Lavoro a Palermo: i call center
Continua il nostro viaggio nel “meraviglioso” mondo delle offerte di lavoro pubblicate sul web che hanno come destinatari i giovani palermitani.
E dopo aver sezionato la proposta dell’ormai classica “azienda leader nazionale” che poi propina la solita e beffarda mansione di “agente di vendita”, è la volta di un “must”: il call center out-bound.
Innanzitutto, una doverosa precisazione terminologica: i call center si dividono in due tipi. Da un lato c’è l’in-bound, ovvero quello in cui il teleoperatore risponde al cliente (un miraggio dalle nostre parti); dall’altro c’è l’out-bound, quando il primo chiama il secondo per offrirgli la qualunque (dal set di coltelli e forchette ad uno stock di vini pregiatissimi, passando per i classici abbonamenti telefonici).
Ecco, noi prenderemo in considerazione i secondi, perché i siti di annunci sul web sono strapieni di offerte di lavoro per teleoperatori che ti propongono, in sintesi, le stesse cose:
- un contratto a progetto o co.co.co (le armi preferite dal Dio precario);
- una provvigione sui contratti di venduta stipulati (teleselling) o sugli appuntamenti fissati per gli agenti di vendita (telemarketing);
- un part-time strutturato in più turni;
- una formazione gratuita.
Per i più fortunati ci può essere anche un rimborso spese (sovente proposto sotto le mentite spoglie del “fisso”).
Detto ciò, come i musulmani devono andare almeno una volta a La Mecca, i giovani palermitani che cercano un lavoro – magari il primo – devono provare sulla propria pelle l’esperienza in un call center out-bound anche per una sola settimana.
Il motivo? Capire cosa non è un lavoro. Perché chiamare al telefono centinaia di persone al giorno, col rischio di ammalarsi di “alienazione”, con lo stress di dovere “vendere” per portare qualche soldo a casa, non è un lavoro per sé ma per l’azienda.
Mi spiego meglio: non ho dati statistici con me ma sono certo che in media quattro teleoperatori su cinque abbandonano dopo un mese l’azienda perché stanchi e consapevoli dell’impossibilità non tanto di costruirsi un futuro quanto di guadagnare neanche quel poco che servirebbe per acquistare una maglietta da H&M.
Invece, guardando il tutto dall’ottica dell’azienda, è sicuramente un vantaggio avere un ricambio mensile delle risorse, perché spendono pressocché nulla in contributi previdenziali e assunzioni e al contempo generano profitto con la somma delle percentuali che ricavano dalla totalità dei contratti stipulati da ogni singolo teleoperatore.
Insomma, un consiglio sincero e spassionato: state cercando un lavoro e lo volete trovare su internet? Quando v’imbattete su una proposta che riguarda un out-bound seguite il consiglio che Virgilio dà a Dante all’Inferno: «Non ti curar di loro, ma guata e passa!».
P.s. un messaggio ai tanti palermitani che quotidianamente rispondono alle telefonate di ‘sti poveri cristi: non li trattate male ma comprendeteli…
Nello specifico l’outbound si divide in consumer ovvero i privati cristiani, e business ovvero aziende, bene se hai provato a lavorare in un call center outbound e si chiamano solo i business è pressoché un miracolo se si resiste piu di tre giorni, rispondono le segretarie dei titolari che ne inventano delle piu disparate tipo “il titolare è in Africa non si Sa Quando ritorna”, degli outbound il peggiore è il business.
E aggiungo che in molti casi pur di vendere qualcosa si propongono delle cose che le persone non accettano ma che vengono comunque vendute con tutti i problemi del caso.
Le aziende committenti dovrebbero stare attente a chi affidano le vendite perché in molti casi sono piu i danni di immagine che altro.
Io lavoro in un call center inbound, fortunato direste, ma posso garantire che l’inbound sta diventando un outbound mascherato dato che quando il cliente chiama se possibile gli si propone la vendita di offerte!!!ecco qui un lavoro mascherato
Sorvolando sul fatto che ancora oggi, nel 2012, è evidente la differenza tra il teleseller uomo ed il teleseller donna; Partendo dal presupposto che 95 chiamate su 100 terminano in circa 11 secondi, in quanto la gente non esita a chiudere il telefono in faccia, devo dire che noi telefoniste donne abbiamo più tempo a disposizione per relazionarci con il cliente perchè prima di chiudere la chiamata dobbiamo ancora sentirci dire che siamo delle baldracche, feccia della società e che avremmo più dignità se andassimo a battere. Non dico che i ragazzi siano immuni da questo tipo di trattamento ma nella maggior parte dei casi i clienti si limitano a chiudere il telefono in faccia..
Sorvoliamo anche dall’ambiente lavorativo, sorvoliamo sul mobbing gratuito durante i breafing di progetto, sorvoliamo la depressione, il senso di inadeguatezza e la paura di non avere un futuro, sorvoliamo sugli attacchi di panico da alienazione una volta finito il turno..
