Si fa presto a dire gelato artigianale
Pur vantando la Sicilia tra i suoi avi illustri, anche se sconosciuto ai più, il padre del gelato moderno, quel Francesco Procopio Cutò che, come tanti giovani contemporanei, non cercò (invano) fortuna a Palermo e neanche nella capitale del Regno di allora, Napoli, bensì nella Parigi del XVII secolo dove fondò con successo un locale, tuttora esistente, famoso per i suoi sorbetti e per la colta clientela, Le Procope, e pur vantando tra i viventi un gigante come l’ultranovantenne Luca Caviezel che con i suoi trattati sull’arte ella gelateria ha dato dignità al mestiere di gelatiere, si deve al fenomeno Grom, nato dieci anni fa per iniziativa di due ragazzi piemontesi, il fiorire di gelaterie cui stiamo assistendo a Palermo così come in tutt’Italia e nel mondo.
In mancanza di una legge che ne precisi il significato (perché l’Ars non se ne fa promotrice?) si fa presto a parlare di gelato artigianale, ma cos’è il gelato veramente artigianale? Non è per esempio artigianale quello della catena Grom la cui base viene preparata con materia prima di grande qualità in Piemonte e spedita a temperatura controllata per essere poi mantecata nei negozi in giro per il mondo. Ma non è artigianale neanche il gelato che viene comunemente venduto da noi nelle gelaterie, vecchie e nuove, che utilizzino basi industriali.
Con il termine gelato si intendono sia le creme a base di latte che i sorbetti o le granite a base di frutta (fresca oppure secca). Le creme richiedono prima un processo a caldo noto come pastorizzazione che serve ad abbattere parte della carica batterica e stabilizzare la base composta da latte intero, panna, latte in polvere, zucchero, neutri (es. farina di semi di carrubo oppure guar) più i vari gusti (cioccolato, nocciola, pistacchio ecc.) e poi la cosiddetta mantecazione attraverso cui, a freddo, il gelato acquista le sue specifiche caratteristiche di consistenza e morbidezza, inglobando anche un po’ d’aria.
Si ha quindi vero gelato artigianale quando si parte dalle materie prime e da una ricetta che rispecchi l’arte e la creatività del suo autore: tutto il resto è gelato semi industriale, se non industriale (ice cream). Il gelato artigianale per antonomasia è quello preparato alla maniera di Procopio, usando neve e sale al posto delle macchine del freddo così come si è fatto sino a qualche decennio fa: ho avuto la fortuna di assaggiarlo in una gita rievocativa di questa tradizione nella neviera di Piano Principessa dove ho scattato questa foto del maestro gelatiere Antonio Cappadonia, direttore dello Sherbeth Festival , che mi ha fatto assaggiare il più buon sorbetto di fragole e fragoline siciliane della mia vita. È da allora che ho imparato ad avere il massimo rispetto del termine artigianale.
c’è da dire che per molti siciliani che vivono al nord il gelato di Grom fa schifo. Ed è pure carissimo 25 euro al chilo. Ah, in un incontro pubblico con i loro fondatori Pif ha dichiarato: “La vostra granita è la peggiore che io abbia mai magiato”
Della granita non so, non l’ho mai presa.
Ma il gelato di grom è eccezionale…soprattutto la panna è particolarmente delicata.
Il post del Dott. Didonna mi ha fatto riflettere: io amo il gelato “moderno”, reputando quella “antico” ormai un’altra cosa…però se ci penso bene ormai tutti i gelatieri (più o meno) utilizzano la stessa base (il preparato industriale, spero prodotto nell’eccellente fabbrica locale dell’Elenka) a cui aggiungono poi qualche ingrediente fresco penso. Il risultato è che tutti i gelati ormai sono uguali, e davvero fa poca differenza andare in una gelateria o in un’altra, se non per il prezzo, per il posto etc.
Come e’ possibile leggerti in tutti i post ed a tutte le ore?
Per sostenere poi che cosa?
Ma,un lavoro No?
Alberto ti invito a rimanere in tema e ti ricordo che questa non è una chat. Grazie.
