La Palermo da dimenticare con Caflisch
Gli psicanalisti potrebbero eccitarsi. La Punta del golfetto di Mondello, là dove c’è l’Hotel La Torre, mira proprio in mezzo alle gambe di lei, creando una pubblicità subliminale che nemmeno nei migliori manuali di settore. Del resto, la posizione della ragazza, se immaginata da davanti, è di grande disponibilità, diciamo così, verso l’altro. E con le porcate potremmo continuare.
Il guaio è che nella recente affissione pubblicitaria del nuovo bar Alba a Mondello, che ha riempito le strade della città ringalluzzendo i soliti dongiovannini e indignando (ahimé) troppo poche anime nobili, di subliminale non ha proprio nulla, e non lascia assolutamente niente all’immaginazione. Tecnicamente, anche se non a luci rosse, si dovrebbe parlare di pornografia: niente veli, e dritto allo scopo (in tutti i sensi del termine).
Che vogliamo farci? Ogni società ha la pubblicità che si merita, commisurata al grado di cultura e di sensibilità collettive, al catalogo dei desideri e dei valori condiviso dai più. A Palermo siamo da tempo abituati a vedere signorine scosciate che pubblicizzano prosciutti, culi in primo piano per tornei di tennis, bistecche col perizoma, tettone per mozzarelle e altre piacevolezze da caserma. Per non parlare di donne e motori. Viene da chiedersi, allora, perché questo manifesto mal fatto, e, lasciatemelo dire, questo sedere non del tutto convincente, hanno tanto colpito la cosiddetta opinione pubblica cittadina, al punto da smuoverla a manifestazioni di boicottaggio contro il noto bar di piazza don Bosco che ha deciso di raddoppiarsi a Valdesi. Un’ipotesi potrebbe essere quella che ha a che fare, non tanto con la volgarità dell’immagine in sé, ma col contenuto di ciò che essa prova a pubblicizzare e, al tempo stesso e di soppiatto, a far dimenticare. Da una parte l’arancina e la brioche con gelato che la signorina tiene nelle due mani, triplicando gli oggetti del desiderio, rimandano ai manicaretti che hanno reso celebre l’intraprendente pasticceria/rosticceria. Dall’altra si oppongono a quelli che esse stanno sostituendo: la torta Savoia, la crostata al gelo di mellone, il cannolo riempito all’istante, il caffè col giornale la domenica mattina, e così via con tutto ciò che Caflisch, per decenni, è stato e ha rappresentato nell’immaginario e nelle esistenze dei palermitani. In altri termini, quel che personalmente mi fa rattristare è la scomparsa di un altro pezzo storico di città, con quell’atmosfera un po’ delabré dei camerieri, l’aria austera del proprietario baffuto alla cassa, il profumo di cappuccino che si mescola con quello del mare là accanto. Il passato e d’infanzia hanno la loro importanza. E nessun culo deve poter riuscire a farmeli dimenticare. Indigniamoci anche per questo.
Gianfranco il tuo post vola alto e si avvera il sogno di averti qui su Rosalio. Bentrovato. 🙂
Condivido tutto. Anni fa Spinnato/Golosone aveva fatto un calendario con una modella discinta ritratta insieme a vari prodotti da forno. Un mese la ritraeva con un gran buccellatto rotondo che copriva le parti intime. Non abbiamo fatto grandi progressi da allora…
Grande prof!
Ci sono stato ieri. Ero ignaro che fosse diventato “Alba” finché non mi sono seduto. Già da tempo era “La Capannina” e non più Caflish, ma – come dire? – qualcosa nell’aria era rimasto. Ora definitivamente ho avuto la percezione di qualcosa di deteteriormente assai più omologabile ad altri posti in città; se volessi attenermi ai fatti vi racconterei che: ho desistito dal prendere il risotto alla pescatore, piatto del giorno nella lavagnetta, perché – messa alle strette – la cameriera ammette essere preparato con surgelati, ho ripiegato su una brioche (non sfornata in mattinata) con gelato d’anguria poco “mellone palermitano” e molto stucchevole e confettoso anche nel colore sospetto! Infine il caffé freddo alquanto annacquato. E’ ovvio poi, che in un locale con queste pretese di “buona comunicazione” il personale non sapesse miserevolmente interloquire in inglese basic, venendo incontro alle richieste elementari della cliente (americana) al tavolo cui davo le spalle. Conclusioni: tanta nostalgia per le timbalette della mia infanzia, per quell’atmosfera spontaneamente stylish come lo è sempre dove si celebra la vera eleganza del buon vivere con grazia e understatement. Era un’oasi Caflish e un porto sicuro dove riparare anche in una Mondello domenicale d’agosto!
