’ che io traggo molto anche dallo spirito di Machiavelli, non il Machiavelli dei furbi consigli al principe, ma quello che parlando ai fiorentini dell’ eta’ comunale li invitava a non chiudersi e anzi a estendere il tessuto della solidarieta’ “.
      “In politica non esistono santi, al Nord come al Sud. Il vero male dell’ Italia e’ stato il sistema politico bloccato, senza alternanze. C’ e’ un detto inglese molto efficace: il potere corrompe, il potere assoluto corrompe in modo assoluto. Io aggiungerei: il potere ininterrotto, continuo, corrompe in modo continuo. Il Muro di Berlino, per capirci, e’ caduto anche addosso a voi, liberandovi della necessita’ di votare turandovi il naso e alzando finalmente il velo sulla corruzione”.

      Da un’intervista del ’93 al professore Robert Putnam, direttore del Centro per gli studi internazionali dell’ universita’ di Harvard, sul libro “La tradizione civica nelle regioni italiane”, Mondadori editore, che alla sua uscita negli USA e’ stato salutato dall’ “Economist” come “una grande opera che merita di stare al fianco di Tocqueville, Pareto e Weber”.

    67. A questo punto io mi pongo serie domande sulla tua salute mentale e sulle tue facoltà di comprensione; voglio continuare a pensare, nel dubbio, che sei solo un provocatore che fà finta di non capire e mistifica l’evidenza storica per chissà quali oscuri interessi. Certo, col DNA pugliese fatto di atroce violenza e composto da maalavitosi spietati non ti potresti permettere di provocare e denigrare come fai coi siciliani fessi e buoni. Ovviamente ho usato i tuoi toni, perché io non voglio giudicare certi pugliesi su cose peraltro risapute. “La capa gira” .

    68. Proclamazione della corte marziale a seguito della dichiarazione dello stato d’assedio del generale piemontese Pinelli nelle zone di Avezzano

      «Art. 1°. Chiunque sarà colto con arme di qualunque specie sarà fucilato immediatamente.

      Art. 2°. Egual pena a chi spingesse con parole i villani a sollevarsi.

      Art. 3°. Egual pena a chi insultasse il ritratto del re, o lo stemma di Savoia o la bandiera nazionale! »

    69. Ordine del giorno del generale Cugia, prefetto di Palermo.

      20 agosto 1862

      Articolo1°. Il territorio de l’isola di Sicilia è messo in istato d’assedio.

      Articolo 2°. I generali comandanti le truppe della divisione di Palermo e delle subdivisioni di Messina e di Siracusa concentreranno, nei limiti dei loro circondati rispettivi, i poteri militari e civili.

      Articolo 3°. Ogni banda armata e ogni riunione a scopo di tumulto saranno sciolte mercé la forza.

      Articolo 4°. Gli stessi poteri son conferiti al generale comandante le truppe d’operazione sul territorio da queste occupato.

      Articolo 5°. La libertà di stampa è sospesa per i giornali e altri fogli volanti. La polizia procederà all’arresto di chiunque stamperà o distribuirà simili scritti.

    70. Ordine del giorno del generale piemontese frignone.

      Messina, 22 agosto 1862

      Articolo 1°. Si procederà al disarmo generale immediato nelle provincie di Palermo e di tutta la Sicilia.

      Articolo 2°. Sono proibite l’esposizione e la vendita di tutte le armi offensive.

      Articolo 3°. Ogni arma verrà consegnata, entro tre giorni, nelle mani dell’autorità.

      Articolo 4°. I contravventori saranno arrestati, e, secondo i casi, fucilati.

    71. Ordine del giorno del generale Lamarmora prefetto di Napoli.

      Napoli, 25 agosto 1862

      Articolo 1°. Il territorio delle sedici provincie napoletane e delle isole che ne dipendono è messo in istato d’assedio.

      Articolo 2°. I generali comandanti di divisione o delle zone militari assumeranno i poteri politici e militari nei limiti delle loro circonscrizioni rispettive.

      Articolo 3°. Ogni raggruppamento fazioso e ogni riunione tumultuosa saranno sciolti con la forza.

      Articolo 4°. Il porto o la detenzione non autorizzata d’armi d’ogni genere sono proibiti sotto pena d’arresto. I detentori d’armi dovranno dunque consegnarle entro i tre giorni che seguiranno la pubblicazione del presente bando nelle mani delle autorità dalle quali essi dipendono.

      Articolo 5°. Nessuna stampa tipografica, pubblicazione o distribuzione di giornali, fogli volanti o simili può aver luogo senza l’autorizzazione speciale dell’autorità politica del luogo, la quale ha facoltà di sequestrare, sospendere o sopprimere ogni pubblicazione.

    72. Ordine del giorno del capo della polizia di Palermo.

      4 gennaio 1862 ore 8 matt.

      Cittadini, un ufficiale dell’esercito regio, venendo da Castellammare, riporta le seguenti notizie: Le truppe comandate dal maggior generale Quintini, sbarcate a Castellammare, hanno attaccato gli insorti mettendoli in fuga. Delle altre truppe son state inviate, questa mattina, per terminare la distruzione di ogni segno di ribellione. Già si è proceduto a numerose esecuzioni a Castellammare.

