17°C
venerdì 22 nov
  • Iniziamo a tagliare le radici che intanto cadono le foglie…

    Mafia.
    Questa parola a pronunciarla fa tanto rumore, in giro, nell’aria ma forse non più nelle nostre menti.
    E per questo io ne voglio parlare.
    Mafia.
    Sono nato dentro questa parola e da allora ho ereditato anche questo marchio che spunta fuori, automaticamente, nella mente di un qualsiasi “italiano”, per associazione alla parola “siciliano”.
    «Piacere, Luca…» – «Sei siciliano..??» e sta già pensando, involontariamente, alla parola “mafia”.
    Un’associazione automatica che talvolta è accompagnata da un ingenuo ed ingiusto sospetto.
    Non accade più per razzismo o discriminazione poiché gli Italiani hanno capito che le coscienze dei siciliani sono cambiate e che altre stanno cominciando a cambiare.
    Ma purtroppo ci siamo ancora dentro.
    Mafia.
    Sono cresciuto alla sua ombra.
    Ascoltiamo questa parola fin da piccoli.
    Sai che è un qualcosa che esiste, non sai cos’è ma impari ad averne un timoroso rispetto ed a pronunciarla sottovoce e circospetto.
    Negli anni cominci a capire, forse con l’altezza aumenta anche la visibilità mentale delle cose che ti circondano.
    Ed è strano, inconsciamente sei portato ad accettare ed accogliere quest’idea, questa normale presenza ma fortunatamente se cresci con l’educazione giusta, la tua strada ti porterà all’opposto di quell’idea.
    Quindi la presenza della mafia non la si vive o subisce solamente come criminalità, nel decidere se farne parte o meno oppure condividere il suo agire, ma la si vive o meglio la si subisce maggiormente nel sociale.
    Come vi posso spiegare…??
    Vi faccio un esempio: immaginate che la mafia sia un elefante.
    Un elefante che grande e grosso, muovendosi impazzito, intorno a se scombussola e condiziona ogni cosa, creando un grande polverone.
    Ecco, noi siciliani, il nostro sociale, la nostra vita l’abbiamo vissuta e la viviamo in quel polverone.
    In quel polverone smosso c’è la nostra mentalità, costume, tradizioni, educazione, umanità, il nostro senso del dovere e ne vengono interamente coperti.
    Come un alone, come una patina si posa sopra tutto, sbiadendone colori, naturalezza, obiettività e la sua giustezza.
    E noi siamo lì dentro assuefatti e sappiamo che tutto questo è così, fin da sempre.
    È cosi da sempre come il cielo…..le montagne….il mare. È così, pensiamo!
    Ma al di fuori di questo polverone ogni cosa ha i suoi veri colori, niente è sbiadito.
    Noi senza saperlo e capirlo subiamo tutto questo.
    Negli anni, molte persone, con la consapevolezza, la cultura, la coscienza ed anche il sacrificio sono riusciti a “scrostare” questo alone, per liberare la vista di tutti noi.
    Nel passato quando questo “scrostare” era debole e vano, i siciliani erano chiusi a riccio verso l’esterno, ”la modernizzazione”, il cambiamento ed i nostri occhi erano chiusi.
    Chiusi verso un altro popolo,un altro governo, un’altra autorità che non veniva da quel polverone che illusoriamente garantiva compattezza e sicurezza.
    La diffidenza divenne sempre più una molla che ci allontanava, come società e come pensiero, reciprocamente, dall’altra Italia.
    «Gli italiani sono troppo diversi da noi!² – «Sbagliati!» – «Non ci capiscono,non li capiamo!».
    Questo si pensava, in passato, in Sicilia.