Che dire una descrizione/spiegazione, che non fa una piega. Nicola, solo comunicazione mordi e fuggi, pronta solo a provare a stordirti, hai perfettamente ragione e questo fa capire la pochezza della cosa.
Che il culo non c’entra niente, oltre ad essere una brutta fotografia, con una posizione oscena e pure banale, che sembra un arco di trionfo, questo è assodato.
Che si voglia imitare i creativi abili ed abituati ai messaggi provocatori, nemmeno a parlarne; sarebbe come paragonare Renoir ed i pittori (di croste) della domenica.
Allora, perché un culo?
Specchio dei tempi, del luogo, della domanda, e dei modelli imposti?
Ieri dentro l’aereo due lunghissimi applausi diretti al pilota all’atterraggio e poi ai ringraziamenti finali della hostess. Si applaude persino ai funerali. Si applaude nei talk show politici, e ad ogni frase ad effetto anche nei talk show soi-disant socio-culturali. Danni della comunicazione, soprattutto televisiva, italiana.
Imbarbarimento, scadimento della qualità, generalizzati, pubblicità oscena di conseguenza.
La gente merita e la richiede? Forse!
Un mio amico assessore un giorno mi ha detto : “ma tu stai parlando di eventi “troppo culturali” (ancora, dopo diversi anni, mi chiedo che vuol dire “troppo culturali”) a questi cittadini dobbiamo dare un po’ di scrusciu e passatempo senza impegno”.
Domenica scorsa ho assistito, in via della libertà nel tratto vicino a piazza politeama, ad una scena che da sola per me spiega TROPPE COSE (ognuno se la spieghi come vuole…): coppie con bambini dentro carrozzelle che passeggiavano BEATI sull’asfalto della strada (chiusa alle vetture, quindi pedonale quel giorno). Lasciati liberi come pecore (senza offesa per le pecore che amo tantissimo), felici di passeggiare sull’asfalto, non c’era niente da vedere se non l’asfalto, non era un parco con vegetazione, ma erano felici, appagati, come coloro che “conquistano qualcosa” (non scrivo “un diritto” apposta)…
Come detto ognuno ne può trarre i significati socio-culturali, e persino antropologici, che vuole, anche sui motivi di chi li manda a passeggiare felici, con i bambini dentro le carrozzelle, sopra l’asfalto nel centro della strada. Che conquista! Quel brutto culo che sembra l’arco di trionfo è diretto allo stesso pubblico.
“Quel brutto culo che sembra l’arco di trionfo è diretto allo stesso pubblico”.
Riferito, ovviamente, non solo a quelli che passeggiano beati sull’asfalto di via della libertà (pertanto i marciapiedi erano vuoti!), ma pure a quelli che applaudono sempre nei talk show o ai funerali, e dentro gli aerei che atterrano.
A tutta la società resa guardona, anche quelli che apprezzano i culi ma chissà se sanno come “rendergli omaggio” senza paure o fobie varie 😀
incredibile. io, pur essendo frocio, non avevo colto quella coltellata nascosta nell’angolo sinistro del manifesto, poiché distratto da questo maestoso culo secco. HA CHIUSO CAFLISH?????