      Continuate a conservare la vostra calma abituale e contate sulla sollecitudine e l’energia del governo.

    73. Ordine del giorno del tenente colonnello Fantoni, comandante le truppe di Lucera.

      Lucera, 9 febbraio 1862

      Stato Maggiore del distaccamento dell’8° reggimento di fanteria di linea, di guarnigione a Lucera.

      In esecuzione degli ordini del sig. Prefetto della Capitanata, avendo per fine d’arrivare coi mezzi più efficaci alla pronta distruzione del brigantaggio, il sottoscritto decreta:

      Art. 1°: D’ora in avanti nessuno potrà entrare nei boschi di Dragonara, di S. Agata, di Selvanera, del Gargano, di Santa Maria, di Motta, di Pietra, di Volturara, di Voltorino, di S. Marco La Catola, di Celenza, di Carlentino, di Biccari, di Vetruscelle e di Caserotte.

      Art. 2°: Qualsiasi proprietario, intendente o massaro, sarà tenuto immediatamente, dopo la pubblicazione del presente avviso, a far ritirare dalle suddette foreste tutti i lavoratori, contadini, pastori e caprai etc, che vi si potessero trovare; essi saranno tenuti egualmente ad abbattere gli stazzi e le capanne che vi son stati costruiti.

      Art. 3°: D’oggi in poi nessuno potrà importare dai paesi vicini nessun commestibile per l’uso dei contadini, e i contadini non potranno avere in loro possesso che la quantità di viveri necessaria a nutrire pei una giornata ogni persona della famiglia.

      Art. 4°: I contravventori del presente ordine, esecutorio due giorni dopo la pubblicazione, saranno trattati come briganti, e come tali, fucilati.

      Alla pubblicazione del presente ordine, il sottoscritto invita i proprietari a portarlo subito a conoscenza delle persone al loro servizio, affinchè esse possano affrettarsi a evitare i rigori di cui sono minacciati, avvertendoli nello stesso tempo che il governo sarà inesorabile nella loro esecuzione.

      (In questo modo si condannava a morte non uno, due o tre, non il singolo, ma l’intera popolazione. Quello che oggi si dice correttamente un genocidio. Perché migliaia d’abitanti, residenti nella Capitanata, negli Abruzzi e in un distretto del Molise vivevano letteralmente di quei boschi. Pastorizia, lavoro del legno, pezzi messi a cultura, piccola raccolta, eran vita per quei disgraziati. Il divieto di entrarvi equivaleva a un decreto di morte, anche perché nulla poteva giungere da fuori e quelle foreste erano il naturale ostacolo tra i terrazzani e le rimanenti provincie di Napoli.

      Ma che importava ai piemontesi? Un ministro piemontese, di cui non voglio fare il nome per l’onore dell’Italia, diceva ridendo a un diplomatico inglese il quale disapprovava, a parole si capisce, simili barbarie: « Le Due Sicilie sono le nostre Indie! Voi tenetevi le vostre »)

    74. L’autore del post riesce a stimolare commentatori che risultano testi a favore delle sue tesi.

    75. Ordine del giorno del maggiore piemontese Fumel.

      Ciro, 12 febbraio 1862

      II sottoscritto, incaricato della distruzione del brigantaggio, annuncia che chiunque darà asilo o mezzi di sussistenza o di difesa ai briganti sarà istantaneamente fucilato, come anche quelli che, vedendo i briganti o sapendo il luogo della loro dimora, non ne daranno conoscenza alla forza pubblica o alle autorità civili e militari. È necessario che per la sorveglianza del bestiame si stabiliscano vari centri con una forza armata sufficiente; giacché il caso di forza maggiore non sarà considerato una scusa sufficiente.

      È anche proibito portare pane o altri viveri fuor delle mura del comune, e chiunque contravverrà a questo ordine sarà considerato come complice dei briganti. Provvisoriamente e per questa circostanza, i sindaci sono autorizzati ad accordare il porto d’armi, sotto la responsabilità dei proprietari che ne faranno domanda.

      Anche la caccia è provvisoriamente proibita e non si potrà fare fuoco, se non per annunziare ai posti armati la presenza o la fuga dei briganti.

      La Guardia Nazionale è responsabile del territorio del proprio comune.

      Parecchi proprietari di Longobuco hanno fissato una ricompensa di cento ducati per la distruzione della banda Palmo.

      Il sottoscritto non riconosce ora che due partiti, briganti e controbriganti. Quelli che vogliono restare indifferenti saranno considerati come briganti e misure energiche saranno rese contro di essi, perché è un crimine tenersi in disparte in caso d’urgenza.

    76. Ordine del giorno del maggiore piemontese Fumel.

      Celico, 1° marzo 1862

      II sottoscritto, incaricato della distruzione del brigantaggio, promette una ricompensa di lire cento per ogni brigante che gli verrà consegnato vivo o morto.

      La stessa ricompensa, oltre la salvezza della vita, sarà consegnata al brigante che avrà ucciso uno dei suoi compagni.

