Considerazioni di inizio anno
Le società non vanno solo in una direzione, magari quella del progresso civile ed economico, ma possono andare in quella contraria come nel nostro caso, sia se pensiamo a Palermo oppure alla Sicilia o all’intero Paese. Sembra che ci sia una volontà implicita, inconfessabile, di andare a sbattere rovinosamente perché siano poi fatalmente le circostanze a costringerci a fare ciò che responsabilmente andava fatto ieri o, forse, ancora oggi. Responsabilità in primo luogo di chi ha avuto o tuttora ha tra le mani le leve del potere, in primo luogo, ma anche, in secondo luogo, di chi quelle leve ha affidato alle persone, evidentemente, sbagliate.
Ad un ragazzo che abbia una minima possibilità di giocarsi i suoi talenti fuori (da Palermo, dalla Sicilia o dall’Italia) non esiterei a consigliare oggi di andare via: se le cose dovessero migliorare si può sempre tornare, ma se non dovessero migliorare non augurerei a nessuno di sprecare qui i suoi anni migliori. Il groviglio di abusi, privilegi e malcelata corruzione, tutti rigorosamente sanciti da opportune leggi, è così inestricabile che sarebbe necessario azzerare tutto e ricominciare daccapo, come dopo una guerra. Grandi e piccoli parassiti, dai grandi burocrati agli spazzini latitanti sul lavoro, possono rivendicare i diritti economici e garanzie di cui sono titolari, ma i diritti non vivono di vita propria bensì dell’economia sottostante che li finanzia e se l’economia non tira più e le finanze pubbliche vanno in bancarotta non c’è diritto che tenga: Grecia docet.
Eppure, una società dove uno sport come il calcio viene somministrato a dosi d’urto dovrebbe aver ben presente che la competizione e il merito vanno a braccetto: chi vorrebbe nella squadra del cuore dei lavativi o delle schiappe per puntare allo scudetto? Lo stesso avviene nella competizione tra i sistemi Paese: sprechiamo talenti, tempo prezioso, risorse pubbliche ed energie private per tenere basso il livello della competizione sociale, funzionale solo al mantenimento di rendite di posizione parassitarie e generazionali basate sull’anzianità, gli scatti automatici, i diritti acquisiti con cui si sta negando il futuro di almeno un paio di generazioni mentre ai migliori, sgraditi e non riconosciuti nelle loro capacità, non resta che fuggire.
È in queste situazioni però che la furbizia e l’opportunismo vissute come regola di vita mostrano il loro limite e seguono come per il parassita la stessa sorte dell’organismo in cui si erano insediati. Ai parassiti e alle loro vittime sopravvivono solo i più autonomi e questo, in fin dei conti, è l’unico motivo di ottimismo che ci rimane. La nottata passerà.
Amen.
Ma non passerà, la nottata. Purtroppo.
“Tenere basso il livello della competizione”: quanto è vero, purtroppo!