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martedì 19 nov
  • Palermo: mai come oggi una città “in questione”

    Osservo con attenzione la campagna elettorale in corso per il sindaco, il Consiglio comunale e i consigli di quartiere di Palermo. E mai come oggi avverto la delicatezza della posta in palio, che è la sopravvivenza stessa della città. Non so quanto i vari candidati se ne rendano conto, ma so che al loro posto rifletterei seriamente non a cosa dire oggi ai potenziali elettori, ma alle prime decisioni che dovrei prendere appena eletto. In verità, non vedo, se non in poche eccezioni, la consapevolezza della gravità del momento. Gli slogan che campeggiano alti nei manifesti occupati da facce sorridenti, di cui è tappezzata la città, non esprimono la serietà dell’impegno che, una volta eletti, tali candidati dovrebbero assumere; esprimono anzi, per lo più, la carenza di un substrato culturale, che si tramuti in progetto politico o amministrativo della cosa pubblica, e l’assenza di una provenienza di qualsiasi natura (politica, sindacale, associativa). Tale doppia insufficienza (di progetto e di “background”) compromette una visione a lungo respiro e fa intravedere una serie di piccoli provvedimenti per lo più clientelari che perpetueranno lo “status quo” non più all’infinito, come siamo abituati da secoli, ma fino a un punto di rottura che potrebbe anche essere prossimo.

    Un’analisi di tal fatta potrebbe indurre a previsioni catastrofiche: non è questa l’intenzione che mi muove. Vorrei anzi che tutti coloro che si pongono in prima fila per candidarsi a governare la città abbiano chiaro ciò che li aspetta, e si premuniscano dalla demagogia pre- e soprattutto post-elettorale con strumenti essenzialmente “culturali”, che portino a progettualità chiare, sostenuti da una base di cittadini che non pensino solo ad interessi particolari. Un salto di qualità che dovrebbe attingere alle risorse sane di cui Palermo è comunque ricca: personalità di cultura, associazioni sindacali, politiche, ecclesiali e di volontariato che non siano timide nella determinazione di progetti e nell’impegno attuativo degli stessi. Queste risorse si vedono poco, anzi pare si nascondano, quando la politica chiama: è il segno dell’imbarbarimento della politica stessa in intrigo e affari, ma anche di colpevole viltà di chi dovrebbe invece dare un segno di presenza. È in fondo, questa, l’espressione di una carenza educativa familiare, scolastica, ecclesiale, associativa, che richiama queste varie istituzioni a rendere prioritaria tale scelta, che paga però a lungo termine, e a cui si deve guardare comunque con attenzione: non solo dunque l’interesse a risanare i bilanci, ma a scommettere coraggiosamente in impegno educativo, istruzione, cultura, arte.

    Non esprimo logicamente la mia scelta elettorale: manifesto soltanto alcune riflessioni che potrebbero essere valide per tutti. Che Palermo finalmente si divincoli fra i suoi mali secolari liberandosi da mafie vecchie e nuove. Sostituiamo i vecchi “protettori”, ispirandoci a coloro che a ben altre mete possano guidarci, palermitani come noi tutti: Padre Pino Puglisi, Giovanni Falcone, Paolo Borsellino… Non ci mancano esempi, anche se noi li celebriamo spesso soltanto per rimarcare la loro distanza dal nostro pensare e dal nostro operare.

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  • 4 commenti a “Palermo: mai come oggi una città “in questione””

    1. “non solo dunque l’interesse a risanare i bilanci, ma a scommettere coraggiosamente in impegno educativo, istruzione, cultura, arte.”

      forse lei non ha la consapevolezza e la conoscenza delle leggi italiane che prevedono e impongono che senza BILANCI RISANATI nei comuni (OBBLIGATORIO sennò si va in dissesto finanziario) non ci sono affatto risorse finanziarie da destinare a educazione, istruzione, cultura, arte e quant’altro fa una città civile.

    2. Grazie per l’attenzione al mio post. Sono convinto che il risanamento dei bilanci sia prioritario, ma per questo allora si potrebbe affidare la città alla Corte dei Conti. Politica è invece anche andare oltre, e indicare almeno degli obiettivi che, a lungo termine, possano costituire un ritorno positivo in termini non soltanto economici. Mi rendo perfettamente conto degli strettissimi binari fra i quali si viaggia, ma un treno non procede lateralmente, e pur fra i binari, si muove in avanti.

    3. Sono del tutto d’accordo con quanto afferma il sig Sinagra, e soprattutto da sempre sono sempre piu’ convinto che il vero male di Palermo risiede nel disfattismo e nella manacanza di speranza (ni livaru lu suli) della gente che vi abita. Per cui, altro che bilanci ! come dice Tori “la soluzione DEVE essere politica ” . A cio’ la politica e’ chiamata.BAndo ai tecnicismi di Stef, che presuppone un Moloch di immobilismo legislativo (chista e’ la zita) .Riporto il tema fondante:
      estratto :”Queste risorse si vedono poco, anzi pare si nascondano, quando la politica chiama: è il segno dell’imbarbarimento della politica stessa in intrigo e affari, ma anche di colpevole viltà di chi dovrebbe invece dare un segno di presenza. È in fondo, questa, l’espressione di una carenza educativa familiare, scolastica, ecclesiale, associativa, che richiama queste varie istituzioni a rendere prioritaria tale scelta, che paga però a lungo termine, e a cui si deve guardare comunque con attenzione”
      La salvezza non verra’ dalla corte dei conti .
      Ma dalle motivaioni a ben fare cose nuove per palermo e soprattutto d alla voglia della gente e dalla disponibilita’ a cambiare

    4. Sottoscrivo tutto quello che hai scritto. Però in particolare apprezzo e condivido (ma mi duole per le conseguenze) il fatto da te sottolineato che in queste elezioni chi, per la situazione disperata, avrebbe dovuto mobilitarsi non l’ha fatto.
      Mi riferisco in particolare alla Curia palermitana, che dopo aver elaborato un documento apprezzabile, ancora una volta si è messa dietro il mattone, come si dice con gergo pokeristico, e nicchia per vedere come va a finire, pronta a dire: <>!
      Mi permetto di venire allo scoperto con questa critica, perché ho verificato che è di dominio comune anche tra fasce estese delle gerarchie ecclesiastiche, che però, giocoforza, si muovono in modo personalistico e scoordinato.
      La verità è che uomini come Padre Pino Puglisi, o, se si vuole, come Don Luigi Sturzo, per ora ne circolano pochi nelle nostre Chiese di Sicilia e chi dovrebbe, preferisce starsene alla finestra, facendo finta di coinvolgersi.
      Meno male che possiamo sempre sperare in un tribunale di appello, che, però, non si trova qui in terra.

      Andrea Volpe

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