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  • Il Congresso di Palermo

    Il 9 giugno 1815 a Vienna, una classe dirigente inadeguata si convinse che era possibile fermare la storia semplicemente portando indietro le lancette dell’orologio. Non capirono cosa era successo nei trent’anni precedenti e ritennero, accecati dalla loro arroganza, che con un processo di restaurazione potesse essere annullata la rivoluzione francese e il germe di libertà che questa aveva diffuso in Europa.

    La foto ritrae Palazzo Bonagia, è stato Teatro di rovina nell’ambito di Kals’art, una manifestazione organizzata dal Comune nel 2004, 2005 e 2006. Un luogo magico, come ricorderanno quanti lo hanno frequentato in quella stagione. Le location furono uno degli elementi che fece di Kals’art in quegli anni il terzo festival in Italia dopo Umbria jazz ed Arezzo wave, che avevano trenta e venti anni di storia alle spalle. Partivano da Palermo le principali tournee italiane e da Palermo prese avvio, anche con il mio contributo, il primo coordinamento di festival etno-folk italiano. Quella prestigiosa ed ammirata sede è in fase di restauro e diverrà un archivio dell’Ospedale civico. Non più luogo in mostra a turisti ma un deposito di cartelle cliniche.

    Più o meno a quegli anni risale la nascita del Nuovo Montevergini. Anche questo era inizialmente destinato ad ospitare i libri della biblioteca regionale, e l’allora sindaco Cammarata, al quale occorre cominciare a restituire qualche merito, voleva che fosse aperto alla Città. Il Teatro Montevergini è chiuso da un anno. L’associazione che lo gestiva ha rimesso il mandato alla nuova giunta con l’idea di aprire una riflessione aperta alla città sul futuro di quest’esperienza. Stiamo parlando di un luogo che per molti anni è stato l’unico riferimento per chi si occupa di teatro a Palermo, un posto realmente aperto e a disposizione di compagnie e spettatori. Il teatro ospitava un festival unico nel suo genere rivolto sopratutto a nuove proposte e nuove tendenze, ovvero a quanto difficilmente potrebbe trovare posto nella stagione del teatro stabile. Il Teatro a quanto pare non sarà riaperto, l’amministrazione sembra intenda destinarlo a uffici, o destinarlo a scuola di teatro, in gestione a quel Teatro Biondo, brillantemente diretto da Roberto Alajmo, che sembra essere diventato il paravento all’incapacità di questo governo di esprimere un progetto culturale diverso dal tirare a campare.

    Ho la sensazione di assistere a un déjà-vu. Così come appena insediata la giunta Cammarata soppresse il festival di Palermo sul Novecento e concluse l’esperienza di Palermo di Scena, oggi si compie un processo identico ed in direzione contraria. Un percorso parimenti mediocre e volgare: quanto nel precedente governo della città ha avuto senso ed ha funzionato va smantellato, come se non fosse mai accaduto, come se l’identità della città potesse ancora oggi essere sotto l’isteria umorale di questo o quel Sindaco, di questo o quel assessore.

    Umbria jazz ha 40 anni di storia ed è un brand internazionale e questo lo deve anche alla sua longevità: se ogni cinque anni si riparte, tralasciando cose fatte, competenze acquisite, idee e progetti, non radicherà e non crescerà mai nulla. Azzerare quanto ha fatto il predecessore significa concepire il governo come un’azione contro qualcuno e non in favore di qualcosa.

    Da una parte si cancella quanto c’è, dall’altra si tenta di ritornare indietro agli anni novanta. Torna Festi (sua moglie a dire il vero) al Festino. Si rianima un progetto stanco e malconcio come quello dei Cantieri Culturali senza aggiungere una sola idea nuova. Una cittadella della cultura ha senso a Palermo, ma non certo come unico pilastro di un progetto culturale per la città e non certo in alternativa ai tanti spazi che nel frattempo sono nati ed hanno fatto cultura. Mi riferisco alle tante associazioni che in una situazione difficile hanno operato, ai Candelai, all’Agricantus, al Nuovo Montevergini, al Teatro delle Balate, al Palab, al Teatro delle Beffe, giusto per citare alcuni luoghi che mi vengono in mente e scusandomi con i moltissimi che non sto citando. Tutti loro sono stati ciascuno a proprio modo cultura a Palermo nell’ultimo decennio e rispetto a questi sarebbe stata e sarebbe tuttora necessaria una politica di cornice, una riflessione programmatica, indipendentemente dal certificato elettorale e dalle amicizie politiche di chi li gestisce.

