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  • “La nostalgia di Afrodite” di Paolo Morello alla Galleria Studio

    È stata inaugurata sabato scorso e rimarrà visitabile fino al 12 dicembre presso la Galleria Studio a Palazzo Moncada di Paternò (via Bandiera, 11) la mostra La nostalgia di Afrodite di Paolo Morello.

    Paolo Morello - “La nostalgia di Afrodite”

    La mostra offre al pubblico quaranta fotografie dedicate al mito di Afrodite e alla conchiglia, il simbolo che più di ogni altro la caratterizza. Dozzine di fonti antiche cantano la dea della bellezza e dell’amore, della sensualità e della voluttà amorosa. Omero racconta del suo matrimonio con Efesto ma anche dei suoi tradimenti, del suo legame con Ares e delle conseguenze che questo adulterio causò. Un celebre Inno omerico racconta del suo incontro con Anchise, mentre Ovidio, nelle Metamorfosi, narra il suo amore per il giovane e bellissimo Adone — con il tragico epilogo che conosciamo. Afrodite è celebrata ab antiquo anche in molte opere d’arte. Plinio il Vecchio descrive una Afrodite Anadyomene dipinta da Apelle verso la fine del IV secolo a.C. ed un’altra, dello stesso
    pittore, rimasta incompiuta. Prassitele le dedica il suo monumento più celebre, l’Afrodite Cnidia, oggi perduta, ma tramandata da una gran quantità di monete e di copie seriori. Fidia, come ricorda Pausania, le dedica due bassorilievi nel basamento della colossale statua di Zeus ad Olimpia. E così via. A partire dall’età ellenistica tra Afrodite e la conchiglia si è stabilito un legame di perfetto rispecchiamento, fino alla rappresentazione più celebre, la Nascita di Venere, il quadro dipinto da Sandro Botticelli verso il 1485. Ma di che cosa, precisamente, è simbolo la conchiglia? Quale idea di femminilità è chiamata a rappresentare? In una stupenda poesia, intitolata Geburt der Venus, nella quale Rainer M. Rilke canta i primi istanti della vita della dea: «Come una foglia giovane, verde e ravvolta, si apre, / si stira e lentamente si distende, / così il suo corpo tutto si spiegò / nel fresco e nell’intatta brezza dell’Alba». Descrivendo, quasi al ralenti, il suo lento dischiudersi alla vita, Rilke coglie un aspetto inconsueto della mitografia su Afrodite: un momento aurorale. Di più, rende Afrodite la personificazione del dischiudersi della coscienza, della vertigine del venire alla vita. Prima d’essere la dea della bellezza, dell’amore, della sessualità, Afrodite è la dea dell’Origine. Ma non è questo del resto — il mistero dell’Origine —, che simboleggiano anche le labbra carnose, le spirali perfette della conchiglia? Non sono forse i due termini — la femminilità e l’Origine — strettamente connessi tra loro? Oggi, Afrodite sembra guardare la conchiglia, il simbolo della sua Origine, come un oggetto estraneo. È proprio questo sentimento che queste fotografie provano a rappresentare: un sentimento di stupore ma, al tempo stesso, di nostalgia.

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