Il rinnegato
Sono ormai cinque anni che vivo fuori dalla Sicilia, spesi soprattutto a Roma, e un po’ di Bologna, Milano, Firenze e Londra.
Ogni tanto mi manca il mare, il sole, il cibo. Ma niente di grave in verità.
Non sono particolarmente tifoso del Palermo.
Insomma della mia situazione di “immigrato”, più o meno, pensavo di avere un atteggiamento abbastanza neutrale.
Invece ho scoperto che esistono solo due categorie di siciliani espatriati, e volente o nolente devi appartenere a una delle due.
I primi sono gli autolesionisti.
Gli autolesionisti amano la Sicilia, farebbero di tutto pur di tornarci, e hanno uno strano gusto a farsi del male paragonando il sole siciliano con la nebbia padana, l’arancina con la polenta.
Soddisfatti nello stupire un pubblico che in realtà non ha niente da stupirsi in quanto non ha mai né assaggiato una vera arancina né è andato a mare in autunno.
È tipico vedere un autolesionista nei primi anni del suo espatrio, appena arrivato in quel Paese chiamato Italia.
Poi ci sono i rinnegati.
Il nome fa più figo, ma il prezzo da pagare è più alto: questi siciliani stavano bene nella propria città, ma dopo anni passati in posti generalmente più civili, più stimolanti, più emozionanti, va a finire che hanno ripudiato il sistema in cui sono cresciuti.
Ma soprattutto partono con tantissimi handicap: inesperienza lavorativa, mancanza di spirito intraprendente, alta percezione del rischio, diffidenza, paranoie, passività, pronuncia scorretta dell’italiano (e figuriamoci dell’inglese), un numero imprecisato di anni da recuperare perso tra università, ipotetiche “chiamate” di aziende e consigli di amici e parenti che dicono «non fa niente, non ti affaticare» o qualsiasi altra cosa cominci con “non”.
Eccoli, i rinnegati.
In guerra contro tutti: da un lato il tempo, da cinque a dieci anni di esperienza da recuperare rispetto a chi, alla stessa età, fa lo stesso lavoro in America.
Dall’altro i vecchi amici e i parenti che hanno enormi difficoltà a capire cosa spinga un essere umano a rinunciare allo sfincione.
Per quanto mi riguarda, ho capito che le cose erano cambiate esattamente un anno fa, quando mio padre mi disse «ormai hai fatto una scelta».
Si riferiva al mio rifiuto di accettare un lavoro da parte di un parente.
Tra parentesi: a Roma, ovviamente, lavoravo.
Ma il favore di un parente evidentemente è una di quelle cose “che non si può rifiutare”, proprio come nei film.
Ecco, ancora non lo sapevo, ma avevo già fatto la mia scelta.
Ero passato dalla parte dei rinnegati.
aggiungerei la categoria dei critici.
i suddetti criticano:
1)la disorganizzazione,
2)l’amministrazione approssimativa della cosa pubblica
3)la non completezza di ogni opera
4)il degrado di strade, marciapiedi, edifici
5)i parenti che insistono nel dire che tutto il mondo è paese
6)la gente convinta che a pa la differenziata sia improponibile (come se altrove avessero la bacchetta magica…)
7)la scortesia degli esercenti (che sconfina con il loro autolesionismo)
8)il malinteso senso dell’orgoglio
9)la mancanza di regole alla guida
in definitiva il vero critico è quello che non riesce a capacitarsi di come si possa vivere così, senza progetto, senza senso del futuro ed è anche quello che nota che per sistemare molte situazioni sono rischieste buona volontà e poche risorse.
qui incontro gente che viene da palermo che è convinta di parlare un buon italiano e semplicemente non si accorge di fare certi strafalcioni (lasciamo perdere la pronuncia, che comunque inerisce non solo il luogo di nascita ma soprattutto la famiglia e l’ambiente socio_culturale), gente che pensa che siano le regole locali a doversi attagliare ai soggetti.
diffidenza, paranoie e aggiungerei scetticismo nella prima fase sono salubri. poi possono diventare patologici.
meditate panormitana gente… meditate…
Ma….non so. Dalla lettura sembrerebbe che ancora oggi covi questo dubbio: ho fatto una cazzata???
Almeno, mi è sembrato…
Per quanto mi riguarda se hai deciso di lavorare fuori devi schifiare i siciliani e tornare in vacanza ogni tre anni.