      Il sottoscritto notifica che farà immediatamente fucilare chiunque dia ai briganti sia un asilo sia un qual-siasi mezzo di sussistenza o di difesa. Sarà immediatamente fucilato chiunque, avendo visto dei briganti o conoscendo il luogo del loro rifugio, non ne avrà dato immediatamente avviso alla forza pubblica o alle autorità militari.

      Tutti i pagliai devono essere bruciati e le torri e le case di campagna che sono abitate e conservate devono essere scoperchiate entro tre giorni e avere le loro aperture murate. Passato questo tempo saranno date al fuoco, e inoltre saranno abbattuti tutti gli animali non protetti dalla forza pubblica.

      Resta proibito di portare fuori dei villaggi del pane o qualsivoglia sorta di viveri; i contravventori saranno considerati come complici dei briganti.

      L’esercizio della caccia è proibito.

      … Saranno considerati come briganti i soldati sbandati che non si saranno presentati nel termine di quattro giorni.

      Firmato: Fumel.

    77. Ordine del giorno del generale piemontese Boiolo comandante delle truppe mobili nella provincia della Capitanata.

      Foggia, 29 agosto 1862

      In seguito alle dichiarazioni dello stato d’assedio, io assumo in questa provincia i poteri politici e militari e. giovandomi dei poteri a me affidati da questa dichiarazione, io ordino quanto segue:

      Art. 1°: È vietato ad ognuno vendere armi e munizioni di guerra d’ogni specie.

      Art. 2°: II porto e la detenzione d’armi e di munizioni d’ogni sorta, non autorizzati, son proibiti sotto pena d’arresto.

      Art. 3°: Sarà considerato come complice dei briganti, e come tale punito (cioè fucilato), chiunque sarà trovato a portare armi o munizioni o viveri o vestiti, ogni cosa infine destinata ad essere data in riscatto ai briganti.

      Art. 4°: In ogni città o villaggio, dalle 11 della sera alle 14 del mattino è vietato percorrere vie o strade senza un permesso speciale dell’autorità militare, o senza gravi motivi perfettamente giustificabili. Nei paesi dove non risiede truppa, questi permessi saranno dati dai sindaci.

      Art. 5°: Ogni persona in viaggio dovrà essere munita d’un permesso di circolazione, senza il quale sarà arrestata. I forni da pane sparsi per le campagne saranno chiusi a partire dal primo settembre e, a partire da questo giorno, gli utensili che vi si trovano saranno requisiti e le persone che vi lavorano saranno messe in stato d’arresto.

      Io spero che le guardie nazionali uniranno i loro sforzi a quelli della truppa, per giungere, nel più breve tempo, a tale risultat

    78. Ordine del giorno del maggiore piemontese Martini.

      Montesantangelo, 16 settembre 1862

      Tutti i proprietari, massari, lavoratori, pastori, abbandoneranno le loro proprietà, i loro campi, il bestiame, le loro industrie, tutto infine, e si ritireranno dentro ventiquattro ore nel paese dove abitualmente dimorano. Quelli che non si conformeranno all’ordine presente saranno arrestati e condotti in prigione.

    79. Legge Pica-Peruzzi

      Art. 1°. Fino al dicembre del corrente anno 1863, nelle provincie infestate dal brigantaggio e che tali saranno dichiarate, con Decreto Reale, i componenti di comitiva o banda armata composta almeno di tre persone, la quale vada scorrendo le pubbliche strade o le campagne per commettere crimini e delitti, ed i loro complici, saranno giudicati dai tribunali militari di cui nel libro II, parte 2a del Codice Penale Militare e con la procedura determinata dal capo 3° del detto libro [fucilazione].

      « Art. 2°. I colpevoli del reato di brigantaggio, Ì quali armata mano oppongono resistenza alla forza pubblica, saranno puniti con la fucilazione o coi lavori forzati a vita, concorrendovi circostanze attenuanti. A coloro che non opponessero resistenza, nonché ai ricettatori e somministratori di viveri, notizie ed aiuti di ogni materia, sarà applicata la pena dei lavori forzati a vita, e, concorrendovi circostanze attenuanti, il maximum dei lavori forzati a tempo.

      « Art. 3°. Sarà accordata a coloro che si sono già costituiti o si costituiranno volontariamente nel termine di un mese dalla pubblicazione della presente legge la diminuzione da uno a tre gradi di pena. Tale pubblicazione dovrà pertanto esser fatta in ogni comune.

      « Art. 4°. Il Governo avrà pure facoltà dopo il termine stabilito nell’art. precedente, di abilitare alla volontaria presentazione col beneficio della diminuzione d’un grado di pena.

      « Art. 5°. Il Governo avrà inoltre la facoltà di assegnare per un tempo non maggiore d’un anno un domicilio coatto agli oziosi, ai vagabondi, alle persone sospette secondo la designazione del Codice Penale, nonché ai camorristi e sospetti manutengoli dietro parere di giunta composta dal Prefetto, dal Presidente del tribunale, dal Procuratore del re e da due consiglieri provinciali.

