Palermo, una città particolare
Palermo è una città particolare. Forse tutte le città lo sono ma la nostra lo è ancora di più. Faccio due esempi. Il primo riguarda la neonata associazione dei Professionisti liberi (che più liberi non si può) che esorta appunto i liberi professionisti, con editti e minacce di proscrizione e con un larvato accenno promozionale a favore dei propri iscritti in quanto più liberi degli altri, ad opporsi alla prepotenza della delinquenza organizzata infiltrata tra le maglie della società (così detta) civile. Condivido in pieno l’opposizione, ferma e convinta, a qualsiasi mafia e tuttavia mi domando: oltre alla propria coscienza non ci sono già i dieci comandamenti, il codice penale e quello deontologico nonché la meritoria iniziativa di Addiopizzo? C’era proprio bisogno di moltiplicare comitati e presidenze, di disperdere energie e far litigare mezzo mondo in una specie di gara a chi è più puro dei puri?
Passiamo ad un altro esempio. Con slancio generoso e lungimiranza preelettorale Confindustria Palermo, forte di ben 38 sponsor, regala alla nostra felicissima città otto progetti secondo un master plan generosamente redatto da un generoso studio genovese; progetti distribuiti in tutto il territorio della città, «dalla valle dell’Oreto allo Zen, per ridare tono al volto spento della città, produrre atti fondativi e capace di mettere in moto investimenti per 500 milioni, con nessuna cubatura aggiuntiva» (?) «e 3,7 milioni di metri quadrati di verde creato o recuperato». In sintesi, Confindustria Palermo si propone di colmare la vacanza di idee e di iniziative della nostra amministrazione comunale e ad essa si sostituisce promuovendo apoditticamente progetti milionari, da realizzare in zone – già oggetto in tempi recenti di attenzione progettuale – di cui non ha la disponibilità, con fondi che non credo possieda. Mi domando: in una città come Palermo, strutturalmente afflitta da mille problemi da terzo mondo, reduce da decenni di sciatteria urbanistica, sociale, amministrativa, chi, come Confindustria, ha idee e proposte destinate a incidere sulla vita della città e dei suoi cittadini non dovrebbe discuterle, prima di definirle e proporle, con i destinatari delle sue buone intenzioni per concordare preventivamente temi, ambiti, tempi, priorità, metodi, risorse e tante altre cose? Non si rischia altrimenti di vanificare ogni pur ottima intenzione? In una città che è sede di autorevoli Facoltà tecniche (Ingegneria, Architettura) ed ha circa diecimila iscritti agli Ordini professionali tecnici, buona parte dei quali ansiosi di fare qualcosa per la propria città e pronti a partecipare ad eventuali concorsi di progettazione (come si usa fare nelle città normali) magari banditi e finanziati dalla stessa Confindustria (foss’anche per individuare le linee di un master plan), era proprio necessario cercare a Genova gli ideatori di idee e proposte da tesi di laurea, presentate in pompa magna con il supporto di noti “intellettuali” reduci da isole famose come la panacea di tutti i problemi? Mi rendo conto tuttavia che l’aria del continente è ben altra cosa e che, forse, gli architetti genovesi sono ancora più liberi dei professionisti liberi liberi.
A Palermo è solo una cosa buona che un libero professionista prenda le distanze sia formalemte che sostanzialmente dalla criminalità organizzata.
Sempre tentati di ripiegarci su noi stessi? Sicuramente nella nostra città ci sono validi professionisti, ma perché non sentire altri pareri?
secondo me in sostanza in questo articolo si lamenta il fatto che le cose( la progettazione della città) si stata affidata a professionisti esterni.
secondo me:
1) in questa città non esiste nessuna programmazione;
2) qualsiasi cosa che possa stimolare un cambimento deve essere ben vista;
3) un progetto prorposto senza approvezioni e finnaziamento è solo un bel sogno;
4)chi investe denaro non lo fa per beneficenza o puro altruismo, ma lo fa per avere un ritorno quantomeno equo;
5) di solito oggi la maggior parte dei grandi progetti è affidata a gruppi di progettazione con curricola adeguati. allora mi domando perchè l’Arch. Iano Monaco, oltre a scrivere un bell’articolo, non fa anche lui le sue proposte( progetti)?
tutti parlano di competizione come il sale della vita.
