Lettera aperta di una laureata “inutile” al Ministro Gelmini
Gent.ma Ministro Gelmini,
ho 25 anni, sono laureata in Scienze della Comunicazione e mi sto specializzando in pubblicità.
Molte volte mi sono sentita dire, un po’ per scherzo e un po’ sul serio, che il mio era un corso di laurea “facile” e che un mio trenta in Sociologia o non valeva neanche la metà di un 25 preso da uno studente di Giurisprudenza in Diritto penale o di un 18 in Anatomia.
Ho risposto sempre con il sorriso sulle labbra a chi dubitava dell’utilità dei miei studi: ho risposto lavorando di giorno e studiando di notte, ho risposto trovando sempre degli ottimi lavori, senza raccomandazione e nei quali ho messo a frutto i miei studi.
Dall’aria che tira, mi pare di capire che su un’eventuale Arca di Noè, non ci sarebbe spazio per noi poveri professionisti della comunicazione. Non per me, né per i creativi, né per gli stagisti che a centinaia lavorano nelle aziende dell’impero mediatico del presidente del consiglio. Noi non serviamo, le nostre lauree non servono.
Sono inutili anche tutti quei comunicatori, esperti di immagine creativi e chi più ne ha più ne metta che in questi anni non solo hanno permesso l’aumento esponenziale dl fatturato delle aziende del Presidente del consiglio, ma che lo hanno anche supportato nella sua discesa in campo e che studiano le sue mosse e quelle del suo partito.
Le sue parole a Ballarò, poche e passate forse in sordina ai più, «abolire le lauree inutili in Scienze della Comunicazione» sono state come un colpo di pistola. Se lo dice il ministro, mi sono detta, sarà vero. Io mi fido delle istituzioni, sa?
E allora come mai permettete il proliferare di università private che chiedono 30.000 euro per un master in comunicazione? O è truffa o è circonvenzione d’incapace. In entrambi i casi, un reato.
Ho frequentato l’università pubblica, il mio corso di laurea è stato autorizzato dal ministero da lei presieduto. Quindi io sono stata truffata dallo Stato. E pretendo un risarcimento.
Ho fatto un breve calcolo: 5 anni di tasse, di affitto – sono una fuorisede – di libri, di abbonamento ai trasporti, bollette e spese varie fanno circa 10.000 euro. Se a questo ci aggiungiamo il danno biologico – studiando la notte e lavorando di giorno, il mio fisico ne ha risentito – e i danni morali e materiali arriviamo a 20 mila euro. Che ho intenzione di chiedere all’Università di Palermo e al Ministero dell’Istruzione. Io in cambio chiedo l’annullamento della mia laurea e mi impegno a reinvestire i soldi del risarcimento in una bella laurea in giurisprudenza. E in un biglietto A/R per Reggio Calabria. Sa com’è… per l’abilitazione.
Sono certa che, nell’eventuale causa, Lei mi fornirà tutto il supporto e l’appoggio possibili.
Cordialmente.
Ho intenzione di chiedere la stessa cosa
Ma fatemi il piacere! Che fossero lauree inutili lo sapevamo tutti! Servono solo per avere il pezzo di carta e in questo fanno il loro dovere. La riforma dell’università precedente a quella della Gelmini (quella del 2004) ha introdotto tantissimi corsi di laurea nella speranza di offrire al mercato un tecnico più specializzato e quindi di più alto livello in uno specifico settore, rispetto ad uno che avesse delle conoscenze più vasta ma meno focalizzate. Le intenzioni del Ministro di allora erano buone ma l’applicazione è stata disastrosa, in quanto si è finito per creare dei corsi di laurea con pochissimo spessore, e, soprattutto, il mercato non ha reagito come il ministro di allora sperava. Ecco spiegato il significato di “inutili”.
Se ti può fare sentire meglio, anche una laurea in Ingegneria Meccanica di oggi (riforma 2004) è inutile se paragonata a quella della riforma del ’70.
Circa invece le tue considerazioni sulle università private, tu credi che tutto quello che si vende sul mercato debba essere utile? Dimostri che la tua laurea appunto è inutile, in quanto in 5 anni di corso non hai imparato come funziona il libero mercato in un paese a regime capitalistico. Aveva torto allora la Gelmini?
Sono anni ed anni che si parla dell’importanza
dell’orientamento agli studi universitari,e
che si pubblicano i
DATI STATISTICI SULLE FACOLTA’ CHE ASSICURANO UN LAVORO.