      « Art. 6°. Gli individui di cui nel precedente articolo, trovandosi fuori del domicilio loro assegnato, andranno soggetti alla pena stabilita dall’alinea 2 deJ-l’art. 29 del Codice Penale che sarà applicata dal competente tribunale circondariale.

      « Art. 7°. Il Governo del re avrà facoltà d’istituire compagnie o frazioni di compagnie di volontari a piedi o a cavallo, decretarne i regolamenti, l’uniforme e l’armamento, nominandone gli ufficiali e Regi Ufficiali, e ordinarne lo scioglimento. I volontari avranno dallo Stato la diaria stabilita per i militi mobilitati; il Governo però potrà accordare un soprassoldo il quale sarà a carico dello Stato ».

    80. Ordine del giorno del deputato Gaetano Del Giudice, prefetto della Capitanata.

      Foggia, 18 aprile 1862

      Per affrettare l’estinzione del brigantaggio, il prefetto ha l’intenzione di ricorrere alla cooperazione dei guardiani a cavallo delle proprietà private. Disuniti essi non possono niente, né per se stessi né per quelli che servono e inoltre, per il numero sempre crescente di banditi, son stati costretti ad abbandonare le campagne e di chiudersi nei paesi. Io ho pensato di formarne delle squadre che potranno rendere importanti servizi alla sicurezza pubblica, vista la pratica che hanno questi uomini dei sentieri più fuorimano.

      I proprietari, ne son sicuro, non mancheranno di corrispondere a questo invito del governo. Io ho persuaso il comandante della provincia, colonnello Materazzo, a raccogliere i nomi di quelli che si presenteranno e a organizzarli a squadre. Le guardie devono avere delle armi e un cavallo.

      I più notabili cittadini hanno volontariamente aperta una sottoscrizione per sovvenire alle spese di questa nuova milizia, e, in due giorni nella sola città di Foggia, han raggiunto la cifra di cinquemila ducati. Le altre città seguiranno questo patriottico esempio. Così le forze del paese, riunendosi, ci potranno ridare quella sicurezza interna che abbiamo perduto.

      Questo era un vero e proprio invito alla guerra civile e il governo subalpino, accettandolo e facendolo suo, aggiunse un segno nuovo d’impotenza, di fronte a quella disperata resistenza che sino allora era parsa, per l’innato disprezzo verso il Sud, non solamente improbabile, ma anche impossibile.

    81. niente di piu’ normale della nascita di un’organizzazione secreta,che si sostituisse al malgoverno…o mi sbaglio?

    82. Il Contemporaneo di Firenze pubblicava, in quel periodo, una “statistica di soli nove mesi di reazioni nelle province meridionali”: “Morti fucilati istantaneamente 1841; morti fucilati dopo poche ore 7127; feriti 10604; prigionieri 6112; sacerdoti fucilati 54; frati fucilati 22; case incendiate 918; paesi incendiati 5; famiglie perquisite 2903; chiese saccheggiate 12; ragazzi uccisi 60; donne uccise 48; individui arrestati 13629; comuni insorti 1428 “.

    83. Napoleone Colajanni : “ Quando in Palermo si presentò all’esame di leva un certo Cappello, non si prestò fede al suo reale sordomutismo e lo si voleva costringere a parlare applicandogli bottoni di fuoco sulle carni. Il suo corpo fu reso una vera piaga”.

      Per aver applicato, per ben 154 volte, il ferro rovente sul malcapitato Cappello, il medico militare Restelli riceveva la decorazione con la croce dei Santi Maurizio e Lazzaro.

    84. Nessuno sa se la stessa decorazione era assegnata al tenente Dupay, savoiardo, per una brillante ed eroica operazione eseguita nel territorio delle Petralie. “Questo ufficiale – dice ancora il Colajanni – si presentò di notte, con gli uomini della sua colonna, in una casina, i cui abitatori, temendo dei briganti, non vollero aprire. Allora il prode militare la circondò di fascine, vi applicò il fuoco e fece morire soffocati i disgraziati che legittimamente resistettero ai suoi ordini”.

      A Licata, il comandante di un battaglione di fanteria, maggiore Frigerio, dopo avere assediato la città, faceva pubblicare per le sue strade un manifesto in cui minacciava l’interruzione dell’acqua agli abitanti e la fucilazione a chi si fosse trovato fuori di casa prima della completa individuazione di tutti i renitenti.

      Soltanto l’intervento del viceconsole inglese e la dimostrazione della guardia nazionale riuscivano a convincere l’ufficiale a desistere dai suoi propositi.