Sarò il solo che storce il naso quando qualcuno tenta di “regalargli” qualcosa che – secondo lo stesso donatore – ha richiesto un anno di lavoro?
Intelligenti riflessioni fatte da un competente professionista della nostra città. Altri post come questo, a firma anche di altri intellettuali palermitani, arricchirebbero il dibattito sul futuro di Palermo.
Fa piacere sentire l’intervento di un professionista “libero”. Mi permetto di dissentire sulla prima parte (a Palermo servono anche iniziative “simboliche”).
Quoto totalmente la seconda. E’ da troppo che con la scusa “a Palermo non succede mai niente”, si giustifica qualunque progetto sballato.
Che poi, ricordiamolo, che non succeda mai nulla è falso. Di buono, semmai. 3 centri commerciali, hotel in centro, grande distribuzione, Rinascente, H&M, Mondadori, Feltrinelli, Supercinema, sono alcune delle cose che son “successe” negli ultimi 5 anni. Va benissimo (tranne che quando i centri commerciali si costruiscono su terreni destinati a parco e centro di municipalità come allo Zen).
Ma di pubblica utilità, niente.
Servono progetti per i cittadini, serve una pianificazione che non disperda più metri quadri di verde, come il progetto di Confindustria fa (a Boccadifalco, all’Uditore, allo stadio nuovo, almeno).
Serve un’amministrazione, un piano regolatore rigido ed immodificabile.
si potrebbero aggiungere molti altri esempi di stranezze nella gestione della cosa pubblica palermitana, anche quella gestione che avviene per mano di privati….. e condivido in pieno il trovare esagerato questo bisogno di riconoscersi in marchi ed etichette, associazioni e comitati, dal momento che il solo titolo di professionista e l’avere giurato su di un codice deontologico non è nella nostra società sinonimo di qualità e “purezza”. Cominciamo col comportarci deontologicamente in maniera corretta e irreprensibile e non avremo bisogno di andare in giro con l’etichetta di appartenenza. Che poi, anche in seno a questi comitati, talvolta, l’illegalità o la leggerezza nell’interpretazione delle leggi la fanno da padrone…..
Concordo pienamente con quanto scrive Donato e mi convinco sempre più che questa città difficilmente diventerà normale.
mi sembra una riflessione giusta, il metodo seguito da confindustria è abbastanza “discutibile”, sembra che abbiano “snobbato” studenti facoltà, studi e ordine degli architetti. Però secondo me una critica nel merito ai contenuti del progetto ancora nessuno la fa… Tutti hanno accarezzato il tema della fiera o della cala ma questo modo di pensare la città per “parti” ha i suoi limiti: si presta bene alle speculazioni e sopratutto tiene fuori i cittadini perché gli unici attori di queste trasformazioni sono confindustria e le banche… Voglio dire il prg prevede le osservazioni che sono uno strumento di partecipazione democratica, qui invece si pensa che quelli che danno forma alla città sono solo confindustria e le banche e secondo me si sta sbagliando. Non voglio riaccendere il dibattito fra sostenitori del prg e sostenitori dei piani strategici ma il problema è che CONFINDUSTRIA SI PUO’ PERMETTERE IL LUSSO DI PENSARE LA CITTA’ PER PARTI MA LA POLITICA DOVREBBE AVERE LA VISIONE CHE TIENE INSIEME TUTTO (cosa che attualmente non ha). La visione d’insieme tralaltro non è neanche “io ti do la fiera per fare quello che vuoi e in cambio tu mi dai i soldi per attuare il prusst e per le infrastrutture” o “io ti faccio fare quello che vuoi in centro storico e tu mi fai parcheggi”. Qui non manca confindustria che bene o male è libera di dare l’incarico a chi vuole (finché è a casa sua). Qui manca la politica! La sinistra è avvitata dietro candidati che non hanno nessuna visione della città, parla come al solito di alleanze e di cognomi illustri e carismatici ma privi di contenuto. La destra continua a pascolare nelle sacche di povertà e disperazione della nostra città proponendo personaggi impresentabili come Saverio Romano. Continuando di questo passo, senza una visione, senza un’amministrazione rigorosa e capace di attuare politiche di sviluppo e crescita dell’occupazione la nostra città rischia il fallimento (come Catania l’anno scorso) in un periodo di crisi economica fortissima. Abbiamo bisogno di una visione. Il tema del dibattito sul futuro della città non viene risolto dai sette progettini di confinustria. Il tema è “Cosa vogliamo che sia Palermo nel 2020? Il mediterraneo sta cambiando, quale idea di città abbiamo?