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Appena una settimana addietro un
“grande settimanale”
ha riconfermato questi dati
che vedono premiare,nell’ordine,i
laureati in:
.
INGEGNERIA
ECONOMIA
MATEMATICA E FISICA
STATISTICA
.
Lettere
Scienza delle Comunicazioni
Scienze Politiche
……………
ed altre
sono lauree che danno
meno possibilita’ di trovare un lavoro.
(almeno secondo quel sondaggio)
.
Questo non vuol dire che sono studi
meno impegnativi x contenuti e qualita’
SEMPLICEMENTE VUOL DIRE CHE IN UNA IMPRESA
TROVANO POSTO
10 INGEGNERI ed
1 ADDETTO AL MKTG.
.
Anche con una laurea che a 25 anni non mi da’ lavoro,forse ho ancora tempo a reiscrivermi in una facolta’ fra quelle segnalate
per es. QUINQUENNIO DI INGEGNERIA
e sperare di avere un lavoro a 30 anni.
.
Se poi ambisco a posizioni aziendali Top
e’ d’obbligo un qualche MBA
che pero’ vede levitare i costi ad 80.000
o 100.000 $
oltre la laurea in INGEGNERIA
vorrei aggiungere che nella maturita’ di un qualunque percorso aziendale
ci si ritrova a fare MKTG.
Ma a questo si approda generalmente dopo
un periodo di impegno tecnico,
poi commerciale,
poi manageriale
.
Allora dalle scelte di MKTG
dipendono le sorti dell’impresa.
beh quello che dice la gelmini non aggiunge niente ai fatti..
che cancellino o no i corsi di laurea in questione rimane il fatto che ogni scelta comporta un rischio..
in questi casi il rischio è maggiore, anche in un economia molto florida, e non è il nostro caso..non possono fare tutti gli artisti, i comunicatori, i pubblicitari.
certo le scelte della ‘politica’ di puntare sul terziario, esclusivamente sul terziario, sono da biasimare..ma ognuno sceglie per se..
La Gelmini sarà anche un personaggio discutibile. Ma non ha torto affatto. Sapevate che le speranze di trovare lavoro fossero un po’… aleatorie. Il mercato potrà mai assorbire tutti questi geni incompresi della comunicazione? Ed i “formatori multimediali” (triennale) cosa faranno adesso?
se è vero ciò che dite è anche vero che il numero chiuso è stato introdotto…perchè?
cosa mettono il numero chiuso se non possono assicurare a “quel numero chiuso” un posto di lavoro?
(sia chiaro io sono filosofa triennale e sociologa specialistica…..mica ingegneria)
ed inoltre, questi corsi di laurea sono stati aperti dal ministero o da 4 studentelli? e se sono stati aperti evidentemente è perchè si pretendeva che fossero utili …e se si ha tale pretesa e si pretende che la gente ci creda, si iscriva e dia soldi ……..bhe scusa sai ….io pago un servizio, io pretendo un ritorno…non stiamo chiedendo un lavoro ma di non essere trattati come gli ultimi cretini del pianeta …..perchè certi corsi di laurea e certe figure professionali ..non ce le siamo inventate noi, giovani, inutili, stupidi!!!
a 22 anni non ho molto da dire, se non che abbiamo fatto una scelta coraggiosa (forse folle) come quella di uno studio in lettere/scienze della formazioe e altre (cit.) “scienze delle merendine” e se vogliamo lavorare dobbiamo inventarci ogni giorno DA NOI!
vedi lo stesso sig. Siino che ha, se non erro!!!, un dottorato in sociologia, non in ingegneria aerospaziale per lo sviluppo dei circuiti dei pannelli fotovoltaici, e ha un fervido ingegno e soprattutto ha creato una realtà cittadina come questo blog, mica picca!
Quando parla la Gelmini, difficilmente concordo…ma sta volta proprio tutti i torti, secondo me, non ha! Le competenze che vi danno, come quello del marketing, sono competenze che possono essere rivestite da un qualunque laureato in economia, stessa cosa x il giornalismo!quanti giornalisti sono laureati in scienze della comunicazione e quanti hanno lauree diverse(giurisprudenza, lettere, etc.).Io sono laureata in giurisprudenza, ho tanti amici che sono laureati in Scienze della Comunicazione e posso assicurarti che quando io ero in uno stato pietoso a studiare per 12 ore al giorno in vista di un esame, loro erano al mare, nonostante avessero l’esame 3 giorni dopo!!Questi stessi amici, adesso fanno un lavoro che nulla ha a che fare con la loro laurea!quindi tu sarai stata molto fortunata a trovare un lavoro che rispecchia quello che hai studiato, ma sappi che la maggioranza dei tuoi colleghi non lo è!