    85. A proposito di humus sociale e culturale pugliese:
      “Ancora di più sotto gli Aragonesi (1442-1503), si aggravò il processo di feudalizzazione della regione, e si manifestarono i fenomeni del latifondismo, del disordine giudiziario e amministrativo, e della perdita della sicurezza privata. Otranto, Trani e il principato di Taranto costituirono delle formazioni indipendenti dalla Corona, con l’apporto di alcune potenti famiglie feudali (i Caldora, i Caracciolo di Martina, i Brienne, gli Orsini di Gravina e Solofra, i Pignatelli e altre).
      Fu la dominazione borbonica del XVIII secolo, ad apportare finalmente qualche miglioramento, con la costruzione di strade, porti etc.., e le riforme del periodo napoleonico (1806-1815), in particolare l’abolizione della feudalità, la ristrutturazione dei latifondi e delle terre pubbliche e diversi miglioramenti in campo giudiziario.
      Molti dei più celebri briganti della Puglia meridionale elessero l’impenetrabile Bosco Pianelle, con le grotte che si trovano nel suo contesto, a loro rifugio e a base di partenza per le loro scorrerie.
      Il brigantaggio assunse un carattere peculiare, sia da un punto di vista sociale che per estensione e pericolosità del fenomeno, negli anni successivi all’Unità d’Italia (1861), indicati dagli storici del fenomeno come gli anni del Grande Brigantaggio o del brigantaggio post-unitario.”

    86. “Il 1860 trovò questo popolo vestito, calzato, industre, con riserve economiche. Il contadino possedeva una moneta. Egli comprava e vendeva animali; corrispondeva esattamente gli affitti; con poco alimentava la famiglia; tutti nella loro condizione vivevano contenti del proprio stato…Adesso l’opposto…E poi le tasse più dissanguatrici…Vedrete che, con tre successioni in una famiglia (e possono verificarsi in un solo anno, nella famiglia stessa) dall’agiatezza si balza alla mendicità. Quanto alla pubblica istruzione, sino al 1859, era gratuita; cattedre letterarie e scientifiche in tutte le città principali di ogni provincia. Adesso nessuna cattedra scientifica…Nobili, plebei, ricchi, poveri, clericali, atei, tutti aspirano ad una prossima restaurazione dei Borboni…”.

      (Conte Alessandro Bianco di Saint-Joroz, capitano di Stato maggiore piemontese)

    87. « La razza maledetta, che popola tutta la Sardegna, la Sicilia e il mezzogiorno d’Italia dovrebbe essere trattata ugualmente col ferro e col fuoco – dannata alla morte come le razze inferiori dell’Africa, dell’Australia, ecc. ».

      (A. Niceforo, meridionale ascaro al servizio del potente Lombroso, noto “studioso” razzista padano di quel periodo.)

    88. “Quando Dio creò la Sicilia vide che era troppo bella … fece allora i siciliani”

      (Donato Didonna – dal suo blog http://www.siciliamoderna.it/)

    89. MAH????
      Vedo che vi siete appassionati ai fatti del passato…probabilmete riuscirete a trovare le chiavi del futuro….

    90. Salvo, puoi, con parole tue, esplicitare la tesi che le numerose citazioni da te riportate sottintendono?

    91. Mi associo alla richiesta di Donato a Salvo. In 10-15 righe ce la fai a condensare il tuo pensiero?

    92. Massimo/Salvo (magari siete la stessa persona), a parte il fatto che, come sempre avviene quando una reazione è dettata più dall’orgoglio ferito che non dalla ragione, non siete minimamente entrati, nonostante le decine di commenti “copia e incolla”, nel merito dell’analisi di Franchetti riportata nel post, la vostra posizione “sicilianista” conta quanto un due di picche sul piano della critica storica seria. Fatevene una ragione, a meno che non abbiate più inconfessabili motivi per sostenere certe tesi. Sono altri i veri sicilianisti, quelli che, senza cercare autoassoluzioni storiche, combattono nel quotidiano le radici di una cultura parassitaria che ha portato solo morte e sottosviluppo.

    93. @ Massimo: beh, una sintesi sarebbe opportuna per cercare di convincere chi non ha proprio moltissimo tempo da dedicare alla lettura dei vari post. Io ad esempio di tempo non ne ho, ma mi limito a sottolineare che mentre le ricerche di Putnam (citate da Donato) sono basate su dati e metodo scientifico, citare Dostoevskij, Garibaldi o il deputato Nocedal non giova certamente alla “causa” di chi le ha proposte.