Saluti
Questo post lo trovo troppo semplicistico, un po’ limitato, molto provinciale.
Non dovrei nemmeno commentare.
Mi soffermo solo su un complesso esclusivamente palermitano, evidenziato dall’autore e dal commentatore Fabio; evidenziato come se fosse una tara ( viri chi ciriviaddi! diceva mia nonna ).
Viaggio da circa 20 anni, il francese o l’inglese parlati con inflessione sicula-italiana sono considerati affascinanti, perlomeno negli ambienti che frequentavo e frequento io; viaggiando non ho mai incontrato un romano, un emiliano, un toscano, un napoletano, che si vergognano delle loro origini al punto da inventarsi stranissimi esercizi verbali per nascondere le inflessioni.
In effetti è particolarmente ridicolo, e stupido, il tiski-toschi che parlano molti, troppi, palermitani per vergogna delle loro origini, per complesso, non si accorgono nemmeno che commettono, in questo modo, gravi errori di fonetica, e peggio ancora, sembrano dei bambini stupidini vittime di chissà quale handicap. Chi si vergogna della propria identità se ne stia nel proprio orticello; non sono queste le cose che fanno le differenze, per avere successo anche all’estero …
P.S. Una sera, circa dieci anni fa, incontrai al foro italico uno scrittore, conosciuto pure in questo blog, ci parlo’ per diverse ore di letteratura, botanica, storia, e parlava pure perfettamente francese – con leggera inflessione siciliana – con le persone francesi che erano in mia compagnia; alla fine, chissà come e perché, ci mettemmo a parlare, ma solo “en passant” e per ridere e per sfotterli, di quegli “impiegaticchi” di giornali, tv e radio locali ( molti di loro “raccomandati” diceva lui, che in tv e nei giornali ci lavorava spesso ) che “si vergognano” dell’inflessione e parlano il tiski-toski, alcuni stringendo fino ai crampi denti e mandibole, e pronunciando, in maniera ridicola ed errata ” paaaleeeeermo, la miiiinchiaaa, la rinascèeente”
etc. ma prima o dopo, malgrado tutti questi salti mortali finiranno col dire siscilia o altre sc invece di c.
evidentemente ho esagerato volutamente. In realtà dicono: “Pàléeermo, la miinchia, la rrinascèente”, dove in ogni caso sono decisivi i movimenti innaturali – quasi inumani – di denti e mandibole, stretti, contratti, fino ai crampi, come detto prima.
Palermo sa portare il lutto
http://www.flickr.com/photos/48441769@N06/4476230117/
il solito post dell’emigrato frustrato…che appena tasta un pilu i baccalaru e due soldi…dimentica e si vergogna di essere palermitano
Non ho dimenticato né mi vergogno di essere palermitano, come ho scritto nel post sono stato sempre abbastanza indifferente al riguardo, non mi sentivo un palermitano tipico né prima né adesso per la verità. Quindi sono molto curioso di capire perché il post è semplicistico, o dovrei essere frustrato.
Per quanto riguarda l’accento, sono punti di vista: a mio parere vivendo in italia dovremmo tutti imparare la corretta pronuncia dell’italiano, da nord a sud, e poi, volendo, parlare anche il dialetto, senza per questo dover rinnegare il posto in cui si è nati.
Nat gradirei un linguaggio più consono. Grazie.
uhm temo di appartenere a una terza categoria, o forse è una mutazione genetica della seconda (il rinnegato) ossia il figlio del figlio di un rinnegato. Ma devo riconoscere che la Sicilia è qualcosa che resta nel sangue, tu non lo sai ma sta lì. Te ne accorgi per sbaglio quando per la prima volta metti piede a Palermo, e due generazioni di rinnegati vengono sbaragliate da uno strano sentirsi a casa in un posto che non avevi mai visto se non nei racconti della buonanotte.