Comunque,questa lettera di protesta pone l’attenzione sulla scollatura che esiste tra
Universita’ e Mondo del Lavoro.
Ed esiste da sempre.
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Uno dei modi per capire se si sta lavorando nella giusta formazione,sarebbe il
MONITORAGGIO POST LAUREA dei nuovi “sfornati”.
Solo seguendo il loro percorso,magari invitandoli a segnalarlo di anno in anno tramite un Questionario da compilare ovviamente in Rete.
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Mi sovviene la strategia vincente dei Benetton
all’inizio della loro incredibile vicenda imprenditoriale.
Si racconta che venivano prodotti maglioni privi della colorazione,che veniva eseguita solo dopo avere acquisito i dati del venduto e quindi la preferenza dei clienti,in quanto al colore.
Cosi’ si riassortivano i punti vendita.
In questo caso il maglione grezzo e’ chi si accinge ad iscriversi ad una Universita’,
ed il numero ammesso ad ogni specifica facolta’
dovrebbe tenere presente le possibilita’ di successivo collocamento.
Rita
potrei portare come testimonianza il caso di un Laureato in Scienza delle Comunicazioni,
scelta quinquennale,che in tutti i 5 anni ha frequentato al massimo il 10% delle lezioni.
Poiche’ e’ intelligente sopra la media,e forse anche geniale,ha trovato Lavoro,ma…all’estero!
C`era un posto libero e molto ambito, le se lezioni si sono protatte a lungo..ma alla fine una sola e` riuscita ha trovare il posto perfetto..
mi dispiace per le altre…provate ancora con le trasmissioni TV..
@Eugenia:
ma secondo te che cosa è il lavoro? L’assunzione statale? Il posto al comune? Spiegami perchè non capisco…
Il ministero introduce il numero chiuso per limitare il numero di laureati ma non può avere assolutamente idea se poi il mercato riuscirà ad assorbirli. Senza considerare che non è detto che un’azienda che sta cercando un laureato con il tuo profilo poi scelga te.
Ti faccio un esempio su tutti: ingegneria Elettronica. Facoltà storica e per certi versi rinomata a Palermo. Ma il 90% dei laureati in Ing. Elettronica sa che dovrà andare a lavorare da qualche altra parte perchè qui IT se ne fa pochissima. E’ colpa del ministero? Oppure la Regione li dovrebbe assumere lei?
Rimango basito…
Conosco laureati dell’ateneo palermitano in scienza delle comunicazioni o in lingue moderne per il web che non hanno mai sentito parlare di Joomla! o di Inkscape (attenzione, non dico non saperli usare, perchè non si possono conoscere tutti i programmi per realizzare siti web o per la grafica vettoriale, quello è normale. Ma non aver neanche sentito parlare dei nomi di alcuni di quelli più usati è strano).
A quel punto ti chiedi se nonciclopedia dia una visione ironica del corso http://nonciclopedia.wikia.com/wiki/Scienze_delle_merendine 😛
Gentile Simona,
hai (mi permetto di darti del tu ) perfettamente ragione; ciò non toglie che qualcuno negli ultimi anni al ministero si è preso la briga di autorizzare la creazione di corsi di laurea effettivamente inutili(non parlo del tuo), per non parlare poi di chi ha permesso la proliferazione di università praticamente in ogni città italiana. E’ il regno dello spreco.
Esiste un corso di laurea praticamente su tutto… dai torinesi che si sono inventati il corso di laurea sul turismo alpino, ai cagliaritani che si laureano in lingua e letteratura sarda e potrei continuare ancora. La Gelmini sbaglia, usa la politica del “taglio” in maniera indiscriminata ed è una pedina nelle mani di berlusconi e del berlusconismo, ma non si può negare che invece qualche taglio-vedi i corsi di laurea sopra citati- non farebbe male.
Questa iperspecializzazione delle università è un errore, un errore di fondo e concettuale. Io vado all’università per imparare le basi. Per specializzarmi devo mettere in pratica le basi che ho acquisito all’università…lavorando, si spera.
