Eredi della scuola poetica siciliana
Rinvenute a Palermo nuove testimonianze in forma epigrafica della scuola poetica siciliana (1230-1266). Dopo quasi ottocento anni Giacomo da Lentini, Cielo d’Alcamo e Stefano Protonotaro hanno finalmente trovato degni eredi del loro nome. Attraverso un’attenta analisi paleografica e filologica, è stato possibile rintracciare una continuità della tradizione sicula iniziata sotto Federico II di Svevia e arrivata fino a Raffaele Lombardo IV. Sono stati rinvenuti due componimenti molto interessanti per temi e stilemi: nel primo frammento, denominato “Nelanima”, si nota il ricorso ad un’abbreviazione (6) in termini numerologici molto probabilmente per ragioni di metrica, anche se non è da escludere la volontà di conferire un significato allegorico al numero.
Tuttavia, la tesi metrica è convalidata dall’elisione nelle parole successive dove “nell’anima” è contratto con una crasi, diventando “nelanima”. L’autore però conferisce al componimento un’eleganza formale che valorizza il testo oltremodo: ricorrendo difatti ad un ricercato enjambement, unisce i due versi con due K. Alcune scuole di pensiero propendono per un’interpretazione letterale del testo: quindi le due K sarebbero abbreviazioni di “Perché”, anche se questa ipotesi deve ancora essere confermata in campo linguistico, dato il dubbio percorso etimologico pieno di trasformazioni semantiche. Altri studiosi, scettici della rilevanza dell’autore preso in considerazione, ritengono le due K come una semplice e banale ripetizione fra un rigo e l’altro, segno di distrazione e sciatteria formale. Infine preziosismo che conferisce al testo un posto di rilievo nella storia della letteratura italiana, è l’uso della Z in luogo della moderna S nella parola “penzo”, segno della continuità storica che lega Giacomo da Lentini all’anonimo autore, in quanto la firma è purtroppo poco leggibile.
Nell’altra epigrafe la musa ispiratrice è una non precisata Franci, dama amata dall’autore anche stavolta avvolto nel mistero. In questo secondo componimento, denominato “Nona senzo”, vediamo riproposto il topos dell’abbandono che viene impreziosito da alcune scelte lessicali. Forse con un’interpretazione un po’ troppo libera, si può intravedere nel “non ha” trasformato in “nona” l’impossibilità per l’autore di negarsi il possesso amoroso della donna tanto desiderata. Le condizioni psicologiche dell’autore quindi si riversano nella stesura del testo in termini puramente linguistici. Ovviamente la scelta di “nona” non è casuale: è evidente il richiamo all’allegoria numerologica che, come ben sappiamo, sarà poi propria di Dante. Infine, così come nel componimento del primo autore, è utilizzata la Z anziché la S nella parola “senzo”.
Sperando di aver dato un contributo importante alla filologia e alla critica letteraria grazie a queste piccole analisi, ci ripromettiamo di studiare in altra sede con convegni dedicati a questi illustri eredi della scuola poetica siciliana.
Ottima lezzio di filologia romansa.
Ah ah ah, troppo forte.
Ma il merito di avere in giro tutti questi ignorantoni di chi è?
Di insegnanti della scuola dell’obbligo distratti e poco motivati o “dell’obbligo” di promuovere sempre e comunque?
Siete geniali.
Tutti figli del Grande Fratello!
C’è anche di peggio in giro.. Avete letto di uno degli ultimi esami per l’abilitazione alla professione forense? (non svoltosi a palermo..). E non date la colpa ai professori.. c’è poco da insegnare a certa gente..
Sai che c’è? Questo spocchiosismo da radicalchic mi fa pensare a un dottorando in lettere, disperato che dopo anni di studio si rende conto che per lui le strade sono chiuse. Considerando che viviamo in una società piena di figli d’arte, sgami, dottorande molto brave a fare il caffè e non solo mi chiedo se non abbiano ragione questi ragazzi che pur non conoscendo la lingua italiana (ma state attenti “filosofi”, perché la lingua si evolve e diventa regola proprio così) abbiano ragione. Vivono nell’amore e lo scrivono sui muri. Avranno la terza media, lavorano in officina. Guardano il GF. E probabilmente se la passano meglio di voi. In tutti i sensi.
Siete esauriti! (in senso buono ovviamente)!
Troppo forte!
valerio, fattilla ‘na risata!
Valerio, non vedo nessuna spocchia, ma solo la volontà di farsi due risate. Ce la fai o ti viene uno strappo alla mascella?
E io ora lo scopro che Palermo è capitale di cultori di umorismo ricercato e un po’ “di classe”. Bene, che contentezza, sapervi così forbiti. Io rido con altro, queste cose antiche, da quarto anno di liceo (peggio delle frasi siciliane tradotte in inglese) ve le lascio a voi, esteti della risata 🙂
valerio, lascia correre, sono esercizi di stile per tenersi in allenamento, in attesa di scoprire e poter decifrare documenti ben più importanti…
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nel frattempo volendo rimanere alla poesia, di siciliani bravi che scrivono poesia e di poesia ce ne sono, ma guardare più in basso è gioco più facile del saper guardare più in alto, visto che alzando lo sguardo il gioco si fa più duro e insidioso….
😉
Troppo forti queste scritte 😉
@valerio
[…] Avranno la terza media […]
speriamo di no
Mah… siamo bravi a ridere leggendo queste frasi sui muri, addirittura si stende un articolo… A me sembra troppo facile deridere questi ragazzi, che in realtà trovo deboli proprio perchè ignoranti: li immagino mentre crescono in un contesto difficile, senza più andare a scuola e nei casi migliori lavorando come manovali… Era proprio il caso di scrivere un articolo in questi termini? Sarà una mia impressione, ma avverto che da questo articolo fuoriesca un senso di superiorità, verso chi ha avuto negato il desiderio di ricevere un’istruzione,di avere delle ambizioni.
ciao a tutti, sono margherita e ho scritto il post sulla scuola poetica siciliana insieme ad alessandro. non siamo spocchiosi nè radicalchic, non siamo dottorandi e nè disperati, non volevamo deridere nessuno!io sono nipote di contadini e manovali, ho una cultura popolare, so parlare e scrivere in siciliano, nella mia famiglia non ci sono laureati e io ho una triennale da poco!ma secondo voi a 22 anniche superiorità posso avere?spero che abbiate capito cosa voglio dire!l’articoletto era solo un modo per sorridere insieme!
posso fare i complimenti ad entrambi…chi non ha capito che “si faceva per scherzare” evidentemente non ha senso dell’umorismo!!! comunque quando ho visto le foto e letto l’articolo sono morta dalle risate!!! bravi…
Grande senso dell’humor associato ad una quasi perfetta conoscenza filologica della materia, con terminologia ad hoc.
Chi si è “risentito” merita un felino avvinazzato sul viso, na atta mmriàca nta facci, ma adesso non appelliamoci agli “Amici degli animali” ma prendiamola con un sorriso e godiamoci le metafore…