per quanto lodevole possa essere il lavoro portato avanti da addio pizzo, non credo che abbia l’esclusività dell’anti racket a palermo, ben vengano le iniziative e i comitati contro le mafie. sulla purezza de facenti parte……conosco imprenditori aderenti ad addio pizzo che pagavano serenamente.
Ecco il mio resoconto della presentazione di lunedì, con una proposta finale :
Confindustria Palermo ha commissionato agli architetti “5+1” di Genova uno studio su Palermo e su possibili interventi di trasformazione.
I “ 5+1” hanno scoperto e ci hanno detto che:
1) La natura ( o meglio ciò che ne resta ) è
la cosa più bella di Palermo e andrebbe salvata e ricostituita ove possibile
2) A Palermo ci sono alcune aree vuote e semi abbandonate che sarebbe bene recuperare ed usare virtuosamente.
3) Palermo ha bisogno di nuovi spazi pubblici rappresentativi
4) Palermo ha bisogno di un acquario
5) A Palermo sorgerà un nuovo stadio
Confindustria Palermo ha ingaggiato il giornalista Alessandro Cecchi Paone per dirci:
1) cosa sono il cardo e il decumano
2) cos’è un master plan ( non si sa mai nella vita….)
3)che Cophenagen, Helsinki e Melbourne sono città concepite ed amministrate meglio di Palermo.
4) altrettanto di Shangai ma non gli è partita la diapositiva, nonostante le sue reiterate richieste.
5) che potremo andare al nuovo stadio ( unica cosa concreta in mezzo a tanto fumo ) non solo per vedere la partita ma anche per baciarci con i fidanzati nei giardini che lo circonderanno.
Cercansi urgentemente 50 sponsor che trovino un ufficio stampa all’altezza ( preferibilmente non siciliano) per porre a Confindustria Palermo le seguenti domande:
1) Sa che ognuna delle aree individuate dai “5+1” è da anni oggetto di studi delle Università tecniche palermitane, di progetti commissionati dalle amministrazioni pubbliche a professionisti e mai realizzati, di concorsi di progettazione aggiudicati e poi caduti nel vuoto?
2) Cosa ha fatto per spronare le amministrazioni comunali a realizzare le opere che esse stesse avevano ideato o programmato?
3) In quale terra ha vissuto e operato negli ultimi 30 anni?
4) Di quali iniziative di trasformazione urbana si è fatta promotrice negli ultimi trent’anni?
5) In assenza di panem, l’unica cosa concreta che ha da offrire alla città sono circenses ( nuovo stadio ) ideati e finanziati da altri ( Zamparini )?
Bravo Iano! , Ben detto!
Tuttavia in me tornano spesso le profetiche parole dei nostri 5+1 vati proclamate dal palco del nostro teatro Politeama, parole di grande concretezza e buon senso, ispirate da un lungimirante pragmatismo:
…”Siamo partiti dal concetto di Bosco, da una idea di Natura…il nostro lavoro non si è fondato su una analisi urbana della città ma su una serie di foto fatte da una nostra amica fotografa..….il nostro vuole essere un atto di donazione alla città..….per arrivare a fare anima attraverso un pragmatismo visionario in grado di produrre atti fondativi…..in cui l’Oreto e la costa sono il nuovo cardo (direi un “cardone” ndr) e decumano di una nuova urbanità”
Parole e concetti che mi hanno fatto pensare a quelle dell’arch. Fuffas impersonato dal grande Crozza di cui, nel link che allego, ti invito a prendere visione di una meravigliosa interpretazione e cogliere clamorose analogie con il lavoro del masterplan per “Palermo cambia in un giorno”, buona visione….
http://www.youtube.com/watch?v=Wvx4vPyf3zs
Concordo assolutamente, da architetto, con le riflessioni di Iano Monaco, sulla colonizzazione progettuale e sulla progettazione non concordata delle proposte prefigurate da Confindustria Palermo, che quasi risultano offensive, nelle forme e nei modi, in cui sono state ‘calate dall’alto’, quasi una panacea proposta da illuminati, che ipotizzano progetti esaustivi sulla città, come ne fossero i soli proprietari.
