Quaderno di Palermo 23
Dicevo nel testo precedente che l’unico e maltrattato pianeta che abbiamo di città nuove o storiche ne ha per tutti i gusti, di città che hanno avuto un lungo, un breve o addirittura un tronco percorso. Ma se ci limitiamo alla nostra vecchia e decadente Europa, sappiamo tutti che è piena di città la cui memoria almeno fino a poco tempo fa sembrava non smettesse mai di trasudare, non soltanto dal materiale con il quale sono state costruite (dalla primaria terra al vetro più contemporaneo), ma sicuramente ancora di più dal, per così dire, labile impeto con il quale gli abitanti, secolo dopo secolo, hanno cercato di travolgere e al tempo stesso di mantenere per mai tradire l’anima che c’è in ognuna di loro. Dico “sembrava” perché se oggi andiamo a fare una passeggiata nella maggior parte di queste città, ormai tutte collegate e raggiungibili attaverso i loro affollati aeroporti, se facciamo una scappatina per il centro e le strade principali, ce ne accorgiamo subito che una a una esse stanno diventando tutte uguali, voglio dire le stesse nella loro monotonia, uniformità, asepsi senza scambio. Come se la differenza o, per meglio dire, diversità microorganica, fosse incompatibile con il momento storico che viviamo e al quale stanno contribuendo, sia i politici con la loro rozza mediocrità, sia i mass media con la loro assenza critica. E poi, in modo contraddittorio, queste città diventano sempre di più dei luoghi autoreferenziali, chiusi, narcisisti; come se gli abitanti dentro la loro unica scenografia recitassero per i visitatori invece di vivere per loro stessi. Ma c’è bisogno di qualche esempio? Per rimanere nel mio paese, un modello evidente e alla portata di tutti è la città di Barcellona, “scoperta” non da molti anni dai palermitani. Io che ci ho vissuto più di trent’anni fa, ora che ci vado di rado mi rendo conto di come ricordi una cartolina, di come – al pari di tante altre città di qualsiasi paese – rassomigli sempre meno a se stessa e sempre di più a un luna park. Dopo alcuni giorni di soggiorno mi viene il dubbio, se la vocazione di questa come di altre città sia di far diventare il centro spettacolo, farsa, maschera. Tutto ricorda un grande congegno di cartapesta, cioè un cadavere ripulito e squisito perché ricercato, o meglio, affettato. Questa apparenza viene creata per noi, i turisti, noi che cerchiamo ciò che abbiamo già visto in tante immagini o sentito da tanta gente, noi che non sappiamo raccontare altro che le cose che ci aspettiamo, come se dietro quell’immensa facciata non ci fosse un altro luogo più vero, più quotidiano, più reale. Sì, mi riferisco a quella periferia che gira attorno a questi centri di cartapesta e che non ha mai avuto bisogno di mascherarsi perché ha un solo bisogno: sopravvivere.
Ebbene, tutto questo non sembra valere, almeno per ora, per Palermo. Sorprendente perché autentica, Palermo non ha bisogno di fabbricarsi alcun passato e, quindi, di erigere un monumento o palcoscenico adatti al gusto imperante per mettersi in gara con nessun’altra. Si direbbe che per il momento, nel bene e nel male, Palermo sia diversa perché non ha ancora perso il suo aspetto caratterisitico. Alcuni di noi abitanti di questa amata e a un tempo odiata città, alcuni di noi sanno che in questo luogo paradisiaco e infernale ci vorrà del tempo e della determinazione per uniformare e omologare il suo centro a quello di tante altre capitali europee. Comunque sia, nonostante si tratti di una città praticamente ferma da secoli (almeno rispetto alla stragrande maggioranza di esse), mi azzardo a dire che s’intravede qualche segnale di vero falso cambiamento (Sì, perché nella capitale siciliana questi due concetti convivono insieme e sono alquanto duttili). Un esempio sarebbero i pochi mercati che ancora rimangono e che stanno diventando piano piano un simulacro di quello che furono. Impercettibilmente si stanno riadattando al gusto e agli occhi dei turisti, cioè di tutti noi, i grandi viaggiatori-consumatori del XXI secolo, ormai incapaci di accettare le cose nel loro aspetto naturale e genuino. Dicevo che Palermo è in procinto di cambiare.
Scarti (segue).
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