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  • General pratictioner vs. medico di famiglia

    «Vai a Londra? E sei stai male?», mi diceva mia madre quando partivo per le vacanze. Ma anche a Londra ci dovrà essere un medico di famiglia. E in effetti c’è, si chiama general pratictioner o, come dicono tutti, gippì. Ma non è esattamente la stessa cosa e ora che ci vivo, a Londra, mi viene naturale fare un confronto. La zona dove vivo a Londra è a basso reddito, come quella in cui vivevo a Palermo, non so esattamente come funzioni a un livello più alto, ma dal confronto vengono fuori sorprese sconvolgenti, per chi ha una visione monolitica di Palermo.

    Quando vado dal gippì telefono un paio di giorni prima, perché è sempre pieno. Il gippì non lavora quasi mai da solo, di solito insieme ad altri gippì. E qui la prima novità, se non lo specifichi quando prenoti, la segretaria ti mette a casaccio con uno dei tanti medici dello studio (certe volte sei o sette). Non ce n’è uno che “ti appartiene”. E naturalmente non avrai mai il numero personale di un medico. Arrivo allo studio all’orario dell’appuntamento e tocco uno schermo dove poi inserisco la mia data di nascita. Il sistema mi riconosce e mi metto a sedere. Un altro schermo sulla parete mi indica quando vengo chiamato e in quale stanza devo andare, di solito entro 10 minuti dal mio appuntamento fissato. Fino al momento in cui entro dal dottore non c’è bisogno che parlo con nessuno e nessuno mi chiede niente.

    Andiamo a Palermo. Il mio dottore la segretaria non ce l’aveva. Mezzo’ora o più prima dell’orario di ricevimento, qualcuno si piazzava già in attesa davanti alla saracinesca chiusa. Immancabilemente qualcuno iniziava un foglietto con il turno, con i nomi scritti a sghimbescio. Mentre la lista dei nomi si allungava, c’era chi andava a comprare il pane o a prendere il bambino a scuola. Intanto arrivava l’orario di ricevimento ma il dottore non spuntava. Venti minuti, mezz’ora. Colpa del traffico o di un appuntamento all’altro studio che si era dilungato troppo. Sono passati già 45 minuti, ma intanto ho fatto la spesa. Nel mentre si chiacchera o si ascoltano le chiacchere. Storie di malattie, confronti sui figli, discorsi di politica terra terra. Se sono fortunato dopo un’ora varco lo studio del dottore.

    Ecco quindi la prima differenza. A Londra non aspetto molto, ma la sala d’attesa è silenziosa, tetra, anzi, attaccare bottone è considerato fastidioso, e per dieci minuti sono costretto a rimuginare sulla mia malattia. A Palermo, aspetto inutilmente a causa della disorganizzazione, ma ascolto le storie degli altri e magari dico un poco della mia. C’è un aspetto terapeutico nella chiacchera durante la lunga attesa? Penso di si, anche se certe volte è una rottura di balle.

    Postilla. A Palermo il personaggio più inviso in sala d’attesa è il cosidetto “informatore medico” in realtà un promotore ambulante di medicinali. Il quale, per chissà quale fasulla convenzione, ha il “diritto” di vedere il dottore dopo che aspetta tre pazienti. Praticamente l’informatore medico si “infila” in una lista già lunga e con gente che aspetta anche da un’ora. Poi una volta dentro la stanza si intrattiene con il dottore per un’eternità. Immaginatevi i commenti.

    Torniamo a Londra. Nella stanza del dottore, il gippì prima di guardarmi guarda il computer. Eh si, perchè nel computer c’è tutta la mia storia medica, tutte le mie interazioni con gli altri gippì, per cui anche se vedo sempre un medico diverso, ognuno si può informare sulla mia condizione di salute. A Palermo invece vedo sempre lo stesso medico (tranne durante le sue ferie, quando c’è il “sostituto”), ma non mi risulta che ci sia alcuna traccia scritta delle nostre conversazioni, tiene tutto a memoria, ma almeno mi conosce. Quale funziona meglio? Secondo me è meglio vedere il paziente in faccia e conoscere la sua storia.

    Da questo punto in poi la situazione a Londra diventa un po’ problematica. La verità è che c’è una certa puntualità negli appuntamenti perchè ci sono degli slot di 15 minuti. La visita con il paziente dura 10 minuti, e per altri 5 il medico scrive sul computer quello che è successo, poi ammacca un pulsante e avanti un altro. Il gippì lavora cinque giorni a settimana, 7 ore al giorno. Per cui dopo dieci minuti, se ancora la questione non si è risolta il gippì comincia a dare segni di nervosismo. A Palermo mi intrattenevo con il medico quanto mi pareva. C’è una specie di rassegnazione mi pare che il paziente abbia il diritto di fare le domande più assurde e di farsi visitare per i sintomi i più ipocondriaci. Raramente il medico si altera.