Saluti, e in bocca al lupo.
@KK….per i posti statali dovrebbero essere ABOLITI (così come i contratti a tempo indeterminato)! per cui non mettermi in bocca cose mai dette perché la cosa mi irrita parecchio.
scusa, forse sono io che sono stupida (ovvio, non ho studiato ingegneria), ma trovo che uno stato o almeno l’instat abbiano un idea di qual’è la morfologia del lavoro in un dato paese ed in un dato territorio e soprattutto dovrebbe sapere quali sono le potenzialità di un dato territorio e di un dato paese e ciò che si vuole sviluppare li. Dati questi fattori (parlo esclusivamente su base di impresa privata – per la pubblica tendenzialmente non serve manco la laurea tranne pochi casi-), credo che sia DOVERE di un paese chiedere ed esigere dalle università che si formino persone per quei dati settori in un certo tipo di modo e in una certa quantità. Ed è un dovere del paese mettere in relazione il sostrato imprenditoriale, quello del fatturato per intenderci, con l’istruzione superiore e non!
(senza andare troppo lontano e parlando di istruzione inferiore, la REALSCHULE, per intenderci gli istituti tecnici e specializzanti tedeschi, cambiano il numero di posti di ingresso ogni anno a seconda dell’esigenza che si pensa si avrà alla fine della formazione. (lo stesso fa la regione lombardia)
Si sa, in un paese normale, che ciò in cui conviene investire nel 2011 è l’ambito delle nuove tecnologie, dei social network, e delle energie rinnovabili, GIUSTO?! si ok non puoi avere la sicurezza al 200% che ciò sarà uguale fra 3/5 anni ma devi fare una certa progettualità a medio e lungo termine!!!!! e questo ti porta a diminuire i possibili ingressi nelle facoltà dove invece non sembrano esserci sbocchi futuri…..o magari creare interfacoltà che ti permettono di avere una rosa di scelte maggiori una volta uscito da un corso (e qui mi collego e concordo in pieno con alkestis).
cosa me ne faccio io di una laurea in filosofia se per insegnare poi devo pagare i corsi singoli per le storie che non ho fatto o cosa me ne faccio io di filosofia se voglio specializzarmi in risorse umane e non ho il numero minimo di materie economiche per accedere ad una specialistica in quell’ambito!
KK, vediamo di guardare a progetti a medio/lungo termine …. altrimenti che ce ne facciamo di tutti sti statisti che abbiamo sfornato?
(pregasi rosalio di non mettermi tutti i miei post in attesa di moderazione quando c’è mezza parolaccia o forse manco c’è!)
Solitamente non mi piacciono le visioni dello scibile in senso gerarchico. Non mi piace dire che un esame di sociologia sia più semplice di un esame di diritto. Così come non mi piace affermare che un esame di analisi matematica sia più difficile di un esame di letteratura italiana. C’è un nodo focale che non va trascurato. Fin quando parleremo di Pirandello come l’esimio poeta di Agrigento allora posso anche capire perché la gente tende a gerarchizzare lo scibile umano. Se inserissimo Pirandello contestualizzando la sua opera, verificandone i punti di contatto con il pensiero coevo e inserendolo in un mai-casuale contesto storico allora so bene che non sarebbe la stessa cosa. Si tratta sempre di una prospettiva di analisi, di un’angolatura di visione. Chi scrive ha studiato scienze della comunicazione così come avrebbe studiato qualsiasi altra cosa con la stessa passione. E non ritengo ci siano lauree facili e lauree difficili. Ci sono menti più allenate il cui apprendimento è avulso da qualsiasi logica di finalizzazione al solo superamento dell’esame. Ci sono periodi di ascetismo stile Petrarca dedicati all'”otium letterario”, ci sono notti insonni, ci sono ore passate a studiare su una scrivania che ormai è diventata fedele testimone. Come tutti gli studenti che fanno quello per cui sono definiti tali. Studiano. Per tutti gli altri sarebbe meglio indicarli con altro nome. Mi piace sempre ricordare una cosa. A tutti quelli che dicono ad esempio che lo studio della filosofia è inutile ricordo solo che i vicini studenti di economia quando aprono il capitolo sull’economia classica si imbattono nel padre fondatore dell’economia classica Adam Smith. Il teorico del mercato liberista non era un affermato Bill Gates, ma “semplicemente” un docente di filosofia morale. Scindere il sapere in comportamenti stagni è un errore, così come è un errore definire lauree minori e lauree maggiori. Ci sono molto più semplicemente mercati più saturi o meno saturi.
