Souvenir di Palermo: i Daneu
Recentemente ho citato la bottega dei Daneu e molti mi hanno chiesto notizie più dettagliate: a loro quel nome diceva poco e in famiglia qualcuno ricordava vagamente una curiosa bottega palermitana dalle parti della Cattedrale.
Vincenzo Daneu arrivò a Palermo da Opicina, a due passi da Trieste, nel 1883. Aveva 23 anni, e una buona conoscenza del tedesco, francese e inglese, oltre l’italiano, che gli permise di trovare impiego presso gli Jung, con casa e uffici in via Lincoln, abilissimi imprenditori palermitani del settore import-export dell’epoca.
Con i primi risparmi decise di mettersi in proprio comprando tutto ciò che gli eredi di una antica nobiltà immiserita mettevano, discretamente, in vendita. Solo per contanti. Furono maioliche, interi corredi preziosi, tappeti, quadri, mobili, paramenti di chiese, che s’accumularono nella bottega presa in affitto (a lueri, si diceva ancora) in via Mariano Stabile, a due passi dall’Hôtel des Palmes, che allora così si scriveva correttamente con l’accento circonflesso. Il successo arrivò grazie ai numerosi forestieri agiati e colti: nei registri del 1902 sono annotate vendite di merletti, terrecotte, alcune tele e tra i nomi degli acquirenti, baroni tedeschi e lord inglesi, figura pure Arturo Toscanini.
Vincenzo mise su famiglia impalmando Ita Zvanùt, una cugina che gli darà otto figli. Il loro medico fu Giuseppe Pitré il quale amava intrattenere i suoi pazienti raccontando non solo di usi e costumi nostrani, ma pure di carretti e opera dei pupi, di ceramiche tipiche e dei mille mestieri curiosi.
Fu così che i Daneu cominciarono a vendere “sedie e divanetti alla siciliana” intagliati e dipinti esattamente come i richiestissimi “tavuliddi” degli acquaioli; e pure le loro famose “bergamotte” che erano scatolette fatte con la buccia dell’agrume dipinta a mano con i motivi classici dei “masciddari” del carretto. E finalmente carrettini e pupi in miniatura che andarono a ruba: souvenir d’un viaggio in Sicilia!
Tutto questo ben di Dio accanto a maioliche, mobili antichi, parti di carretto e un famoso miele di zagara che fece il giro del mondo.
Nel 1922 trasferirono casa e bottega nell’intero piano nobile del seicentesco Palazzo Santa Ninfa in corso Vittorio Emanuele 452: ben trenta stanze, oltre a ballatoi e locali di servizio, di fronte la Cattedrale. Nell’elegante cortile la fontana in marmo con Perseo che libera Andromeda dal drago, da tutti scambiato per un San Giorgio, con al centro una palma, esattamente com’è oggi. All’epoca, in verità, era mal ridotto giacché era stato trasformato in scuola nella seconda metà dell’Ottocento, i soffitti affrescati erano cadenti e le pareti decorate imbrattate di inchiostro.
Un grande salto di qualità, nel posto più frequentato dai forestieri in visita a Palermo, anche se il negozio di via Stabile resistette ancora fino al 1925.
Ai colti e ricchi forestieri del tempo furono offerti oggetti di scavo, monete antiche, carretti interi. Un “carrettino con asino sardignolo completo di finimenti” si poteva avere con “Lire Cinquemila”: ne comprò due il banchiere americano Pierpont Morgan che alloggiava a Villa Igiea. A sole mille lire si vendeva uno splendido albarello trapanese del Settecento. I tempi erano cambiati: accanto al commerciante Vincenzo c’era adesso il figlio Antonio, colto antiquario e raffinato intenditore d’arte.
Nel corso dell’ultima guerra una bomba centrò l’ala sinistra del palazzo che venne restaurato attorno al 1949. Degli ultimi anni, prima della definitiva chiusura, ricordo solo la “Signora Daneu”, com’era chiamata da tutti. Quando s’entrava, lei si alzava dalla poltrona e con l’aiuto del bastone veniva incontro ai clienti mostrando con orgoglio oggetti di grande valore o bellezza, maioliche e argenti che con le sue parole prendevano vita. Nei vecchi palermitani resta il ricordo dei Daneu. La loro storia familiare è stata scritta qualche anno fa, con grande amore e delicatezza, da Alessandra Lavagnino.
Ho avuto modo di riascoltare Gaetano Basile parlare dal vivo di latte e di miele, l’estate appena trascorsa a Castellammare del Golfo.
La brevissima saga dei “Daneu”, non può che rinnovare la stima che nutro per lui.
