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domenica 22 dic
  • Palermitanità (e penso “Chi è più palermitano?”)

    Mi sono alzato presto. Devo accompagnare la mia ragazza all’aeroporto, va a Parigi a trovare amici in Erasmus. Durante il tragitto, dopo i primi due minuti di autostrada parte una discussione sui motivi per cui io voglio andare via da Palermo e su quelli per cui lei crede che possa anche valere la pena restare.

    Io sono ai limiti di sopportazione di questa città, che oramai mi nasconde i suoi lati positivi con nefandezze quotidiane.

    Arriviamo a Punta Raisi che, come sempre, è tutto un cantiere. Parcheggio nel posteggio non custodito, ma comunque a pagamento.

    Entriamo. Uno schermo ci dice che il suo aereo partirà con mezz’ora di ritardo. La accompagno ai controlli, ci salutiamo:

    «Buon viaggio!»

    «Fammi sapere quando arrivi a Palermo…».

    «Tu fammi sapere quando ti imbarchi».

    Vado a pagare il parcheggio e vado a prendere la macchina. Probabilmente qualcuno poco d’accordo con la presenza di soli parcheggi a pagamento ha pensato bene di manifestare il suo disappunto staccando una delle barre che dovrebbero obbligare gli automobilisti ad inserire la scheda magnetica. Quindi prendo parte ad una scena surreale nella quale, per scrupolo, inserisco comunque la mia tessera che dimostra il mio pagamento in una colonnina senza alcuna barra, che invece sta per terra qualche metro più avanti.

    Quando arrivo in città saranno le 11:30 una delle prime mattine di questo giugno dalle temperature incerte, almeno per i canoni a cui siamo abituati.

    Decido di portare la macchina all’autolavaggio.

    La lascio in coda per farle aspettare il suo turno e io attendo in piedi al sole. Seppur non caldissimo, me lo godo durante tutta l’attesa e questo non me la fa pesare. Probabilmente sarà una delle poche occasioni per i prossimi mesi in cui potrò prenderne un po’.

    Due ragazzi iniziano a lavare la macchina.

    Mi sposto e vado ad aspettare dove so che la macchina andrà a finire per l’asciugatura al termine del lavaggio. Dopo poco infatti arriva la macchina e arrivano loro. Uno dei due è alla guida e appena sceso dalla macchina mi dice:

    «Scusa maaa…ne sai niente quando arriva l’estate?».

    È di carnagione scura e l’accento è un perfetto miscuglio di palermitano e qualcos’altro che non riesco a riconoscere, ma conosce evidentemente bene l’arte sicula del saper intrattenere discorsi con gente sconosciuta, anche se solo “riscuissi i café”, per ammazzare i tempi morti. Arte nella quale, negli ultimi tempi, mi diletto piacevolmente, li considero piccoli momenti di relax: parlare di cose che non possono aggiungere il minimo stress alla giornata e che se ti va bene riescono pure a regalarti un sorriso o qualche riflessione.

    «Quest’anno non si sta capendo» – rispondo sorridendo – «Di solito a giugno già…».

    Mi interrompe per finire lui la frase:

    «Di solito a giugno già siamo là…a Mondello!».

    Mi metto a ridere e confermo annuendo».

    Dopo qualche attimo di silenzio, lui ricomincia a parlare raccontandomi, con grammatica e accento palermitani, che l’altro ragazzo che lava la macchina è del Bangladesh e lì la marca della mia auto viene pronunciata in maniera diversa.

    «E invece tu di dove sei?» – gli chiedo.

    «Io dello Sri Lanka».

    «Ma stai qua da un sacco, no? Parli benissimo.

    «Sììì…da quando sono piccolo. Ci sono andato solo una volta con mia madre, ma proprio non mi trovavo bene. Mi sentivo…non lo so…un posto…poi tutto…buh…non te lo so spiegare…».

    Sorrido, lui aggiunge:

    «Ma poi siamo scesi dall’aereo e c’era gente senza gambe, senza braccia e mi hanno detto che alcuni nascevano così e altri invece erano così per la guerra…”bello posto” gli ho detto! Da te ce n’è guerra?» – chiede all’altro ragazzo, ma lui non parla bene l’italiano e non capisce. Prova a spiegargli la domanda, anche questo con tecnica tutta nostra:

    «Guerra! Guerra! Ce n’è guerra?»

    Il ragazzo lo guarda ma non capisce e rinuncia, anche lui rinuncia al tentativo di spiegazione e torna a parlare con me:

    «Noo proprio non è posto per me…dopo due giorni sono andato da mia madre e le ho detto “Tale’ Ma’, puortami a’ casa!”».

    Ospiti
  • 8 commenti a “Palermitanità (e penso “Chi è più palermitano?”)”

    1. Boh….. e quindi?

    2. E quindi esistono ovviamente posti peggiori di Palermo…!

    3. Tra il contenuto del post e il suo titolo c’e’ un’evidente distonia, sig. Pisciotta, che lo rende un po’ enigmatico.

    4. provo a recensire: potrebbe essere più palermitano il ragazzo del bangladesh perchè, pur non essendolo di nascita, lo è per scelta.L’ autore che invece è nato a Palermo, quasi la rifiuta, stanco dello stato inerte delle cose.Sbagliai?

    5. Sbaglio’. Criptico fu.

    6. Vitocipollamaiorana ha perfettamente colto il senso 🙂 Però, a giudicare dagli altri commenti,forse non è così chiaro 😉 Ogni critica serve per migliorarsi ed è assolutamente ben accetta…

    7. anni e anni di analisi del testo sono servite a qualcosa:)…comunque Vincenzo…io non mi sento tanto diverso dal ragazzo del bangladesh, in questo momento della mia vita.Sono altrove ma vorrei essere a Palermo, città che ho scelto e che mi ha scelto, ma in cui attualmente non vivo.Fossi in te ci ripenserei…

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