In questo periodo la tv propone repliche noiose, i negozi vendono vestiti orribili e nel blog imperversa il sig. Didonna. Tutto regolare. Comunque, visto che lei ha la fissa del gelato, perche’ non si reca, insieme all’esimia esperta in calippi e affini mrs. Colorina, in qualche sperduto ghiacciaio dell’Asia Centrale? Solo un breve soggiorno, non si preoccupi, un paio di decenni sarebbero piu’ che sufficienti. E immagini che romantica visione: lei, mrs. Colorina e un calippo organico fatto con quelle nevi incontaminate. E se poi fossimo pure fortunati protreste incontrare lo Yeti. Troppa grazia.
Un mio vecchio prof. universitario, tempo fa, mi ha parlato di un vecchio gelatiere a Sferracavallo che produce con prodotti freschi e naturali tutti i gelati che produce. Ha narrato addirittura di scene con il signore con casse di frutta fresca, che sapientemente pela e prepara come ingrediente base dei suoi gelati artigianali. Qualcuno sa dove si trova questa attività?
Cappadonia è un genio. Punto e basta. Un talento che mette talmente tanta passione in quello che fa che è piacevole anche solo ascoltarlo mentre ti racconta il suo gelato al carciofo di cerda arrostito, al pane nero di castelvetrano o alla mandorla tostata.
Certo, mrs. Colorina: si trova sul secondo ghiacciaio a destra arrivando dall’Afghanistan, sul Pamir. E mi raccomando, mi saluti lo Yeti: son certo che trovera’ fascinoso anche lui.
Mi sembra che stiamo importando a Palermo la moda della capitale morale d’italia, ovvero, ragionare più sugli input dei processi che sugli output.
Esempio. Grom arriva e dice: vi faccio il gelato come si faceva una volta! E tutti lì, a sbrodolarsi, per sta roba mediocre ma che fa tanto figo andarci.
Riappropriamoci delle cose invece. Se un gelato è buono, è buono, anche se il latte non è equo e solidale e se le mammelle della vacca non sono state accarezzate dal buon pastore prima della mungitura.
Il gelato più buono di Milano l’ho assaggiato in un chiosco alla stazione centrale. È quasi ai livelli delle migliori gelaterie di Palermo e non la menano con “si stava meglio quando si stava peggio”.
La prossima volta vi parlo di Slow Food.
Emanuele ci fa riflettere su un aspetto molto importante e sottovalutato: se una cosa è buona, non ci interessa da dove viene, come viene fatta. E’ buona e basta. Diciamo la verità, non sempre le cose semplici e genuine della natura sono buone e gustose, e credo che sia più un fattore di moda o di ideale che ce li fa piacere.
Emanuele, é stato Carlin Petrin, fondatore di Slow Food, con un articolo su La Stampa nel 2003 a lanciare il fenomeno Grom.
Ecco, appunto. La quadratura del cerchio.
Si deve essere precisi quando si scrive in un blog pubblico, nellA veste di autore, magari improvvisandosi critico gastronomico.
Scrive Didonna: “… nella Parigi del XVII secolo dove fondò con successo un locale, tuttora esistente, famoso per i suoi sorbetti e per la colta clientela, Le Procope… ”
Tuttora esistente?
Sono stato due settimane in vacanza a Parigi, lo scorso aprile, del Café Le Procope esiste solo il nome (e il mito), oggi è un ristorante (o brasserie) francese dove si mangiano pietanze tipicamente francesi, a cominciare dalla Gratinée à l’oignon “Odéon”, Tête de veau en cocotte, Crêpes flambées au Grand Marnier, un po’ diverse dal sorbetto di Francesco Procopio dei Coltelli, di italiano si mangia il tiramisu’ che non c’entra niente con Procopio dei Coltelli.
Il quale Francesco Procopio dei Coltelli, all’epoca vendeva la granita, gelati di frutta, fiori d’anice, fiori di cannella, frangipane, gelato al succo di limone, gelato al succo d’arancio, sorbetto di fragola, in base a una patente reale con cui Luigi XIV aveva dato a Procopio l’esclusiva di quei dolci.
http://it.wikipedia.org/wiki/File:Procope.JPG
Tra l’altro, se confrontate la stampa sopra con le foto attuali si NOTA che rimane solo l’indirizzo del Café Le Procope, oltre al nome, ma la decorazione è totalmente differente. Ho corretto perché ci tengo alla precisione.
Per il resto del post di Didonna, mi fa pensare a un alunno che si improvvisa, che fa il compitino “sempliciotto” componendo, o ricamando, tramite lettura di note, o frasi intere ricopiate, ma manca assolutamente del talento del vero critico gastronomico.
