La puzza della strada
«Te la porterai sempre addosso la puzza della strada», dice Max.
«A me piace, la puzza della strada», gli risponde Noodles. «Mi apre i polmoni».
Così, più o meno, i protagonisti di uno dei più bei film della storia del cinema sintetizzano i temi dell’esperienza e del destino. Siamo e saremo per sempre quello che abbiamo vissuto, ascoltato e respirato. Siamo il “dove” abbiamo mosso i primi passi.
Ci ho pensato tanto a questo scambio di battute di C’era una volta in America, negli ultimi giorni. Perché sono cresciuto – quasi nato – in un quartiere dove la puzza della strada non te la levi di dosso. Ti si insinua nel profondo e lì rimane, e non esistono saponi né acque di colonia per disinfettarti l’anima, il cuore in corsa e i nervi. Ci ho riflettuto a lungo, perché una vocina da quella strada, da quel vicolo che credevo di essermi lasciato alle spalle mi ha raggiunto fin qui, facendosi a piedi venticinque anni di passato e qualche chilometro di città.
Un tizio mi ha minacciato nell’ascensore di casa mia. Il motivo è banale, il prepotente in questione un’animella. Ci siamo trovati testa a testa in una specie di gabbia semovente. Io spiazzato. Quell’altro incoraggiato dal mio stupore. Le porte si sono aperte. Io non ho dimenticato.
Non sento più l’eco delle sue parole inutili (le solite: le minacce fisiche si assomigliano tutte, la prevaricazione non ha fantasia). No. A inseguirmi sono i pensieri che mi hanno attraversato in quell’attimo bizzarro, di regressione, di ritorno a una fase bruta della mia esistenza. «Lui sta per darmi una testata in faccia. Devo dargliela prima io. Gli devo fare male. Malissimo. Lo faccio piangere». Questo mi è passato per la mente. Punto. E tutto il resto – i libri che ho letto e quelli che ho scritto, il cinema e i colori tenui e i luminosi angeli della mia coscienza e le belle parole – aveva di colpo perduto senso.
Sono tornato a casa che tremavo di paura. Paura per il dolore che avrei potuto – e voluto – infliggere più che per quello che avrei potuto subire. Ho ancora quel tremore. Sto ancora ragionando con la mia parte “malacarne” per metterla a letto presto. Vengo dall’Albergheria. E me la porto addosso, la puzza della strada. È un pezzo di Palermo conficcato in me, ma giuro che non mi apre i polmoni. Sto solo cercando di farci pace. Col fiato sospeso.
Tuttavia la testata non gliela hai data…
Se è vero che non si può rinnegare il passato, si può però prendere coscienza che il presente, e soprattutto il futuro, possono essere diversi se soltanto lo vogliamo.
Prendila così: non si avrebbe alcuna percezione di miglioramento senza tali sensazioni. Esse svolgono un ruolo di riconoscimento della strada percorsa. Che monotonia è in fondo l’essere stati sempre migliori, fin dalla nascita, se una tale condizione può veramente esistere. In un mondo dove non c’è più nessuno a darti una pacca sulle spalle, a farti un cenno di incoraggiamento, rivangare il passato crudele ha davvero del genuinamente consolotario. Sei una persona fortunata.
ho visto dare iuna testata sul naso da un medico ad un’altro medico che rialzandosi sanguinante ha preso e scagliato all altro un “catone” pieno di panni sporchi.
Ad occhio e croce nessun “puzza della strada” nella loro progenie.
Mai generalizzare e mai meravigliarsi.
PS: bello scritto comunque. Complix.
Oddio, non è che poi il passato sia stato tanto crudele… non voglio apparire come una specie di David Copperfield o Carlito Brigante… Diciamo che è una riflessione generale. Che può riguardare molti di noi.
Forse la puzza della strada ce la portiamo appresso un po’ tutti, a Palemo, senza distinzioni di censo…
A quell’aggressore non è rimasta addosso la puzza “buona” della strada, quella che fa parte di noi e ci fa crescere perché la mescoliamo alle esperienze successive e la trasformiamo in un odore nuovo. In un profumo, se siamo intelligenti e sappiamo combinare le fragranze della vita. Quel tizio invece si porta addosso solo tanfo, perché non ha saputo crescere, evolversi, capire. La sua violenza è fetore di topo vissuto sempre e con gusto in una fogna.
