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lunedì 18 nov
  • Orenove – Cosa mi hanno portato i Morti

    Chiara mi ricorda quando, la mattina del 2 novembre, si svegliava con l’ansia di “perquisire” la casa che, la sera precedente, sua madre e io avevamo disseminato di regalini nel rispetto di una nostra singolare tradizione: quella di ricordare la memoria dei defunti facendo regali ai bambini imbrogliandoli. Sissignore. La bufala era che i regalini li avevano portati gli affetti che non c’erano più, specialmente i nonni che erano in pole position. Questo aveva qualche perfido effetto collaterale visto che poteva succedere che qualche marmocchio guardasse ai nonni ancora vivi con un muto rimprovero appena compensato da qualche vecchio zio che aveva salutato e veniva assegnato al munifico ruolo del defunto donante.
    In questo giorno a suo modo magico, la città si riempie di bambini in festa. Ecco perché qui da noi non si dice Commemorazione dei Defunti ma Festa dei Morti che sa un po’ da film horror perché, chi non sa, pensa a un posto dove vagano zombi al rallentatore, ectoplasmi e dannati danteschi.
    È tutto il contrario. La città diventa come un enorme studio cinematografico, come la Metro Goldwin Mayer all’ora della pausa pranzo dove centurioni e marziani si incontrano al bar per un hamburger e una Coca.
    Qui, nelle piazze dei quartieri popolari si incrociano supereroi della Marvel, indiani, harry potter e cromagnon. E mentre nelle case si fa spazio per montare percorsi di trenini elettrici e case di Barby, per le strade si incrociano bici nuove nuove, micromoto, pattini, skateboard. E negli ospedali fanno gli straordinari a ortopedia. Per noi bambini era meglio del Natale perché c’era, fondamentale, l’elemento della sorpresa e la sera prima un brivido di paura per l’attesa visita dei Morti. Paura solo residua, però, perché i bambini sono troppo scaltri e scafati. Ma quale morti: tutti sapevano a chi era veramente destinata la lettera che, formalmente, scrivevamo per lasciarla sul tavolo del soggiorno qualche giorno prima e nella quale mettevamo la “top ten” dei nostri “desiderata”. E che possiamo farci? Siamo complicati nei nostri rituali magici. Ma a noi picciriddi la cosa piaceva un casino e il Giorno dei Morti era, ma guarda un po’, un giorno felice ed eccitato. Addolcito dai dolci del periodo: i frutti di martorana, il “misto dolce”, gli “ossidi morto”, i pupi di zucchero.
    Stamattina, per non perdere l’abitudine, ho guardato sotto il letto ma c’era solo Diego (una volta tanto sotto e non sopra). Lo adoro, è il mio compagno di vita quotidiana ma non è più un regalo visto che ha già avuto il tempo di mangiarsi mezza casa scodinzolando affettuosamente. ( si è appena fottuto un calzino e un calzascarpe. E’ uno specialista nel settore “piedi”).
    Ma questo non vuol dire che non abbia ricevuto regali. Anzi.
    Innanzitutto i Morti mi hanno regalato la consapevolezza che sto ancora dall’altra parte, cioè da quella che i regali li riceve ma non li fa. Vi pare niente?
    Stamattina ho guardato le foto di Liliana e Chiara, che sotto il letto non entrerebbero più ma che sono il regalo più bello che abbia ricevuto nella mia vita. Chiedo venia: sono un padre all’antica (ma solo per amore, non per severità, qualità nella quale denuncio un grave ritardo).
    Ho trovato l’amore. Per tante cose. C’è un amore lontano e vicino insieme che mi riempie la vita, il cuore e la testa di infinite cose belle, c’è l’amore per il mio lavoro, c’è l’amore per un libro in uscita e quello per uno spettacolo che stiamo già provando.
    Sono un uomo fortunato e giorni come questi me lo ricordano malgrado i tg ogni mattina mi assegnino alla sconfinata categoria degli italiani protestanti (compresi i cattolici).
    Penso ai bambini in viaggio sui barconi, al freddo, con gli occhi pieni di buio. Altro che regali. Quando sarò nella categoria dei donatori, a loro vorrei regalare mari calmi e il sole di mezzanotte perché pensino al Canale di Sicilia come a un grande campo dove coltivare sogni e speranze. E non come a un mare mangia vite.
    Penso agli ultimi di Biagio Conte, discarica di uomini perduti, dove essere penultimi è già un premio. Penso al loro vagare catatonico, chinati i rai fulminei, le braccia al sen conserte, impegnati a fronteggiare l’assalto del sovvenir dei dì che furono. Senza neanche essere mai stati Napoleone.
    Penso ai ragazzi ormai troppo grandi per ricevere una bambola o una bicicletta ma ancora senza lavoro.
    Penso agli innocenti del mondo, finiti troppo presto anche per avere nipotini cui mandare doni.
    Penso a Reyanhee che penzola da una forca integralista per essersi difesa da uno stupro.
    E penso che sono libero di uscire, di prendermi quest’ultimo sole prima del preavviso d’inverno. Nel mio Meteobilli avevo vaticinato che per i morti saremmo potuti andare a prendere un po’ disole a Mondello. Ebbene, ho mantenuto la promessa. E questo il regalo che vi faccio. Da vivo, però.

    Orenove
  • Un commento a “Orenove – Cosa mi hanno portato i Morti”

    1. aspettavo sempre con eccitazione questo momento , e devo dire che o un pizzico di nostalgia….!!! Erano tempi dove respiravi aria di festa e soprattutto calore domestico, tutto ti sembrava magico, in alcune case, si usava nascondere la grattugia perché si diceva che i morti sarebbero andati a grattare i piedi a chi si fosse comportato male. (“mi diceva mia madre”) per poi la mattina seguente trovare la tavola imbandita di
      “Pupa ri zuccaro“ “Ossa ri muortu” “Frutta Martorana” …..!!!
      Nel tempo, a questi semplici regali si sono stati aggiunti e anche sostituiti giochi costosi e tutti ormai sanno che i morti non portano nessun dono. Sarà anche vero, però si è perso quel velo di mistero gioioso che aleggiava in tutte le case di un tempo.

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