Ma che bella questa Palermo del passato. E oggi?
Anche oggi c’è chi compra oggetti da chi si trova in difficoltà e crea la sua fortuna direttamente proporzionale all’opera di strozzinaggio messa in atto.
é SEMPRE UN PIACERE LEGGERE QUALCOSA SCRITTO DA GAETANO BASILE.
Complimenti Basile, dire altro da parte mia sarebbe inutile.
E’ sempre un piacere leggere i post di Basile.
Una domanda quando potremo rivederlo in Tv con quei magnifici servizi che fino a qualche anno fa andavano in onda sulle reti locali.
se non erro esiste un negozio Daneu a Taormina, la signora che lo gestisce (e che gran signora che è) sarà forse una parente dei Daneu di Palermo?…
Capita spesso che il signor Basile cominci i suoi post esprimendo stupore per l’ignoranza dei suoi interlocutori: “non sapevano cosa vuol dire Guiscardo”, “a loro quel cognome, Daneau, diceva poco”, “non sapevano che Cuto’ vuol dire coltello, deriva dal francese, in realtà Procopio de’ Coltelli è il palermitano Cuto'”. Meglio spostarsi alla facoltà di lettere in mezzo agli studenti ignoranti che non sanno cos’è la lupara, né sanno cos’è la gleba (“Ragazzi, vogliamo scherzare? Avete studiato Monti, Carducci?… giovenchi invitti a franger glebe…?”). Forse è meglio parlare dei normanni venuti in Sicilia, di loro sanno qualcosa (pero’ non c’entra niente che il signor Basile mischia Hauteville-La-Guichard che è in Haute Normandie, con Conches che si trova in Basse Normandie, o con gli arazzi di Bayeux, tanto per esibire conoscenze), ma il culmine dello stupore è dietro l’angolo: gli studenti della facoltà di lettere non sanno che Robert d’Hauteville era detto “il Guiscardo”, perché Guiscard vuol dire “avisé, furbo, figlio di puttana”.
In francese si dice “faire valoir”, cioè, quando si usa una persona di qualità inferiore per mettere in risalto sé stessi; per esempio in teatro un attore mediocre mette in risalto il protagonista, due amici uno bello uno bruttissimo si capisce chi ha successo con le donne, o uno intelligente e carismatico accompagnato da uno insignificante o mezzo rincoglionito, etc. insomma “faire valoir”.
MA, non si possono esporre i propri pensieri senza fare questo genere di competizioni?
Tra l’altro devo dire che molte frasi, per esempio, del post di Basile che riguarda “le cafè Procope” a Parigi le avevo lette tale e quali in un sito di turismo, poi riprese anche da wikipedia; ed altri elementi di altri post che non elenco; come è semplice, peraltro, con i mezzi attuali fare ricerche su internet o nelle biblioteche. Ma perché, poi, per raccontare le proprie conoscenze provare questo bisogno di fare passare gli altri per rincoglioniti ignoranti?
Io a questo punto mi aspetto che il signor Basile in breve venga a parlarci di “signoraggio e di moltiplicatore del credito” e che cominci la sua tesi trattando da rincoglioniti la maggior parte degli italiani, non solo i palermitani, poiché di questi due elementi, seppure fondamentali, sono all’oscuro.
Le café Procope, pardon, o café Le Procope.
tutto questo, ed il web in generale e la vita virtuale che vi circola dentro, la solitudine del “navigatore”, del blogger, che solo davanti allo schermo spesso si auto convince di essere geniale (e questa tendenza la noto quasi ogni volta che uso internet per passatempo; non quando lo uso per lavoro ovviamente), ebbene, in questi giorni mi fa pensare, chissà perché, a un testo di Charles Aznavour che considero geniale, “l’istrione”. E’ un testo che mi mette di buonumore, e non ho voglia di spiegarmi perché mi mette di buonumore; comunque lo so perché. Ci vedo un misto di sentimenti che potrebbero sembrare contrastanti, ma non lo sono: esaltazione e disperazione, solitudine, convincimento assoluto ed autoironia, in un certo senso anche dolce follia. Non si è mai saputo se Aznavour esaltava qualcuno o si stava prendendo gioco di lui.
“Io sono un istrione
ma la genialità
è nata insieme a me…
…Io sono un istrione
ma la teatralità
scorre dentro di me…
…Perdonatemi se
con nessuno di voi
non ho niente in comune
io sono un istrione
a cui la scena dà
la giusta dimensione…
…Io sono un istrione
e l’arte, l’arte sola è la vita per me
se mi date un teatro
e un ruolo adatto a me
il genio si vedrà… si vedrà…
…in tono enfatico, discreto
versi e prosa vi dirò
con tenerezza o con furore
e mentre agli altri mentirò
fino a che sembri verità
fino a che io ci crederò…
Non è per vanità
quel che valgo lo so
e ad essere sincero
solo un vero istrione
è grande come me
ed io ne sono fiero”.