Be il dialetto e la cadenza sono un’altra tara sicula. Di certo il nord e in particolare il nord-est parlano correntemente il dialetto a prescindere da ceto e dal censo. E non se ne vergognano!!!!!!!!!!!!
io appartengo ad una terza categoria, sono nato in sicilia peggio ancora a palermo, ma non voglio essere classificato ne palermitano ne milanese ne newyorkese ne niente…… che colpa ne ho io se due individui di sesso diverso hanno deciso di copulare e procreare a palermo piuttosto che a bankok, io non voglio appartenere a nessuna etnia e non mi frega un cazzo che un documento di identita’ mi deve coercitivamente dare una appartenenza, i confini le barriere i nazionalismi e i campanilismi sono la causa di odio e conflitti.
qui non si parla d’accento perché ognuno ha il suo, anche se sono d’accordo con luca un pò di pronuncia corretta non guasta; per interderci eviterei di dire “rroomaa”. qui fondamentalmente si parla di dire scatola e non scatolo, “ci si” e non “si ci”, di usare i verbi transitivi come transitivi e viceversa, di usare tempi e modi opportuni, di rispettare le concordanze e in genere di parlare tenendo presente che a scuola ci hanno insegnato la grammatica. poi se è vero che per non pronunciare le vocali aperte si chiudono le mascelle, non possono uscire suoni tipo: “Pàléeermo” o “rrinascèente”. e infine vivo a nord_ovest e il dialetto non lo usano perché al di là di qualche frase, non lo conoscono nemmeno.
…ancora una cosa riguardo al link della foto: complimenti per la freddura.
ci sarebbe un amministratore cittadino che sia in grado di spiegare a chiare lettere perché quell’edificio e altri dietro la statua non siano stati abbattuti? saranno passati 10 (dieci) anni…
Caro rinnegato,
io non so a quale delle due categorie da te descritte io possa appartenere, forse a nessuna delle due. Sono palermitana e all’età di 40 anni mi sono trasferita al nord per entrare di ruolo nella scuola, poi ho deciso di restare a vivere a Biella, non senza tormenti vari sul grande enigma: Ritornare o no nella mia città.
La mia esperienza è questa:
– qui i servizi essenziali funzionano ed il cittadino paga sì le tasse, ma di contro ha i servizi che gli spettano.
– quando ero una palermitana non sono mai andata in quartieri tipo il capo o la vucciria, mi sembravano non adatti a me. Ebbene adesso, quando vado in vacanza a Palermo, vado a fare la spesa proprio in questi posti, ne apprezzo gli odori, i sapori, il folclore.
– mi mancano molti cibi, ma non i disservizi
– mi mancano i miei parenti, ma non il caldo
– mi manca il mare,ma non la sporcizia sui marciapiedi.
– mi mancano gli stupendi paesaggi, ma non il traffico.
La verità è che chi è siciliano lo sarà per sempre. La nostra è la terra dei grandi contrasti, che partorisce mafiosi, ma anche grandi giudici che la combattono.
Chi lascia la Sicilia lo fa sempre per necessità, la vita è una questione di scelte, ed ogni scelta comporta oneri ed onori.
Grazie per questa occasione di riflessione, il tema è di grande importanza e attualità.
Un abbraccio
Flavia
…è vero quello che ha detto flavia “chi lascia la sicilia lo fa sempre per necessità”, però vorrei capire una cosa perchè se viene il romano a palermo è parla in dialetto lo consideriamo alla moda ed invece se va il palermitano al nord e’ parla in dialetto è “tascio”, forse un pò di orgoglio per le nostre origini non guasterebbe e cmq arancina batte polente 10:0, penso che siamo tutti d’accordo autolesionisti è rinnegati.
concordo con GI.GI
e poi comunque penso che ogni persona mantenga le proprie origini, sono come i nostri genitori, li puoi amare o odiare ma da loro sei nato e ne porti i tratti. quando ci si evolve si può guardare il mondo con apertura mentale, prendendo il meglio da tutti.
e poi chi l’ha detto che si parte solo per bisogno e con la morte nel cuore?
si può anche partire alla scoperta di nuovi mondi, e magari non tornare più, portando con seè tutto quello che ci ha formato
La vergogna di parlare il siciliano esiste tra i residenti, non tra i siciliani emigrati, almeno in linea di massima. Io non mi sono mai vergognato, anzi sono felice di parlarlo quando incontro un corregionale; può darsi che sia influenzato dal fatto che ai toscani, nella cui terra io vivo, piace molto il siciliano, anche se non lo capiscono. Comunque è così.
Dimenticavo: io parlo l’italiano con l’accento siciliano, ormai da un numero imprecisato di decenni. Toglierlo? Perchè mai? Io sono siciliano e alla mia identità ci tengo, direi di più: è questione di vita.
