La presenza ebraica in Sicilia è antica e importante. Antica perché, seppure le tracce non siano sempre chiare, i primi insediamenti ebraici nell’isola si possono far risalire agli anni immediatamente successivi alla diaspora, importante perché, nel tempo la comunità ebraica siciliana, è cresciuta in numero fino a divenire la più numerosa della penisola. Verso la fine del medioevo, secondo le puntuali ricerche di Slomo Simonshon, ammontavano a circa 25.000, «più della metà si tutti quelli presenti in Italia». Le condizioni in cui vissero in Sicilia e il peso che hanno avuto nell’economia isolana, consiglierebbero quindi di non parlare di ebrei in Sicilia quanto di siciliani-ebrei. Gran parte degli ebrei siciliani erano impegnati nell’artigianato (lavoravano il ferro, i metalli preziosi, il corallo), erano anche impegnati nella pesca, molti erano i mercanti che si muovevano all’interno del territorio isolano, altri prestavano la loro manodopera nei cantieri, c’erano anche contadini, anche se in percentuale ridotta rispetto alla consistenza complessiva della popolazione. Di benestanti, e quantomeno di ricchi, ce n’erano pochi e si trattava di una delle fasce più povere della popolazione residente nell’isola. I siciliani-ebrei, rispetto ad altri luoghi dell’occidente cristiano, non furono sottoposti a particolari discriminazioni e, almeno fino all’arrivo degli Aragonesi, vivevano, gomito a gomito, con la maggioranza cristiana, in pacifica convivenza. Continua »
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