E poi devo sentirmi dire “si, sono un teleseller e adoro il mio lavoro!” Dimmi caro, hai una provvigione anche su questo? Perchè io in un mese ho fatto fuori 4 bottiglie di Maalox.
@Silvia: non sai quanto ti capisco! Ho lavorato in call center di “prestigiose aziende leader nell’ambito delle telecomunicazioni” dove mi hanno promesso di tutto: provvigioni (o bonus) ad altissimi livelli, possibilità di crescita e carriera all’interno della suddetta prestigiosa azienda…e bla bla bla!! ma l’unica cosa che facevo era quella di ripetere in cuffia la stessa frase per 4 ore in modo meccanico a centinaia di persone esaurite che mi “carduliavano” di male parole, mentre il fighissimo Team leader (invasato) ti grida dietro “allora??? li facciamo questi contratti??” per non parlare del rito di incitamento ad inizio turno lavorativo: il cosi detto briefing o coaching. Si iniziava sempre con la stessa frase: “allora ragazzi…oggi il nostro obbiettivo è di tot…i ragazzi del turno B hanno fatto un bel lavoro, ma voi potete fare di più, voi siete i ragazzi del turno C, non mi deludete forza!!” e lì applausi…urla…danze maori ed io a chiedermi perchè.Tornavo a casa isterica, con problemi ad addormentarmi, e a volte con la voglia di piangere…in un unica parola DEPRESSA. Ne sono uscita e spero di non tornarci mai più.
Cari ragazzi, anche io 10 anni fa ho lavorato in un CC. Per fortuna era inbound con un vero contratto, in questi casi tutto sommato era un lavoro dignitoso, anche se stressante. Mi è capitato anche di fare outbound, ma non ho resistito più di una settimana. Capisco che c’è bisogno di lavorare, ma se vi fate quattro calcoli quello che si guadagna mediamente in un CC outbound basta a malapena per pagarsi la benzina… Non ne vale proprio la pena assolutamente. Oltretutto si perde tanto TEMPO che è la risorsa più importante che abbiamo, tempo che si potrebbe passare alla ricerca di un lavoro decente… Mandateli a c****e i team leader incravattati e allampanati, sono le peggiori cose inutili presenti nel mercato del lavoro… Io li ho mandati a c****e 10 anni fa e non me ne sono pentito!
Post interessante e soprattutto le storie che ne vengono fuori, perché non approfondire la vita precaria di un operatore call Center?
il lavoro nei call center DEVE essere precario. intendete passare la vita a telefonare alle persone dicendo ‘ buongiorno sono dario potrei parlare con chi si occupa della telefonia in azienda ? ‘, e la risposta più educata che vi viene data è ‘ no è in brasile può richiamare tra sei mesi ? ‘. ritengo che tale lavoro debba essere utilizzato come occupazione molto temporanea in attesa di qualcosa di meglio.
D’accordo Federico II! Il Lavoro al call center dovrebbe essere fatto da ragazzi che, intanto che studiano, si mettono qualcosa in tasca per uscire il sabato a mangiare una pizza senza dover chiedere nulla ai genitori, perchè è un lavoro alienante che NON PUOI fare sempre! Il fatto è che ci trovi gente di 35/40 anni, a volte anche di più, laureati e specializzati che DEVONO campare la famiglia. E’ una realtà tristissima, ma è la realtà. Una volta mi è capitoto di fare affiancamento (ormai ero una veterana e affiancavo i nuovi arrivati) ad un distinto signore di 50 anni, GEOLOGO! Ditemi voi…
Una volta si leggeva negli annunci
Cercasi lavoranti mezzo braccio.
Barbieri,sarti,calzolai,rammendatori,sellai.
Un modo elegante per dire cerco apprendisti,
Collaboratori da avviare ad un mestiere e pagare poco.
Però’ in quel modo si avviava alla speranza di potere esercitare un mestiere,forse un giorno,i giovani privi di lavoro.
Oggi questi annunci sono scomparsi,forse perché’ sono scomparsi tanti mestieri.
I peggiori comportamenti degli operatori nei Call Center li ho riscontrati nelle compagnie di telecomunicazione.
Davanti la segnalazione di guasti o malfunzionamenti della rete Internet,si va da risposte evasive ,a risposte fantasiose,alla improvvisa caduta della comunicazione.
Gli operatori più’ coscienziosi sono gli elementi più’ anziani ,messi lì a fine carriera.
Incuriosito dal post ho letto qualche offerta per operatori teleselling e notavo che la più “trasparente” promette, per un lavoro part-time con turno serale, 3600 euro di retribuzione (lorda ed annua, però…). Nessuno meriterebbe di essere sfruttato così.
meno male che ho letto questo articolo e i vostri commenti! Sono a casa alienata dal lavoro merdoso di operatrice outbound. Se tutti ci rifiutassimo di firmare i contratti a progetto (ma deche’)? forse verrebbero aboliti questi luoghi dove se entri sano di mente ne esci malato. Dove ti senti in colpa perche’ non vendi. Dove i tl ridicoli ti sfilano urlando e vestiti firmati. Dove se notate vendono SEMPRE le stesse persone e tu non guadagni una mazza. Sono in trappola perche’ non li posso mollare. Non ce’ altro lavoro. Ma non vedo l’ora di sputtanarli.