    Lo scempio sotto le mentite spoglie di restauro in atto a Palazzo Bonagia, l’ostentata e violenta chiusura del Teatro Montevergini addolcita dalla destinazione a scuola di teatro del Biondo, la restaurazione al Teatro Garibaldi, l’improbabile ritorno al festino di Festi (o di sua moglie), la smaccata debolezza del progetto dei Cantieri Culturali (non me ne voglia l’incolpevole Giuseppe Marsala), sono tutte azioni che hanno i crismi dell’impianto di una restaurazione in assenza di idee. Qualcuno avvisi il Sindaco che siamo nel 2014 (non nel 1995) e che ha solo tre anni per dare un segno diverso al suo ultimo mandato da Sindaco (un augurio per lui e un auspicio per noi), quello con il quale sarà ricordato negli anni a venire, perché della cosiddetta Primavera che fu direi che ne abbiamo avuto tutti abbastanza.

    C’è un nuovo assessore alla Cultura è giovane, dovrebbe essere lontano culturalmente dal vecchiume ideologico della giunta cui appartiene. Ha l’occasione di mostrare che non è solo una foglia di fico usata dal sindaco per nascondere la complessiva mediocrità della sua azione di governo di questi due anni: «Assessore, è giunto il momento di agire!».

    Nel 2014 a Palermo una classe dirigente inadeguata è convinta che chiudendo i teatri si possa cancellare quanto è avvenuto mentre erano aperti, e che cosi facendo sia coerente candidare una città a capitale della cultura.

    «Caro assessore difendere i teatri della città, occuparsi degli spazi culturali è la sua prerogativa istituzionale: se c’è batta un colpo».

    Palermo
  • 2 commenti a “Il Congresso di Palermo”

    1. Caro Giovanni, quanta amarezza. In questi vent’anni ho sempre creduto che con il mio lavoro potevo contribuire alla rinascita di una città, a migliorare nel mio piccolo la nostra Isola. Ho sempre fatto del mio meglio perché la cultura potesse essere un volano di ecomie altre e di socializzazione. Ho aperto luoghi, ho inaugurato spazi, ho portato avanti Festival e rassegne che troppo spesso oggi vedo chiudere. Serve un nuovo slancio per la cultura a Palermo, per la cultura in Sicilia. Non possiamo pensare che il nostro sviluppo e il nostro turismo prescindano dai nostri beni culturali e dal loro uso virtuoso. Il mondo corre e noi restiamo fermi a guardare. Il Turismo culturale sceglie altre mete e noi ci culliamo sul nostro essere esoticamente interessanti. Serve coraggio e progetto! Serve identità e professionalità. Serve Palermo e servono i palermitani.

    2. Caro Alfio.
      come te ho aperto luoghi, invitato a Palermo artisti, musicisti, registi, provato ad innescare sinergie con il tessuto culturale della città. Ho sempre creduto che la cultura, la capacità identitaria di un popolo, fosse la sua ricchezza. Ci ho creduto molto, mi sono speso. Credevo che la cultura potesse essere un volano di cambiamento. Non ci credo più. Ho visto troppe opportunità, troppe cose belle buttate via nell’ignoranza e nell’arroganza. Credo piuttosto che un cambiamento si ripercuota nella narrazione culturale che un popolo sa fare, e che questa divenga poi parte di un progetto economico e turistico.
      Dopo, non prima. Per cui il cambiamento che io immagino non può passare da percorsi culturali, ma da un cambiamento radicale delle coscienze e della classe dirigente. Questo cambiamento maturerà quando le inefficienze, l’assenza di risultati, la plateale incapacità ed arroganza della classe dirigente sarà insopportabile al punto giusto. Quanto basta? Non lo so. Cuffaro adesso sembra un gigante rispetto ai suoi successori, questo dà la misura che la nostra capacità di assorbire non si è ancora esaurita. Cosa sapremo subire oltre Crocetta per svegliarci? Vorremo la sicurezza di un ennesimo mandato a Orlando in memoria di quello che ha fatto in passato O proveremo a sporcarci le mani per costruire la città che desideriamo nel futuro? Sapremo uscire dalla dialettica dell’invidia e del fotticompagno?
      Quello che ho scritto in questo post è ampiamente condiviso, lo sai tu e lo so io, ma a conferma della mediocrità nella quale viviamo ogni giorno nessuno si espone, perchè in tutto questo siamo un popolo vile che difficilmente troverà voglia e coraggio di esprimere un parere avverso al potere. Per riprendere le tue parole non possiamo pensare che il nostro futuro ed il nostro turismo prescindano da noi!

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