Veramente di pronuncia e inflessione ne avete parlato voi due, e questo lo considero settarismo, di quelli peggiori ancorché sterile, in ogni caso è il settarismo di chi giudica con superficialtà. Andate ad ascoltare Sciascia o Tornatore e le loro inflessioni, e potrei continuare la lista di persone dalle qualità e dall’importanza simili fino a riempire decine di pagine; anche lo scrittore e personaggio televisivo del quale parlavo stamattina. La sola tara è di coloro che vergognandosi scopiazzano: attitudine da provinciali insicuri. Ho citato uomini di cultura, ma ho incontrato in diverse capitali europee imprenditori di origine siciliana che hanno fatto grandi cose nel loro campo, anche azioni positive nella vita sociale, e felici di vivere, ma non avevano molta dimestichezza con la grammatica nè con la pronuncia tiski-toski; ho incontrato pure palermitani laureati, tiski-toski e non, che non vanno al di là del piccolo impiego e non mi sembravano particolarmente felici o “realizzati”.
Sul concetto del vivere in Italia etc. che ha sottolineato qualcuno non commento perché, come si sa, lo considero un similpaese ed uso l’italiano per necessità senza chiedermi altro, a parte il fatto che in Sicilia abbiamo qualche merito a proposito di lingua italiana.
Non capisco perché un veneto lo puo’ parlare con la cantilena cacofonica, l’emiliano con la “lingua di pezza”, i romani a modo loro ed i siciliani dovrebbero vergognarsi della loro inflessione.
Al commentatore che voleva fare lo spiritoso su “paléeermo e rrinascèente” gli suggerisco di osservare, al suo prossimo passaggio a Palermo – se ce ne sarà uno – in certi programmi tv locali, in particolare quelli tipo opinion leader, ma anche certi tg, anche tgr, le contorsioni di mandibole e labbra di coloro che vergognandosi dell’inflessione scopiazzano e s’inventano quel modo ridicolo – tiski toski – di pronunciare le parole. E sono contratti mandibole e labbra lo confermo; è vero che non dovrebbero esserlo per pronunciare le suddette parole, ma ho specificato che fanno movimenti innaturali, quasi inumani.
Concludo: è semplicistico dividere in due categorie ed usando clichés impregnati di provincialismo, esistono tante storie diverse e tanti “tipi” quanti sono gli espatriati, e tra di loro ne conosco tanti, liberi intellettualmente e sicuri dentro, che se ne sbattono dei clichés e si adattano o si integrano perfettamente nei posti dove vanno lasciandosi alle spalle le tare causate dal complesso del provincialismo.
N.B. tutto questo per dire che voi criticate chi conosce poco la grammatica ( e non vi chiedete nemmeno i motivi e gli impedimenti per chi non ha avuto la possibilità di studiare ? ) e chi parla in italiano con l’inflessione palermitana, l’avete considerata una tara; invece a me stanno sulle p…le i complessati – finti moderni – che parlano tiski-toski per tutti i motivi esposti sopra; nessuno di noi ha “piu’ ragione” o piu’ diritti degli altri di pensare e di vivere.
P.S. non partono tutti per i motivi che dice Flavia. C’è pure chi sceglie IL VIAGGIO, per altre necessità, diverse dallo stomaco.
Io direi che bisognerebbe cominciare col correggere gli errori di grammatica già quando si commenta su Rosalio 😉
firmato
un cittadino europeo, abitante a Parigi, dal sangue palermitano e quindi con le radici arabe (credo di avere reso l’idea)
Maah??Un pò stupidello questo post!!!
Io non sono partita per necessità ma per un “caso della vita”. Vivo all’estero da tre anni, sono contenta della mia vita e sono felice ed orgogliosa di essere nata a Palermo e di avervi vissuto per trent’anni. Ogni tanto mi manca palermo, la sicilia, e qualche volta perfino l’italia. La cosa più bella è quando all’improvviso mi prende il desiderio di essere nella mia città e mi vengono alla mente immagini, rumori, luoghi, odori di palermo…e mi batte il cuore. E’ una bella sensazione, ma non mi sento di aver rinnegato niente e non ho rimpianti. Palermo è la mia città di origine, Parigi quella di adozione e le amo entrambe con i loro pregi e difetti. Solo, ogni tanto, ho una grande voglia del mio mare e del mio sole!