    L’ultimo fatale confronto riguarda quello che succede dopo. Se i disturbi sono risolvibili con la cura del gippì, tutto a posto. Ma in caso contrario il problema è che bisogna rispettare delle procedure. Queste procedure servono a evitare che il paziente veda uno specialista senza che ce ne sia bisogno e quindi sperperi i soldi dello stato. Risultato: si fa un calcolo delle probabilità. Prima di vedere uno specialista bisogna esaurire le altre strade più probabili, anche se ci vogliono settimane e i disturbi continuano. A Palermo se vuoi vedere uno specialista, anche solo per farti controllare, il medico ti scrive subito la ricetta e poi magari si tratta di aspettare la disponibilità dello specialista. Alla fine tanto paga lo stato. Risultato: il sistema sanitario italiano è al collasso, ma almeno mi sento curato da uno che sa di cosa parla.

    Ecco, sorprendente, no? Per una volta Palermo vince, o almeno pareggia.

    Palermo
  • 10 commenti a “General pratictioner vs. medico di famiglia”

    1. Non tanto sorprendete che in Italia il sistema sanitario sia allo sfascio ma almeno anche dalla parte dei malati… Dovremmo evitare un po’ di sprechi ad alto livello soprattutto ma alla fin fine va abbastanza bene. Buona vita a Londra, Nicola, io ci verrò in vacanza a maggio ma non si sa mai…

    2. Dico che avere il meglio di entrambi si potrebbe.. ma quando di mezzo c’è un “ma che mi importa” finisce sempre che qualcosa va a schifio.

    3. divertente parallelismo,però un pò datato in quanto da più di 10 anni c’è una scheda sanitaria obblgatoria per i pazienti ,informatizzata e con tutta la storia clinica dell’assistito,i programmi sono tutti compatibili con le linee guida ministeriali e vi sono revisioni bimestrali sulle prescrizioni da parte dei distretti della asl,si riceve soprattutto per appuntamento e effettivamente si ricorre un pò troppo facilmente allo specialista. certo,si vede che manca da un bel po’ da Palermo….oppure che ha scelto l’unico medico che non si attiene alle norme vigenti(cosa assai improbabile,visti i controlli delle asl)

    4. Veramente tutto questo risale solo a tre anni fa, già in tempi di tessera sanitaria. Ma se adesso c’è l’appuntamento informatizzato con il medico di famiglia, tanto di cappello!!

      Ciao, Bartolo, a Palermo non ci sono tanti Bartoli, quindi penso di sapere chi sei!

    5. Sappi che il “promotore ambulante di farmaci” è un lavoro svolto da gente laureata come me in chimica, farmacia, medicina, biologia, e che giornalmente si “assuppa” le lamentele di gente di tanti pazienti che non hanno altro che fare se non parlare sul lavoro altrui. La famosa “convenzione” delle 3 visite è stata stipulata con l’associazione dei medici di famiglia e la gran mole di campioni grauiti che vi mettete in tasca dovrebbe compensare quei 5 minuti di attesa in più.
      Potrei risponderti con la classica frase : Signora picchì un si lamenta cu medico?
      Un pò di ripestto per il lavoro altrui please!
      In questo, purtroppo, Palermo perde 10 a zero 😉

    6. L’informatore medico è disposto a passare sul nostro cadavere nel vero senso della parola.
      Con rispetto parlando.

    7. Beh, rispetto per tutte le professioni e i mestieri onesti. Nell’era di internet però ci sarà pure un altro modo di “informare” i medici sui prodotti disponibili. E se è provato che un medicinale è efficace sulla base di test pubblicati in riviste scientifiche, che bisogno c’è di un “informatore” (che per me continua a essere un promotore) che convinca il medico a comprarlo? Nell’attesa che qualcuno risponda a questi quesiti, io mi continuerò ad arrabbiare se dopo mezz’ora di turno mi spunta un informatore che vuole entrare prima di me. Fortunatamente, a Londra, non ne ho mai visto uno.

    8. In questo caso il confronto non è tra Palermo e Londra ma tra la sanità inglese e quella italiana.

      In Inghilterra il GP, dopo che gli si espongono i sintomi guarda il computer o un libro e poi ti prescrive qualcosa.

      In Italia il medico di base ascolta i tuoi sintomi e se ne ravvisa la necessità ti prescrive un supplemento di indagine.

      La vita media in Inghilterra è 77,5 anni per i maschi e 81,4 anni per le femmine.

      La vita media in Italia è 79,4 anni per i maschi e 84,5 per le femmine.
      Se i dati sono questi, una parte del merito spetta anche ai medici di base.

      Abbiamo un servizio sanitario di ottimo livello se si considera la spesa. Dovremmo esserne contenti.

      Il resto è chiacchera e luogo comune.

    9. Gli inglesi infatti si meravigliano del fatto che l’aspettativa di vita degli italiani è superiore alla loro. Chissà perchè! 🙂

    10. Mio padre è medico di medicina generale, e per quanto riguarda il discorso informatori scientifici, basta usare un pò il cervello e riservargli degli spazi appositi, magari subito prima della fine dell’orario delle visite, in modo da non interferire con le problematiche dei pazienti…l’informatizzazione ha sicuramente aiutato nello snellire i tempi, ma non è alla portata di tutti purtroppo (pazienti e/o medici).

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