    94. Si , il sicilianista è Didonna il quale spaccia per impresa l’intermediadione di factotum che spostano capitale – esiguo peraltro, altro che impresa! – dalla Sicilia verso Napoli e nei conti Ikea, dov’è l’impresa e il contributo allo sviluppo? Lo stesso Didonna che millanta “l’opus dei” come un’elemento che si occupa esclusivamente di Spiritualità, ovvero la piu’ grossa stupidaggine detta dall’uomo da quando ha messo piede sulla terra. Inoltre Didonna ( che non è altro che un intermediario, e fin qui niente di male, tranne che si spaccia per un genio incompreso che dispensa SBALLATI consigli di sviluppo per Palermo ) che è un provocatore – al limite della querela “la Sicilia era troppo bella allora ci hanno messo i siciliani” brutti sporchi cattivi e mafiosi nel dna – è pure un autentico “ignorante”, perché il futuro della Sicilia non si puo’ studiare eludendo il passato e le conseguenze presenti, ovvero, per lo sviluppo occorrono mezzi e strutture e capitali, da come è stata costruito ( con la truffa ) questa specie di similpaese, ( economia dello SQUILIBRIO interno agli stessi confini ) nel sud c’è carenza di strutture mezzi e capitali, per creare sviluppo reale occorrono capitali per costruire le BASI ESSENZIALI ( cosa per esempio che, tra altri elementi, sta causando i tristi problemi alla fiat di Termini Imerese, per l’arretratezza o assenza totale sul piano delle strutture e della logistica ) e ovviamente per investire, il capitale del similpaese per ragioni storiche è distribuito in maniera scientifica e secondo i criteri dell’economia dello squilibrio a beneficio di una parte del similpaese che produce e a danno dell’altra parte che si mantiene ai livelli di “sicurezza” cioé galleggiamento nella sopravvivenza. Con l’aggravante che in Sicilia il coraggio individuale viene soffocato dalla malavita organizzata, che prolifera “grazie” alla presenza solo parziale dello Stato e a una voglia di debellarla definitivamente quantomeno discutibile, o “strana” … In questo contesto possono attecchire le strutture destinate al consumo per fare tornare i capitali laddove lo ritengono “piu’ utile”, possono attecchire piccole iniziative individuali comunque economia domestica salvo rare eccezioni, e infine possono attecchire le piccole “abbanniate” ( dico abbanniate perché li considero operazioni di marketing da dilettante ) di Didonna il quale spaccia per “fare impresa” dei lavoretti che non si distinguono molto da una semplice impresa di puilizie tenuta da immigrati o indigeni, con la differebnza che le imprese di pulizia non trasferiscono capitali fuori dall’economia locale come fà il Didonna che si vanta tanto per le sue semplici attività di intermediazione.

    95. …combattere le radici di una cultura parassitaria..
      SI! ma come si può fare qualcosa “d’incisivo” quando quello che trovi quando provi a seminare dubbi(vedi post su rosalio:”Una politica innocente e impresentabile”) hai come risposte:indifferenza,silenzi un meraviglioso muro di gomma(dai diretti interessati..siano essi singoli individui o ordini professionali)??
      pequod

      p.s. è vero! da Franchetti e Sonnino poco o nulla è cambiato,ma cosa facciamo o possiamo fare per cambiarlo..?

    96. @pequod: chi cerca il dialogo dovrebbe cogliere la differenza tra il seminare dubbi e lo sputare sentenze. Il nostro, purtroppo, non la coglie. Tutto qui. Se però, scoperto l’inganno, ci abbandoniamo a una lettura più consona, leggera e non pretenziosa, questi post e, soprattutto, i relativi commenti stizziti, venati di dietrologia sottilmente paranoica e connotati da esemplare illogicità, riescono a strappare più di un sorriso. La maieutica è un’altra cosa.

    97. BLA BLA BLA STERILE, sorrisi, maieutica, Socrate, belle parole, venati, sottilmente paranoica, bella punteggiatura.
      Ma qual’è il tuo pensiero logico … se pensi … con il tuo collezionismo di parole complicate … ora esprimi il tuo pensiero …

    98. @gigi: mi spiace che ti sia abbandonato ad un ingiustificabile e immotivato livore nei miei confronti. Livore che nuoce, oltretutto, alle tue stesse condivisibili tesi. Livore che offusca la mente e la grammatica. Evidentemente non hai colto il senso del mio post, né a chi si riferisse. Se, venendoti incontro, ti svelassi che il nostro altri non è che l’autore del post, cambierebbe qualcosa?

    99. @ Fastspin, si, cambierebbe tutto. Comunque io l’avevo capito chi è “il nostro”, è evidente. Pero’ il seguito non mi sembra esplicito, se scrivi ” questi post e, soprattutto, i relativi commenti stizziti … ” e non si sa, perché non lo dici, a quali post e a quali commenti ti riferisci … potrei pensare che ti riferisci ai commenti degli utenti? Comunque non c’è livore, è solo ironia, ammetto, comunque, che spesso sono il solo a percepire la mia ironia. Ecco, se tu avessi scritto chiaramente a quali post ti riferisci e a quali commenti, e se si trattasse dei post e commenti stizziti del “nostro”, io non ti avrei chiesto di esplicitare il tuo pensiero in quanto sarebbe evidente: i post e i commenti di Didonna fanno solo sorridere.

    100. fa specie che didonna che ha basato un post su una citazione di un passo di un libro, a mio avviso – ma non conta – pretestuosa e poco analitica e contestualizzata, abbia da recriminare su altre – tante ed a volte molto interessanti – citazioni da parte di altri utenti.
      ringrazio i due citatori “folli” e le riflessioni di gigi per le cose interessanti che ho letto, grazie a loro mi sono sciroppata un centinaio di post leggendo cose che non sapevo e che mi hannno arricchita
      come dire? chi di citazione ferisce di citazione perisce.
      non capisco cosa didonna continui a fare in sicilia con le capacità che ha. un missionario? naaaa….non ce lo vedo! comincio a pensare che altrove non troverebbe terreno fertile per le sue iniziative. la sicilia è davvero terra molto generosa!