A parte la riflessione sul ruolo dei professionisti, e delle società, che andrebbe fatta, in merito, a questa operazione, in cui i professionisti, non hanno più ruolo nel dibattito culturale, ma diventano strumenti a servizio della grande impresa, che decide indirizzi ed idee. Credo che questa idea, seppur notevole, per la volontà del fare, in una dimensione del non-fare diffusa in una città come Palermo, vada vagliata attentamente dal punto di vista critico, e non assunta come semplificativa soluzioni di pochi interessi alla soluzione di problemi comnuni.
Quoto Sebastiano in toto
Cardo e decumano… non so se l’architetto si riferiva ai castra romani o all’addizione erculea di ferrara, ma il riferimento a Crozza mi sembra il più adatto. I problemi che ha Palermo sono altri. Quello che si potrebbe fare:
1) Il comune dovrebbe diventare soggetto attivo nella riqualificazione del centro storico: comprare abitazioni, restaurarle e affittarle a prezzi contenuti cosi’ da – fare cassa per ripianare il debito – attuare una vera politica di social housing (che non è fare case popolari ma mantenere eterogeneità), evitare situazioni di flttering up nel centro storico – contenere i prezzi delle abitazioni
2) Attuare politiche di trasporto pubblico: è evidente che per quanto sono diventate grandi le città, le casse comunali da sole non ce la fanno più a sostenere il peso del trasporto pubblico. Bisogna adottare politiche nuove: chiudere il centro storico al traffico e dare la possibilità ai privati di fare imprese di trasporto collettivo all’interno di questo “recinto storico” creerebbe occupazione, darebbe ai privati l’opportunità di investire e di farsi concorrenza, e permetterebbe di spostare l’attività (e i costi) dell’AMAT dal centro alla periferia dove è necessaria.
3) i vigili urbani servono per garantire il servizio degli autobus non per fare le multe (e far fare cassa al comune!!!). In questi anni ne abbiamo sentite di tutti i colori. Serve un piano della mobilità serio.
4) Il centro storico è congestionato, bisogna alleggerire le funzioni (e non continuare a caricarlo con un urban center): un buon modo sarebbe spostare la sede della regione sicilia collegandola alle infrastrutture viarie (via regione e il nuovo tram), ad esempio progettando un parco e la nuova sede della regione nell’area parco uditore (sopra la rotonda di via leonardo da vinci) attualmente di proprietà del comune e inutilizzata, liberando uno degli edifici storici più belli di Palermo (allora lì si potrebbe fare l’urban center).
5) Continuare la riqualificazione del waterfront, abbattendo il mercato ittico (attualmente è inutile dato che la maggior parte del pesce viene preso a sferracavallo, oppure trasportato su gomma) meglio potenziare il mercato di sferracavallo e valorizzare l’area archeologica del castello a mare e la vocazione turistica del luogo. Inoltre bisogna alleggerire la cala dalle imbarcazioni presenti attivando l’ormai completato porto di sant’erasmo per le imbarcazioni da turismo
6) Provvedere ad una IMMEDIATA sostituzione del ponte militare provvisorio sull’Oreto (che dura da 30 anni!!), una bonifica degli argini del fiume e il consolidamento del ponte su corso dei mille. Non ci possiamo permettere l’ennesima Giampilieri!