Prego gli utenti di fine intelligenza che frequentano questa nicchia di socializzazione palermitana che è Rosalio di non interpretare intenti malevoli, tanto meno nei confronti del Signor Basile, ma semplicemente ironia, anche se so perfettamente che certe volte ci sono persone dall’ironia strana (forse pure io).
ho sentito pronunciare al Sig. Basile, durante un suo intervento di piazza,la seguente frase:
è inutile che il palermitano fa u finuliddru perchè nelle sue vene scorre anche un pò di sangue ebreo.
Non voglio tacciare il Sig. Basile di razzismo, per carità, il clima era improntato al mero babbiu, ma il concetto resta.
Non credo proprio che il Sig. Bassile senta l’impossibilità di essere finuliddri solo perchè qualche ascendenza ebrea possa aver “inquinato” il blue del sangue palermitano ma che sia sua convinzione che il palermitano, l’ignorante e rozzo palermitano, possa pensarlo si, quello si.
Lucia,
conosco personalmente la proprietaria del noegozio Daneu di Taormina e ti confermo che è una discendente di quella famiglia.
Confermo pure che è una persona piacevolissima 🙂
Gigi ti invito a rimanere in tema. Grazie.
Ascoltare il mio Amico, Il Maestro Basile , è sicuramente affascinante e coinvolgente, ma leggerlo non è da meno, grazie Gaetano per come ci rendi dotti sulla nostra terra di sicilia.
Data la mia passione per la città di Palermo, quando leggo il nome di Basile, cerco con avidità l’articolo, sicuro di imparare un’altra cosa su Palermo. Grazie Gaetano
sono triestina e leggere, per caso , la storia dei Daneu che ancora oggi hanno un hotel e varie attivita’ ad Opicina a pochi km da Trieste, mi ha assai incuriosito !
Grazie per avermi svelato una piacevole storia della mia citta’
Amo Palermo, la conosco bene e immaginare i Daneu in giro per la citta’ alla fine dell’800 mi ha fatto sognare
cordiali saluti
Ho seguito con interesse la presentazione di “Palermo è”. E’ stato descritta correttamente la “scala del tempo” usata nell’800, ma non era un sistema siciliano, bensì quello delle “Ore italiche”.
Differivano dalle ore babilonesi per l’ora zero, che era quella del tramonto. L’alba italica poteva spuntare fra le 8.40 e le 15.30, e il mezzogiorno stava fra le 16.20 e le 19.40 (poiché la durata del giorno, dall’alba al tramonto può variare anche di un’ora fra le estreme latitudini italiane, questi numeri sono puramente indicativi). Fortemente radicate in Italia, ma non solo, le ore italiche resistettero a lungo negli Antichi Stati dopo che l’Europa aveva adottato le ore moderne o francesi.
La “tela” del mezzogiorno sulla Porta Nuova, scorreva lungo il tetto e non davanti alla loggetta sottostante.
Buon lavoro!
gigi critica offendendo il sig. Basile. il sig Basile ha una storia una cultura che mette a disposizione dei palermitani amanti della loro storia, ben venga , anzi lo invito ad essere più presente.
ma tu gigi cu si presentati…….
Nutro una stima immensa per il Sig. Basile e resto ammaliata dalle sue parole e da i suoi racconti che mi prendono come una bambina che ascolta una fiaba…la Fiaba bellissima di una palermo colta, bella che adesso sembra essere svanita e della quale resta solo un eco lontano.
e nelle fiabe,o favole,
si può dire di tutto.
Ed il contrario di tutto.
Buongiorno,sono Marina Simili,il mio bisnonno materno era Vincenzo Daneu,io non l’ho purtroppo conosciuto ma ho vissuto parte della mia vita nel magnifica dimora che ha costruì a Taormina nei primi anni del 900 con un parco meraviglioso di tre ettari che aveva arricchito di marmi,statue,archi,maioliche di Caltagirone.Putroppo morì giovane senza lasciare testamento e la proprietà dopo quasi 70 anni di varie diatribe è stata venduta.
Conservo un ricordo meraviglioso delle estati trascorse in quei luoghi.
Mi ha fatto piacere e ringrazio Gaetano Basile di avere ricordato il nostro congiunto.