@kk inoltre i famosissimi corsi di formazione regionale istituiti grazie (o purtroppo) ai fondi europei secondo te, sono li per creare posti di lavoro alla regione? o nella pubblica amministrazione?
secondo te il loro senso non è la qualificazione e l’inserimento lavorativo in ambiti in cui scarseggia forza-lavoro? (vedasi corsi di formazione per elettricisti/idraulici fatti in regioni quali la lombardia e che hanno dato vita a piccole imprese in un territorio in cui queste figure scarseggiavano!!!)
e secondo te come dovrebbero essere fatti i corsi di formazione? a caso come vengono fatti dalle nostre parti (per cui pullulano corsi di dubbio senso) o vengono fatti dopo uno studio sul territorio?
Francesca
brava,in un solo commento hai
sconvolto un universo.
Siamo tutti uguali e tutti possiamo fare di tutto.
Basta provarci.
andatevi a leggere un piano di studi in tecnica pubblicitaria e vediamo se è un corso inutile.
@Eugenia:
ma stai scherzando?
Quindi, dimmi un poco, se tu decidi di laurearti in qualcosa accetteresti che lo Stato ti dicesse: “no mi dispiace, tu non ti puoi laureare perchè di laureati in XXXX ne abbiamo già troppi!”. E in base a che cosa lo direbbe? In base all’Istat ? Ma tu sai di cosa si occupa esattemente l’Istat?
Ti rendi conto che stai parlando del nulla? Come fa lo Stato a regolare il mercato privato? Esempio (così magari sono più chiaro): circa 5 anni fa c’è stato NEL MONDO una bolla chiamata ITC. Tutte le aziende volevano laureati in IT. Poi la bolla è esplosa. Che deve fare lo stato secondo te? Ti strappa la laurea? Oppure ti blocca prima della laurea “Senti, cara Eugenia, credevo mi servissero 100 laureati ma ne servono 3. Tu non ti puoi laureare.”
Giulio
mi pare che la discussione verte sulla difficolta’
di azzeccare il numero di laureati su una certa facolta’ che poi possono essere richiesti dal mercato del lavoro.
Sono inutili gli esuberi.
Ogni corso di studi ha una sua dignita’,
anche se c’e’ dignita’ e dignita’.
si lo so cos’è l’istat e fidati che fa già quello di cui parlo solo che non lo porta sul campo http://www.istat.it/lavoro/lavret/sistema_informativo_professioni/, http://www.istat.it/lavoro/lavret/sistema_informativo_professioni/partners.html (cit.) « Unioncamere, con informazioni sulle previsioni di assunzione di breve e medio periodo di categorie professionale e sulle caratteristiche dei lavoratori che le imprese ritengono di assumere» (beata ignoranza)
va bene, allora togliamo tutti i numeri chiusi che tanto non servono a niente, perchè non ti garantiscono un bel niente. a che serve sto numero chiuso allora?!
chissà perchè le università private invece questo calcolo (APPROSSIMATISSIMO), per cui tu mi stai praticamente dando dell’idiota, lo fanno e riescono pure a farlo funzionare sui loro laureati
evidentemente mi serve vero una laurea in ingegneria anzi no, sono troppo cretina, non ne sarei proprio capace ….
Concordo con Giorgio. La dignità è un concetto che appartiene alla concretezza del singolo studente e non al corso di laurea. Sì, credo che il problema sia proprio quello. C’è comunque da rilevare che laddove si operasse con una rigida regolamentazione in ingresso il rischio sarebbe quello di creare una macchina fallata. I test d’ingresso non sono sempre indicatori veritieri purtroppo. Per questo sarebbe meglio “selezionare” in itinere. Ritengo inoltre che ci sia un altro punto spesso tralasciato. Lo spin-off tra formazione e mercato del lavoro. Le università, le aziende, le Pubbliche Amministrazioni dovrebbero rappresentare un continuum e non una serie di compartimenti stagni isolati cui si accede solo per fasi. Qualsiasi studente prima di conseguire la laurea dovrebbe aver maturato necessariamente un periodo di stage formativo. So bene che la politica dello stage si sia trasformata in una realtà di lavoro a costo zero, ma nella ratio originaria dovrebbe trovare quantomeno uno studente “pronto” semplicemente perché a conoscenza del mercato in cui potenzialmente potrebbe inserirsi. In tutto questo sorvolo (ma solo perché lo trovo scontato) sulle distorsioni del mercato. Informazione asimmetrica (quali sono i canali che ci permettono di accedere al mondo del lavoro?), mancata trasparenza (quali sono i criteri con cui vengono selezionati i neofiti?), dubbia meritocrazia (chi ha accesso alle professioni?)…..ci sono molte variabili da considerare. Sarebbe semplicistico liquidare con la tassonomia di lauree di serie a e lauree di serie b. Semplicistico come la mente che partorisce un pregiudizio simile.