7) Promenade: la trincea ferroviaria che attualmente taglia a metà la città dovrebbe essere coperta: le ferrovie avrebbero un risparmio sui costi di manutenzione e l’amministrazione pubblica potrebbe realizzare una infrastruttura vegetale, un parco lineare che attraversa la città, collegando scuole, attività commerciali, offrendo alla cittadinanza mobilità sostenibile, biciclette, nuove aree edificabili per aprire asili, occasioni per convertire caserme come quella in via generale de maria
8) NON vendere il patrimonio del comune e chiedere allo stato la proprietà di alcuni edifici (come le caserme) per attuare politiche di social housing e generare flussi di reddito costanti negli anni. Vendere l’argenteria o municipalizzate disastrate non aiuta a risanare un debito strutturale che si ripropone ogni anno.
9) L’unione fa la forza: la grandezza delle sfide che abbiamo davanti è tale che né Palermo né gli altri bellissimi comuni circostanti (come altofonte, monreale, sferracavallo, bagheria etc) possono sopravvivere da soli. La nuova amministrazione dovrebbe farsi carico del processo di accentramento della governance del territorio, promuovendo referendum finalizzati alla fusione dei comuni vicini a Palermo e la formazione di un’area metropolitana. Questa operazione permetterebbe di rendere più efficaci le politiche di sviluppo e gestione del territorio, di risparmiare tantissimo e di dare il via (attraverso il denaro risparmiato dall’abolizione dei comuni circostanti) ad un’opera fondamentale per il territorio palermitano: la realizzazione di un nuovo grande anello metro che collega tutti i comuni limitrofi. Il raddoppio ferroviario non basta. E non basta neanche guardare soltanto al mare mentre l’entroterra muore. Dev’essere possibile per chi abita ad Altofonte o Monreale o Bonagia raggiungere Palermo in metro nel minor tempo possibile. (Bisogna dire chiaramente ai cittadini dei comuni limitrofi che i soldi risparmiati con l’abolizione dei loro comuni verranno investiti in infrastrutture: questo è l’unico modo per realizzare infrastrutture locali in un mondo che punta solo su infrastrutture globali – amministrazioni sparse + infrastrutture)
10) la questione parco dell’Oreto è un’altra che può essere risolta soltanto attraverso la sinergia con i comuni dell’area metropolitana
11) Per quanto riguarda l’uso del territorio. Non possiamo continuare a dividerci fra “chi vuole le SANATORIE” e “Chi vuole ABBATTERE”. Bisogna affrontare il problema, le sanatorie sono già state fatte ma esiste una cosa che si chiama PIANO REGOLATORE dove anche se una casa è stata sanata da una legge dello stato può essere abbattuta dal comune (ad esempio se mette in pericolo la sicurezza di altri agglomerati più a valle, vedi esempio giampilieri). Non possiamo dire in un eccesso di ecologismo, abbattiamo tutto e riportiamo le lancette indietro nel tempo: costa troppo. Dobbiamo censire di nuovo il territorio e decidere verso dove andare con un nuovo piano regolatore.
Il problema non è agire per punti: piccole iniezioni di botulino non renderanno moderna questa città. Qui bisogna ridare carattere, identità e un nuovo significato al nostro stare insieme. Palermo deve riscoprire la sua vocazione cosmopolita e inclusiva, deve iniziare a pensare se stessa come un’area metropolitana policentrica a partire dalle infrastrutture e dalla mobilità locale perché è la mobilità che permette di modificare le relazioni sociali e gli stili di vita e un progetto che trasforma solo la urbs e senza arricchire la civis attualmente non serve. I piccoli comuni si stanno spopolando e rischiano di scomparire; le periferie continuano ad ingrandirsi e a degradarsi. I comuni non riescono a promuovere delle politiche di sviluppo e di crescita del lavoro e in molti casi non sono neanche degli interlocutori abbastanza autorevoli per chi vuole investire. Il mondo e il mediterraneo stanno cambiando. La nostra università si sta indebolendo mentre aumenta la domanda di formazione proveniente dalla tunisia e dalla libia che noi non riusciamo a intercettare. La formazione di un’area metropolitana e l’annessione dei comuni limitrofi è fondamentale perché O IL TERRITORIO DELLA PROVINCIA’ DI PALERMO SI SALVA TUTTO INSIEME O NON SI SALVA. Cerchiamo di guardare oltre il cardo e il decumano.
