Città – Schermo
(foto di Giovanni Villino)
La vicenda sollevata da Giovanni intorno alla nuova affissione pubblicitaria sulla facciata della cattedrale cittadina ha fatto in poche ore il giro del web. Su facebook molti fra i miei amici l’hanno rilanciata e, date un’occhiata, ritroverete in tutti i magazine locali traccia di questa discussione. Per farla breve, la linea degli interventi chiede il rispetto del tanto proverbiale giusto mezzo. E, allora, va bene tutto, anche la pubblicità, a patto, però, che non si esageri, perché, si sa, “ci nni vuole vento in chiesa…” (il resto aggiungetelo voi 😛 ).
La questione, nondimeno, forse merita di più del solito appello al buon senso, ahimé, evidentemente perduto in questa città (e in questo paese!) già da un pezzo.
Se solo si distoglie un pochino lo sguardo dall’ingombrante cartellone, infatti, si possono riconoscere i contorni di una trasformazione profonda delle nostre città. Per chiarire meglio, mi sembra interessante notare una opportuna coincidenza: questa polemica segue un’altra polemica recentemente scoppiata in città. Mi riferisco alla nota vicenda della proiezione del logo del gay pride sui muri della stessa Cattedrale durante il Festino dello scorso luglio. Cosa hanno in comune questi due, apparentemente così diversi, fuochi estivi?
Essi ci ricordano che le città sono un gigantesco calderone semiotico popolato da soggetti in lotta per “appropriarsi” simbolicamente delle sue strade, delle sue piazze, di chiese e monumenti. Inutile dire che si tratta di una lotta di potere che dissimula se stessa facendosi scudo della provvisorietà e dell’irrilevanza dell’effimero. Attenti allora, non c’è arma più affilata di un videoproiettore ben posizionato o di un manifesto pubblicitario ben progettato, per compiere il gesto di umiliazione più estremo, ridurre a “schermo”, muto supporto di un discorso secondo, ciò che potrebbe stare, a buon diritto, al centro di ogni discorso su di noi.
Mangiapane, da dieci anni (se non più) un enorme confezione pubblicitaria, tra via Libertà e Piazza Croci, riveste il già “rifugio dei poveri” sovrapponendosi a una pietosa sindone che riporta disegni di Basile padre. Ormai fa parte del paesaggio semiotico della città, e sarebbe sorprendente svellere l’artefatto per rivelare il corpo macerato di quel che sta dietro. Ha presente Elephant Man?
Il cartellone Fastweb sulla facciata laterale della Cattedrale mi fa storcere le labbra, non meno però del fatto che in Cattedrale si debba entrare dal fianco e non dall’ingresso principale per non avere mai risolto la questione dovendosi aggraziare il traffico veicolare. Ha senso il cartellone? Serve alla bisogna dei restauratori? Sparirà. Mentre, mi domando, cosa ne è stato della narrazione di brani di città scomparsi e mai più restituiti alla memoria popolare?
Lo vedi cadi pure tu nel tranello di dissimulare la “lotta di potere”, perché tanto sparirà 😉 Ok sparirà ma, nel frattempo, 1 a 0 nell’annosa battaglia fra queste due forme di sacralità, quella della marca e quella della religione 😉
Interessante come sempre. Se ci pensi dietro la sollevazione popolare però c’è proprio una forte “sensibilità” rispetto al fatto che dei luoghi debbano rimanere “neutri”, e non usati per fini secondi. E di conseguenza la dissimulazione di cui parli tu non mi sembra poi così riuscita. Le fazioni anti logo del Pride, e quelle anti fastweb sono probabilmente diverse per composizione e caratteristiche, ma entrambi reclamano la “neutralità” di un luogo come la cattedrale e del suo sistema di significati. (tutt’altro che neutrali).
Dani, la mia opinione è che è normale che qualsiasi cosa, dico qualsiasi cosa, venga utilizzata nelle città con secondi, terzi, quarti fini. Quindi, direi nessuno scandalo. Il problema secondo me è diverso. Poche volte si ammette, infatti, che queste riscritture così effimere e passeggere sono politiche, ovvero sono il frutto effimero di solidissime battaglie che tendono a essere minimizzate dalle parti in causa proprio per il fatto di essere passeggere e momentanee. E sono lotte sugli spazi cittadini, letteralmente “mani sulla città” in cui la vera posta in gioco è “marcare” gli spazi, mettendo in mostra il proprio potere (il sindaco che “se vuole” può pure proiettare il logo del gaypride sulla cattedrale, la marca che “se vuole” se la può pure comprare la cattedrale e via dicendo). Il tutto, dopo che il colpo è stato messo a segno, viene di regola denegato: macché si tratta solo di un videoproiettore, macché è solo un’impalcatura e così via. Dall’altra parte, c’è una vita “in prima istanza” degli spazi cittadini di cui si preferisce non parlare, proprio perché, come dici tu, sono portatori di significati tutt’altro che neutrali che varrebbe la pena prendere in considerazione in maniera forse meno effimera. Una cosa del genere la sosterrei anche per la storia de “La piazza è mia” recentemente avvenuta a margine della pedonalizzazione di piazza Bologni.
