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  • 29 gennaio 2014: io c’ero – Sciopero Almaviva

    29 gennaio 2014: io c'ero - Sciopero Almaviva

    Alitalia buongiorno, come posso esserle utile? Oppure: benvenuti in Tim, come posso esserle utile.
    Quante volte avete ascoltato queste parole al telefono, magari dopo una lunga attesa? Quante volte vi siete chiesti chi c’è dietro queste voci?

    Sì, lo so; saranno dipendenti Telecom, Wind, Infostrada, Enel ecc….

    Invece no, amico palermitano; c’è un lavoratore di un azienda leader, in Italia e non solo, nell’outsourcing delle telecomunicazioni: Almaviva.

    La sede più grossa di questa azienda, con ragione sociale a Roma, è a Palermo, suddivisa in due grossi siti, in via Cordova ed in via Marcellini, dove lavorano quasi 5000 lavoratori, tra dipendenti e lap, lavoratori a progetto.

    Nonostante ci sia un lavoratore Almaviva praticamente in ogni famiglia palermitana nessuno, o quasi, conosce il nome e la storia di questa realtà.

    Ma molti lo hanno scoperto mercoledì 29 Gennaio, quando 4000 lavoratori hanno letteralmente inondato Palermo, con uno sciopero pacifico e civile, dove hanno urlato la loro rabbia contro le istituzioni e contro una “demenziale” gestione delle risorse da parte dell’azienda.

    Da mesi, nel sito di via Cordova, i lavoratori sono “abusivi”; infatti il contratto di affitto della sede è scaduto e da mesi, dopo promesse, palliativi e convocazioni varie, non sappiamo ancora dove e se potremo continuare a svolgere il nostro lavoro.

    Temiamo, infatti, che l’azienda, visto il momento di crisi del settore e con la delocalizzazione selvaggia dei committenti, Sky e Mediaset per esempio, voglia trasferire tutti i lavoratori nella sola sede di via Marcellini, sede che non ha la capienza sufficiente per ospitare tutti, con la possibilità concreta di tagliare il personale.

    Da mesi aspettiamo un incontro tra le parti, sindacati, regione, comune ed azienda. La regione dovrebbe mettere a disposizione una struttura confiscata alla mafia (a Palermo ce ne sono tante), ma l’azienda chiede anche sgravi fiscali ed altri benefit, che noi temiamo siano pretesti per tirare la corda, o peggio, per tagliare posti di lavoro.

    Cosi, in questo clima di preoccupazione, i 4000 lavoratori palermitani, rinunciando ad un giorno della loro paga, già tartassata da tagli, dovuti a contratti di solidarietà e la rinuncia allo straordinario, è scesa in piazza….

    Là è successo qualcosa; abbiamo capito che ora la città sa chi siamo; abbiamo capito che insieme, finalmente, abbiamo “svegliato” le istituzioni e fatto capire all’azienda che venderemo cara la pelle.

    Ho avuto la fortuna, insieme ad altri sindacalisti, di guidare, attraverso la mia voce, uno splendido fiume di persone per bene che senza bruciare cassonetti o provocare disagi alle forze dell’ordine, hanno fatto sentire la loro voce che gridava: lavoro.

    Vedere tutti i miei colleghi, da sopra il furgoncino alla testa del corteo, mi ha fatto capire di fare parte di una enorme famiglia e per la prima volta mi sono sentito orgoglioso di fare parte di questa azienda.

    Lo so, per molti di noi non era il lavoro della vita; lo faccio fino alla laurea o per un paio di anni, molti dicevano. Ma poi gli anni sono passati; ci sono stati matrimoni e sono nati figli e siamo ancora qui!

    Io ho pure sposato una collega e non voglio nemmeno pensare che entrambi potremmo perdere il lavoro.

    Vi immaginate cosa potrebbe comportare la “cancellazione” di 5000 posti di lavoro in una città come Palermo?

    Non elemosiniamo nulla, non siamo dipendenti regionali o statali e paradossalmente il lavoro ce lo abbiamo ma, e non ridete, vi prego, non abbiamo la sede dove esercitarlo.

