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domenica 22 dic
  • La Regione contro il commissario, impugnativa dopo impugnativa

    Ci siamo lasciati, la scorsa settimana, con una bella impugnativa del commissario dello Stato per la Regione Siciliana, prefetto Carmelo Aronica. Ci ritroviamo, alla fine di questa settimana, con una seconda impugnativa. Per l’Assemblea regionale siciliana e per il governo dell’Isola si tratta di due sconfitte cocenti. Vediamo di riassumere quello che è successo, provando magari a rendere comprensibile fatti e cose che, spesso, sono appannaggio del “politichese”.
    Cominciamo con il dire che quando il parlamento siciliano approva una legge, questa viene spedita agli uffici del commissario dello Stato che debbono pronunciarsi sulla costituzionalità di tale legge. Quando l’ufficio del commisssario “impugna” una legge approvata dall’Assemblea regionale (che d’ora in poi, per semplificare, chiameremo Sala d’Ercole, che è il luogo dove si riunisce il parlamento dell’Isola splendida sala che si trova a Palermo, nel Palazzo Reale, conoscuto anche come Palazzo dei Normanni), esprime solo un parere: autorevole, ma sempre parere.
    Che significa questo? Che anche se “impugnata”, il presidente della Regione, se lo ritiene opportuno, può pubblicare la legge contestata dal commissario sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana e renderla, quindi, operativa. L’unico inconveniente – che non è comunque di poco conto – è che se la Corte Costituzionale dovesse dare ragione al commissario dello Stato, beh, il presidente della Regione dovrà risponderne in solido. Se, ad esempio, la legge “impugnata” che ha fatto pubblicare prevede il pagamento di stipendi a personale che viene stabilizzato, il presidente mette le mani in tasca e paga gli stipendi.
    Dunque, se una legge viene “impugnata”, si dovrebbe andare a giudizio davanti la Corte Costituzionale: da una parte il commissario dello Stato, che sostiene che la legge in questione è incostituzionale; dall’altra parte la Regione che sostiene, al contrario, che la legge approvata non viola la Costituzione.
    Che è successo in Sicilia? È successo che il commissario ha impugnato le ultime due leggi approvate da Sala d’Ercole. La prima l’ha impugnata prima di Capodanno, la seconda ad inizio di quest’anno. Con la prima impugnativa ha contestato – dichiarandolo a suo parere incostituzionale – un concorso mezzo “addomesticato” per ben mille e 600 soggetti che sarebbero diventati dipendenti regionali. Di questi, la metà sono precari che sarebbero stati stabilizzati; gli altri 800 sarebbero stati “selezionati” con un’evidenza pubblica della quale, onestamente,non abbiamo compreso i termini.
    Alla fine, come già accennato, il commissario ha impugnato questa legge. L’ha impugnata perché, a suo parere, nelle casse della Regione non ci sono i soldi per pagare altri mille e 600 dipendenti (tecnicamente, per mancata copertura finanziaria). Noi, in verità, ci asppettavamo che la legge venissse impugnata anche per un’altra motivazione: e cioè perché nella pubblica amministrazione, stando alla nostra Costituzione (che, fino a prova contraria, è ancora in vigore), si accede per concorsi pubblici “veri” e non addomesticati. Ma tant’è.
    Piccolo ma essenziale particolare: nei giorni precedenti l’approvazione della legge sulle “stabilizzazioni”, il presidente della Regione, Raffaele Lombardo, ha affermato che «la stabilizzazione è a costo zero». In pratica, non sarebbe costata un euro in più alla Regione Siciliana. Se così fosse, il presidente Lombardo avrebbe potuto pubblicare sulla Gazzetta Ufficiale la legge impugnata e dare corso alla stabilizzazione del personale. Perché non l’ha fatto? Forse perché la stabilizzazione non è a “costo zero”?
    Andiamo alla seconda impugnativa, che risale a qualche giorno fa. Il commissario dello Stato ha giudicato incostituzionale sia una parte della legge che stanzia 20 milioni di euro per il pagamento del personale della formazione professionale, sia un’altra parte della legge che stanzia 70 milioni per rimpinguare i fondi per il cosiddetto credito d’imposta (si tratta, detto in soldoni, di agevolazioni per le imprese). La motivazione è sempre la stessa: mancata copertura finanziaria.
    Su questa seconda impugnativa – soprattutto per la parte che riguarda il credito d’imposta – non sono mancate le polemiche. Il governo regionale ha fatto notare che il commissario dello Stato contesta una modalità di reperimento dei fondi che è già stata utilizzata in passato e che non è mai stata contestata. Su questo punto chiarirà tutto la Corte Costituzionale.
    Anche in questo caso, però, va fatta la solita considerazione. Se il governo regionale crede che i soldi per finanziarre una nuova tranche di credito d’imposta ci siano, bene: può sempre disporre la pubblicazione della legge impugnata sulla Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana e renderla, così, operativa. Se il governo ritiene di essere nel giusto non deve certo temere il giudizio della Corte Costituzionale. Anche perché della giunta regionale, a parte Lombardo, che nella vita fa il medico pschiatra, ci sono eminenti avvocati amministrativisti e costituzionalisti.
    Direte: se sono convinti di essere nel giusto perché, invece di polemizzare, il governo non ha disposto la pubblicazione della legge? Nella speranza di aver reso comprensibili argomenti un po’ astrusi, lasciamo la rsposta ai nostri lettori…

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  • 4 commenti a “La Regione contro il commissario, impugnativa dopo impugnativa”

    1. Riguardo al Governo Siciliano commento:
      CHI DI SPADA FERISCE DI SPADA PERISCE

    2. Intendeva dire che è a “costo zero” per lui… Perché i precari o li paghiamo noi oppure col piffero che li stabilizza (ma intanto fa un po’ di campagna elettorale in perfetto stile democristiano).

    3. si facciano i concorsi
      controllati da commissari esterni alla regione sicilia.
      Si assumino i Vincitori dopo trovata la Copertura Finanziaria.
      Si licenzino tutti quei personaggi che non rispettano le regole.
      Si dia ampia diffusione su tutti i media di quello
      che succede.

    4. perchè sconfitta cocente?????? il commissario dello stato impugna gli articoli in questione di fronte alla corte costituzionale ma non è detto che la corte emetta una sentenza di accoglimento.

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