La munnizza è nostra e guai a chi ce la tocca
Guardate che meraviglia. Vista da lontano, la munnizza palermitana sembra un bouquet di fiori, ha i colori della Vucciria dipinta da Guttuso. E allora, visto che ormai ci abbiamo fatto l’abitudine, perché non cominciamo ad apprezzarla? A valorizzarla? Perché non le diamo un posto stabile nel panorama ludico-culturale della vita cittadina? Ma pensate: si potrebbero organizzare cacce al tesoro tipo ago nel pagliaio, «Trova l’ago e vinci l’Aids», gare di cani di riporto da pannolone, battute di caccia al sorcio che si concluderebbero in allegre arrostite alle falde dei cumuli più alti…e se il Comune riuscisse a farsi prestare un cannone da neve da un sindaco del Nord, ecco che avremmo pure piste da sci sotto casa. Ma a pensarci bene potremmo farci pure i soldi con solide attività economiche. C’è la crisi o no? C’è. Ed è vero o no che in tempo di guerra si inventarono gli “orti di guerra” dove si coltivavano patate pure nelle aiuole spartitraffico? Verissimo. E noi allora trasformiamo i cumuli di munnizza in fungaie. Magari evitiamo di darle in appalto a qualche società controllata dal Comune, se no finisce che ogni fungo ci costa cento euro e per di più magari è una amanita, selezionata da qualche furbissimo funzionario “perché sono i funghi più belli”. Continua »
Ultimi commenti (172.546)