concordo con quanto sostenuto da Francesco a proposito dell’uso non neutrale degli spazi urbani, Salvarepalermo ha criticato direttamente il Comune per la copertura totale e prolungata dell’istituto delle Croci, senza succeso come si può vedere. Il fatto grave è che anche i cittadini si sono assuefatti a questa forma invasiva di pubblicità, giustificata dal fatto che porta soldi e dura poco e il resto, il decoro il paesaggio urbano la commercializzazione di tutto, non vale più niente. Perdippiù, chi protesta passa per bacchettone. Se anche il senso estetico si risvegliasse, oltre a quello dell’appartenenza e della dignità, non sarebbe male. E’ necessario accendere dibattiti continui sui temi che riguardano la città, per ri-formare le coscienze assopite.
dopo il “macchè si tratta solo si ***” aggiungerei anche l’onniprente SONO BEN ALTRI i problemi di questa città…
@Daniele, ancora: la messa in scena massima del potere è utilizzare per fini strumentali ciò che per la maggioranza sarebbe di per sé un fine. La qual cosa in termini religiosi storicamente corrisponde alla “profanazione” e in termini socioculturali ed economici all’esibizione del potere come “spreco”.
@Rosanna: l’effimero è politico, parliamone! Grazie per il tuo intervento!
Mauro è la sola “resistenza al simbolico” che gli economisti (sia marxisti che fanatici della produzione industriale) portano al dibattito. Mentre loro si occupano dei Veri problemi, noi stiamo qui a discutere del cartellone sull’impalcatura ehehe 😉
@francesco. No ma infatti siamo sostanzialmente d’accordo. Trovo interessante (e per questo lo sottolineavo) la natura della reazione a queste prese da parte di soggetti intenti, come dici tu, a fare mostra del proprio potere (il comune, fastweb, ecc). Gruppi sociali, (o se preferisci dovrei dire corpi 🙂 ) che, seppure con motivazioni presumibilmente diversissime tra loro, hanno entrambi protestato contro queste due opere di marchiatura operate ai danni della Cattedrale. Come dire: la cattedrale è di tutti, non può essere marchiata né dal comune (peraltro con il simbolo del Pride, affronto!) né da quel o quell’altro brand. Qui secondo me c’è la parte interessante, il vero “food for toughts” come direbbero gli inglesi. Perché sulla Cattedrale non può essere proiettato il simbolo del Pride? Perché non può essere esposto un messaggio commerciale? La Cattedrale è davvero di tutti? Cosa significa la Cattedrale? Quali degli attributi della Cattedrale rende questi atti di marchiatura osceni? Il fatto che sia un luogo pubblico, che sia un luogo di culto, che sia un monumento da ammirare, il fatto che sia bella? Ti lascio così. 🙂
Molto bella la tua domanda, possiamo girarla agli altri commentatori, allargando il giro della nostra conversazione 🙂
Quello che scrivi tu, Francesco, è sacrosanto e credo pure sia normale che la lotta sia aspra per impossessarsi degli spazi. Per evitare che oltre che forte sia selvaggia ci sono le regole, da rispettarsi, ma questo forse non è discorso che interessa il semiologo.
Per il resto distinguerei tra i tentativi di una comunità di persone di affermare il proprio diritto a vivere nella chiesa e nella città con pari diritti e dignità dai tentativi di un’impresa di impossessarsi (metaforicamente) della città appropriandosi di una sua icona.
Sono due tentativi di diverso spessore, peso, nobiltà e dignità a parer mio.
Orazio grazie dei complimenti. Per chiarire, il paragone veniva fatto sul modo in cui si articola la lotta e non sui motivi più o meno giusti della contesa 🙂
Discussione molto molto interessante!
Orazio scommetto che “quello di sinistra” è moralmente superiore a “quello di destra”, no?
Tony, nel mio post non ho nemmeno sfiorato il tema da te posto.