    Ma come si è arrivati a queste differenze? A queste diffidenze?
    È un impostazione del sociale e del pensiero comune che viene da lontano ed accomuna tutto il Sud Italia.
    Certo il Risorgimento qui ha contribuito tanto ad alimentare la diffidenza e l’astio ma quella, appunto, è un’altra Storia.
    Anche in Sicilia, nei secoli, grandi territori erano in mano a feudatari prima e latifondisti poi che crearono dei veri e propri “regni” frazionando e differenziando l’intera regione anche dal punto di vista sociale, civile e culturale.
    Questi “regni” per le istituzioni di turno erano il sistema migliore per gestire quelle regioni ma dall’altra parte alimentavano sempre più la diffidenza, verso quella stessa istituzione poiché il popolo vedeva il signore sia come ammortizzatore ma anche come compiacente del potere centrale.
    Questi signori in equilibrio giocavano sulle difficoltà del popolo facendo solo i loro interessi anche a discapito delle istituzioni.
    La mafia è nata per smontare questo sistema e rendere giustizia alla povera gente.
    Sopperendo e mitigando lo strapotere dei signori sull’unica cosa importante per il popolo, la risorsa principale dell’economia – la terra – Ma non è stato affatto così.
    La mafia da lì ha continuato a svilupparsi diversamente mentre noi siciliani, nei secoli, abbiamo inconsapevolmente ereditato la conseguenza di quel sistema partorendo uno sbagliato “senso dello stato” che influenza da sempre il nostro rapporto cittadino-istituzione o meglio cittadino-rappresentante dell’istituzione.
    È per via di questo “senso dello stato” che ancora oggi proliferano favoritismi e sotto e fuggi per aggirare una legge, un intoppo burocratico ed anche la legalità stessa.
    Questa non è mafia ma è la comune mentalità d’origine sviluppatasi ed amalgamatasi nella nostra società impolverata.
    È quasi un normale “mutuo soccorso fai da te” tra individui, lontano dagli occhi e dalle mani dell’istituzione, per avere la certezza e la sicurezza di mantenere e sviluppare i propri interessi, barattando privilegi e favoritismi.
    I signorotti di oggi sono invece quelli della politica e del potere finanziario che cavalcano quasi lo stesso sistema.
    Come se questa fosse l’unica strada possibile aggirare l’istituzione e rivolgersi a chi può e sa farlo.
    Tutto ciò, ancora oggi, è un forte esempio di quel polverone depositatosi ed assorbito dal sociale che ha sbiadito i valori stravolti che per assurdo non disconoscono la prepotenza, diffidenza, approfittamento, mancanza di sensibilità e generosità.
    Anzi li include come fossero valori sociali e non li distingue ed espelle come nocivi.
    È questa inconsapevolezza, questa colpevole ingenuità e deformazione della realtà che compatta e copre la nostra mentalità e i comuni valori sociali.
    La parola mafia nasce e cresce soprattutto nella nostra mentalità.
    Questo è solo l’involucro del fenomeno mafia, cioè è tutto quello che lo circonda, che la protegge dagli attacchi esterni.
    Un involucro, una copertura……è come se la struttura mafia fosse un albero.
    Ecco sì!
    Facciamo questo esempio.
    Un albero dove l’involucro sono le tante foglie.
    Le foglie, ad una ad una, rappresentano tutto il popolo siciliano, intorno e su questo albero.
    Lo ripara e lo protegge con la sua mentalità.
    (Fortunatamente sta arrivando l’autunno del cambiamento e qualche foglia è già caduta ed altre continuano a cadere)
    Un albero è composto da tante parti, tutte importanti, ma non tutte fondamentali per la sua esistenza.
    Per esempio vi sono i rami, tanti e sparsi in tante direzioni, che per me sono quella gente che entra ed esce dalla mafia, ne fanno parte e/o collaborano con essa.
    Questa è la mafia dei grandi giri di denaro della finanza, della politica.
    Quelli che mafia o non mafia comunque fanno sempre giochi sporchi.
    La mafia dei “grandi nomi” che come mercenari si vendono a questo ed a quello, nel giro sporco dei grandi affari, delle grandi cifre.
    Attaccati saldi come rami alle loro foglie dalle quali ne succhiano e ne sfruttano a loro volta clorofilla vitale, come una fotosintesi clorofilliana della ricchezza e del potere.
    Ma stanno anche saldi a chi li favorisce e protegge.
    Sono persone sempre esistite, come rami stanno uniti a chi li sfrutta e li nutre, e cioè uniti al tronco.
    Vanno e vengono come i rami che a volte si tagliano a volte si spezzano.
    E l’albero ne può fare a meno perché ne potrà rinnovare sempre altri.
