Scatti chiacchierati
Chi sa di mafia può dirlo meglio di me. Tra i sedicenti uomini d’onore, le parole che si usano per illustrare un comportamento, per motivarlo e soppesarlo, hanno la stessa importanza del comportamento in sé. Il mafioso dà forma all’umanità che lo circonda e alle relazioni nelle quali s’imbatte sfruttando due diversi livelli di linguaggio: differenti definizioni da cruciverba umano e sociale. C’è quello riservato al consorzio civile (in cui il mafioso sopravvive con istinto metamorfico) e quello stabilito dall’associazione cui si pregia di appartenere: il gergo dei criminali.
Chi ha letto di mafia (soprattutto la trascrizione dei verbali dei collaboratori di giustizia) sa che tra “amico” e “cosa nostra” c’è differenza. E non è questione di sfumature. Un amico è persona disponibile, non organica alla criminalità organizzata ma incline a godere della compagnia e dell’amicizia degli uomini che la compongono. Può anche trattarsi di un individuo inconsapevole – o consapevole a metà – della caratura delle sue frequentazioni. Della vicinanza con i mafiosi lo inebria il profumo del potere, la baldanza di poter navigare senza bussola né ostacoli in una città labirintica, condotto da un Caronte che tutto sa e nulla teme. Continua »
Ultimi commenti (172.540)