Generazione di fenomeni
Palermo. È un giovedì pomeriggio di febbraio e sull’autobus della linea centouno c’è grande affollamento. Tra la congerie di discorsi che si affastellano nell’aria uno in particolare cattura la mia attenzione. Un ragazzo, dall’età apparente di sedici anni, forse diciassette, chiede ad una signora se voglia sedersi e le offre il proprio posto, esclamando: «Signora, visto ca mi talìa da menz’ura, si vuole sedere?». Quest’ultima declina l’invito, ma si intromette un altro passeggero. Un uomo dai capelli bianchi, sulla sessantina, aspetto distinto, si rivolge al ragazzo e lo ammonisce sottolineando che la signora si trovava lì in piedi da un bel po’ di tempo e che il giovane avrebbe dovuto offrirle il posto a sedere parecchio tempo prima. Avrebbe dovuto «scattare in piedi» (cit.) subito appena vista la signora. Il tono autoritario e deciso del sessantenne non sortisce replica alcuna nel giovane, che però non viaggia da solo, bensì con due suoi coetanei, anch’essi seduti. Seguono alcuni secondi di silenzio, poi d’un tratto, uno dei suoi due amici si alza in piedi e con tono minaccioso gli domanda: «’Unn’aiu caputu… Qual è ‘u pobblema?». Continua »
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