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lunedì 23 dic
  • Mettersi in proprio 3

    Dopo gli aspetti riguardanti il mercato e quelli tecnici e organizzativi, si passa a quelli economici e finanziari con l’obiettivo di verificare la redditività dell’iniziativa e la capacità di sostenerla dal punto di vista finanziario. I documenti da approntare in questa fase saranno lo stato patrimoniale previsionale, i conti economici previsionali e i flussi generali di cassa previsionali per l’arco di tre o più anni.

    Lo stato patrimoniale viene definito come la fotografia di un’azienda ad una certa data (normalmente il 31 dicembre). È costituito da due sezioni: Attività e Passività e Capitale netto.

    Delle attività fanno parte: le immobilizzazioni tecniche, il magazzino e i crediti, la cassa e la banca. Le immobilizzazioni possono essere: tecniche (terreni, fabbricati, macchinari ecc.); immateriali (brevetti, marchi, know-how) o finanziarie (partecipazioni in altre società, azioni e obbligazioni). Le immobilizzazioni saranno normalmente di valore maggiore del magazzino e dei crediti destinati a trasformarsi in denaro contante in un arco di tempo relativamente più breve. Il magazzino comprenderà la stima delle materie prime, dei semilavorati e dei prodotti finiti e sarà più rilevante nelle imprese manifatturiere che in quelle di servizi. I crediti saranno invece rappresentati dalle forniture già fatturate, ma di cui non sia stato ancora incassato il controvalore. Cassa e banca rappresentano le attività più liquide.

    Le passività descrivono invece le “fonti” da cui derivano economicamente le attività: mezzi propri (capitale sociale, versamenti dei soci in conto aumento di capitale, contributi di legge e riserve costituite a qualsiasi titolo) e mezzi di terzi (finanziamenti ordinari e agevolati, fondi di ammortamento e TFR). Il trattamento di fine rapporto, in quanto pagamento differito, concorre infatti a finanziare l’impresa. Mezzi propri e mezzi di terzi devono essere in equilibrio anche perché questi ultimi generano oneri finanziari.

    Il conto economico rappresenta la situazione di un intero esercizio ed è suddiviso in costi e ricavi.

    I costi vanno classificati in fissi (es. personale dipendente) e variabili, legati cioè al crescere delle quantità prodotte. Potranno anche essere riclassificati in: industriali, commerciali e amministrativi o generali. I costi comprendono anche le quote di ammortamento che rappresentano la suddivisione del costo di un bene di utilizzo pluriennale per il suo ciclo di vita economico (es. veicolo industriale).

    I ricavi rappresentano i proventi aziendali e potranno essere rappresentati dal fatturato, dagli interessi attivi e dai contributi previsti da leggi.

    Se i ricavi supereranno i costi avremo un utile di esercizio, altrimenti una perdita di esercizio.

    Mentre il conto economico prende in considerazione i costi e i ricavi di un esercizio in base al criterio di competenza, i flussi finanziari seguono il criterio di cassa, rappresentando le effettive uscite ed entrate del medesimo esercizio. Costi ed uscite, così come ricavi ed entrate, non coincidono quasi mai temporalmente, dando luogo a flussi di cassa (cash flow) positivi oppure negativi. Se non si è capaci di avvicinare temporalmente fatturato ed incassi, c’è il concreto rischio di condurre un’attività economica il cui risultato, sebbene in utile, viene anche totalmente eroso dagli oneri finanziari per il ricorso all’indebitamento bancario a breve.

    Questi documenti previsionali aiutano a verificare la capacità di sostenere finanziariamente l’iniziativa e di analizzare l’azienda attraverso gli indici di redditività, liquidità e solidità. Il punto di pareggio (break even point) è invece la rappresentazione grafica, in un asse cartesiano in cui l’ascissa rappresenta le quantità prodotte e vendute e l’ordinata il denaro, del punto di incontro tra il livello dei costi fissi più quelli variabili (in funzione della produzione) con i ricavi che partiranno, ovviamente, da zero. Il pareggio si avrà per il livello di quantità prodotte e vendute per cui i ricavi uguaglieranno tutti i costi sostenuti. Oltre questo punto si va in utile viceversa in perdita. Le leve saranno sempre due: ridurre i costi oppure aumentare i ricavi (condizioni di mercato permettendo!).

    Dopo aver così condensato i concetti più utili ad un’analisi di fattibilità di un progetto d’impresa, non resta che augurare a chi si volesse cimentare con una nuova impresa un sincero…in bocca al lupo!

    Palermo, Sicilia
  • 7 commenti a “Mettersi in proprio 3”

    1. Beh veramente passa proprio la voglia…

    2. Caro Luca,
      fosse solo la voglia a passare….
      Praticamente son tutte “ipotesi”, si tengono presenti solo quelle. Ma se,per esempio, in base a tutte ste “ipotesi”, la mia attività avesse un piano di fattibilità eccezionale, se io sto antipatica alla gente….col cavolo che entrano nel mio negozio, azienda ecc ecc. Nei piani non si calcolano gli imprevisti (che poi tanto imprevisti non sono) tipo….”pizzo” e simili. Sulla carta è facile prevedere, far conti fittizi ecc ecc, ma la realtà è ben diversa. Non ci sono piani di fattibilità, ipotesi, planning e simili che tengano…e io purtroppo ne sò qualcosa, visto che l’ho vissuto sulla mia pelle e lo Stato mica mi ha aiutata…anzi…m’ha finito di “sdirrubbare”.

    3. se stai antipatica alla gente cerca di cambiare.
      se vengono a chiedere denuncia.
      se non programmi non controlli.
      se non prevedi vivi alla giornata.

    4. Grazie Letizia hai colto al volo il mio pensiero: la teoria è una cosa ma la pratica è un’altra.
      Anche io sono preparatissimo su bussiness plan e analisi di mercato, ma gli appalti mica li vince chi ha predisposto la migliore offerta, gli incarichi del comune (vedi striscia) mica vanno alle aziende che predispongono i progetti migliori ecc ecc.
      PS non ho capito il commento di jerry… da quale pianeta proviene??

    5. \\PS non ho capito il commento di jerry… da quale pianeta proviene??\\

      Forse non ha mai avuto la “sfortuna” di essere imprenditore…beh buon per lui e sinceramente gli auguro di non esserlo mai….almeno il suo fegato non diventerà una polpetta. O magari lo è ed è stato eccellente e fortunato. Ma chi ha “perso”, non ha perso per inettitudine. Chi investe cifre che non sono “bruscolini”, sarebbe solo un pazzo a far andare tutto in malora, quindi se è andata male….un motivo ci sarà.

    6. Mi sa che investirò all’estero ( Nord Italia!!!!)

    7. Non provengo da nessun pianeta… ma il management è scienza (Norton e Kaplan’s The Strategy Focused Organizations, in cui si pone al centro dell’azienda il controllo dei risultati attraverso il coinvolgimento dell’intera azienda, o Strategia Blue Ocean, nel quale si dimostra come competere in mercati saturi non porti valore aggiuntivo rispetto all’ingresso in nuovi mercati/nuovi canali di vendita)e quello che dice Donato è abbastanza corretto.
      Una strategia chiara, obiettivi concreti e misurabili e un governo del business solido non possono fare altro che generare valore. L’imprevisto nella gestione aziendale non deve diventare la regola ma l’eccezione.

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