Per essere certo che l’autore del post non c’entra niente coi palermitani tiski-toski sono andato a leggere la sua biografia che conduce ai suoi video su you tube; vedendo questo – http://www.youtube.com/watch?v=30uQ7Z7NGhE&feature=related – devo affermare che anche se non ne avessi conosciuto le origini avrei capito alla prima parola che si tratta di un palermitano, perché, sia che si tratti di palermitani tiski-toski che di palermitani con l’inflessione tipica più o meno “ncarcata”, in entrambi i casi è evidente l’origine palermitana; allora, a cosa servono tutti questi camuffamenti? Per ottenere, come detto, una pronuncia che non evoca niente, nessuna matrice, se non il ridicolo? Dice: ma perché te la prendi tanto? L’autore e il primo fedele commentatore sono stati ipercritici sul tema, senza osservarsi loro stessi.
@davide rizzo
“Io direi che bisognerebbe cominciare col correggere gli errori di grammatica già quando si commenta su Rosalio”
io invecece non sono d’accordo!
casomai confutare il pensiero disarticolato, o peggio il non pensiero. uno dei miei commentatori preferiti di rosalio compensa refusi e “errorucci” da matita blu con una grande lucidità ed onestà intellettuale; ovviamente non farò mai il nome di simil “peccatore”! 😉
Non posso crederci. Il mio amico d’infanzia. Ti ritrovo qui su Rosalio… poco dopo aver salutato tuo padre davanti la porta!
Cerco di rispondere a tutti.
Discorso pronuncia: 1) mai detto che è una cosa di chi bisognerebbe vergognarsi 2) mai detto di non avere un accento siciliano. Probabilmente questa è + una mia fissazione, avendo qualche volte recitato davanti a un pubblico come nel video. Credo che un forte accento, di qualsiasi zona dell’Italia, possa essere un ostacolo comunicativo. Almeno per me a volte lo è stato. In ogni caso, non era un argomento centrale del mio articolo. Stavo solo elencando gli ostacoli che ho avuto una volta uscito dalla Sicilia. Se qualcuno di voi ha vissuto fuori, è probabile che si sia imbattuto in qualcuno di quelli elencati.
La divisione in due categorie è vero, è molto semplicistica. Ma quello che volevo sottolineare è che non si può restare neutrali. O sei amico, o sei nemico. O desideri ardentemente la sicilia, o vieni etichettato come quello che la odia, il frustrato, il tarato. Rinnegato, per l’appunto.
Questo atteggiamento elimina ogni possibile comunicazione con chi la pensa diversamente. Sarà anche un cliché, eppure è venuto fuori anche in questo blog, e un po’ mi dispiace, e un po’ è esattamente quello che volevo dire nel post.
non desidero polemizzare, ma vorrei solo precisare:
1) mai considerata la pronuncia palermitana una tara: chi ha un accento troppo marcato però rischia di non farsi capire al di fuori di panormo e questo costituisce un ostacolo nei lavori che prevedono un contatto con il pubblico
2) guarderò opinion leader per le mascelle, che se strette, dovrebbero produrre vocali più corrette.
3) la grammatica, mi si consenta, la considero im portante e quando parlo di uso corretto dell’italiano e della grammatica vorrei mettere in evidenza che a palermo ci sono modi di dire, parole e costruzioni verbali vernacolari che possono avere un significato in città e provincia ma non a 700 km di distanza. si potrebbe immaginare che solo chi avesse fatto la scuola primaria sia zoppicante in grammatica e invece vengono qui fior di laureati che non conoscono la grammatica ma quel che è peggio ne sono presuntuosamente inconsapevoli e mi dicono:
1) “però appalieermooo si paarla meeeglioo”
2) “spedisco con uno scatolo grande?”
3) “scendiamo il cane?”,
4) “entra la macchina nel box”,
5) “si ci può andare dopo”
…per tacere dell’uso totalmente libero delle preposizioni…
consentitemi una citazione in romanesco, direi al laureato: ma vattela a pijà in der…
la mia opinione: il provinciale è quello che pensa di non dover migliorare e di essere arrivato. e poi: un pò d’accento non disturba nessuno anzi è simpatico; quando è troppo suscita ilarità (e non solo il palermitano, sapeste come vengono motteggiati certi torinesi…), la grammatica comunque dovrebbe essere conosciuta.