P.S. Didonna, stavolta non conti su di me per dare visibilità al suo post. Le “consento” solo questo mio commento.
ah !
le foto attuali:
http://www.procope.com/
Ma “Addosso a Didonna” è diventato lo sport locale? Proprio non capisco. Cosa ci volevi trovare, Procopio De’ Coltelli in persona al bancone? Boh.
faccio un’eccezione per te, perché sembri un bravo ragazzo anche se non capisci cio’ che leggi ed analizzi male.
Non si scrive “un locale, tuttora esistente, famoso per i suoi sorbetti e per la colta clientela, Le Procope”… a parte il fatto che da com’è scritto sembrerebbe tuttora esistente e che vendessero ancora sorbetti e altra gelateria e caffé siciliano…
Ma si scrive: del quale esiste ancora il nome, ma solo quello, perché è totalmente cambiata la decorazione ed è stato trasformato in ristorante TIPICAMENTE francese.
A me sembra una precisazione di cui si può fare a meno, visto che il Procope non è il centro dell’articolo. Quella che hai fornito è solo una delle interpretazioni possibili. Il lettore più avveduto, penso, immagina che in 500 anni di storia sia difficile ritrovare lo stesso proprietario e lo stesso menu.
Sembri un bravo ragazzo, anche se sembri più interessato al dito che alla luna. Non so cosa vi ha fatto Didonna, però spero nulla di grave.
Le parole sono importanti, e la forma, quando si ha la pretesa di definirsi “autore” e scrivere post pubblici.
Ti ripeto che sei incapace di analizzare e solo un ingenuo come te puo’ scrivere “difficile ritrovare lo stesso proprietario e lo stesso menu”.
E chi l’ha chiesto lo stesso proprietario? Ma se un autore cita un locale e dice che è tuttora esistente quando non esiste piu’… NON sa di cosa parla, lui, e tu non capisci l’importanza di scrivere fesserie quando si scrive in pubblico.. Tra l’altro sei talmente incapace di leggere che non hai visto che, in seguito, ho giudicato il mediocre articolo di critica gastronomica scritto da didonna. Ora ti “poso”, perché avevo detto che non voglio dare visibilità alle sciocchezze di didonna; resta a discutere con lui, che siete di pasta simile, cioè duri di comprendonio entrambi.
ADDIO
A differenza di certi commentatori, scrivo solo di cose di cui ho diretta esperienza. Ho pranzato a Le Procope (al tavolo pisto sotto la vetrina con il cappello che un giovane ufficiale di nome Napoleone Bonaparte lasciò in pegno non potendo saldare il conto), assaggiato i sorbetti di frutta della tradizione di Procopio Cutò e acquistato il libro del 2009: “Tre secoli di gelato”, pubblicato dall’attuale proprietario di origine italiana. Certo, il menù non sarà quello di una volta, ma a Palermo, città natale di Procopio, se non fosse per persone come Gaetano Basile o Antonio Cappadonia, non se ne ricorderebbe nessuno.
A quegli sfigati, frustrati dalla vita che impiegano il loro tempo a difendere l’orgoglio siciliano ferito dalle mie critiche e rilievi, a fin di bene per chi ha l’intelligenza di capire, mi riservo sempre la facoltà di rispondere per le rime o di non rispondere affatto, se così mi va. Altri autori, nauseati da tali disturbatori, hanno persino smesso di scrivere per Rosalio: non sono solito farmi condizionare da nessuno, meno che mai da dei vili che si nascondono dietro un nick 🙂
Ho mangiato il “gelato” di Grom a Parma, concordo con chi lo definisce una schifezza costosissima
Come dice bene, sig. Didonna: lei si’ che e’ un vero uomo, che non si fa mai intimidire e che ha il coraggio di metter sempre la propria faccia (e che faccia!). E poi lei e’ cosi’ tanto di compagnia, sempre pronto a giocar con noi in tante belle attivita’ ludiche..in particolare e’ un campione nel tiro al piattello. E lei e’ il piattello, ovvio. Com’e umano, lei.
Ho mangiato anche io il gelato Grom….obbrobbrio!
