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venerdì 27 dic
  • ‘U truccu

    Il signor Palermo (chiamiamolo così per amor di riservatezza e di facile metafora) è pensionato da un paio d’anni. Si alza la mattina senza chiedersi un perché e senza pretenderlo, si bagna la faccia e i capelli, si rade bene, si pettina all’indietro, sveglia lo stomaco con un goccio di caffè superstite nella moka del pomeriggio prima. Si abbottona la camicia a fiori antichi. Infila i suoi pantaloni di cotone grigio che fanno pensare all’inverno anche d’estate, strozza lo stomaco in una cintura di cuoio screpolato, tuffa i piedi magri in calze bianche e poi in un paio di sandali francescani. Combinato in quel modo, come un turista tedesco che non sa il tedesco, dà un bacio asciutto alla moglie. In cambio riceve uno sguardo indaffarato ma sospettoso. Palermo unisce due dita, l’indice e il medio, se le porta alla bocca e le bacia due volte. «Muà-muà». È un segno di giuramento, come si fa tra bambini. La moglie si rassegna a credergli, torna a lavare i piatti nell’acquaio.
    Palermo si fa tre piani d’ascensore respirando l’aria legnosa della cabina, con gli occhi socchiusi, cercando di tenere a bada il solletico che comincia a disturbargli il di dentro. Le palpebre sbattono, terremotate da un pensiero che ha sapore, aroma, che dà pace e inferno. Poco dopo – e sono le nove – eccolo in strada, tra il marciapiede e la galleria di via Napoli. Lì si sofferma recitando indecisione, raccontando a se stesso che ha da scegliere: andarsene all’edicola e comprare il giornale, al bar per un caffè vero, oppure farsi un giro in via Bandiera, salutare vecchie facce, rispondere a vecchie domande. Il sipario cala presto su quelle bugie. Palermo stacca i sandali dal marciapiede, sbarra gli occhi e marcia verso dove sa lui. Chi me lo ha descritto e raccontato usa altre parole: «Si va ‘nchiumma di vino. C’a matinata».
    Ritorna dalla bettola che sono le dodici. Dondolando, scruta il mondo dallo stesso marciapiede da dove è partito. Fuma una sigaretta a bocca socchiusa, lasciando che il fumo gli si arrotoli tra lingua e palato. Ha nascosto lo sguardo dietro occhiali scuri. Butta la cicca, raggiunge l’androne di casa e s’imbuca nell’ascensore. Qui incontra il coinquilino che mi ha parlato di lui. Non deve spiegarli che è ubriaco: sono cose che si sanno e si vedono. Preferisce rivelargli il suo segreto. Si cava un pacchetto dalla tasca, lo apre e si mette in bocca una caramella alla menta. «Chistu è ‘u truccu», dice, orgoglioso. «Accussì me’ mugghieri unn’u capisce». Esce dall’ascensore che ora puzza di taverna. Bacia sua moglie schiacciando un occhio e ruttando menta. La signora Palermo si costringe a credergli. E lava per la seconda volta i piatti, ormai puliti, nell’acquaio.

    Palermo
  • 21 commenti a “‘U truccu”

    1. Miii… troppo bellissimo!
      Pare Billitteri!!

    2. Roberto tu sembri invece “Carmen” (o G.) e altre nostre vecchie conoscenze. Occhio Giacomo perché c’è qualcuno che rosica qua. 😀

    3. Immagino, Tony. Conosco i miei pollastri. Posso solo dire che il pezzo non c’entra niente con quelli di Billitteri. Né colgo l’accostamento a Daniele Billitteri come un’offesa. Certi snobismi e distinguo da maestri immortali della letteratura li lascio a chi ha una storia professionale più fulgida e feconda della mia, e può vantare capolavori della narrativa nel cassetto. A me basta essere e fare, non illudermi di essere e fare meglio di altri.

    4. Veramente io volevo complimentarmi. Non capisco come si possa dire che rosico se scrivo un apprezzamento: io sono un fan di Billitteri.
      Cose strane succedono da queste parti: se tu, Tony, hai il carbone bagnato faresti bene a pensarci prima di battere su quei tasti.

      Comunque ancora complimenti a Cacciatore, troppo bellissimo!!!! E viva Billitteri!!!

    5. Povera moglie:ma come si fa a vivere con simili tipi?
      Eppure esistono e l’articolista ne ha fatto un ritratto dal taglio letterario:
      bravo l’autore

    6. “Roberto” “Roberto” non fare lo scaltro che il proxy dietro cui ti trovi non basta a impedirmi di sapere chi sei e dove vorresti andare a parare. Qualche volta la racconterò bene tutta la storia e poi ridiamo. 🙂 Ciao e non fare troppa vacanza!