Io non riesco a catalogarmi in nessuna delle due suddette categorie,magari ne esisteranno altre o magari,come in tutte le cose della vita niente è semplice.
Vi racconto un’aneddoto,il padre di una mia collega è di origine siciliane,partito quando aveva appena tre anni dalla sua Trapani,direzione tunisia.
Sbarcato in francia da adolescente,con la nomina di “pied noir” e mai andato in sicilia,se no due anni fa da pensionato,occasione di cui ebbi l’onore di conoscerlo…le sue prime parole ed anche il seguito furono rigorosamente in siciliano di un’accento stupendo e perfetto ascoltarlo per me era “orgoglio”,in quale categoria possiamo catalogarlo quest’uomo??
E’ vero quello che dice Luca ( a proposito bellissimo quel domàaani del video 😀 ) – “Credo che un forte accento, di qualsiasi zona dell’Italia, possa essere un ostacolo comunicativo” – : Toto’, Fabrizi, i fratelli De Filippo, Troisi, Manfredi, Benigni, Franchi e Ingrassia, Loren, Panelli, Ficarra e Picone … mi fermo perché la lista è troppo lunga … di Sciascia e Tornatore scritto sopra. Sono tutte persone che hanno visto le loro carriere stroncate a causa dell’inflessione … o forse è successo esattamente l’opposto?
Secondo me perdete troppo tempo nei dettagli sterili a discapito dell’essenziale. fabio s’apprico’ alle mandibole, addirittura!
In un post si deve essere sintetici; allora mi spiego meglio di prima, se ce la faccio: le contorsioni le fanno, anche le contrazioni, con denti, labbra, lingua, mandibole; se vuoi d’ora in avanti osserverò quali parti contraggono quando pronunciano paléeermo e rrinascèeente, sicuramente non aprono la bocca grande come ipotizzi tu, l’ho scritto, fanno gesti innaturali, per camuffare le loro origini.
Io l’ho commentato il post, definendolo semplicistico e provinciale, in tutta la carrellata di stereotipi provinciali, clichés e complessi ( atavici e non ) mi sono soffermato sul tentativo dell’autore e commentatore fabio ( che hanno dimenticato cosa hanno scritto sulla pronuncia nel post e nel primo commento; fabio addirittura fa razzismo sociale, e nemmeno si chiede di chi sono le colpe se troppi palermitani dicono “se io dovrebbe” ) di fare ulteriori classificazioni, che, sinceramente, è guerra tra poveri.
Penso semplicemente che da una ventina d’anni le nuove generazioni pensano che un certo modernismo ( residuo di modernismo in confronto ad altre città, e soprattutto capitali, europee ) arrivato pure in Sicilia non puo’ essere associato alle identità siciliane, e per questo, credendosi moderni, e volendo scopiazzare le società evolute, si sono inventati il tiski-toski, che purtroppo per loro è ancora piu’ provinciale, piu’ scorretto grammaticalmente, e piu’ riconoscibile della “vecchia” inflessione palermitana. E’ pure sgradevole da ascoltare, e, come detto, sembrano picciriddi “ritardati”.
non può … meglio cambiare navigatore e correggere l’accento; Rosalio è pieno di correttori che osservano, ma non esprimono idee … 😀
provo a spiegarmi meglio e comunque non commenterò oltre:
1) niente razzismo sociale.
quelli che non giustifico sono i laureati (presuntuosi) non coloro che hanno solo frequentato la primaria
2) non è l’accento (purché sia moderato) che non và.
non vanno le parole dialettali (scatolo ad es.) fatte passare per italiane, non vanno i costrutti siciliani trasferiti a specchio all’italiano perché non si viene compresi (anche se ci sembra impossibile), non vanno i verbi transitivi usati come intransitivi e viceversa.
3)se leggo: “stringendo fino ai crampi denti e mandibole” a questo posso anche associare una pronuncia scorretta o perfino ridicola, ma non certo” paaaleeeeermo, la miiiinchiaaa, la rinascèeente” che rendono graficamente alla perfezione la pronuncia a bocca spalancata, tipica di un certo tipo di palermitano (che non è necessariamente uno che ha poco studiato). dunque usiamo l’italiano meglio soprattutto lo scritto così riusciremo a comunicare meglio con tutti e non soltanto con il nostro vicino.
te capì o capì no ?
