La crisi, i ristoranti pieni e l'”economia dei viziati”
Stiamo attraversando gli anni della crisi dando fondo a piccoli stratagemmi domestici che non si sentivano dai tempi della Seconda Guerra Mondiale e anche se la cinghia è ormai parecchio stretta (i suicidi sempre più frequenti ne sono tragico indicatore) alcuni fattori sono controintuitivi.
Frequento ristoranti per lavoro (anche il mio commercialista rimane perplesso, ma parlare d’affari a tavola spesso è una buona idea, non a caso circola una battuta che dice che il vino sia il miglior social network) e spesso li vedo pieni. Ricorderete le polemiche seguite nel 2011 a una frase simile pronunciata dall’allora premier Berlusconi e gli studi ci dicono che certamente moltissime imprese hanno calato le saracinesche. Forse quelli che frequento io non saranno statisticamente significativi, mi dico. Però ho provato a chiedere a un’amica ristoratrice il cui ristorante rimane pieno che cosa stava accadendo.
Mi ha spiegato che la flessione per lei non c’è stata ma che ha notato un cambiamento nella clientela: dove prima i tavoli erano frequentati dai genitori adesso ci sono i “viziati” (li ha chiamati così, cioè ventenni e trentenni che vengono finanziati da quei papà e mamma che spesso rimangono a casa a mangiare la frittatina o le bruschette fatte col pane dell’altroieri ma non negano ai figli i 20 euro). È stata quasi un’illuminazione: esiste un'”economia dei viziati” che produce sussistenza per alcune categorie merceologiche! Continua »
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