La casa nuova
So per certo che io non l’avrei mai fatto.
Questo deve essere chiaro subito: deve essersi trattato di una qualche forma di coercizione nei miei confronti.
Mi spiegate chi mi ci portava a rinunciare alle camice stirate, ai piatti caldi, alle lenzuola pulite, al telefono fisso?
Comunque, la decisione era presa, non restava che comunicarla. Fu quindi convocata una riunione di famiglia per discutere la faccenda.
Alla riunione erano presenti, oltre ai parenti diretti, anche uno zio notaio, la moglie dello zio notaio e la signorina Ciaccio, vicina di casa da trent’anni e ficcanaso da molto più tempo.
Il difficile fu convincere tutti i parenti che “sì, restavo comunque a Palermo” e “no, non c’era nessuna ragazza gravida”.
Vennero ascoltate le mie motivazioni, a dire il vero confuse e contraddittorie, e diedi il mio peggio al momento del controinterrogatorio.
«Sì, certo che farò la cucina tutti i giorni. No, non credo che berrò l’acqua del rubinetto. Sì, avrete una copia delle chiavi. No, non credo che scivolerò nella doccia. Sì, penso che la domenica sarò a pranzo qui. No, non mi addormenterò sul divano. Sì, metto il ferro alla porta la sera così non entrano. No, non metto il ferro alla porta la sera senno come entrate se succede qualcosa…».
Ma la domanda che a tutti girava nella testa da molte ore e che nessuno aveva ancora pronunciato fu consegnata al sottoscritto dallo zio notaio che, senza alzare gli occhi dal foglio dove stava verbalizzando l’assemblea, ad un tratto gelò l’aria dicendo: «E dov’è che andresti a stare?».
Mi affidai a una fantomatica storia, una di quelle leggende cittadine che parlano di fantomatici amici che affittano fantomatici appartamenti, di fantomatiche dimensioni, nel fantomatico centro storico, a fantomatiche cifre. Tutte stronzate!
Iniziò così la mia ricerca.
Contattai le agenzie e mi vennero proposte, nell’ordine:
«Ampio monovano 30mq con servizi periferici 400 euro», ovvero il monovano era al numero civico 28, la cucina al 30 e il bagno di fronte al civico 33bis; «splendida villetta bifamiliare in contesto signorile», ovvero la denominazione “villetta” consisteva in un balcone con tre vasi di gerani e il bifamiliare invece si riferiva al fatto che la casa era già occupata abusivamente da altre due famiglie; e infine «seminterrato due ingressi zona università», e si trattava semplicemente del sottopasso pedonale di viale Regione Siciliana all’altezza di via Basile.
In ogni caso perseverai e così ebbi la possibilità di valutare l’affitto di un centro sociale in viale Strasburgo, del palazzetto dello sport di viale dell’Olimpo, di una panda 750 posteggiata sulle strisce blu in via Cordova, della grotta di Montepellegrino, di un vagone merci al binario 14 proveniente da Sant’Agata, di un motoscafo ormeggiato all’Arenella, del porticciolo di Mondello, della seconda fila del cinema Finocchiaro, del fosso del giardino inglese, di tre posti al parcheggio del Tribunale, del chioschetto delle limonate all’Ucciardone e di una sdraio in vimini in zona ponte Ammiraglio.
Alla fine la scelta si ridusse a due immobili: il palchetto della musica di piazza Castelnuovo, di cui devo ancora restituire le chiavi, e una zolla del prato della Favorita, proprio sotto la curva Sud.
Poi un giorno a casa trovai mia madre in preda all’euforia: la signorina Ciaccio poteva affittarmi una stanza del suo appartamento, proprio nello stesso pianerottolo dei miei.
Sono ormai tre anni che vivo da solo. Certo, per mangiare vado da mamma, le camice le stira mamma, il letto lo rifà mamma, ma vuoi mettere il piacere di uscire cinquecento euro al mese e sentirsi finalmente indipendente?
grande! in queste righe credo che ci sia la storia di molti.
ahiahi
Bellissimo pezzo, come sempre.
Bravo Ale!!
Ti abbraccio, Vale
Ma scusa… ti senti indipendente a casa della vicina ficcanaso, contando su tua mamma che ti rifà il letto, ti stira i vestiti e che ti prepara da mangiare???
Permettimi di dirti che hai un concetto particolare dell’essere indipendente.
@solaris…. guarda che era un post sarcastico..
Chiedo venia 😀 baci!!
io avrei optato per la seconda fila del cinema…almeno la sera se non hai niente da fare, hai un film da guardare!
esilarante
Tornare la sera, sostare qualche secondo sull’uscio e violare la penombra che intima ti avvolge. Al sicuro. Protetto. Sereno. E’ il sapore dell’indipendenza. Il gusto del proprio spazio-tempo..Eh si! soldi ben spesi 🙂