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martedì 19 nov
  • Il rimpasto

    Il rimpasto

    Novità in Giunta. Ci lasciano quattro assessori d’esperienza, sostituiti da quattro assessori d’esperienza. Provo molta simpatia per il sindaco in questo momento. Dopo due anni di disastro deve provare qualcosa per rilanciare la città, ci prova con i sistemi di sempre, esimi professori e grandi luminari, persone qualificate ed anziane, sostituiscono persone qualificate ed anziane. Mi scuserà l’assessore uscente alle attività produttive, lui effettivamente, spero sia una sufficiente consolazione, non è un esimio professore né anagraficamente anziano. Giuseppe Barbera, assessore al verde, fa notare che la sostituzione di un professore ordinario con un professore ordinario è una operazione a conto zero, al netto della disistima dimostrata all’assessore uscente sulle sua capacità tecniche. Questa lettura è molto più profonda e distruttiva di quello che potrebbe sembrare, al di là degli aspetti strettamente personali che riguardano ovviamente i diretti interessati, il professore Barbera di fatto segnala la fine di un’epoca, avrebbe capito una sostituzione “politica”, ha ragione nel sostenere che sarebbe incomprensibile una sostituzione ad personam. Ma purtroppo la matrice di questa sindacatura non è politica. Si è proposto ed è stato votato un uomo solo al comando, che aveva in tasca bacchetta magica e soluzioni. Giuseppe Barbera, al quale va la mia piena solidarietà per la pubblica e superflua mortificazione, riconoscerà che gli espressi anche pubblicamente tutte le mie perplessità in tempi non sospetti e quanto per convenienza ed apparenza sarebbe stato più prudente non farlo. Falliranno i nuovi assessori nella misura in cui hanno fallito i vecchi, per il semplice fatto che le soluzioni oggi devono essere strutturali e di sistema, non possono essere ricercate nel colpo di genio e nella boutade del singolo. In piena campagna elettorale sostenevo che scegliere qualcuno solo perché dice di saper fare le cose è molto comodo per chi vota, sempre nella logica di demandare le responsabilità, ma è pericoloso, perché le soluzioni oggi devono essere soluzioni di una comunità e non di un genio al comando (e sul fatto che Orlando sia una persona al di sopra di qualunque media io non ho alcun dubbio, per quello che può contare è l’unico tra i politici che ho conosciuto del quale mi vanterò con i miei figli di averlo fatto, mi ha veramente impressionato per lucidità e visione, e finirà nelle enciclopedie se già non c’è). La mia stima per Orlando è legata a fatti concreti, ero giovane in occasione della famosa primavera, e ricordo l’energia e la voglia di cambiamento di quel sindaco e quella giunta. Ho visto cambiare la città sotto i miei occhi, gli sarò grato per tutta la vita. Gli assessori in giunta, i vecchi ed i nuovi, sono tutte brave persone ed in buona fede, ne sono certo; ma hanno i nipotini da accompagnare a scuola, appartengono ad un’altra epoca e non mi riferisco solo all’anagrafica. L’epoca nobile di mio padre, fatta di valori, ma anche di garanzie, lavoro, certezze. Un’altra epoca rispetto alla nostra, con difficoltà e complessità sulle quali oggi è per me difficile trovare le parole per spiegare finanche a mio padre. Non possono avere l’energia, la determinazione, le competenze, il bisogno di costruire una città ed una società nuove: hanno costruito questa, al di là delle appartenenze politiche molti di loro sono stati e sono classe dirigente, in molti casi hanno avuto ruoli di primo piano e potere nelle istituzioni da cui provengono. Sono, con le dovute eccezioni, parte del problema che dovrebbero risolvere.

    Il problema generazionale è del tutto indipendente dall’anagrafica, e determina le strategia del problem solving. Provo a spiegare cosa intendo: recentemente è stato dato un affidamento da un milione di euro per censire le buche in strada.

    È ovvio che se vuoi riparare una buca devi prima sapere che c’è. E quindi la spesa risponde alla necessità di dare un servizio ed una risposta concreta ai cittadini. Bene. Solo che, nell’epoca dei social network, bastava assoldare un paio di smanettoni che predisponessero un software di rete e chiedere ai cittadini di segnalare le buche con i loro smartphone, ormai peraltro tutti dotati di GPS. Sarebbe costato infinitamente meno ed avrebbe contestualmente creato senso di comunità e appartenenza. Con approcci simili potremmo risparmiare moltissimo in tutti i campi ed avere risultati migliori.

    Una quindicina di anni fa giovane collaboratore al Teatro Massimo appresi del problema di smaltire gli allestimenti ed i materiali di attrezzeria dismessi, tenerli era un costo, dismetterli era un costo. Provammo un test su aukland (una piattaforma ai tempi famosa come eBay), vendemmo una decina di oggetti per un incasso nell’ordine dei milioni di lire A quel test seguirono negli anni seguenti delle aste al ribasso che comportarono entrate per centinaia di migliaia di euro. Una potenziale spesa fu trasformata in incasso.