    7. Vi invito a rimanere in tema e vi ricordo che questa non è una chat. Grazie.

    8. Leggere le cose di Giacomo è sempre un piacere e non c’ìè bisogno che lo dico io. Giacomo ha raccontato un tipo che s’incontra ogni giorno nelle taverne del centro storico. E per giorno intendo “di capo matino”. E’ il frutto di un’osservazione attenta. Ma la stoffa del narratore sta proprio nellì’avere incastonato questo tipo, sufficientemente conosciuto a Palermo, in un contesto di assooluta malinconia dove non si capisce bene se il clima è quello perché lui beve oppure lui beve perché il clima è quello. Il dubbio che ci consegna Giacomo fa di lui uno che sa di che cosa parla. E di che cosa scrive. La competizione è una minchiata. Un abbraccio a Giacomo
      @tony: hai costruito un giallo.. Chi si nasconde sotto le mentite spoglie di “Roberto”? Così già lo so quando mi arriva la fattura ah ah ah

    9. Scusate c’è da preoccuparsi allora. Ora addirittura Siino minaccia di dire chi sono e dove voglio andare a parare. E perché? Cosa ho fatto a lui e a Cacciatore? E soprattutto quale storia c’è da raccontare?
      Tutto questo perché ho detto che mi è piacuto questo articolo e che mi piace Billitteri?
      Voi ve la cantate e voi ve la suonate.
      Ciao.

    10. Riconosco, qua e là, il Cacciatore’s touch

    11. Roberto ti ricordo che l’utilizzo di e-mail fittizie è vietato dalla policy dei commenti. Rimuoverò ulteriori commenti fuori tema. Saluti.

    12. @billitteri: Un abbraccio a te, Daniele. Ti ringrazio. Sei molto gentile. Ed è vero: la competizione è una minchiata.

    13. Post serio, scritto serio veramente. Ce ne fossero di post seri e scritti seri veramente. Ben vengano.
      Puru le minchiate serie.

    14. questa storia mi ha messo tanta tristezza ed anche un po’ di senso di nausea e vomito. Non ne ho capito il senso…

    15. 1.mi vengono in mente pomeriggi passati a bere e leggere no zu Filippo a piaZza bologni, a studiare sociologia e storia del teatro circondato da simpatici e irrequieti nqiummatori professionisti. Uno su tutti “Cavallaro” di cui immaginavo la fuga da casa verso la taverna proprio come in questo delizioso racconto.

      2. Della vostra solita baruffa..…,”discursi i taverna”

    16. A me “U truccu” è piaciuto molto! sarà forse che ne conosco molto bene i protagonisti: intendo dire, in generale, l’alcolista e la moglie dell’alcolista (e anche la mentina). Di spunti per riflettere questo testo ne offre tanti ma mi rendo conto del fatto che chi non si sente coinvolto da situazioni simili, possa non capire di cosa stiamo parlando. Mi riferisco alla tragedia, che Giacomo sottintende in modo così delicato, che è la vita di un alcolista, prigioniero di una dipendenza che è una vera e propria malattia vista però ancora dagli altri come un vizio. E mi riferisco alla tragedia della moglie dell’alcolista che in genere sa ma non vuole rendersi conto della realtà della propria impotenza di fronte all’alcol, per cui soffre, minaccia o urla come se possano, le urla e i rimproveri, guarire le malattie! Io questo l’ho imparato con l’aiuto dei gruppi di auto aiuto che esistono anche a Palermo e grazie ai quali tanti, come me, hanno ricominciato a vivere.

    17. Grazie, Gioi. La tua testimonianza mi tocca e offre una sfaccettatura in più al racconto.

    18. Bellissimo racconto! Tutto il resto è superfluo…Un saluto a tutti voi!

    19. si, bello il racconto ma non tiene conto di chi non ha manco bisogno di truccare. Provate a stare un pomeriggio presso una taverna tipo Piazza Caracciolo e vi accorgerete di gente sola e perennemente ubriaca. Non hanno neanche una moglie che si incazzerà al loro ritorno a casa. Alcuni non torneranno nemmeno a casa. Dormono lì, vivono fra le balate ormai quasi asciutte mostrandoti in uno dei rari momenti di lucidità le foto di un tempo che fu. Quei tempi in cui erano più i momenti di sobrietà che quelli ottenebrati dall’alcol

    20. Renzi scrive ai sindaci “Scegliete una scuola
      noi la ripareremo”
      Sindaco Orlando ora puoi riparare le scuola che stanno cadendo a pezzi nel centro storico e non ci si deve allontanare molto da piazza Pretoria. La ripari o le parole di Renzi sono UN TRUCCO.
      Spero che questo pensiero arrivi al cuore del nostro Sindaco.

    21. Tutti noi riponiamo grandi speranze nel giovane e talentuoso Presidente Renzi. Con lui stiamo iniziando a sognare finalmente un’Italia migliore, in attesadi un suo governo, solo suo, e legittimato dal popolo italiano…

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