Proviamo un po’ a immaginare la seguente scena. Nel bel mezzo della solita riunione romana per cercare di venire a capo del “caso” Palermo – dove il Pd sembra preda di sentimenti sveviani, alla ricerca di una “coscienza” politica smarrita – il segretario nazionale del partito, Pier Luigi Bersani, a un certo punto sbotta di brutto: «Allora, signori: mi dite che Rita Borsellino a Palermo non la sopporta nessuno: mi dite che non ha alcuna esperienza amministrativa: mi dite soprattutto che non la vuole votare nessuno. Bene, se quanto mi dite risponde al vero non ci sono problemi: facciamo le elezioni primarie, mettiamo un bel candidato, magari uno che possa essere votato dal nostro partito e dal terzo polo e, oplà, tutti i problemi sono risolti. Perché se, come mi dite, nella vostra città la Borsellino non la vuole votare nessuno, beh, noi non dovremmo avere alcuna difficoltà a vincere le primarie e, con la crisi del centrodestra, dovremmo fare eleggere senza problemi il nostro sindaco…».
Immaginiamo che ad ascoltare questa mezza “filippica” di Bersani siano tre alti dirigenti del Pd di Palermo che, da un mese a questa parte, fanno per davvero la spola tra Palermo e Roma: Antonello Cracolici, capogruppo del partito a Sala d’Ercole, Giuseppe “Beppe” Lumia, parlamentare nazionale e Giuseppe Lupo, segretario del Pd siciliano. Tre a caso, insomma. Se è vero che 2 + 1 fa tre – perché in fondo “loro” tre sono – uno di questi tre dovrebbe essere il candidato a sindaco di Palermo. E – come ha detto Bersani, anzi: pardon, come noi abbiamo immaginato possa aver detto Bersani – se è vero che la «Borsellino, a Palermo, non la vuole votare nessuno», uno dei tre dovrebbe essere il futuro sindaco di Palermo. Continua »
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