@ francesca ovvio, il numero chiuso per me dev’essere trasformato in un colloquio attitudinale/psicologico di quelli seri ….le domande stile “qual’è la colonna sonora di armageddon” certo non ti portano a capire se una persona è o meno adatta ad uno specifico corso di laurea …..
non concordo con la selezione in itinere …perchè dopo che hai studiato 2 anni ….quella laurea giustamente te la prendi anche se non hai “l’attitudine per quell’ambito”, solo che avere il foglio di carta poi ti fa avere aspettative di lavoro superiori etc e si crea un circolo infinito.
sta di fatto che vista la corsa alle università, un minimo di filtro ci dev’essere -a mio avviso- ….è assurdo che oggi non ci siano idraulici ed elettricisti ma ci sono milioni di laureati in ingegneria elettrica che magari (sto facendo un paradosso, lo so che gli ingegneri lavorano. tutti.) sono a spasso ….
per il resto concordo in pieno con te.
Oddio, non mi pare che i laureati, “italioti”, in scienze, economia, ingegneria, lavorino in molti….almeno in “Itaglia”. SVEGLIAAAAAAAA, ANDATE ALL’ESTERO!
Certo un bel taglio a una serie di facoltà si potrebbe dare magari. A partire da questa. Una volta un laureato era persona di cultura, oggi da questa facoltà vengono fuori monotematici spesso incapaci di costruire un discorso o capire cosa sta scritto su un saggio o anche sulla terza pagina del quotidiano.
Con esclusione dei presenti sempre.
Si vive in una società brava a comunicare ma priva di contenuti. Bel paradosso.
sinceramente non riesco a capire il fulcro del discorso..
ora c’è un numero aperto o chiuso e si deve garantire il lavoro a…?
ma questo non succede neanche quando sono le aziende a formare la gente..
poi l’esempio di toni siino:non si mette in discussione la formazione ricevuta o sulla più o meno validità dei corsi in scienze della formazione. lui è bravo è ha trovato il suo spazio..
ma se studio arte medicina giurisprudenza (e attenzione anche di avvocati ce ne è troppi) poi devo cercare il mio spazio..e in certi casi uno su mille ce la fa.
il atto è che siamo cresciuti rimbambiti da un certo tipo di cultura anglosassone che però affonda le sue basi in un sistema socio economico diverso.
esempio: se faccio l’ingegnere aerospaziale, di media, comunque lavoro. sarò ricco o normale ma un posto di lavoro, non dico nella mia città o nazione lo trovo.
se faccio il cantante o divento ricco o muoio di fame. in paesi molto floridi anche chi non diventa famoso in questi ambiti riesce a tirare avanti sempre con la propria ‘arte’. noi invece viviamo in un paese dall’economia non florida, quindi non c’è bisogno di migliaia di pubblicitari come strumento di ridistribuzione della ricchezza o di migliaia di cantanti calciatori, scrittori, drammaturghi, organizzatori di eventi come strumento di ridistribuzione della ricchezza. perché molti lavori non sono altro che questo. davvero avete ‘bisogno’ di qualcuno che vi organizzi il matrimonio? il fatto è che vi trovate mille euro in più e così vi evitate problemi e stress..ma se quei mille euro non li hai?
tutto secondo la logica del: ma c’è qualcuno che fa questo lavoro: comu avi a campari?
a parte questo, andando ot certo che si trova lo spazio, come lo trovano migliaia di persone, con la propria formazione che non è solo quella ricevuta sui banchi, perchè una cosa è la scienza e l’altra è il ‘resto’..se uno fa il resto non può fermarsi ai libri di scuola, deve continuamente formarsi, avere abilità comunicative sociali e anche una certa intelligenza..come è quella di creare un blog dove giorno per giorno si scrivono le stesse minchiate su una città e nonostante l’avvento di facebook riesce ad avere una grossa fetta di utenti..magari un po’ tarati, livello facebook, scrittori che credono che basti mettere una parola a caso in siciliano qua è la per essere dei narratori della loro terra etc..anche questa è genialità..