    Questa settimana, finalmente, ci sarà un incontro tra le parti e noi speriamo sia il primo passo verso un lieto fine e l’assegnazione di una nuova sede, che il sindaco Orlando ha pubblicamente offerto (l’ex palazzo Telecom in via Ugo La Malfa) ed un nuovo piano industriale serio da parte dell’azienda, che attraverso le parole del proprio amministratore delegato ha fatto sapere di volere spostare la ragione sociale a Palermo, tendendo la mano verso i lavoratori palermitani.

    Ma noi siamo all’erta, pronti a scendere nuovamente in piazza se il nostro diritto al lavoro non verrà tutelato; ora sapete chi siamo…

    Com’è che dice la costituzione? L’Italia è una Repubblica fondata sul lavoro; forse!

    Ospiti
  • 9 commenti a “29 gennaio 2014: io c’ero – Sciopero Almaviva”

    1. Caro Teo, io ero lì…sotto il furgoncino…ero una di quei 4000 che hai visto da sopra il furgoncino, sono una dei 5000 di Almaviva, sono “Manuela della Tim” e ho cominciato a fare questo lavoro proprio come te, con una laurea in tasca e tanti sogni nella testa e speranze, tante, tantissime!Ho gridato anche io per tenermi questo lavoro con le unghia e con i denti…perchè è l’unico che ho e perche ho capito giorno 29 di essere parte di una grande famiglia e ne sono stata orgogliosa. Grazie!

    2. Reputo ormai lo sciopero, ritenuto civile e pacifico, un danno ormai quasi quotidiano a Palermo nei confronti degli altri cittadini, di chi si muove a piedi o in auto, dei turisti che vedono altro casino aggiunto a quello quotidiano. Di queste proteste ormai i politici se ne fregano: secondo voi ne risentono qualcosa? No, solo noi cittadini patiamo le conseguenze. E questo porta a non condividere e sopportare chi sciopera. Detto questo, le istituzioni sono in penuria di fondi (dicono…) ma hanno enormi potenzialità da sfruttare a costo zero diciamo, come per esempio la possibilità di concedere ad uso gratuito o a canone scontato i tantissimi beni confiscati alla mafia.

    3. Ciao Teo
      riflettevo sul fatto che alle volte si da tutto per scontato e i problemi “dell’altra” gente ci sembrano lontano anni luce. Ma vedere che 4000 giovani e meno giovani ma tutti lavoratori, uniti e dignitosi, marciare per le strade di palermo, scuote le coscienze dei più cinici e da la percezione che nessuno può ipotecare il proprio futuro con la garanzia di un lavoro sicuro con tutta l’angoscia che questo ne rende.
      Fate la voce grossa e camminate a testa alta…
      Spero solo non piova per sempre!!!

    4. Caro Teo, ho il massimo rispetto per chi rischia di perdere il posto di lavoro e proprio io l’ho vissuto sulla mia pelle perché ho lavorato anche io in un CC, anche se dopo 2 anni ne avevo già le scatole piene, poi l’azienda fallì e a niente servirono cortei, proteste e cassonetti rovesciati. Non lo avevo mai considerato il lavoro della vita, non mi sono mai sentito “a posto” o “sistemato” come amano dire le nostre mamme. Mi sono rimboccato le maniche, ho cercato e ho cambiato tanti lavori fino ad approdare (dopo 10 anni di saltelli e contratti di ogni tipo e natura) a quello attuale.

      Ora la mia non vuole essere una critica, capisco che il periodo è quello che è, lavoro ce n’è poco e che uno poi si lega alle proprie abitudini lavorative (e noi siciliani siamo il popolo più abitudinario del mondo), ma so di gente che è li dentro da più di 10 anni… Ma sinceramente, come si fa a restare 10 anni e oltre in un call center? Magari pure laureati e alle soglie dei 40 anni? Per poi con un cambio di vento ritrovarsi in queste condizioni? Ripeto: non è una critica, ma un invito a riflettere.

