Cu niesci arriniesci
Cu niesci arriniesci. Recita così un nostro proverbio che, di sicuro, sarà nato negli anni in cui l’emigrazione dalla Sicilia era vissuta come la certezza di un cambiamento totale della propria vita e spesso era vista come l’unica alternativa alla terra da zappare. Le aspettative erano altissime, chi era “nisciuto” scriveva di paesi pulitissimi e strade larghe, di ordine e di città in cui c’era posto per tutti. Certo ci voleva coraggio (forse più di adesso, in fondo basta solo un volo low cost), ma chi se ne andava lo faceva per sempre. Mio zio emigrò in Australia negli anni ’60. Con la nave. Si portò la famiglia e il corredo e pure, sistemati dentro un baule, i servizi di piatti e bicchieri, che arrivarono a destinazione ridotti in mille pezzi. Ma arriniscì, ancora là è. Anche perché sapeva che era per sempre.
Oggi c’è la famosa fuga di cervelli. Tutti parlano dello scandaloso esodo di menti eccelse che l’Italia forma e che poi vanno ad applicare i frutti di questa formazione all’estero. Certo ce ne sono assai. Di cervelli in fuga dico. Ma non è che tutti quelli che partono e lasciano la Sicilia vanno a lavorare ad Oxford. C’è chi va per restare, c’è chi torna, c’è chi non lo sa che deve fare. Che in un’epoca (non è più un periodo, l’abbiamo capito tutti) di crisi, non solo di coscienze ci può anche stare. Continua »
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