Anche quello del lavoro è un mercato, con domanda e offerta. C’è piu’ offerta per alcuni profili che per altri e ogni paese ha le sue specificità. Ottenere un titolo di studio universitario non è un obbligo, ne esiste alcuna legge che impegni lo Stato a fornire un lavoro a chiunque si iscriva. Il numero chiuso, piu’ che a regolare l’accesso ala professione, serve ad assicurare un minimo di qualità didattica considerando le strutture disponibili. Documentarsi e scegliere resta una responsabilità dei diretti interessati.
L’altro giorno ho letto questa cosa qui. Mi pare illuminante. Parla di Dams, ma si potrebbe anche applicare a SciDeCom. (e lo dice un laureato in merendine).
http://www.ilfoglio.it/soloqui/7296
Leggete
peppo
mi pare che hai fatto un discorso si’ ampio,ma anche abbastanza confuso.Ti ho letto,ma fatico a capire cosa vuoi dire.Che bisogno c’e’ di tirare in ballo gli ingegneri aerospaziali?Dove li hai visti?Li formi a Palermo?
Sui blog di mincxxate,come scrivi tu,se ne leggono tante,ma ogni tanto c’e’ qualcuno che
le intercetta,e chiarisce,e questo serve a riportare i discorsi in carreggiata.
.
La scelta della facolta’,rimane un punto centrale,e deve tenere conto delle potenzialita’ di ognuno.
Ognuno dovrebbe conoscere le proprie potenzialita’,ed anche i propri limiti.
Una laurea dopo anni di fuoricorso non e’ un buon biglietto da visita,come non lo e’ una valutazione mediocre,anche se in corso.Una bella presenza aiuta a trovare lavoro.La capacita’ di comunicare
in modo sintetico e chiaro,e’ una dote che e’ piu’ nella natura che hai piuttosto che negli studi che hai fatto,per quanto questi potrebbero migliorarti.
La selezione premia i migliori.
Nel mondo del Lavoro c’e’ chi va a caccia dei migliori.
Francesca
tutti possiamo fare di tutto.
Infatti
tutti siamo in grado di capire una pagina come questa:
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http://it.wikipedia.org/wiki/Trasformata_di_Laplace
Caro Giorgio credo tu stia trascurando una variabile rilevante: i prerequisiti cui accennavo poc’anzi. Esiste una progressione dei livelli d’istruzione che si costruisce per sedimentazione da cui non puoi prescindere. Posto che esistono persone la cui passione e preferenza facilita taluni percorsi di formazione non significa che tutte le altre non possano. La trasformata di Laplace cui tu fai riferimento non rientra di certo tra i livelli di base, quindi non ritengo che sia un esempio pertinente per definire lo spartiacque tra discipline per tutti e discipline per pochi. Ad ogni modo noto che tu non sei in grado di capire il significato degli accenti della lingua italiana che forse per te è inscrivibile tra le discipline accessibili ai più perché più “alla portata”. Infatti nei tuoi interventi utilizzi solo l’apostrofo che dovresti sapere essere indicatore di elisione, ovvero di caduta di vocale preesistente. Ma sai caro Giorgio tu diresti che la lingua italiana la possono studiare tutti…
anch’io sono un laureato inutile (per qualcuno) in scienze della comunicazione ma certamente non penso di essere meno preparato o di valere meno di altri con lauree in ingegneria, giurispudenza o economia. anzi…
e non capisco perchè per parlare di lauree inutili si debba partire sempre da ScideCom. per favore guardatevi attorno!
cara Francesca
non ti passa per la mente che io amo digitare alla sola luce del monitor,e che finisco per utilizzare
i tasti che mi sono piu’ familiari mentre se dovessi andare alla ricerca delle vocali accentate
o come accentarle correttamente,dovrei impegnare piu’ tempo?
Comunque ho avuto modo di apprezzare l’accento perfettamente posizionato sulla tua e,nell’ultimo tuo commento.
In questo spero di migliorare.Nell’intanto posso
continuare come prima?
.
