Più scenario che dramma
Abbiamo il gusto della tragedia, si sa, ma andiamo pazzi anche per gli scenari. Macerie, crateri nella strada e date impresse nella memoria: ci piace esserci stati. Se è successo davvero, amiamo sottolinearlo. Se non c’eravamo, informiamo il mondo del fenomeno sincronico che in qualche modo – per allusioni impalpabili e connessioni minimaliste – ci lega indissolubilmente al fattaccio, garantendoci almeno un’apparizione nei titoli di coda, quando è impossibile far mostra di noi in quelli di testa. Diciannove anni fa morivano, malissimo, il giudice Paolo Borsellino e la sua scorta. Diciannove anni dopo, quei martiri riemergono e resistono nell’immensa memoria virtuale e collettiva che è il web, in tutte le sue declinazioni: blog, Facebook e siti personali. Ma lo scenario non è più quello desolato e desolante di una Beirut palermitana. Si è affollato di testimoni vicini e lontani, spesso decontestualizzati, molti smaniosi di raccontare a che punto fossero le loro vite quando via D’Amelio si è aperta per inghiottire sei esistenze luminose. La rete è stata tutto uno spumeggiare di «io c’ero, e se non c’ero vegliavo», «io stavo lavando il cane», «io davo da mangiare ai pesci rossi, quando…». Continua »
Ultimi commenti (172.538)