La “mala taliata” in Cina
È da ormai tre anni che sono assolutamente convinta che ci siano dei comportamenti intrinsecamente identici fra i cinesi e i siciliani. La gente seduta fuori dalla porta a guardarsi il passio, la rilassatezza con cui si affrontano i cambiamenti nel mondo, il valore dato alla famiglia come primo riferimento e prima responsabilità, l’enorme rispetto per gli anziani, i mercati con la gente che abbannia e le signore col carrellino.
Ieri, girando in bicicletta per le strade della Concessione Francese, mi è venuta in mente un’altra cosa. La cosiddetta “mala taliata”. Eh sì, perché anche i cinesi guardano e fissano e comunicano tutto con “mezza parola”. È quasi paradossale che io, siciliana, capisca meglio (o almeno più in fretta) i cinesi dei miei colleghi e amici inglesi e francesi. Soprattutto se consideriamo che Regno Unito e Francia sono in Cina dal 1800 nonostante guerre dell’oppio, rivolta dei boxers e via dicendo, e che oggi le comunità cinesi siano molto meglio integrate in città come Parigi o Londra piuttosto che a Palermo.
Eppure, la “taliata” loro proprio non la capiscono. Per loro girare in bicicletta è complesso perché non arrivano a capire quando il tipo dall’altro lato dell’incrocio gli fa cenno di passare solo con gli occhi. E quando non rispetti la “precedenza”, effettivamente stabilita in quel momento, paf! Ecco che arriva la “mala taliata”. Che poi vuol dire tutto e niente. A volte è proprio, «straniero del cavolo, impara a guidare o tornatene a casa tua!». A volte è solo «senti cerca di stare più attento che la prossima volta qualcuno ti mette sotto». A volte invece non sono affatto arrabbiati e si girano solo per osservarti. Proprio come noi.
Si girano, ti guardano e pensano: «tale’ tale’ uno straniero in bicicletta. Ormai fanno proprio tutto come noi questi qua». Oppure, «vedi un po ‘sti stranieri che vengono fino a qua e nemmeno sanno parlare come noi». Sì perché per loro, come nel nostro Bel Paese, è impossibile che noi viviamo a casa loro non sapendo parlare la loro lingua. Lo trovano irrazionale e anche un po’ offensivo. E un indice della nostra assoluta stupidità. Pensate se, come noi, sottoponessero a esame di lingua tutti gli stranieri che vogliono ottenere il permesso di soggiorno. Altro che joint venture ed Expo!
Una delle cose che mi ha fatto sentire più “a casa” nei primi mesi in cui non capivo una parola di cinese è stata la gente che più non capivo, più iniziava ad alzare la voce e a scandire le parole. Come se per loro fosse evidente che così avrei capito di più. Onestamente, non vi è mai capitato di parlare con uno straniero a Palermo e iniziare a urlare, convinti che in quel modo vi avrebbe capito meglio? E quante volte vi è capitato di iniziare a parlare con uno straniero ed essere estremamente felici ed appagati di quel poco di Italiano che aveva imparato? Ma soprattutto, iniziare a trattarlo meglio subito dopo aver capito che, sì, qualche sforzo per integrarsi nella comunità lo stava facendo. Ecco, i cinesi uguale.
E qui, vi lascio con la mia ultima teoria: i cinesi non sono affatto timidi. O almeno, la loro riservatezza non è un fatto esclusivamente culturale, come la maggior parte del mondo pensa. È tutta una questione linguistica! Il concetto di “shi mianzi”, cioè perdere la faccia, è per loro – come per noi l’onore – talmente importante, che se non capiscono quello di cui stai parlando stanno semplicemente in silenzio. La loro chiusura non è dovuta a paura o timidezza, ma solo ad un orgoglio sconfinato.
Quindi, la prossima volta che vi capita di parlare con un cinese, pensate a tutti i siciliani che sono qui (e ce ne sono) e che in quel momento si trovano esattamente nella stessa situazione in cui siete voi, ma dall’altra parte. E regalategli almeno un “ni hao”.
Simpatico post, che ci fà capire un pò questi orientali che ormai fanno parte della nostra citta’.
Brava davvero Giulia e buon soggiorno in Cina!
bellissimo post, come sempre, Giulia!
sospendere il trattato di schengen, subito!
Lo scorso anno sono stata in vancanza a Pechino e dintorni davvero interessante eravamo con italiani che parlano il Cinese la comunicazione è davvero difficile anche perchè pochi parlano l’inglese. Concordo con te sulla somiglianza.
Paese che mi ha impressionato tanto per la loro cultura per le stranezze.
Buon soggiorno a Beijīng.
bel pezzo, complimenti 🙂
altra assoluta similitudine anche nello street food !
ma anche nello scarso senso civico
Giulia!
