“Instrument 3” di Roberto Zappalà: anche la paranoia alle volte “diverte”
Paranoia. È questo il tema di Instrument 3: cage sculpture della Compagnia Zappalà danza, in scena ieri sera al Teatro Montevergini. Due uomini salgono di corsa sul palco, poi si fermano di scatto, e si girano. Fissano il pubblico, catatonici, vestiti di bianco come in una camicia di forza, e truccati come clown. Si tirano l’un l’altro, si scrutano, si dimenano. Poi entra la donna, vestita di bianco come loro, e come loro truccata da clown; ma lei non si dimena, cammina in punta di piedi, vacilla. Poi, un flash rosso accecante li sorprende dall’alto, di lato, da sopra, da sotto, e i tre si fermano. E cominciano la danza della paranoia secondo Zappalà.
Terza tappa di un progetto coreografico e musicale che si è avvalso della preziosa collaborazione di Alfio Antico, presente in scena, Instrument 3 è uno spettacolo dal ritmo delirante, martellante, basato sul dualismo dei colori bianco e rosso, e su corpi che danzano, isterici e ipertesi, sviliti dal ritmo quasi primordiali dei tamburi di Alfio. Un ritmo che scatena una danza di malessere, ma anche di sfogo.
Un ritmo in cui, nonostante tutto, si sorride. Si sorride perché la follia offre uno spettacolo di malata comicità. Si sorride perché i danzatori ci fissano e ridono anch’essi della paranoia loro, e della nostra, che a volte c’è ma non si vede.
Ma il teatro, lui sì, riesce a vederla…
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