Condivido ogni virgola!!!! Bravo!!!
ps: per me che sono mondellano Caflish resterà sempre Caflish….non lo chiamerò mai Bar Alba. E già si avverte la differenza. L’aria non è più la stessa, i ritmi non sono uguali a prima. E’ cambiata più di una tabella sul marciapiede, è cambiato un luogo.
ps2: la qualità della roba non è come quella di prima, ed entrare li dentro senza che nessuno mi saluti e senza che io possa ricambiare con un sorriso ed una battuta…mi rattrista molto…
Ci sarebbe poi da riscattare anche la memoria dei bar non delabré (e di alcune selezionate tabaccherie), le cassiere erano sicuramente meno culo sicco ma il loro fascino e il loro impatto nell’immaginario nostro, maschile, ben altro!
bravo. magnifico pezzo, felice di avere concittadini con i quali condividere questa forma mentis. spero di rileggerti presto su questo blog!
ai tempi in cui il femminismo dilagava era ben visibile la scritta “CONTRO” con vernice spray, sui manifesti pubblicitari che erano “contro” la dignità della donna.
Ci fu come un riesame delle coscienze degli addetti ai lavori (tra l’altro visto il periodo storico in cui si era) e la femminea nudità non apparve più sui cartelloni per un lungo periodo.
per quanto mi riguarda anche un gran bel culo pìrita e ca’a per cui… Quella roba lì, lì vicino mi perplime.
Sarò controcorrente ma purtroppo io ricorderò Caflish per le mosche, per i tavolini sporchi e per il servizio carente.
Le pubblicità volgari e piene di doppi sensi ci sono un po’ ovunque (in italia sicuramente, non so all’estero) personalmente non mi infastidisce più di tanto. La cosa che invece mi dà veramente fastidio, e credo sia questo il senso del post, sia la nuova gestione dei “nuovi bar Alba”. Che dire? Peccato, abbiamo perso 2 perle della nostra città e abbiamo trovato due tascissimi e volgarissimi pezzi di vetro colorati.
Io me lo ricordo più che per le mosche per i suv parcheggiati in quarta-quinta fila e i rayban a specchio. Ma lasciamo stare.
Ora andrà mooolto meglio. Ne sono sicuro.
Se è vero che innovazione = cambiamento, direi che in questa città abbiamo modificato e “personalizzato” un pò i termini dell’equazione trasformandoli in: cambiamento = regresso…ed intendo in tutti i sensi: pubblicità e contenuto!!!
Voglio aggiungere però che da anni la qualità di Caflish era notevolmente diminuita e che, come tutto un pò, era per noi più un’istituzione legata ai ricordi del passato, che alla realtà del presente!
Mi collego al commento di Adriana, Ricordando che questa campagna viene presentata da un cliente locale in una città dove esiste un Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione e un corso di laurea specifico in Tecnica Pubblicitaria!
Ma chi l’ha fatta questa campagna? Perchè è vero che il cliente può essere quello che è, ma qualcuno gliela avrà pur presentata al cliente questa campagna, ci saranno un art, un copy e un’agenzia dietro tutto questo. O no?
… Corsi di laurea che hanno sfornato un popò di pubblicitari, professionisti seri e competenti. Gente che si è fatta un cul° talmente sodo e turgido da risultare decisamente molto più bello di quello che si vede nel poster.
Gente che ha imparato da Gianfranco Marrone cosa significa significato.
Gente che si darebbe un punto in culo pur di non fare quella cosa lì.
Sarebbe lunga da analizzare, mi fermo al pezzo di Marrone. Insomma, ci dispiace soprattutto che sia stato il bar Alba (o chi per lui, o lei) a dichiarare l’uso di un arma impropria rispetto all’aura storica di un’arancina che, a Palermo, non fa il paio con nessuno. Quell’arma (tutta: logo, lettering, primi piani e sfondi, cielo compreso) dice: scusate, ma per fare soldi ho bisogno di una clientela che accetti acriticamente le volgarità e dei clienti storici, che mitizzano l’Alba ma poi passano una volta ogni tanto, ci siamo rotti. Poi qualcuno della nuova gestione si è seduto dinanzi ad un pubblicitario, o presunto tale, e gli ha detto: voglio acchiappare quella clientela lì, e il termine “acchiappare” non è casuale. Detto, fatto! Certo, la faccio facile ma prima di arrivare a comprare un prodotto si è messa in moto una filiera di domanda e risposta e a nessuno (committente, suo entourage, amici consiglieri, amiche magari, pubblicitario, grafico, fotografo, stampatore) è venuto in mente, penso io (caro Ciccio), che si sarebbe potuta formulare meglio la domanda a qualche “dottore” di bell’aspetto laureato in comunicazione. Frizione, scollamento, assenza? La domanda che viene prima è quella che vale di più: come si fa a spiegare che mostrarsi in quel modo (“signorine scosciate che pubblicizzano prosciutti, culi in primo piano per tornei di tennis, bistecche col perizoma, tettone per mozzarelle e altre piacevolezze da caserma”, aggiungo spose seminude per la fiera prematrimoniale) volgarizza anche l’immagine della città e dei suoi abitanti che, posso capirlo, si indignano ma non hanno la forza di far rimuovere l’habeas corpus (si scrive così?) che ne certifica l’involuzione antropologica.