    Ma la via di mezzo di questo albero, parte centrale ma non vitale è appunto il tronco che, per me, è l’organizzazione mafiosa.
    Questa è nata e si sviluppa nelle antiche famiglie di tradizione mafiosa, tramandata da padre in figlio.
    Spesso queste si sono sostituite allo stato mantenendo il controllo su interi comuni e zone d’interesse ed ancora oggi ne influenzano la vita istituzionale e sociale.
    Questa è la vera parte forte su cui si regge “l’albero mafia” dove vi sono i capi mafia che “governano” decidendo, con le arcaiche regole ed usanze tramandate negli anni o rinnovate coi tempi, le azioni più importanti ed innovative.
    A volte non è proprio così, a causa di lotte intestine e stravolgimenti, ma quella rimane sempre e comunque l’impostazione generale ed ottimale.
    Da lì provengono le menti dell’organizzazione, i boss temuti e rispettati.
    Grazie alle loro abilità e furbizie riescono ad avere più o meno visibilità e potere al suo interno.
    Ma tutta questa grande struttura, quest’albero non sarebbe quello che è se non avesse una parte ancora più importante, fondamentale, vitale.
    Il tronco non sarebbe così forte e saldo se non creasse delle radici, grazie ad esse tutto può sempre ricrescere ed aver vita, seppur tagliato e potato.
    Le radici tengono forte e saldo l’albero, si espandono in ogni luogo e profondamente.
    Rimangono sotto terra,circondati appunto da quella terra fertile che è la disperazione e il degrado della gente.
    Queste radici nascono nei posti più bassi della società, nei quartieri,nelle periferie degradate e sole, nella povertà e disperazione della società umana.
    Luoghi dove la gente rimane isolata o meglio volutamente isolata, magari con quartieri costruiti di proposito intorno a loro, dei veri e propri ghetti.
    Dove vive gente povera e disagiata, lontana dalla società che non trasmette loro modelli di vita,di pensiero e confronti culturali.
    Tutto avviene lì dentro.
    La cultura e la civiltà vengono avvilite ed il pensiero, le idee nascono e crescono in quell’ambiente di decadenza.
    La legalità ed i valori nascono e crescono in una cattività sociale che li deforma e li trasforma dentro l’ambiente che li circonda.
    Questo mondo avvicina a necessità e bisogni basilari e difficili da conquistare, si prova ha vivere quasi come gli animali in lotta per la sopravvivenza.
    E nella lotta alla vita, quando qualcuno si sente anche non voluto non c’è tempo da sprecare che non sia necessario a sopravvivere o ad alleviare materialmente, in vari modi, il peso dei loro problemi.
    Quindi, ad esempio, per i figli non c’è spazio per la scuola e cresceranno ignoranti di cultura e civiltà, avvalorando naturalmente quella mentalità lontana dalla cultura e dalla logica.
    Una non-educazione.
    Per i figli ci sarà solo spazio per il lavoro o tutt’al più il gioco (spesso tramutato in vandalismo), liberi e senza controllo, per strada.
    Quando si cresce così non si sa cos’è la responsabilità e si perdono quasi tutti i valori sociali e civili.
    Questa è per lo più gente disoccupata, per via del loro essere inetti a causa delle difficoltà che gli ha presentato quel tipo di vita.
    Si vive alla giornata e ci si aggrappa ad ogni cosa.
    In ogni modo la responsabilità morale di questa loro condizione è dello Stato poiché fondamentalmente fallisce nell’esser presente o nel proteggere dall’infestazione di quella realtà sociale, non riesce ad evitare e cambiare ciò che accade.
    Lo Stato ha il dovere costituzionale e morale di evitare tutto questo, al di là della lotta alla mafia stessa.
    Una società sana, non inquinata, non sviluppa da sé mali e disagi sociali.
    Lo stato in parte è co-responsabile del loro sviluppo civile.
    Se un padre abbandona o non da gli strumenti giusti al figlio discolo egli non crescerà bene ma se il figlio discolo sarà educato giustamente e con gli strumenti giusti crescerà bene.
    Un esempio con parole semplici ma che dovrebbe rendere l’idea di quel che voglio spiegare.
    Queste realtà divengono come un influenza che trova qui terreno fertile per resistere e diffondersi.
    Quindi si deve intervenire urgentemente per stroncare ed eliminare ogni possibile fucina ed habitat naturale di criminalità e quindi terreno fertile dove la mafia addentra le sue radici.
    Purtroppo questa gente, dentro il loro “mondo-quartiere” chiuso con l’esterno, la pensano tutti allo stesso modo e l’ignoranza poi fa il resto, associata all’arretratezza di quella mentalità di cui parlavo prima.