Qui non si tratta di dare pareri soggettivi sul gelato Grom, ma di prendere atto come suggerisce l’autore che il gelato artigianale sta scomparendo a favore di quello fatto con bustine industriali e del resto un gelato di maggiore qualità bisogna essere disposti a pagarlo almeno quanto Grom.
didonna, innanzitutto lei non ha nessun titolo per criticare a fin di bene, perché:
– lei viene da una regione in stato peggiore
– lei è solo un povero procacciatore, che visto il volume d’affari siciliano, prende una parcella ogni tre anni, si occupi di sbarcare il suo lunario, e risolva i suoi problemi. NON DE.L.I.RI.
Io sono un benestante; e come le ho detto, se vuole sapere la mia identità sono disposto ad incontrarla, non più di dieci minuti pero’.
http://www.procope.com/carte-et-menus/
A Parigi e Londra (in un unico viaggio) ci vado almeno due volte l’anno; conosco Le Procope (luogo per turisti ma cucina non eccelsa) conosco l’eccellente La Tour d’Argent ( http://www.tripadvisor.it/Restaurant_Review-g187147-d718750-Reviews-La_Tour_d_Argent-Paris_Ile_de_France.html ), la cucina del Procope è francese che più francese non si puo’ (come si legge nel menù che posto) i pochi sorbetti sono adattamenti alla maniera francese, ovvero pessimi, sorbetti industriali spacciati per façon Procopio, il resto dei desserts altri adattamenti presi a destra e a manca – da paesi diversi – senza qualità.
Da quello che lei ha scritto si evince che ha voluto spacciarsi per critico gastronomico senza esserne capace, ha fatto il compitino, ricamando, prendendo frasi sparse qui e là o ricopiando frasi intere, ADDIRITTURA ha scritto in forma errata e incomprensibile, in particolare una frase rabbrividente dove confonde tempi e modi, e chi scrive in questo modo denota una “personalità” che non ha titoli per definirsi “autore” ancor meno per criticare la società (siciliana nel “suo caso”):
“… nella Parigi del XVII secolo dove fondò con successo un locale, tuttora esistente, famoso per i suoi sorbetti e per la colta clientela, Le Procope… ”
Tuttora esistente? In nessun elemento, oggi è un ristorante francese differente in tutto a quello che era di Procopio oltre trecento anni fa.
Famoso per i suoi sorbetti? O scrive “che era famoso per i suoi sorbetti oltre trecento anni fa” o si deduce da come scrive che è ancora famoso per i sorbetti, invece è un posto frequentato da turisti che mangiano pietanze francesi (che più francesi non si puo’) e non sono colti ma turisti che si fanno spennare.
Il libro? Le hanno venduto la storia, e il cliché, che non c’entrano niente con la realtà attuale del ristorante.
P.S. chi viaggia spesso non ha bisogno di Basile per conoscere città e personaggi.
Marco, sei semplicemente la conferma del peggiore sicilianismo: intreccio perverso tra arrogante senso di superiorità e inconcludente vittimismo rivendicazionista (P. Hamel). Non ho alcun interesse a conoscerti e ormai neanche più a cercare di farti capire concetti elementari. Cuociti nel tuo brodo e rifletti su quello che diceva un grande siciliano:
“I Siciliani non vorranno mai migliorare per la semplice ragione che credono di essere perfetti: la loro vanità è più forte della loro miseria; ogni intromissione di estranei sia per origine sia anche, se si tratti di Siciliani, per indipendenza di spirito, sconvolge il loro vaneggiare di raggiunta compiutezza, rischia di turbare la loro compiaciuta attesa del nulla”.
“In Sicilia non importa far male o bene: il peccato che noi siciliani non perdoniamo mai é semplicemente quello di fare…” (G. Tomasi di Lampedusa)
Concetti elementari? Ma io non ho mai visto uno duro di comprendonio come lei !
Per 5 giorni le HO SPIEGATO che la Sicilia non c’entra niente nell’esportazione dei prodotti petroliferi, ma non riesco a farglielo entrare nella capa (a proposito: “la capa gira”, film sulla malavita barese).
Sul concetto di superiorità – nei suoi confronti – non posso darle torto didonna; ma essere superiore a lei non è un vanto.
Ripeto: io sono benestante, viaggio spesso, ho diverse occupazioni (anche professionali); lei è un povero procacciatore che ha difficolta a sbarcare il lunario; aggravante: delira quando, invece di occuparsi dei suoi problemi seri, o meglio per occultarli, pretenderebbe risolvere quelli del mondo.
Lei parla sempre di anonimato, a corto di argomenti, per questo sono disposto a mostrare la mia identità, ma ho precisato che entro dieci minuti lei deve scomparire dalla mia visuale.