Salve, da 15 anni sono un operatore di call center, ne ho quasi 40. Quando fui assunto, da una delle più note aziende di telefonia mobile nazionale e internazionale direi, mi sembrò di fare un terno al lotto, tanto che addirittura lasciai gli studi. Beh oggi posso dire che grazie al mio lavoro ho casa e famiglia, il mio e’ un lavoro a tempo indeterminato e full time. Però come tutti voi mi sento alienato, questo lavoro ti atrofizza il cervello. A volte penso che la colpa fondamentalmente è mia, non ho mai fatto nulla per scappare o trovare un’ alternativa, mi sono adagiato, in realta’ a palermo non c’è alcuna alternativa. Oggi però diventa davvero difficile campare, lo stipendio e’ bassino e non ce la spunto, a fine mese devo correre da mamma che solo al pensiero mi spuntano le lacrime. Ragazzi studiate e poi scappate via via via dall’Italia e dall’Europa. In bocca al lupo.
Con quello che si guadagna ad ora preferisco andare a pulire case se ancora vivrei in Italia …
Infatti non scendendo a compromessi con nessuno che oggi giorno si vive meglio con se stessi, vi do un consiglio studiate e abbandonate L’Italia..
Vivere all’estero è senz’altro meglio.
[…] Lavoro a Palermo: i call center (13 commenti). […]
A novembre del 2009 provai anche io l’emozione del call Center….naturalmente idea abbandonata dopo poche settimane… e non tanto perché la “tim” leader (errore fatto di proposito, spesso negli annunci di lavoro questi caproni team lo scrivono “tim”) era una “stracchiola” gridava come se fosse al mercato di ballarò, sebbene ci dicesse di infinocchiare al pollo di turno l’idea che noi fossimo chiusi nel nostro bell’ufficio…..ma , abbandonai il call center, per la “lurdia”….ebbene si…briciole e peli negli interstizi delle tastiere….e soprattutto cuffie assolutamente condivise, luride e sudice…strati e strati di sudore e grasso….che un venerdì pomeriggio mi fecero dire ma “vaffa….” ho una dignità ADDIO….chiamatemi pure snob, ma decisi di lasciargli anche il compenso fisso che in due settimane di lavoro ammontava alla straordinaria cifra di circa 20 euro
Come al solito sono tutti contro i call center, questi mostri cosi perfidi e spietati….senza i quali però molte aziende sarebbero fallite in quanto i loro fatturati sarebbero irrilevanti !!! Pensate anche a questo quando vi indignate alla parola call center !
max tu sicuramente sei un team leader o uno di quei schiavisti che aprono miliardi di agenzie per outbound,e che spero presto,vengano definite fuorilegge.ho 30 anni e ho lavorato per ben 7(SETTE)anni in un cal center inbound a palermo,quando ancora esistevano…ebbene,dopo sette lunghi decisi di dare le dimissioni e provare a trovare lavoro fuori,essendo che parlo 8 lingue,mi sentivo un po’ sprecato…e lo trovai a londra…peccato che li’ trovare lavoro stava diventando proibitivo come lo è per no iadesso..per cui dopo quasi un’anno dovetti tornare..al mi oritorno non esisteva piu nulla inbound..solo outbound..ne ho girati parecchi e le condizioni contrattuali e lavorative(da parte mia che era inbound)erano semplicemente inumane.un’esempio?uno di questi call center propinava vendite come al solito,salario iper basso come al solito ma c’è di piu’…se entro un mese non vendevi un tot di contratti ERI LICENZIATO.quando il tipo del colloquio me lo disse andai in bestia,noncurante di chi mi stava attorno o di fronte.stiam oscherzando?siamo nel 2013,è gia difficile vendere roba in generale,figurati rompere le palle alla gente per telefono..e dovresti pure fare un tot cotnratti in un mese se no perdi il lavoro?follia pure.spero vengano sbattuti in carcere questi animali che sfruttano i giovani in questo modo,e spero che il nuovo governo,qualunque sia,possa mettere delle leggi contro l’apertura di queste agenzie illegali al 100%
Ho appena aperto un blog (ironico, ma non troppo) su quello che vuol dire lavorare in un outbound (ha ragione chi dice che l’inbound è ormai utopia e sogno!).. Mi piacerebbe che si capisse che nell’85% dei casi chi ci lavora non ha una predilezione per lo stalking e avrebbe ben altre aspirazioni. Ma se voglio poter ricaricare il cellulare, far benzina, comprare un jeans e pagare qualche bolletta senza dover chiedere ai miei a 26 anni, qualcosa devo pur fare. Se si tenesse a mente questo concetto di base, forse riceveremmo qualche ‘vaff*****o’ in meno e un pò di comprensione in più. silviopellicostavameglio.wordpress.com