    101. suscitare il consenso e’ un’arte,una virtu’,una dote di natura.
      Pero’ anche, attenzione,non e’ che chi suscita consenso
      e’ sempre sulla via della ragione.
      E certi fatti di ieri lo confermano.
      Chi scrive perche’ lo fa?
      Non credo che non cerchi il consenso.
      La via della provocazione difficilmente genera consenso.
      Venendo ora ai tanti copia e incolla di frasi rilasciate in varie epoche,da vari personaggi di diversa vocazione ed estrazione sociale e chissa’ piu’ oggi,per quali obiettivi,in regioni e contesti diversi,
      occorrerebbe un supercomputer per fare un’analisi da cui potere trarre qualche affermazione certa,dopo
      avere scartato le evidenti contraddizioni.
      Leggendo mi sono chiesto se il gioco vale la candela,e mi riferisco a questi di buona volonta’ impegnati in dietrologia.Cui prodest?
      Volendo impegnarsi non vi pare che la cronaca di tutti i giorni offra argomenti piu’ caldi,urgenti,interessanti,improcrastinabili?
      La criminalita’ e la mafia di oggi ha superato centomila volte gli schemi e le consuetudini di ieri,ed opera in campi e con sistemi totalmente diversi.

    102. Rosalio, che conosce tutte le e-mail di chi posta, può confermare che io con “Salvo” non c’entro nulla e non so chi sia.
      Non faccio spam e mi firmo con il mio nick.
      Personalmente, anzi, pur concordando con Salvo, gli consiglierei più prudenza, nel profluvio di citazioni. E comunque siamo persone vere, non cloni.
      Se la linea di difesa dev’essere questa, il discorso si è chiuso…

    103. “Quando il dito indica la luna, lo sciocco guarda il dito” (proverbio cinese). Qualcuno riesce a spiegarmi perchè, invece di entrare nel merito di quanto affermato da Franchetti in tema di borgesia palermitana per stabilire se e quanto sia attuale, si inveisca sull’autore del post? Che modo di ragionare è questo?

    104. il punto e’ che e’ difficile stabilire a chi appartiene
      il dito,se vogliamo fare passare questo proverbio.
      Come e’ pure difficile navigare tra i copia ed incolla.
      E poi,perche’ tanto dissenso?

    105. Giorgi, il dito è necessariamente dell’autore del post che “indica”, all’attenzione del lettore, un’analisi socio-economica sulla borghesia palermitana, pubblicata nel 1876, che sembrerebbe, a parer suo e non solo, di straordinaria attualità.
      Il commentatore che non volesse andare fuori tema ha davanti a sè due possibilità: condividere la sostanza dell’analisi (come fa il procuratore Pietro Grasso nella prefazione del libro) oppure criticarla nel merito, affermando che come avviene altrove, anche in Sicilia la criminalità organizzata non ha mai coinvolto medici, sindaci, pubblici amministratori, professionisti ed imprenditori, ma solo individui emarginati dalla società 🙂

    106. si’,ma allora perche’ lasciare il campo libero a tutti questi copia ed incolla,pur apprezzabili nei loro singoli contenuti,ma assolutamente fuori da ogni logica di dialogo?
      In quanto alla connivenza del malaffare con le istituzioni,appena ieri sera ,da Santoro,
      Santo Versace ha richiamato il concetto che sono stimate in almeno 60 miliardi di euro l’anno le somme sacrificate agli inciuci nella spesa pubblica,ed una tal somma non riguarda certo solo la Sicilia.
      Ora,siccome c’e’ il finanziamento pubblico dei partiti,
      questa prassi da I repubblica non avrebbe piu’ senso di esistere,ma,a dire di molti,esiste ed e’ diffusa in tutta Italia.
      Ma,vorrei tornare al dialogo con i lettori.
      Se io scrivessi un post,considererei i lettori
      alla stregua dei clienti.E si sa,il cliente
      va sempre rispettato(almeno formalmente).

    107. Non amo la cultura clientelare 🙂
      Condivido ogni parola di quanto detto da Santo Versace ieri sera.
      Teoricamente, i patrimoni delle mafie potrebbero rappresentare oggi un’opportunità per uno Stato integro e forte: invece di far pagare il 5% e garantire anonimato e impunità a chi rimpatri capitali dall’estero, si potrebbe pagare il 5% e assicurare anonimato a chi desse informazioni utili alle confische dei patrimoni criminali … mi autocito: https://www.rosalio.it/2009/05/07/la-nuova-manomorta/

    108. “oppure criticarla nel merito, affermando che come avviene altrove, anche in Sicilia la criminalità organizzata non ha mai coinvolto medici, sindaci, pubblici amministratori, professionisti ed imprenditori, ma solo individui emarginati dalla società”
      stento a credere, mi chiedo se sto leggendo realmente queste cose …
      Ma altrove sono proprio loro l’equivalente della criminalità organizzata; è vero è quella chic sta proprio qui la differenza. Li chiamano in un altro modo, anzi, non li chiamano, sono camuffati, ogni tanto ne scoprono alcuni, negli ospedali e cliniche di milano per esempio; ci sarebbe pure tangentopoli, gli imbrogli finanziari, banche, aziende di prestigio a prezzi di favore …