Ha fatto un giro, in cerca di citazioni, per schivare le verità che le ho detto? Sforzo inutile perché le rinfresco la memoria: lei scrive fesserie colossali su sorbetti e Le Procope, si improvvisa critico gastronomico ma ha fatto il compitino del bambino scopiazzando frasi qui e là, e nemmeno sa scrivere, dato che si è espresso in forma errata, confusa, incomprensibile, dai tempi incerti.
Hamel? Chi è costui? Quel signore che qui scriveva fesserie sull’unità d’Italia?
https://www.rosalio.it/2013/06/19/siciliani-e-borbone/
E bbi iuncistivu ! 😀
Comunque, lei è pure maleducato, perché non esegue la mia richiesta ripetuta diverse volte di non darmi del “tu”.
N.B. non provo particolare piacere a ribadire che sono un privilegiato benestante, ma se lei riferito agli altri parla di “sfigati, frustrati dalla vita” e di “inconcludente vittimismo rivendicazionista” io sono COSTRETTO a ricordarle il suo stato MOLTO PRECARIO (reale, purtroppo per lei).
MA la massima di Tomasi di Lampedusa non c’entra niente con il suo finto-fare… se lei imparasse a riflettere accucchierebbe diverse male figure in meno, piuttosto che essere ossessionato dal suo finto-fare, come una sorta di DOC alla maniera didonna il suo
Marco, hai urgente bisogno di un medico, ma di quelli bravi! Poi le dichiarazioni dei redditi sono pubbliche e potrai così sfogare le tue curiosità da sfi.gato 🙂
Ecco il vero didonna, quello che millanta su TUTTO, “tuttiimistiari” lo chiamavano a un poveraccio del mio quartiere che se ne inventava uno ogni settimana per sbarcare il lunario: arriffatore, muratore, venditore di fichidindia e melloni, giardiniere, imbianchino, maschera al cinema e allo stadio, e altri, ma li faceva bene e con serietà. didonna in qualsiasi “ruolo” dice fesserie.
ECCO il vero didonna che appena lo mettono davanti al suo vero stato, cioè appena sente la verità, stona, è in stato confusionale, e quando passa alle offese pesanti (in genere invita a trovarsi un medico, o un amante, se sono le donne), vuol dire che è totalmente KO.
Povero didonna.
COMMENTATORI ANONIMI: consentire nel periodo estivo a personalità chiaramente disturbate la possibilità di individuare in modo anonimo un bersaglio in rete contro cui scaricare rabbia e frustrazioni é ormai divenuto un presidio medico-sociale. Cos’altro farebbero certi soggetti in mancanza di una valvola di sfogo? Porgo quindi cristianamente l’altra guancia con la consapevolezza che, nella sua infinita misericordia, il Signore ce ne ha fornite solo due…
Vi invito a essere rispettosi nei vostri commenti, a rimanere in tema e vi ricordo che questa non è una chat. Grazie.
Donato anche gli autori nel momento in cui commentano sono perfettamente uguali agli altri e sono tenuti a rispettare la policy del blog, a essere rispettosi nei confronti degli altri commentatori, a rimanere in tema e a non chattare con gli altri commentatori.
Su questo blog è perfettamente consentito commentare anonimamente e non permetto che i commentatori anonimi possano essere considerati soggetti problematici per questa scelta. Saluti.
LA ridicolaggine di didonna non ha limiti. Da quasi una settimana è criticato sugli argomenti, i critici forniscono documenti, prove, idee, argomentazioni.
didonna incapace di difendere le tante fesserie che scrive, con debolezza fuori dal comune, offende i commentatori, essendo incapace di argomentare.
Batte il tasto sull’anonimato, quando io e chiunque abbiamo ribadito di essere disposti a ripetere le stesse tesi di presenza.
LA RABBIA di non potere millantare indisturbato gioca brutti scherzi a didonna.
Marco evidentemente non mi spiego. Rimuoverò ulteriori commenti fuori tema. Saluti.
A forza di parlare il gelato nel frattempo s’e’ squagliato. Artigianale o industriale, organico o chimico, basta che piace va piu’ che bene. Personalmente il tiramisu’ Algida mi fa provare qualcosa di simile ad un orgasmo gastronomico. Invece mrs. Colorina prova lo stesso effetto con il calippo o qualunque altro gelato duro e che dura. Capisci a mme’!