    5. Almeno chi lavora in un call center in Italia e’ in qualche modo garantito contro la delocalizzazione all’estero, dato che l’italiano e’ una lingua per relativamente pochi intimi.
      Qui in Inghilterra ormai da anni i call center di banche, telefoni, etc, si trovano come minimo in India, dato che li’ parlano l’inglese (si fa per dire) e che il costo del lavoro e’ molto piu’ basso.
      Col risultato che spesso ci sono lamentele da parte degli autoctoni che non riescono a capire o farsi capire da chi in teoria dovrebbe aiutarli.
      Non vi dico poi le telefonate surreali tra chi telefona non essendo di madre lingua inglese e coloro che rispondono.
      Quando capita, ahime’, di dover chiamare uno di questi centralinisti, tra il mio inglese dall’accento italiano e il suo inglese dall’accento indiano, ci troviamo di fronte a scene degne dei migliori duetti Toto’-Peppino.
      Ah, money.

    6. Oddio, io l’altro giorno ho chiamato il call center della Wind e mi hanno risposto dall’Albania, una ragazza che parlava perfettamente l’italiano… Quindi o una italiana che viveva lì o una albanese che ha vissuto tanto in Italia. In ogni caso, preoccupante…

    7. Ciao Quozca,capisco il tuo pensiero,ma non lo condivido. In questi anni, il lavoro di operatore di callcenter è stato penalizzato da film ben riusciti,ricordo quello di Virzì,e da legende metropolitane. E’ vero; ci sono i cosidetti callcenter nei sottoscala,dove i lavoratori vengono sottopagati,e non sono tutelati. La realtà Almaviva è un altra. Siamo tutti dipendenti, a 4,6 ed otto ore; abbiamo un contratto che ci garantisce stipendio e diritti,come tutti i dipendenti in qualunque altra azienda. E’ un lavoro onesto,e come tanti altri,con dei sacrifici,ci consente di pagare il mutuo. Non è il lavoro che si sceglie; neanche gli impiegati alle poste,al comune,etc,sognavano questo,no? Molti di noi hanno il doppio lavoro,ma lavorare in un azienda che paga regolarmente gli stipendi,è cosa comoda assai :)C’è purtroppo la realtà dei lavoratori a progetto;quella si,da condannare. Ma qua è la politica che deve intervenire. Io voglio continuare a fare il mio lavoro,come tutti i miei colleghi. Con professionalità e dignità.

    8. Io ricevo chiamate dalla Vodafone continuamente per proposte di cambio tariffe che dicono siano convenilenti…ma se paghi anche solo due eur in più al mese non sono poi così convenienti. La cosa strana è che chiamano con prefisso 02, come se la chiamata provenisse dal call center di Milano e invece sono in Albania. Lo capisci xché l’accento é diverso e le voci di sottofondo sono altrettanto straniere, a volte incomprensibili… Se chiedi da dove chiamano, la risposta é “da Milano”… Ora io mi chiedo: grandi aziende come Vodafone, Telecom, etc… oltre ad essere delocalizzate, hanno anche il diritto di dichiarare il falso imponendolo ai propri dipendenti, i quali, oltre ad essere sfruttati e pagati una miseria,ci fregano il lavoro?

    9. Teo, lungi da me l’idea di togliere dignità al lavoro di call center che, ripeto, ho fatto anche io all’epoca e nonostante non mi piacesse l’ho fatto con serietà fino all’ultimo giorno, come sono sicuro ognuno di voi. E’ certo che oggi non è facile avere un lavoro (CC o qualsiasi altra cosa) con lo stipendio pagato, magari non sarà chissà quale cifra, ma almeno sai di averla. E’ che, non so, mi sembra impensabile e molto triste che persone diplomate e laureate (e quindi, voglio sperare, con qualche sogno nel cassetto) in 10 e passa anni non siano riuscite a trovare di meglio. Forse non hanno nemmeno cercato? Io ce l’ho fatta, al costo di enormi sacrifici, tanti sforzi e tantissime difficoltà e una quantità di fregature che non riuscirei nemmeno a ricordare tutte!!! E non penso proprio di essere migliore, semplicemente mi sono rimboccato le maniche, cosa che al di la di tutto vi suggerisco perché, per esperienza, quando le cose si mettono in questo modo o crolla tutto o si trova qualche palliativo temporaneo per tirare avanti ancora un po’. So cosa significa e per questo auguro in bocca al lupo a tutti voi, sinceramente. 🙂

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