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venerdì 22 nov
  • Pari mia

    «Pari mia, pari mia, pari mia…».
    Quanto tempo è passato?
    Uno, dieci, cento anni?
    E sono ancora qui a giocare il mio destino, a essere spartiacque, a far da appoggio agli uccelli, a indicare il livello di sopportazione di questa città.
    Sì perché io servo, sono utile, sono un monito da quando quel giorno mi giocai il destino e:
    «pari mia, pari mia, pari mia…
    e butto cinque».
    Guarda che mani nere che ho.
    Io nobile per diritto di nascita con le dita scure come un carbonaro, a contare gli anni senza invecchiare, e in questo tempo ne ho viste di cose:
    davanti i miei occhi, sovrani e principi, santuzze e diavoli, ai miei piedi si sono espressi artisti, appoggiati ubriachi innamorati, e serenate schitarrate alle mie spalle mentre si faceva festa, e si ballava, e qualcun altro sanguinava e tutto da quando mi giocai il destino con quella strega e
    «Pari mia pari mia pari mia…
    e butta due».
    Due dita,
    indice e medio,
    è sorridente la strega,
    cosa faccio?
    Nascondo un dito?
    No, l’onore del mio sangue blu trema e lascio che lei mi consegni la mia condanna:
    congelato in questa posa, ad osservare gli uomini e le donne, i vecchi catarrosi e i giovani vastasi, ripetendo per sempre lo stesso gesto senza ormai alcuna speranza di poter cambiare la sorte.
    Il destino di Carlo V che si affida al suo numero, e la strega non solo congela il sovrano, ma congela tutta la città come dentro un dipinto dalle tinte troppo forti.
    Scopre una cornice, e ci sono io, ma ci siete anche voi, si perchè io non stavo giocando solo il mio destino, ma il destino di tutti voi e quindi
    “Pari mia, pari mia, pari mia…
    e butto cinque.
    Pari mia, pari mia, pari mia…
    e butta due».
    E il conto è facile perchè cinque e due fa sette, ma sette non è pari, e quindi ho perso io, avete perso voi, e la condanna vi cola addosso da generazioni senza che ve ne accorgiate, perché io c’ero, io ho visto, io ho sentito, io ho parlato con tutti i vostri padri, anzi i vostri padri hanno parlato a me, e hanno chiesto consiglio, proprio come quelli che oggi voi chiedete a me a cui io rispondo da sempre con il mio saggio silenzio.
    Avreste potuto fare grandi cose.
    Così, a volte, la speranza ancora vi oscura la consapevolezza della fattura che portate sulla testa, e quindi sentite il bisogno di dire, che «dovete diventare qualcuno».
    Questo è il massimo delle vostre ambizioni, voi volete diventare qualcuno, non vi importa cosa o chi, l’importante è che siate qualcuno.
    Lasciate stare, non vi affannate, vi osservo dentro le vostre macchine fermi per ore, ipnotizzati da una vetrina luminosa, a lottare con uno sportello del bancomat che avrà sempre la meglio su di voi, a osservare opere d’arte luminose ma per voi assolutamente oscure, mentre ai miei piedi buttate un’elemosina fatta di rifiuti, sputi e volgarità.
    Non potete lamentarvi, perchè ognuno di voi pur sapendo che cosa lo aspettava avrebbe detto:
    «Pari mia, pari mia, pari mia…».
    e avrebbe buttato cinque.
    E io starò qui, in questa piazza, a guardare lontano fin dove potevate arrivare, ma a restare immobile per ricordarvi che non vi siete mai mossi.

    Palermo
  • 2 commenti a “Pari mia”

    1. Muoversi, certo. Prima o dopo bisognerà farlo. Ma non fa per me. Immobile anch’io.
      In questi giorni a Roma fa molto caldo, mi piace andare in centro, fermarmi in un posto all’ombra, e guardare i turisti.

      Turisti di due tipi.

      Quelli vecchi, che girano in coppia, uomo e donna, in sandali e occhiali scuri e cappelli di paglia o cappellini, calzoncini corti e camicie di tutti i colori. Quasi tutti grassi e pallidi, con le gambe rigate di vene azzurre e la faccia gonfia e bianca, al sole.
      Quelli giovani, di solito magri, che sembrano fatti di gomma. Ragazze senza seno e col didietro minuscolo, ragazzi con la faccia dolce, che sorridono o ridono.
      Giovani o vecchi tutti felici. Sembrano felici. Soddisfatti, camminando o stando fermi, ad aspettare.
      Non so bene perchè, ma è rassicurante stare lì ad osservarli, non visto.

      Ps Tutto questo non c’entra nulla.
      Però mi dispiaceva l’assenza di commenti a questo post, lasciato solo.
      Un peccato, mi sembra che dentro ci sia passione.

    2. Ale penso davvero che (come ti dissi un pò di tempo fa) dovresti pubblicare qualcosa. Ti abbraccio,
      Vale

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