    109. “Si e’ visto che il gap tra un’ area e un’ altra dipende moltissimo pure dal cosiddetto civic ness, traducibile col concetto di senso civico, che dipende dai rapporti di reciproco rispetto, collaborazione e mutuo soccorso tra i cittadini, il che e’ tipico delle societa’ a struttura orizzontale, soprattutto del Nord. Al Sud, invece, dai tempi della monarchia feudale normanna all’ intera era moderna, i legami sociali si sono potuti sviluppare solo sull’ asse verticale del privilegio e della clientela, cio’ che ha appunto favorito familismo amorale, malgoverno e mafie.”
      “Al Sud, invece, dai tempi della monarchia feudale normanna all’ intera era moderna, i legami sociali si sono potuti sviluppare solo sull’ asse verticale del privilegio e della clientela, cio’ che ha appunto favorito familismo amorale, malgoverno e mafie.”
      Se questi sono i maestri di didonna … la cosa grave è che queste cose le racconta pure nelle università il professore Putnam.
      Dodici anni di sondaggi per fare un resoconto superficiale partendo dall’appariscente oggi e non dalle cause storiche, e quando si serve del processo storico, in pieno stile didonna, mischia e mistifica.
      Come si puo’ dire, per esempio, che a milano i carrieristi, gli affaristi, i tangentisti, i ricattatori, o tra quelli che diventavano e diventano deputati o ministri e non per competenze provate ma per affarismo e nepotismo, ebbene, come si puo’ dire che questo sia un sistema orizzontale? come dire che il ricattatore e il taglieggiato sono allo stesso livello? O nei casi che cito sopra, ma ce ne sono tanti altri come le coop per non parlare solo di milano, si vuole fare intendere che i rapporti sono orizzontali?
      La perla del professore: non sono i sopprusi subiti per secoli, le privazioni imposte spesso con violenza, l’assenza dello Stato o quando c’era la presenza del malgoverno fatto anche di inciuci, la spoliazione di ricchezze e risorse umane e materiali che hanno causato arretratezza a livello strutturale e privazioni economiche, ad avere provocato in una parte del popolo lo stato di necessità a cercarsi sistemi di funzionamento alternativo sfociati nella malavita. Quest’uomo, ha studiato tanti anni, e lo va a raccontare persino nelle università, per dire queste superficialità un po’ idiote che capovolgono, o nel migliore dei casi se è sincero con se stesso, confondono la realtà dei fatti.
      A questo punto viene da chiedersi come non potrebbe essere un mistificatore chi si serve di queste analisi …

    110. Cioé, non ci posso credere: “i legami sociali sviluppati solo sull’asse verticale del privilegio e della clientela hanno favorito familismo amorale, malgoverno e mafie”
      Non sono sopprusi, imposizioni, malgoverno, favoritismi e inciuci tra chi governava e gli happy few, privazioni, e tutto quanto cito sopra ad avere causato la ricerca di legami sociali sviluppati sull’asse verticale, sfociata in certi casi nella malavita e nella mafia ( che è bene ricordarlo è stata usata e legittimata dal similpaese in costruzione, peraltro costruzione vera non ancora avvenuta ). Non si puo’ nemmeno ridere leggendo il professore Putnam.

    111. “……….si potrebbe pagare il 5% e assicurare anonimato a chi desse informazioni utili alle confische dei patrimoni criminali…..”
      mi sembra una proposta a dir poco azzardata,
      in un paese caratterizzato da invidia ed odio di classe sociale,per non parlare della vigliaccheria connaturata
      nell’animo di tanti essere umani.
      Chiunque si potrebbe alzare una mattina e sostenere che tizio o caio possiede qualcosa in qualita’di prestanome,
      avviare un’indagine e tanti processi e fra 10 o vent’anni poi se ne riparla.
      In verita’ lo Stato ha oggi tutti gli strumenti per
      verificare,solo che lo voglia,gli accumuli patrimoniali,che e’ un fenomeno che non riguarda solo i mafiosi in senso classico,ma anche tanti altri esponenti dentro e fuori le istituzioni di questo paese

    112. Giorgio, se leggi la mia proposta (La nuova manomorta) non parlo di attivare i delatori, ma di utilizzare agenzie internazionali di intelligence come la Kroll. Del resto sui patrimoni criminali detenuti all’estero la Repubblica non può far molto e infatti confisca poco o nulla. Tanto per farti capire che l’idea non è bislacca, il fisco USA pagherà il funzionario dell’UBS che ha fornito i nomi degli evasori USA presso questa banca svizzera: uno Stato forte sa far valere i suoi diritti con le buone o con le cattive … la guerra è guerra e quella contro il riciclaggio è molto più importante di quella contro l’evasione fiscale perchè il riciclaggio distorce l’economia e fa concorrenza slleale alle attività economiche legaliche possono soccombere.
      http://www.ilsole24ore.com/art/SoleOnLine4/Finanza%20e%20Mercati/2009/02/ubs-conti-segreti-52mila-clienti.shtml?uuid=f5b16eaa-ff29-11dd-87ad-a46934b9e41f&DocRulesView=Libero
      http://www.nuovofiscooggi.it/files/u27/rassegnastampa/2010-01-05_06.pdf

    113. sono scelte “politiche”,
      e le fanno i governi.

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