Poi, certo, ci sono doppi e tripli sensi, e diversi livelli di lettura che, però, appartengono a quella raffinata clientela che sa come leggere la volgarità ma che, altrettanto, può fare a meno dell’arancina dell’Alba e cercare altrove una trincea del gusto tradizionale; mentre, chi andrà a comprare arancina e brioche (o, meglio, brioshhh) è sprovvisto degli scudi intellettuali e va lì solo perché per riuscire a gustare quei prodotti senza fare la fila ci vuole culo.
Rimarco: il culo in questione non mi piace e’ piccolo e piatto come quello di un ragazzino maschio. In piu’ e’ photoshoppato chiaramente.
Io sono contento che CAFLISH non esista più: il personale era sgarbatissimo. Era un punto di ritrovo per parvenu snob.
intanto la pubblicità l’hanno rimossa e sostituita con questa: http://www.tpblog.it/la-paura-di-far-diventare-ciechi-il-caso-della-pasticceria-alba
andrò anch’io controcorrente ma condivido il post di Alessandro: l’ultima volta, l’estate scorsa, che pranzai da Caflish mi alzai nauseata non solo dalla sporcizia ma anche dalla scortesia del personale che sfiorava la maleducazione. Forse ciò che manca è la consapevolezza che puoi anche essere un pezzo di storia cittadina ma….devi saper reggere il confronto con l’oggi e col futuro oltre che con il passato che rappresenti! Buon lavoro alla nuova gestione, sperando che riesca a recuperare il primo autogol promozionale…. 🙂
Leggo Marrone, ancora, e vedo manifesto. Io avrei scritto “L’ALBA” anziché “ALBA”, ma non faccio il pubblicitario. Poi c’è il copy che copya male: Caflish al posto del più corretto Caflisch. Insomma, dilettanti allo sbaraglio. Fossero questi i problemi di questa città, tutti la prenderebbero a cuore…
Bravo Cogliandro. Ottima Head.
Cogliandro daltonico!
Campagna pubblicitaria pessima per l’apertura del nuovo Bar Alba.
Ma il prof. Marrone forse non entrava da Caflisch da decenni per rimpiangerlo così…
Camerieri e baristi maleducati (tranne Rosi), il proprietario ancora di più, capace di gridare e incazzarsi con i clienti senza motivo, prodotti carissimi e di qualità misera, servizio ai tavoli (sporchi) lentissimo…
In più un ambiente da “pirocchi arrinisciuti” con macchinoni posteggiate in tripla fila perchè le compagne con Louis Vuitton da mare non possono fare 10 metri a piedi…
Mi auguro che alla pubblicità cmq brutta faccia da contraltare un servizio migliore ed un ambiente meno snob.
Palermo ormai è da dimenticare non solo con Caflisch , ma perchè la cui vivibilità non esiste più ormai da tempo , bella nel suo contesto ma impossibile da viverla , non funziona niente, una amoria di negozi bar famosi , fare impresa al dilà del pane e panelle è impossibile , uffici pubblici che non danno risposte ai cittadini , arretrati a tutti i livelli vedi uffici dove si fanno i cambiamenti di tari , sicurezza zero, Dopo l’Amia ancora peggio assistiamo ad una perenne raccolta dei rifiuti a singhiozzo , strade sporche mai scopate e dipendenti ecologici a fare shoping con i lapini in dotazione insomma DA DIMENTICARE.