Già, effettivamente mi rendo conto che da ciò che ho scritto potrebbe anche dedursi la storia di un David Copperfield. Ma anche io, come te (Giacomo), lo intendevo in una misura generale. A Palermo con la puzza della strada (quella di cui parla il post) ci dobbiamo convivere tutti purtroppo, quindi ce la portiamo dietro tutti. Non ci sono modi per evitare di passare dai grandi quartieri in degrado, anche se abbiamo il Suv. I cosiddetti quartieri “bene” poi, vi sembrano poi così “bene”? A me fanno pensare, fisicamente, alla parte migliore di una Beirut sotto assedio. Certo, ogni ambiente ha la propria scala di valori, ma non bisognerebbe mai perdere di vista un confronto che guarda al di fuori dei confini cittadini, regionali, nazionali. Va be’, la città è quella che è, ma chi osasse sentirsi migliore dell’altro non sarebbe che un povero illuso. Certo, un povero illuso che vive meglio, ma sempre un povero illuso.
parlando di Copperfield mi riferivo a quello che avevo scritto io:-) Comunque, I agree.
Caro Giacomo, sto in questi giorni cominciando ad apprezzare ( e molto ) il tuo modo di scrivere, di descrivere situazioni, ambienti e stati d’animo.Ritengo che la puzza della strada ormai sia tutto quanto ci stà intorno, di Palermo e sopratutto dei Palermitani ( lo scrivo in maiuscolo in quanto anche io mi onoro di essere Palermitano).Purtroppo ormai la realtà è questa:dobbiamo rassegnarci ad aver perso tutti i valori che debbono stare alla base dei rapporti fra le persone.Sapessi quante volte mi sono ritrovato nella tua sitazione ( anche se non dentro un ascensore!)Ma per il bene che voglio alle persone a me care, alla mia famiglia ed in ultimo a me stesso, ho voluto imparare ad aver paura, a non reagire:alla fine mi sento mortificato nel mio essere uomo, ma non ho tagli in faccia nè tanto meno coltellate in pancia.Scambiamoci un augurio, tutti quanti, per il nostro futuro!.
Auguri anche a te, Saruzzo. E grazie.
“dov’è che siam rimasti a terra Nutless
dov’è che i muri si son richiusi addosso..”
http://www.youtube.com/watch?v=Vij32udC3Wo
+
e la puzza della strada che ti porti sempre dietro, e quella testata che per fortuna non hai dato.
Non sono di Palermo, non vivo a Palermo ma sono siciliano anch’io…hai dato una forma ed un nome a tutte quelle sensazioni che molti di noi, in qualsiasi parte della Sicilia, d’Italia o del mondo, proviamo a causa del mondo di oggi. Credimi, vivo a Roma e molto spesso la puzza della strada mi viene a cercare. Cerca uomini, donne, adulti e bambini, oramai è diventata un’entità dotata di vita autonoma, un’entità che abbiamo alimentato noi nel tempo con rancore, inciviltà, mancanza di rispetto e così via. Oramai la puzza della strada è diventata una puzza a domicilio!
Devo riconoscere che certe volte ha aiutato, anche a Parigi (dove trascorro la maggior parte dell’anno), fare riemergere il ragazzo di borgata che quello è sempre dentro, ed in alcune circostanze applicare il metodo di “canazzo di bancata”, ma questo dipende dalla durezza della giungla dove si opera… per non farsi mangiare…
Per fortuna una sola testata in 20 anni (regolarmente pentita).
preciso: testata uguale timpulata.
Ci sono limiti anche nei momenti da “canazzo di bancata”…
PALERMO PUZZA
ultimamente per le strade di palermo c’è sempre puzza, qualsiasi tipo essa sia.
…è vero, dall’albergheria come dal corso dei mille, dove ho imparato a non dare più occhiate al centro di occasionali capannelle di gente per strada…sensazioni provate più volte e nessun criterio specifico da insegnare alle mie figlie!