    Il sovrintendente di quel Teatro Massimo era Francesco Giambrone, attuale assessore alla cultura, che considero uno dei miei maestri, e che era pronto a sostenere iniziative piuttosto spregiudicate per i tempi. Eppure vedo in difficoltà anche l’assessorato da lui diretto, che invece ero certo avrebbe dato un segnale forte e chiaro dopo un decennio di assessori deboli o fantasmi. Il fallimento della candidatura di Palermo capitale della cultura è forse l’evidenza più eclatante. Ma in generale non ho percepito, se non nella nomina di Roberto Alajmo al Teatro Biondo, quella ventata di nuovo che era necessaria, in quello che per me dovrebbe chiamarsi assessorato al Futuro, visto il comparto strategico che gestisce: cultura e turismo. Anche l’assessore Giambrone è una persona sopra la media, con competenze ed un curriculum che non hanno certo bisogno della mia pubblicità. È evidente pertanto che non è una questione dei singoli e del lavoro che fanno, ma dell’impianto del processo politico che si è avviato in città, e che non è adeguato alle soluzioni dei problemi attuali. Che sono strutturali e profondi e che necessitano aggressivi cambi di direzione ed una collettivizzazione delle soluzioni e delle responsabilità.

    In attesa che la città capisca che ciascuno di noi con opere ed omissioni è stato causa dei problemi e deve essere parte della soluzione, in attesa che il sindaco torni a fare qualche scelta coraggiosa in più, ed a scommettere su qualche barone universitario in meno, non resta che con un sano “ottimismo della volontà”, l’ultima risorsa che ci resta, fare i migliori auguri di buon lavoro ai nuovi assessori.

    Palermo
  • 11 commenti a “Il rimpasto”

    1. Penso che la città abbia oggi bisogno più che mai di un suicidio politico, di una squadra guidata da un sindaco con il necessario potere ricevuto dalle urne, capace di osare scelte impopolari che portino a rischiare di non essere mai più rieletti. E dovrebbero essere proprio delle persone sopra i cinquanta, come quelle chiamate dalla panchina, quelle più capaci di fare questo sacrificio. Ad una amministrazione comunale, perché concorra al progresso civile e materiale di un territorio, non vengono richieste cose straordinarie. Innanzitutto non é compito degli amministratori pubblici creare posti di lavoro, specie di quelli che non valgano socialmente il loro costo: tocca all’impresa creare lavoro vero, la P.A. deve al massimo farsi carico delle categorie svantaggiate, con le dovute rigorose verifiche. Quindi 20.000 stipendi a carico del bilancio comunale, diretto e indiretto, potrebbero rispondere alla visione di una città a 5 stelle lusso, ma se non percepiamo tale qualità dei servizi pubblici, ma solo il costo: delle due l’una, o si pretendono i servizi top oppure -più realisticamente- si tagliano i costi. Mettendo gente in mezzo alla strada? No, assicurando un assegno di disoccupazione, un sostegno al reddito, subordinato all’accettazione della prima proposta di lavoro. Al Comune chiediamo solo servizi pubblici essenziali: manutenzione di strade e fogne, viabilità e mobilità pubblica, ordine, pulizia e decoro, asili nido, scuole e assistenza agli anziani e ai disabili: non é neanche necessario competere per essere capitale della cultura o qualunque altra fuga in avanti. Offrendo questi servizi attraverso un personale di numero necessario e sufficiente da inserire in organigrammi attraverso concorsi pubblici, con l’ausilio di tecnologie che rendano la burocrazia amica dei cittadini e delle imprese, il Comune rappresenterà un incentivo reale per investitori locali e non a sfruttare le intatte potenzialità della città e dare quindi lavoro. In questo modo anche l’attuale bilancio da spending review sarebbe sufficiente ai compiti richiesti e non mancherebbe la collaborazione della cittadinanza più responsabile per cambiare definitivamente pagina. Alla piazza, con l’aiuto professionale delle forze dell’ordine, andrebbe fatta una diversa promessa politica: quella della gallina domani.

    2. finalmente si legge qualcosa di intelligente

    3. Bel pezzo, ma Callea si perde nelle sue classiche sviolinate. A giova’ cerchi anche tu un posto in prima fila?

    4. @paolopop
      forse non capito bene cosa intendi.
      ho due figli, o lascio Palermo (cosa che non ho fatto negli ultimi anni solo perché mia moglie non intende andare via) o cerco di interrogarmi su quello che succede provando a dare un contributo (anche pratico) per cambiare le cose. I figli sono un deterrente importante, perchè sono arrivato ad un livello di saturazione tale che se non fosse anche per l’esigenza di dare loro un modello positivo sarei un altro e farei altro. La disistima verso i miei concittadini precipita ogni giorno. Come ho scritto ci metto l’ottimismo della volontà, ma la ragione è molto pessimista.
      A me basterebbe vivere in una città moderna, nella quale viene premiata la voglia di sbattersi e lavorare, nella quale sono garantiti i servizi essenziali e nella quale posso sperare che i miei figli possano trovare il proprio posto con dignità e senza compromessi. Oggi non è così.
      Le “sviolinate” servono a fare capire che scrivo quello che penso (e nel caso della giunta sono, mi pare evidente, posizioni nette e molto critiche)ma non ho alcuna acrimonia verso i singoli e le persone. al terzo rigo c’è la parola disastro (se questa è una sviolinata!) Critico apertamente anche l’operato delle persone che stimo, ed in alcuni casi che mi hanno insegnato tanto. Penso che dobbiamo uscire dalla logica del conflitto e operare in quella della cooperazione e confronto. Non penso che questa sindacatore abbia dimostrato di essere all’altezza del compito. Con le poche iniziative messe in campo mi sembrano staccati dalla realtà, come maria antonietta che suggeriva di dare le brioche al popolo che protestava senza pane. Non cerco un posto in prima fila, mi piacerebbe eccome rimanere imboscato, mi mette in prima fila quello che sono e quello che penso del presente e del futuro.