Ora torniamo al succo del discorso?
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Ci sara’ pure un motivo per cui la scuola ha da sempre affibbiato le
VALUTAZIONI e distinto i
PERCORSI scientifici da quelli umanistici.
In sostanza la scuola ha lavorato sulle
SELEZIONI.
Ma,come precisavo qualche commento addietro,non mi pare sia il caso di andare a toccare la suscettibilita’ di quelli che si ritrovano lauree meno richieste dal mercato.
(LAUREE FUORI CORSO,
LAUREE CON VALUTAZIONI MEDIOCRI
LAUREE CHE PRESENTANO MINORI DIFFICOLTA’)
Sono lauree meno richieste nel mercato del lavoro.
Stop.
L’importante e’ sapere come stanno le cose e scegliere la facoltà con consapevolezza.
.
facoltà e non facolta’.
OK?Grazie.
Certo Giorgio. Poco prima concordavo con te sulla questione dei mercati più o meno saturi. Sul fatto della distinzione degli ambiti umanistici e scientifici potremmo parlare per ore. Una selezione che dici bene è funzionale al mercato del lavoro, non altro. Se ci pensiamo bene è una distinzione molto più recente di quanto pensiamo. A partire da Pitagora, passando per Descartes e Galileo per finire a Comte la scienza e la filosofia non si sono mai scisse :). Se ci pensi anche la ricostruzione storica è un’analisi scientifica. Cosa diventerà storia e perché? Quali cause hanno determinato una guerra? Perché ceteris paribus non si è verificata la stessa in altro periodo storico tra i medesimi stati? Credo che sia tutta una questione di metodo. Il confine non credo sia così netto. Risulta netto nei livelli di specificità più alti, ovvero quelli che determinano l’accesso alla professione x, ma non alla base. Non alla base. e lì ritorniamo alla questione dei mercati saturi. Ed è per questo che la distinzione dei percorsi si fa più netta SOLO ai livelli di istruzione più elevati. Prova ad immaginare un Galileo studiato solo come Galileo trascurando tutta la sua travagliata vicenda di uomo-demiurgo del suo tempo…che Galileo sarebbe?
Con la ricostruzione storica non volano gli aerei
nè nascono le autostrade informatiche ed i sistemi che vanno a 5,2 Ghz.
Comunque,potremmo concludere con un vecchio detto:
a buon intenditor poche parole.
Credo che questa conversazione può servire da
orientamento per chi si accinge ad iscriversi ad una Università.
cara simona, da pubblicitario ti dico che a quei 10 che hai speso fino ad ora dovresti aggiungerne altri 10 per il master in comunicazione a milano(tangente per entrare nelle grosse agenzie) più altri per l’affitto di casa, più altri per mangiare visto che non ti pagheranno più altri per prendere l’aereo e tornare a casa quando puoi. Credimi, non conviene ormai è un mondo finito, sottopagato e sfruttato, siamo come le tute blu ma senza tuta…
Lo spazio di quanto è scientificamente determinato è stato enormemente esteso, il sapere teoretico è divenuto molto più profondo in ogni campo scientifico. Tuttavia la forza assimilativa dell’intelletto umano è e rimane strettamente limitata. Perciò era inevitabile che l’attività del singolo ricercatore venisse confinata a una sezione sempre più piccola del sapere umano. Peggio ancora, come risultato di questa specializzazione, sta diventando sempre più difficile anche avendo un’infarinatura generica della scienza nel suo insieme – senza cui il vero spirito della ricerca è inevitabilmente menomato – stare al passo con il progresso. […] Ogni scienziato serio è dolorosamente cosciente di questo involontario relegarsi in una sfera sempre più limitata di sapere, che minaccia di privare il ricercatore del suo vasto orizzonte e di degradarlo al livello di un meccanico. (Albert Einstein, Il mondo come io lo vedo)
I Centri di Ricerca finanziati con i profitti delle Grandi Imprese,cosa che le Universita’ non potranno avere mai,hanno Competenza e capacita’ di Controllo sui progressi scientifici e tecnologici
e sono sempre disponibili ad assumere persone dotate di solide basi formative,talento e genio,capaci di lavorare in Team e di utilizzare Strumenti sempre piu’ sofisticati.
Oggi,lo “scienziato serio” di Einstein non potrebbe che adeguarsi ai tempi.
straziante. merita di essere pubblicizzata ed io lo faccio subito!!!