Il coworking Businessinformatics
Il coworking è uno spazio di lavoro condiviso tra liberi professionisti di diverse aree tematiche, probabilmente ne avrete già sentito parlare visto che in città già da qualche anno ne sono sorti alcuni.
Nonostante questo tornato a Palermo ho sentito il bisogno di aprirne uno, anche se di piccole dimensioni ed in semiperiferia.
Per quale motivo? Vi chiederete voi.
Un tavolo e sei sedie nel quartiere dei cantieri navali, non apportano alcun valore aggiuntivo alla comunità che frequenta i coworking già esistenti, oltre a quello di poter cambiare ogni tanto scrivania, se non c’è una storia da raccontare.
Businessinformatics ha due radici, la prima è una lettera di Jonathan Schwartz per il Software Freedom Day del 2008. Ero uno studente di economia aziendale appena tornato dall’Erasmus quando la lessi. Andavo felice all’università, mi brillavano gli occhi quando si parlava di ROE, DuPont analysis e tutte le altre belle cose che la business school del WIT mi aveva trasmesso. Ma i miei pomeriggi erano per Linux, la mia passione il software libero e non sapevo come in futuro avrei potuto coniugare le due cose, specialmente in un ambiente che vedeva la professione del commercialista come arrivo naturale (e quasi obbligato) dei miei studi. La lettera dell’allora CEO di Sun Microsystems mi diede grande coraggio che c’era spazio per investire in questo settore.
Due anni ed una tesi triennale (sul mercato del software) più tardi, grazie alla passione per il software libero, entrai a far parte di un gruppo di lavoro dell’Associazione Italiana Cultura Qualità. Fu allora che piano piano si fece più chiara nella mia mente quale poteva essere la mia professione: esistono migliaia di software liberamente scaricabili da internet, nessuno di questi per licenza è garantito nel funzionamento, ma molti di essi hanno funzionalità utilissime a quel 94% di imprese italiane che non raggiungono i dieci dipendenti e per questo motivo non hanno risorse da spendere in licenze di software proprietari. Ma come ottenere un ricavo da questo? Non avevo bisogno d’inventarmi un business model, mi bastava osservare quello che Red Hat, Suse, IBM già facevano e replicarlo in piccolo: una volta svolto il lavoro di selezione qualitativa del software libero, si propongono alle imprese servizi di implementazione, personalizzazione, aggiornamento e formazione a costi decisamente più bassi di quelli del mercato del software proprietario, dal momento che il software libero, base di partenza per effettuare questi servizi, viene sviluppato in condivisione a livello mondiale da una moltitudine di soggetti con interesse condiviso. Internet mi aveva messo in mano tutto quello che era necessario: materiale per studiare, software su cui vendere servizi ed una spiegazione chiara su come guadagnarsi uno stipendio, proprio come promesso da Schwartz. Il bello è che mentre conseguivo la magistrale in Management a Milano, saltellando nel tempo libero tra una conferenza sulle start-up alla mediateca di Santa Teresa ed un incontro sui social media ai Chiostri di San Barnaba, mi accorgevo che Internet non solo continuava a perfezionare software liberi e gratuiti di grande interesse tanto per le aziende private quanto per quelle pubbliche, ma creava nuove professioni nel settore dei servizi alle piccole imprese, dal web marketing alla qualità, tutte caratterizzate dalla possibilità/necessità di studiarle da autodidatti vista l’assenza di formazione universitaria specifica.
Una tale abbondanza di contenuti innovativi non poteva che richiedere un nuovo contenitore: dove dovrebbero cercare lavoro i consulenti del terziario avanzato? Nel sito di quale azienda alla sezione “lavora con noi” si può trovare la descrizione di una professione che è stata appena creata dal libero professionista grazie a internet?
La risposta, la seconda radice, mi giunse ancora una volta (ma va?!) da internet, un tizio di nome Tony Siino parlava di aprire spazi di lavoro in condivisione tra professionisti di diversa estrazione a Palermo. Questi spazi nel frattempo si sono diffusi in Italia talmente tanto da richiedere un motore di ricerca dedicato, perché oltre a garantire uno spazio di socializzazione a persone che normalmente lavorerebbero da soli a casa, riescono ad intermediare nel mercato del lavoro tra professionisti di nuova concezione ed imprese, superando anche l’iniziale assenza di formale richiesta di neo professioni, a patto che chi gioca con la tecnologia abbia chiaro quale valore può apportare alle imprese col proprio lavoro e riesca a comunicarglielo.
E così, nonostante le difficoltà di vivere uno stato che ti prende in giro scambiando il concetto di “impresa in un giorno” con un semplice elenco telefonico degli uffici comunali, che ti scoraggia rifiutandoti l’apertura della partita iva per mancanza di titoli (salvo poi recarti il giorno dopo in un altro ufficio dell’agenzia delle entrate e portare a termine senza problemi la pratica), che ti informa di più oppure di meno su come aprire un’attività in base alla latitudine, da venerdì inizieremo sul serio, io e la mia amicizia con due ingegneri informatici appassionati di software libero ed un ingegnere esperto di gestione della qualità.
Il coworking rimarrà aperto gratuitamente il Venerdì pomeriggio per seminari su web marketing, informatica aziendale, qualità, panel di esperti, install party ed ogni altra iniziativa di networking in linea con l’anima dello spazio vogliate proporre con una mail a coworking@businessinformatics.it.
Ultimi commenti (172.542)