    5. Callea, hai ragione! Condivido tutto quello che scrivi… non capisco però tutti questi apprezzamenti…

    6. paolop
      sono solo convinto che le cose non si possono fare contro qualcosa, ma a favore di qualcosa. Io non sono contro questa giunta, che comunque ha nel suo insieme la mia massima disistima, ma a favore di un percorso politico diverso, che possa valorizzare gli elementi positivi di questa esperienza, se c’è ne sono. Ed in ogni caso auspico che il cambiamento (che deve essere molto forte) non si concluda con un percorso di “vendetta” da consumarsi ai danni degli attori di questa esperienza. Metodo che purtroppo ha caratterizzato tutti i passaggi di amministrazione. Per fare questo è necessario riconoscere i meriti di tutti e criticare non polemicamente ma in maniera costruttiva. Penso che serva a qualcosa? No! Penso che Orlando voglia mettere in discussione il suo operato? No! Ma dicevamo appunto pessimismo della ragione ed ottimismo della volontà.

    7. Certo, hai ragione. Ma il vero limite di questa città è quello di essere chiusa in circoli e salotti, appartenenza e asfittica contrapposizione da parrocchie. E in questo Orlando non ha nessuna colpa… è una situazione atavica, che forse ha radici storiche nella mancanza di una borghesia forte. Vittime dei borboni…degli aristocratici e delle famiglie che riescono a coprire con tutto il loro parentame l’intero arco costituzionale… (se badi bene ci sono 3 o 4 cognomi che si ripetono i tutta Palermo… da Unipa alla Regione…)

    8. Io ho una visione meno nobile e meno storicizzata. A Palermo il corporativismo è esasperato e circoli e circoletti, salotti e salottini, sono chiusi a riccio perché questo consente una gestione molto puntuale delle risorse.

    9. Considero un’impresa, soprattutto inutile, analizzare in modo serio l’inattività di questi buontemponi che si prendono per politici.
      Ci provo, ma premetto che, oltre a essere un venditore di slogan Orlando, che sta peggiorando lo stato della città (cosa che sembrava impossibile dopo Cammarata) in questo rimpasto mi sembra Zamparini, che scarica sempre su altri i suoi errori e le sue incompetenze (grande uomo d’affari, Zamparini, ma di tecnica calcistica non ne capisce niente) ed esonera chiunque… Orlando addirittura esonera colui che era l’assessore “fiore all’occhiello… “La Favorita come Central Park” dicevano Orlando e il suo assessore esonerato, Barbera.
      Il comune non crea lavoro, non è il suo ruolo, dice Didonna, invece ha creato precariato stipendificio parassitismo.
      Farei comunque alcune precisazioni, in quanto, secondo me, anche se non direttamente, DOVREBBE attuare le condizioni che poi generano lavoro, attraverso una competente politica di sviluppo, attraverso la buona gestione di alcuni settori.
      Per esempio:
      – musei, promozione turistica, attività socio-culturali di alto livello (non il babbio locale assistito per clientelismo o amicizia) valorizzazione del patrimonio (relativo decoro e servizi opposti al “terzo mondo” attuale) attraggono turismo quindi indotto e posti di lavoro
      – biblioteche, parchi vivibili (con attività commerciali di buon livello annesse), città piacevole da visitare e passeggiarci (per i cittadini locali) creano movimento anche di denaro quindi lavoro
      – rilascio di licenze ad attività produttive che valorizzano il territorio, piuttosto che alle attività “esterne” ed “estere” che trasferiscono capitali, e spesso operano “in nero”
      – incentivo, anche tramite formazione SERIA, per valorizzare le risorse e la produzione locale.
      Le suddette attività che sintetizzo (e si potrebbe allungare la lista) generano posti di lavoro… il comune agisce nel senso opposto.

    10. ma non aveva una bambina che portava al parco una volta??? ecco, preferivamo i suoi mitici racconti in cui aleggiava sempre questa figura

    11. colorina! il sonno della ragione genera mostri.
      p.s. con la bimba vado sempre al parco, e se mi preoccupo di come viene gestita la mia città è sopratutto a ragione di mia figlia (e di mio figlio per la verità, che nel frattempo ci ha raggiunti).

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