“Crocchè” vs. “Panello”, lo street food siciliano tra il PdL e Grande Sud
È botta e risposta tra Il Popolo della Libertà e Grande Sud a pochi giorni dalle elezioni regionali del prossimo 28 ottobre e tira in ballo il cibo di strada siciliano con crocchè e panelle.
Ieri sul sito del PdL di Palermo era stato pubblicato un manifesto che faceva riferimento a “crocchè” come unione di Crocetta e Miccichè, a significare una vicinanza dei due candidati a dire del PdL al servizio dell’ex presidente della Regione Raffaele Lombardo.
Nel pomeriggio Grande Sud ha risposto con “panello”, un gioco di parole simile con una panella con il sole delle Alpi a significare una vicinanza di Nello Musumeci con la Lega, indicata come alleata del PdL.
Le parodie e le rielaborazioni dei manifesti proseguono in Rete e nei giorni scorsi è stato individuato Miccichetor, un sito con il manifesto di Gianfranco Miccichè rielaborato in diversi modi.
sugnu miccicheiano è FA – VO – LO – SI -SSI – MA!
Totò a me piacciono di più Crocetta che sogna un siciliano e Fava che sogna la Marano. 😀
Crocché è un capolavoro
[…] PS: grazie a Rosalio per la segnalazione Share this:TwitterFacebookEmailLike this:Mi piaceBe the first to like this. […]
Ed invece fa veramente schifo, degno di “Striscia la notizia”.
Non vivo a Palermo, ma la seguo attraverso blog e giornali.
Sono arrivato ad una conclusione amarissima. Il palermitano mediamente disprezza ormai se stesso e di conseguenza anche le proprie scelte, soprattutto perchè non più in grado di assumersi la responsabilità di un cambiamento, anche minimo. Incoscienza politica, indifferenza, perchè non sa mettere a fuoco i veri responsabili di una vita sociale offesa. Una vita di cui lamentarsi ma che evidentemente tanto infame non deve essere. Accettabile dopo tutto, finchè c’è qualcuno che sta peggio.
Si però manuè, qui si babbìa. Ma pure assai.
Nessun dubbio che sono tasci e provinciali, fantasia e contenuti da strada uguale zero, ma è quello che meritano i siciliani, perché quello è il grado di conoscenza ed evoluzione sociale.
Per associazione, per evoluzione mi fa pensare a certa pubblicità tascia paesana viddana retrograde allo stadio o nelle tv locali (di quella che quasi ti vergogni e vorresti che finisse in fretta), oppure a certi proverbi altrettanto retrogradi ma fatti passare per saggezza popolare; cito un esempio per tutti: cchiu scuru ri menzanuatti un può fari, fatto passare per saggezza, ma in realtà esempio massimo del fatalismo e dell’inazione siciliani.
P.S. ne ho collezionati a decine di queste “saggezze strane” con a fronte il loro vero (mio) significato profondo 😀
Se si analizzano, allo stesso modo, questi due manifesti tasci, se ne trovano significati … insomma il DNA, il software, parla, anche se loro, questi attorini, sono (fossero) inconsapevoli.
Se proprio dobbiamo babbiare, vi dico : Votate Miccichè. Almeno è un attore discreto, con guizzi da teatro popolare. Magistrale, ad esempio, quando si leva la giacca e con mossa veloce tira su le maniche della camicia. Anche il seguito merita attenzione. Quasi allegro e poi spensierato ma subito dopo quasi triste e malinconico, pacato e poi sdegnato, complicato e semplice. Schietto e superficiale ma con l’aria e le espressioni facciali del sapiente. In qualche modo vicino a quell’arte che fece grande Franco Franchi.
ma quando parla, con le mandibole strette strette, che sembrano prese da una morsa, è sgradevole…
è vero pero’ che ha quei gesti un po’… improvvisamente agitati…
che ricordano anche Louis de Funès.
Votarlo no, non è possibile, già ci ridono addosso…
meglio in una tv locale, di quelle che dicevo prima,
“u café u culuri, re mida…” tanto, direbbero i “saggi”: cchiu scuru i menzanuatti un po fari
manuelo,neppure il tempo di rallegrarmi della condivisione di un punto di vista che mi smentisci con gli interessi. su miccichè non transigo, a meno che non si tratti di usarlo per dei calembour
Ed allora “soprassediamo”.
M’era sfuggito però quel “sugnu sicilianu” in prima pagina, che ad intermittenza si sovrappone al “Presidente Miccichè”, con tocchi di rosso. Eccolo il calembour visivo, in perfetto stile “franco e ciccio”.
Sembra quasi uscire fuori dallo schermo, a dimostrazione sintetica di come la politica non possa ( e non voglia ) più muovere le passioni, alimentare i sogni, formare uno sguardo critico, guardare la realtà da dentro. Al massimo solo un gioco semiserio, al minimo una baruffa ridicola tra crocchette e panelli.
che rabbia mi fa il populismo, l’acquasantiera a cui attingono a casa nostra da 40 anni, dopo averci prontamente sputato dentro. e non è colpa dei politici soltanto, loro si mettono in panciolle ma i gerani alle loro finestre glieli facciam trovare noi. ‘noi’ accademico, grazie a dio