Giusto! la solita civetteria dell’intervento da fuori e/o dall’alto. Quando sia marziano il tentativo lo dimostra la delirante ipotesi di una rambla di… periferia, sulle tracce della dismessa ferrovia. A voler essere gentili, si tratta di un’idea cre…ativa. La rambla, non puà che essere via Libertà, se solo ci decidessimo a privare le auto dei privilegi che contestiamo alle persone! Allora lancio una proposta: Rambla su via Libertà da piazza Croci al Teatro Massimo, auto sulle carreggiate laterali con divieto di sosta e parcheggio per consentire anche la circolazione preferenziale dei bus, pista ciclabile, siepi e vasi di fiori e tante panchine. Una cosa per i cittadini e la loro qualità della vita. Alle inevitabili proteste di parte, spacciate sotto finte ragioni di servizio o di commercio, opporre il tempo lungo di una decisione ferma. Il tempo ci darà ragione e anche gli affari andranno meglio per i commercianti col vizio della lamentela.
Onestamente l’unico punto dove avrebbe senso fare una rambla (mi sembra improprio chiamarla rambla dato che la rambla è radicata nella storia di Barcellona e nasce per far rotolare le botti verso il porto… però fa tanto figo usare questa parola), una promenade (alla francese), una infrastruttura vegetale, un parco lineare (come volete chiamarlo lo chiamate…) è coprendo la trincea ferroviaria fra notarbartolo a lolli (al massimo fino al parco orleans), andando a offrire spazi per attività ricreative, nuove attrezzature alle scuole, trasformando i margini in nuovi asili e generando un contestuale aumento del valore degli immobili (il comune potrebbe guadagnarci da questa variazione delle Karatteristiche Estrinseche degli immobili, comprando prima della trasformazione gli immobili in vendita e affittandoli a prezzi agevolati in un secondo momento, facendo cassa, evitando il fittering up e attuando una politica di social housing per i giovani). La rambla in via libertà attualmente mi sembra poco utile: a cosa serve continuare a caricare di significati (e di valore economico) via libertà che ha già un significato, un alto valore economico e un’identità ben definita? è più utile lavorare sui margini.
Ma qualcuno può fare sapere a Cecchi Pa(v)one che Palermo non è una città di fondazione romana e che quindi a Palermo il cardo e il decumano NON SONO MAI ESISTITI?Oppure ricadiamo nel solito errore che chi arriva “da fuori” ha sempre qualcosa da insegnarci.
Condivido perfettamente quanto esposto da Iano Monaco, Alberto Monaco e Michele Anzalone: La città ha urgente bisogno di essere veramente guardata per migliorare e sanare quello che già esiste e che non funziona! Cerchiamo di migliorare quello che è veramente utile per viverci bene e ascoltiamo le professionalità che vivono e lavorano a Palermo, non abbiamo bisogno di progetti “fatti a tavolino” con dispendio enorme di denaro pubblico quando ai cittadini vengono negati i diritti più elementari di un vivere civile.
l’aria del continente ci ha regalato soluzioni “cervellatiche”
come lo ZEN
lo ZEN esempio di degrado cittadino. Progettato da Francesco Amoroso, Salvatore Bisogni, Vittorio Gregotti, Hiromichi Matsui e Franco Purini.
E’certamente il quartiere meno vivibile della città.
