Miracolo sulla 806
Era una mattina, una calda mattina di luglio. Roberto era pronto per uscire, ma, come spesso accade, non aveva ancora pensato a una meta. Gli capitava spesso di uscire e camminare, lasciando che i suoi passi lo guidassero attraverso i volti della gente e i luoghi che fanno loro da cornice. In fondo Palermo è piccola e spesso per trovare ispirazione devi camminare. Appena uscito dal portone Roberto pensò istintivamente di andare verso il centro, dove i volti sono molti e le storie nascono ai semafori. Roberto aveva con sé un biglietto dell’Amat, quel biglietto che tiene da mesi nel portafoglio per tutte le volte che ha rinunciato a prendere l’autobus per via della lunga attesa. In quella calda mattina di luglio un autobus lo avrebbe sicuramente aiutato a raggiungere il centro città, risparmiandogli la fatica che stanca la mente. Ma quella mattina, forse per volontà del destino, passò accanto a lui un 806, la linea che porta a Mondello. Istintivamente Roberto salì sull’autobus, obliterò il biglietto e prese posto sul primo sedile, quello accanto al conducente, quello su cui sedeva sempre da piccolo perché gli dava la sensazione di guidare lui stesso l’autobus.
Il Parco della Favorità scorreva tra le ombre e la luce che filtrava attraverso gli alberi e il vento che entrava dal finestrino sapeva d’estate. Tutto prendeva forma come un quadro impressionista, istanti e ricordi seguivano i contorni di sensazioni vissute, ma che sanno sempre di nuovo. Ma prima ancora di entrare a Mondello una brusca pennellata pose il suo segno su quel dipinto. L’autista iniziò a rallentare la sua corsa, sino a fermarsi in una area di sosta, dove ad attenderlo c’erano tre controllori, Tre audaci uomini che, sfidando la sorte devota al caldo, attendevano sotto il possente abbraccio del sole.
L’autista spense il motore e aprì le bussole. Il quadro iniziò ad assumere le forme di un racconto epico e gli sguardi attoniti dei passeggeri si chiudevano come conchiglie, per nascondere la perla della loro innocenza, l’inconsapevolezza di dovere obliterare il biglietto quando si prende l’autobus.
I tre uomini in divisa salirono sull’autobus con il loro grido di battaglia («Biglietti prego») ma, contrariamente a quando potreste aspettarvi, non fecero alcuna multa, consentirono di acquistare il biglietto a coloro che ne erano sprovvisti, di obliterarlo a coloro che avevano dimenticato di farlo. Un coraggioso passeggero, rivolgendosi all’autista, chiese perché egli avesse fermato l’autobus, perché vi fosse la necessità di spegnere i motori per fare controllare i biglietti. L’autista, lasciata la sua postazione, rispose al passeggero, pronunciando poche parole, parole inaspettate, lapidarie, come quelle che possono spiegarti per sempre il senso della vita: «Siamo in anticipo di cinque minuti».
Il suono di quelle parole fu così dolce che Roberto non riuscì a trattenere le lacrime. Un autobus in anticipo. Riuscite a leggerlo senza che gli angoli delle vostre labbra raggiungano gli zigomi e un respiro profondo vi aiuti a tirare indietro le lacrime? Un autobus in anticipo. Queste parole risuonarono lungo tutto l’autobus, riecheggiando nei cuori dei passeggeri. Trascorsero appena due minuti, il tempo sufficiente ai controllori per redarguire tutti, e poi i tre uomini scesero dall’autobus. L’ultimo dei tre, prima ancora di lasciare l’ultimo gradino, si rivolse all’autista, pronunciando parole che suscitarono in Roberto le stesse sensazioni del primo uomo andato sulla Luna: «Collega parti, puoi anticipare di due minuti».
Un post sul nulla, ma sovraccarico di parole.
Tipicamente estivo, a mio parere.
L’autobus non era in anticipo, ma era, la frase, una “creazione letteraria” che sottintende varie letture, ed anche processi atavici nella comunicazione… un metodo strategico, allusivo, per dire, tra i diversi significati della frase “ma a ttia chi min.chia t’interiassa”.
Anche perché la domanda era stup.ida, dato che lui i controllori li doveva fare scendere nello stesso punto – strategico – dov’erano saliti.
Min.chia schiffaramento !
Questa scena dei controlli e del corri corri verso l’obliteratrice l’ho vista da sempre.
I motori si spengono per rispetto all’ambiente.
Piacevole da leggere,e,ben documentato.Ottima l’idea di informare il cittadino che i controlli esistono,e quindi via l’idea di viaggiare gratis.
Il cittadino onesto paga il biglietto Amat.
Nome nuovo, vecchio troll.
Tutto regolare.
Vi invito a rimanere in tema e vi ricordo che questa non è una chat. Grazie.
Non ci sono più i passeggeri di una volta !
Prima si sentiva “Mi u sceriffu c’è ! Amunì scinni, sghigna !”
Mi è capitato vedere autobus svuotarsi letteralmente per lasciare entrare il controllore con i pochi passeggeri possedenti regolare biglietto obliterato. Ahahaha
Certo con tre controllori, uno per porta, i passeggeri che avrebbero voluto scappare non avrebbero avuto alcuna possibilità. Dunque si sono rassegnati a pagare il biglietto.
Fortunati che hanno trovato i controllori che non gli hanno fatto la multa.
I controllori che non hanno fatto le multe hanno teoricamente anche violato la legge. Cioè, perchè un passeggero munito di biglietto deve vedere che uno che non l’aveva non viene multato?
Non è giusto per lui e non è giusto per la comunità che pagherà la negligenza dei passeggeri e dei controllori con le tasse.
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