    Tutto questo mix fa si che il malcontento e la rabbia si rivolgano solo verso lo Stato, le istituzioni.
    Per reazione ci si allontana sempre più dalla società ma non come pensiero di massa, tendenza o mentalità ma come coscienza e valori sociali.
    Nel frattempo questo diviene un rifiuto reciproco poiché la società, dentro se stessa, non li riconosce come parte di essa.
    Questa gente non trovando nessun aiuto e nessuna soluzione ai loro problemi, anche per inerzia, per ignoranza e spesso per disperazione o istinto di sopravvivenza sceglie la strada più facile nella loro realtà e cioè la delinquenza.
    Lo stesso meccanismo base della nascita e lo sviluppo del sistema mafia
    In questa realtà la morale non esiste o meglio la morale è giustificare questo delinquere in risposta alla carenza dello Stato, al disprezzo che ricevono dalla società ed alla loro incapacità di trovare un modo per campare, in una realtà chiusa, senza confronto e sviluppo mentale, dove diviene giusto ciò che non lo è.
    Il delinquere spesso è qualcosa di leggero: furti e vendita di merce rubata ecc.
    Ma chi sa usare quella furbizia delinquente, quella scaltrezza tanto vantata in questi ambienti, fa di peggio e ricava sempre più.
    Diventa normale e giusto infischiarsene delle leggi, le quali sono assurde per chi è cresciuto dove si lotta per la sopravvivenza nel vero senso della parola, in una mentalità da ghetto-siciliano dove perdura quel gran polverone di prima.
    Penso però che anche lì, adesso, qualche coscienza pulita comincia a nascere ma non c’è ribellione o una rivoluzione di coscienze perché si ha paura e si è soli come intorno ad un branco di leoni.
    Anche l’omertà è forte. Si sa che è giusto così e colui che vive nella delinquenza fa bene e può sempre tornare utile poiché possiede un certo “potere” e stima.
    È lo stato che è sbagliato! È ingiusto! Pensano.
    Delinquere è un modo di riscatto o più semplicemente la soluzione ai problemi e la possibilità di un sufficiente mantenimento per la famiglia.
    Questo agire di riflesso, sugli altri, è come uno spot pubblicitario che offre la soluzione migliore a chi ancora non ha provato il prodotto.
    Così gli indecisi vengono invogliati e tutto sembra facile, provvidenziale e giusto.
    Molti si accorgono di crescere economicamente ed anche di visibilità e quindi di potere.
    Divengono consapevoli che questa loro scaltrezza e questo agire possono essere più utili in altri ambienti più redditizi.
    Ed ecco qua che entra in gioco la mafia la quale acquista sempre più radici.
    Molte di queste “nuove radici” non assumono nessun ruolo ma sono semplici tirapiedi o meglio “pezze da niente” ma che in gran numero sono fondamentali per la mafia, come le radici appunto.
    Uomini che alla fine singolarmente non contano granché nella struttura mafia.
    Semplici pedine.
    A volte però riescono a “far carriera” all’interno della struttura ma il loro vantaggio è illusorio poiché spesso non stanno dentro la mafia ma solo ai suoi bordi.
    Ma sempre vivendo a discapito della società perché al di sopra di tutti e tutto, riscattandosi nel modo più sbagliato ed illudendosi di essere migliori degli altri intorno a loro.
    Come una guerra tra poveri.
    Possono pure riempirsi di soldi e potere ma dentro rimarranno sempre dei poveri disgraziati e delinquenti.
    È questo è l’esempio che vien dato alle future generazioni, chiusi in quel mondo.
    L’esempio che hanno ricevuto i loro padri dai propri genitori.
    Sono come delle radici che si rinnovano sempre e danno sempre forza a quell’albero.
    A volte non sanno e possono fare altro.
    Non è colpa loro, ci nascono dentro.
    Dobbiamo evitare questo!
    Nei decenni tutto ciò si ripete da padre in figlio e la società, lo Stato nonostante i suoi sforzi non ha trovato delle soluzioni definitive che faccia si che ciò non accada mai più.
    Si è cercato di sconfiggere la mafia in tanti modi, grazie alla volontà e coraggio di eroi amanti della giustizia e del bene comune, a discapito della loro vita.
    Ma non è finita,la mafia esiste ancora.
    Sembra quasi di lottare contro un gigante.
    Ma si sa che anche se è grande ed alto, un gigante lo si può abbattere dal basso, dalle basi.
    Vi ho fatto l’esempio dell’albero.
    E questa mafia si può sradicare come un albero, si devono tagliare necessariamente le radici.
    La parte fondamentale, vitale che alimenta l’albero.
    Lo si può fare! E bastano solo tre fasi, tre punti da risolvere:

    1. disoccupazione,
    2. ignoranza,
    3. emarginazione sociale.

    So che è una lotta quasi impossibile, anzi utopica ma credo che sia l’unica risolutiva.
    Quindi quando si inizierà questo tipo di lotta ci sarà la scomparsa graduale ma definitiva della mafia.
    Forse è un sogno ma rimane pur sempre una soluzione e vi è bisogno di anni ma ci si deve attivare al più presto per poter guardare avanti e sapere che ci sarà un giorno in cui tutto finirò.
    Prima si inizia, seppur con lentezza e difficoltà, e prima si risolverà o comunque si darà un metodo, un modo per provar davvero ad estirpare la parola mafia dal sistema sociale.
    Quindi ecco qua!
    Lo Stato, le istituzioni hanno una difficile ed utopica soluzione per il problema ma l’unica vera e logica.
    Una soluzione formica per sradicare un enorme albero lentamente e pazientemente.
    Sta soltanto a noi decidere la fine di questo male sociale.
    Uno strumento da utilizzare per attivare questa soluzione e sradicare l’albero c’è ed è la società o meglio ancora ogni singolo uomo, ogni singola testa.
    Diamo un metodo e non solo ideali, quelli saranno più utili con un metodo da applicargli ed affiancargli.
    E poi i tempi sono già maturi per la Sicilia e tutto il Sud Italia

