Nella disputa storica che riguarda il modo in cui la Sicilia è entrata a far parte dello Stato unitario – tema controverso e in qualche caso sicuramente da riscrivere – da qualche parte, interessata alla polemica piuttosto che alla verità, si è tentato di accreditare l’idea che i Siciliani ritenessero legittimo e fossero, quindi, sostanzialmente soddisfatti del regime borbonico. Dunque, Garibaldi e i suoi Mille si sarebbero abusivamente e con violenza, appropriati d’un Regno, quello di Sicilia che peraltro dal 1816 non c’era più, soffocandone le libertà e sovrapponendo regole e leggi estranee alla cultura ed alle tradizioni dell’isola. Su questa interpretazione fa aggio, naturalmente, un neoborbonismo che non si fa scrupolo di inneggiare a Francesco II Borbone-Duesicilie, buon uomo ma politicamente inconsistente, che, proprio nell’isola, alla luce delle vicende che hanno segnato i secoli XVIII e XIX, storicamente, non dovrebbe avere alcuna ragione di esistere. Una simile falsa lettura del periodo in questione, non tiene conto del fatto che i Siciliani siano stati tradizionalmente antiborbonici, la ormai nota “opposizione al riformismo borbonico”, e che proprio contro i Borbone, a ragione o a torto, abbiano, nel corso di oltre un secolo, più volte preso le armi reclamando, autonomia e autogoverno. Continua »
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