Anch’io mi trovo in Cina al momento, Pechino, e anch’io sono palermitana. Oggi, come faccio spesso, ho scritto su Google News “Palermo Cina” per vedere se c’erano nuove notizie riguardanti le relazioni tra la mia terra e la Cina…e cosa mi spunta? Questo tuo articolo:)
Sono contenta di leggere che non sono la sola ad avere la sensazione che cinesi e siciliani siano molto simili. Se tutti avessero la possibilità di vedere con i loro occhi e di capire questo mondo, allora la visione che i siciliani hanno dei cinesi e quella che i cinesi hanno dei siciliani cambierebbe del tutto!
Quando ero in Cina un giorno andai a pescare sul lungo fiume Giallo.
Preparai la canna da pesca, le esche e gli ami … passa un ora … niente, passano due ore … niente, passano 6 ore … niente.
Ad un certo punto arriva un cinese tutto sorridente che mette il dito nell’acqua e pesca subito una bella carpa, lo mette di nuovo e subito un’altra e così x tutto il tempo.
Incuriosito chiesi al cinese: scusa ma come mink fai a pescare tutto quel pesce con il dito?
Essele innovativa tecnica di pesca cinese … ola ti spiegale meglio: tu plendele tuo dito e mettele nel c*lo di tua moglie … vedlai quante calpe pescale!!
Incuriosito da questa innovativa tecnica il giorno dopo mi avvicinai quatto quatto davanti al deretano di mia moglie e ZAC … le misi un dito nel c*lo … AAAAAHHH!!! urlò lei MA STA MINK DI CINESE ANCORA QUA STA??!!
PS: il fiume Giallo in realtà è marrone.
Ciao Giulia,
Condivido pienamente le tue osservazioni e ti dirò di più: noi siciliani, stando all’estero, soprattutto in Asia, ci rendiamo conto, prima o poi, che la parola “occidentale” è molto interpretabile e generica. I siciliani si rendono conto, messi a confronto con i veri occidentali (e cioè non noi, ma proprio quelli che i cinesi stessi usano come esempi stereotipati negli usi e costumi, per loro appunto gli “westernerers” della loro fantasia) come i francesi, i tedeschi, gli anglo-derivati, gli spagnoli, che in effetti il siciliano è “occidentale” pi ‘nciuria, ler modo di dire…è una categoria che ci va scomoda molte volte…
C’è invece una categoria di cui, oggigiorno, dove tutto è polarizzato (erroneamente e sbrigativamente) fra Ovest ed Est, ci siamo dimenticati e che anche gli altri non apprezzano o capiscono fino in fondo. Ma è ciò che ci rende diversi e globali, globalizzati da secoli: la categoria è “i mediterranei”. Non è Né occidentale NÉ orientale. È una terza incomoda, MA la Sicilia viene forzata spesso nel gruppo “West..” Ma sappiamo che non è così. Orgogliosamente propongo ai siciliani e ai nostri fratelli mediterranei di non farsi mai mettere nelle categorie “occidentale” o “orientale!” Mediterranei siamo, è un’altra cosa. È la nostra forza.
Io l’ho sempre sostenuto, ed il tuo articolo ne è ulteriore conferma. Spiazziamo gli occidentali ed i cinesi ugualmente, perchè capiamo gli usi ed i modi asiatici quasi istintivamente (mala/buona figura 面子, famiglia, mala taliata, semplicemente la taliata, i nostri suoni al mercato) ma soprattutto direi quasi ad un livello più alto ed intimo. Capiamo e riflettiamo, ci guardiamo, facciamo un’auto-analisi, e capiamo perchè in effetti, lungi dall’essere solamente terra di conquista e guerra, sottomissione (chi più ne ha più ne metta), siamo soprattutto laboratorio psicologico, ed in noi racchiudiamo l’Europa, l’Africa e l’Asia. Anche gli italiani (sì, intendo proprio gli italiani, cioè i non-siciliani!) possono fino ad un certo punto fare gli “occidentali” (sempre più problematica questa parola…) ma noi siciliani, orgogliosamente, possiamo dire di non essere nè carni nè pisci: ed è anche questa la nostra marcia in più. E mi nni príu sempri chiù assai.
E comunque i miei amici cinesi a Shanghai più di una volta, molto perspicacemente, mi commentarono che per loro gli italiani, ma soprattutto gli italiani meridionali, non li sentivano lontani come gli anglo, francesi, tedeschi…ecc. ma che in moltissimi aspetti (forse il rispetto per gli anziani? La taliata? L’ospitalità?) eravamo più simili con il mondo asiatico, nell’animo. E per finire: ho fatto ragionamenti del genere anche con alcune conoscenze del subcontinente indiano, ed anche lì ci troviamo spesso in sintonia su tante cose! Sarà che Archimede il genio siracusano ed i geni che inventarono lo zero sono da sempre uniti…
un bacione da Leonforte (Enna)
alex
Senti cca.
Unni fari cchiu raggiunamenti …