    Iniziamo a tagliare le radici che intanto cadono le foglie……………

    Ospiti
  • 20 commenti a “Iniziamo a tagliare le radici che intanto cadono le foglie…”

    1. Peccato. Se solo avessi diviso l’omelia in più volumi, Rosalio avrebbe potuto campare di rendita sul tuo lavoro per tutta l’estate. 😉

    2. Ma questo non è un post! E’ un coacervo bulimico di parole!
      Diceva un grande giornalista che la bravura consiste nell’esprimere più idee possibili usando il minor numero di parole: ah, sig. Russo, perché non l’ha ascoltato?

    3. sarò breve: sono d’accordo con i primi due commenti.

    4. Vabbé… ‘u capivu !…

    5. Post? Non so chi avrà la pazienza e il tempo per leggerlo.

    6. NO COMMENT.
      Non sono riuscito a leggerlo tutto.

    7. Devo essere sincera. Le prime volte ho letto i post dell’autore spinta da un apprezzamento fisico. Poi ho scoperto argomentazioni e temi interessantissimi, che adesso mi portano ad apprezzare in pieno le psrole del pur sempre sapurito luca.

    8. Peccato!
      se pensi che leggo il tuo post stai fresco!

    9. Però ho letto il titolo.
      Presuntuoso!
      Hai voglia di tagliare radici.
      Quelli sono un cancro.
      Più tagli,più metastasi vengono fuori.

    10. Certo che il sig. Russo oggi ha sbancato il jackpot: nessun commentatore ha praticamente letto fino in fondo il post mammouth, figurarsi apprezzarlo, ma ha ricevuto al tempo stesso i complimenti di mrs. Colorina.
      Certo che era difficile andasse peggio.
      Si faccia coraggio.

    11. Che è lungo (il post, si intende) non vi è dubbio…tuttavia non capisco le aspre critiche.

    12. Colorina
      La Mafia e’ una roba seria.Il mondo e’ pieno di Mafie.Se ci fosse modo di porre fine a questo tipo di criminalità,pensi veramente che si sarebbe dovuto aspettare i suggerimenti del signor Luca Russo?

    13. E proprio per questi motivi bisogna parlarne. ..tutti, senza distinzione. Mirabile ad esempionil caso della regista Roberta Torre che con il suo film Tano da morire ha sdoganato la presa per il culo nei confronti della mafia.

    14. Tano da morire,
      un film che si rivede sempre con piacere!
      Non fa che confermare quello che ho scritto.

    15. Stando a quanto scritto senza voler offendere l’autore, il post sembra tutto un farneticare di banalita Scritto male nella forma e nella sostanza. Rosalio pubblica davvero qialsiasi cosa o vi è una qualche ragione per dare spazio al nulla??

    16. In effetti, sig.ra Cristina, sono anch’io talvolta sbigottito dal cuor d’oro di Tony, che pubblica spesso scritti che a definirli imbarazzanti si fa un complimento, ma forse ha delle capacità di talent scout sopraffine che noi non riusciamo ad individuare.
      O forse, nel caso specifico, essendo Tony di Capaci, e vivendo il sig. Russo nello stesso ridente borgo, si può ipotizzare una conoscenza personale con le conseguenze del caso.
      Ad ogni modo lui è il capo ed il capo ha sempre e comunque ragione.
      Punto.

    17. David non ho il piacere di conoscere il sig. Russo e trovo che ultimamente è raro leggere tuoi ragionamenti intelligenti. Forse hai bisogno di una vacanza. 😉

    18. Rosalio ha una logica inclusiva da sempre. Se il post non vi piace passate pure oltre o criticatelo, riguardo alla politica editoriale non vedo il motivo di cambiarla e comunque non è il tema del post. Vi invito a rimanere in tema. Grazie.

    19. “.. trovo che ultimamente è raro leggere tuoi ragionamenti intelligenti..”
      Solo ultimamente, Tony?
      Pensavo di cazzeggiare in modo permanente ed effettivo.
      Grazie, sei veramente un cuor d’oro.

    20. David penso che possa esserti chiaro che questa non è una chat ormai. Rimuoverò ulteriori commenti fuori tema e chattanti. Saluti.

  • Lascia un commento (policy dei commenti)

    Ricevi un'e-mail se ci sono nuovi commenti o iscriviti.

x
Segui Rosalio su facebook, X e Instagram