“e poi improvvisamente si scopre che in quel maledetto paese stanno tutte le ragioni che la ragione conosce e non conosce” (Sciascia)
A buon intenditore…
Nella terra in cui vivo da trent’anni, quello che da tutte le parti d’Italia viene chiamato dialetto, quì assume dignità di lingua, parlata e scritta. Con tanto di tradizioni orali, gare di poesia e musica autoctona, non folcrostica.
Sa limba viene insegnata in molte scuole primarie, assieme all’Italiano e l’Inglese, la provincia di Cagliari redige gli atti pubblici in italiano e in campidanese, variante della limba sarda. I miei figli sono inseriti in quest’ambiente ma conoscono e la più grande parla anche il palermitano, nella variante burighitana, per gli italofoni quello che si parlava al Borgo, quando il Borgo era uno, sano e cuore della Palermo operaia. E perchè mai dovrei cercare di camuffare la mia cadenza o correggere le a o le e aperte ? Certo non dico al collega spostami il motore ed entralo nel giardino perchè sono cosciente che è un’italiano pro forma, anzi non lo è per nulla…Come non capivo mio fratello al mare, quì in Sardegna, dirmi alle 9,30 del mattino, passami la tovaglia e io gli ho risposto candidamente ” Ma hai già fame ? “.
Io, immigrato da Palermo, mi porto e trasmetto quando posso i veri valori della palermitanità, che non sono riconducibili solo a munnizza, mafia e svolte a destra continua anchedovenonc’è, ma spesso mi sono accorto sono valori comuni alle persone di buon senso a tutte le latitudini e longitudini. Per il cibo, accuòmmiru cucinando a casa tutte le pietanze nostre caratteristiche, e di co tutte, per ultimo un panino con la milza tre giorni fa quando mi sono accorto che mia moglie , sarda naturalmente, ha veemente protestato la carenza di scannaruzzàtu nel suo panino, abbagnato sì nella sugna, ma povero della parete un pò citrigna dei grandi vasi che attraversono i polmoni….
fabio, siccome per te è diventata un’ossessione ti spiego come le pronunciano. Devi fare una contrazione molto rigida nelle mandibole che interessa pure la dentatura inferiore, la bocca è leggermente aperta, per intenderci come il similsorriso dei cani affetti da tetano, la lingua fa un leggero movimento tipo uno che bacia impacciato, le labbra superiori e la bocca sono aperte ma non troppo. Ora puoi andare a dormire tranquillo.
Prima di prendere sonno ripassati la frase piena di stupidità che mi ha infastidito: “qui incontro gente che viene da palermo che è convinta di parlare un buon italiano e semplicemente non si accorge di fare certi strafalcioni (lasciamo perdere la pronuncia, che comunque inerisce non solo il luogo di nascita ma soprattutto la famiglia e l’ambiente socio_culturale), gente che pensa che siano le regole locali a doversi attagliare ai soggetti”. In nessun posto parli di laureati. Perlomeno non essere in malafede. Dai l’impressione di un meticoloso che perde tempo coi dettagli insignificanti, ti auguro che questo ti lasci il tempo nel nord italia per fare fortuna o perlomeno altrettante cose interessanti di quelle che fanno molti palermitani, impiegati o imprenditori di successo, per i quali la poca dimestichezza con la grammatica non è affatto penalizzante.
O forse ti sei fissato con le mandibole per spostare altrove l’attenzione e non ammettere di avere scritto una carrellata di chlichés, immagini stereotipate, e qualche stupidaggine inutile?
N.B. nel secondo post ho specificato che nel primo avevo volutamente esagerato, poi ho scritto vocali, lettere e accenti fedelmente a come le pronunciano i tiski toski.
ammetto di avere dei LIMITI.
Uno di essi e’ non riuscire a capire cosa ha di tanto interessante una questione di cadenze dialettali,e di dedicarvi tanto tempo ed attenzione,in un mondo dove perfino l’aria che respiriamo e’ ammorbata,manca il lavoro,ci hanno tolto la fiducia in noi stessi per iniziare una qualunque attivita’ di impresa,siamo costretti a lasciare la terra dove siamo nati,e siamo gestiti
da persone di cui faremmo volentieri a meno.
