Il mio amico è un mafioso
Qualche settimana fa mi sono imbattuto ne L’onore e il rispetto, la grottesca fiction di Canale 5 con Gabriel Garko che, ambientata in improbabili anni ’70 (sono numerosi i papocchi fatti con auto, aerei, numeri di targa, monumenti e altri dettagli che non potevano esserci), rappresenta una Sicilia con una mafia d’altri tempi e non ho riconosciuto i mafiosi. Nel senso che stento davvero a riconoscere Cosa nostra di oggi in quei pistoleri in gessato con un improbabile siciliano. Oggi Cosa nostra è fondamentalmente una “black corporation” con una struttura a rete, fatta di tanti colletti bianchi e in cui le generazioni figlie dei corleonesi e degli “scappati” negli Stati Uniti dopo la guerra di mafia degli anni ’80 (che stanno rientrando nei posti di potere a Palermo, l’anno scorso ad esempio ne hanno individuati alcuni) hanno studiato all’Università, erano accanto a noi e forse lo sono ancora oggi al bar, alle feste, nel mondo del lavoro.
A volte gli stranieri mi chiedono: «Ma tu ne conosci mafiosi?». Direi di sì. Ovviamente non ho gli elementi per esserne certo (e quindi denunciarli) ma seguendo la lezione di Borsellino non basta non essere mafiosi nel casellario giudiziale, ma anche apparire non mafiosi. E da quelli veri e apparenti sto lontano.
Ma a volte il confine è molto sottile e qui per gli onesti cominciano i guai. E subentra una specie di galateo per barcamenarsi. Ho chiesto ai miei amici: ma voi come vi comportate? Continua »
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