Ho letto con interesse il post introduttivo, gli interventi e e la nota di Michele Anzalone, della quale condivido la filosofia e buona parte dei contenuti . (Non sono un tecnico e molti temi,quindi , per me , necessitano di approfondimento). In questi anni , e soprattutto da quando sono diventata Presidente della Commissione urbanistica, ho cercato di attivare canali di informazione , anche attraverso il mio sito, e di partecipazione, organizzando incontri ed assemblee. Raramente, tuttavia, professionisti, ingegneri, architetti, docenti sono intervenuti sui temi in corso di trattazione, (dai PRUSST, al PRP , allo studio per il PEEP , al PUT, al PUDM, etc -sigle ben note agli addetti ai lavori) chiedendo, ad esempio, un’interlocuzione, o inviando in Commissione osservazioni, proposte, critiche etc. Molte questioni complesse, e di rilievo per il futuro sviluppo della città, (si pensi, ad es. alla creazione e localizzazione della cittadella della polizia) quasi sempre sono state trattate e risolte esclusivamente dai rappresentanti istituzionali , ed in assenza di ogni dibattito cittadino. Una sorta di delega in bianco ad una politica, che , a mio avviso, fino ad oggi, non ha dato buona prova di sè. In questi giorni sto cercando di attivare un gruppo di lavoro (è stato anche creato un evento su fb ), che possa dare un contributo reale ed utile per la stesura di un programma -in vista delle imminenti amministrative- e dove far confluire, in modo concreto ed operativo, le idee , i progetti, le proposte che vengano dai cittadini e dalle tante notevoli professionalità , di cui Palermo è ricca, proprio per “ridare carattere, identità ed un nuovo significato al nostro stare insieme”. Invito pertanto coloro che sono intervenuti nel presente dibattito ad aderire a questa iniziativa che ha lo scopo di creare un programma condiviso e che possa indirizzare le scelte urbanistiche della politica. Credo sinceramente in questo metodo , che rappresenta anche uno strumento di controllo sociale sull’uso del territorio, e che ha già dato i suoi frutti nella stesura concertata di due proposte di iniziativa consiliare,(da me poi presentate in consiglio) istitutive dei due parchi urbani di Villa Terrasi e di Fondo Uditore.
Credo che oggi, come mai, la politica abbia bisogno di essere sostenuta dalle componenti sane della città, affinchè la stessa ritrovi ed applichi il perseguimento dell’interesse pubblico ed i valori di etica e cultura indispensabili per il cambiamento di cui la città ha bisogno
Nadia Spallitta
nadia
il ragionamento che fai è giusto ma personalmente mi piacerebbe molto che le stesse professionalità a cui lanci l’appello fossero in grado di realizzare un progetto per Palermo partendo da quel masterplan presentato da confindustria e prontamente approvato con corsia preferenziale dal pres. Lombardo (come mai tanta solerzia?).
E’ vero che ognuno deve immaginare lo sviluppo della città come crede ma se si riuscisse a partire proprio da quelle aree individuate da confindustria e si realizzasse una sorta di progetto parallelo da mettere a confronto col masterplan, ma,,ancor di più realizzato dalle intelligenze palermitane,credo avrebbe un senso…
Per far credere in un sogno è bastato un giorno dove il Politeama straboccava di “personalità” importanti di questa città,eppure a sentire di vari tecnici il masterplan è un “progetto di facciata”(qualcuno ha anche detto che è niente di più che un mese e mezzo di lavoro quasi una tesi un laureando..)ed allora mi chiedo perchè non si prova a realizzare un qualcosa che sia simile ma MIGLIORE? Sarei poi curioso di vedere come reagirebbero CONFINDUSTRIA e soprattutto IL PRES.LOMBARDO
Pequod, le aree individuate le conosciamo tutti da tempo, e se ne discute da tempo, almeno fra tecnici (architetti, Università, etc..ci sono quintalate di studi ed osservazioni in merito, mi viene da ridere che confindunstria le abbai finalmente individuate).
Detto questo. Evidentemente, i professionisti e la stessa Università, sono Cassanre inutili, mentre se parla confindustria Palermo, facendo proiettare le idee sul Politeama, ed affiitando lo stesso teatro, al centro della città (ridotto peraltro in miserabili condizioni), per farsi il promo, le cose acquistano più significato di quanto molti architetti locali hanno proposto e progettato da annia?
Perché se parla confindustria, in modo purovisibilista, si ritiene che i programmi siano ragionevoli, e quando si é cercato di promuovere qualcosa, senza le olografie, e la messa in scena, le proposte sono state perennemente ignorate?
Siamo diventati tutti così Berlusconiani?
no. ma evidentemente è servito a smuovere quella corsia preferenziale…ed allora mettiamoli in difficoltà sul loro stesso campo.no?siamo troppo differenti per immaginare di fare qualcosa di simile ma MIGLIORE? ..capisco il tuo ragionamento,è solo un modo diverso di affrontare la cosa…