Siminzina
«Te ne devi andareeee! Come te lo devo dire che qua non ci devi venire? Pezzo di cane infame, schifiato, tu e tutti quelli come a tia! Vatinni! Vatinniiiii!» e mentre gridava, con gli occhi spirdati, le tremavano le mani. Le tremava pure la faccia, una specie di ticchio, vicino all’occhio destro. «Ancora qua è?! Niente! Non mi serve niente. Voglio restare qua. È tua la strada? Dimmelo, avanti. T’accattasti pure la strada? Va-ti-nni». E girate le spalle, stava a riprendere respiro, con la testa calata e i pugni chiusi. Imprecando dentro di sé che tornasse regolare, perché non le piaceva farsi vedere senza controllo. Avrebbe potuto pregare. Ma non ce la faceva. Non ci poteva credere più. Troppe volte era rimasta ad aspettare, troppe volte aveva sperato che la Madonnina e Gesù la venivano ad aiutare, ma mai si erano visti e manco sentiti. Sua nonna dice che ci parlava. Ma a lei non la sentivano. Allora aveva smesso di tuppuliare pure a quella porta. Ora, che cosa voleva quello? Impalato, fermo a taliarla, con la faccia che sorrideva e il suo vestito nivuro. Che ci rideva? Sicuro qualche cosa voleva. Continua »
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