un’altra testimonianza degna di essere letta:
http://www.gds.it/gds/sezioni/lettere-alla-direzione/dettaglio/gdsid/103586/
giorgio, potrei essere d’accordo con te; ma se io ho sottolineato, e poi argomentato, solo su questo elemento, tra una lunga carrellata di clichés e superficialità, non è per caso; e mi sorprendi un poco poiché ho notato in precedenza che sei una persona attenta. Dietro questo fatto che sembra banale, invece, si possono trovare diverse chiavi di lettura sull’evoluzione socio-culturale dell’uomo palermitano. Cito solo due elementi: 1) le perdite di tempo e le polemiche condite da gargarismi verbali fondati sul NULLA a discapito dell’azione e dell’essenziale, ed i risultati si vedono andando in giro per la città tra la decadenza oggi ai livelli massimi. 2) una cronica e grave crisi d’identità, che si esprime persino nel rifiuto, e in certi casi la negazione, delle proprie origini, per andare in cerca di illusioni anch’esse fondate sul NULLA, e nel caso dell’espressione soprattutto orale … si oltrepassa la soglia del ridicolo.
Per gli altri elementi ti lascio alla tua riflessione …
Noi siamo uno strano paese. Nato dal centralismo, una modifica costituzionale promossa dalla sinistra, ha in qualche modo legittimato i govern locali, spesso in antinomia con il governo centrale.
Non siamo né carne né pesce, come forma di governo del territorio, al momento. O ci trasformiamo in uno stato realmente federale, oppure torniamo a centralizzarci.
Sono critica anche verso il sud. E’ innegabile che tanti soldi sono stati destinati al sud, in molti anni, ma sono stati impiegati non per crescere, ma solo per fare basso assistenzialismo e clientelismo.
Credo che il sud debba ragionare su se stesso e sulle proprie potenzialità. Reali. E denuncire chiunque comportamenti mafiosi od impositivi. A volte é più la minaccia, che il problema reale. Ed anche se si lavora bene a livello sciale in certi luoghi, la mafia, potrebbe avere meno risorse.
Credo nell’ottimismo della volontà, non nel pessimismo della ragione.
Sono nato a Milano da genitori Siciliani, ho trascorso 26 anni della mia vita a Palermo da quando avevo 8 anni e nel 2007 sono tornato a Milano non per esigenze lavorative bensì per una nuova esperienza professionale, mi sento Palermitano a tutti gli effetti, non mi vergogno della mia inflessione siciliana e mi diverte sentire i miei colleghi americani o inglesi che al momento di andare a pranzo si rivolgono a me dicendomi “AMUNI’ ?” o quando parlando del caffè americano lo chiamano “ACQUA I PULPO”. Amo la mia città, mi mancano i miei affetti gli amici il mare i quartieri di palermo che ho frequentato. Mi piace sentire la nostalgia della mia città e mi piace tornarci tutte le volte che posso ma c’è un però ogni volta che riparto sento come una fitta al cuore per il degrado in cui Palermo versa, mi fa rabbia pensare a tutte quelle persone in gamba Siciliane che rendono la qualità della vita di città come Milano più elevata di quella di Palermo. Mi fa rabbia pensare che se non avessimo la mentalità della raccomandazione e dello scambio di favori molte di queste persone non avrebbero lasciato la Sicilia, mi fa rabbia pensare che da noi non si può fare gli imprenditori perchè devi conoscere a tizio o a caio dentro qualche ufficio per non farti insabbiare le pratiche autorizzative, mi fa rabbia pensare che per realizzarti a Palermo devi faticare 10 volte in più rispetto ad una persona che vive al Nord e che ha avuto la tua stessa idea. Mi fa rabbia l’aria di impunità che si respira in Italia e soprattutto in Sicilia dove le amministrazioni (tutte) sono latitanti e dove i cittadini non hanno alcun senso civico e mi riferisco ai soliti luoghi comuni ma purtroppo veri, la maleducazione, la sporcizia, l’inefficienza degli uffici pubblici, mi fa rabbia vedere che la situazione giù va peggiornado e avere la consapevolezza che non cambierà mai.
Cosa pensare? forse i Palermitani (me incluso) non riescono ad amarsi quanto dovrebbero, non riescono a pretendere dalla loro città quelle cose basilari che qualsiasi città che non appartenga al terzo modo dovrebbe offrire o forse la situazione è talmente cronica che anche con tutta la buona volontà di questo mondo non si può cambiare nulla….una cosa è certa con tutte le contraddizioni del caso IO SONO SICILIANO E NON MI VERGOGNO DI ESERLO.