L’assuefazione a certi comportamenti non consente di coglierne l’anomalia
Lo scorso settembre mi trovavo a Palermo e un pomeriggio, a conclusione di una passeggiata nel quartiere del Capo, arrivai a Villa Bonanno, per me uno dei luoghi più affascinanti della città.
Attraversandola, notai un gruppo di persone sotto il monumento dedicato a Filippo V.
Incuriosito, mi avvicinai e così vidi che si trattava di persone che partecipavano ad una visita guidata.
A un certo punto, la mia attenzione fu colpita da un gesto compiuto da un signore, di non giovane età, che collaborava con chi guidava quel gruppo di persone nell’illustrazione di quel monumento: mentre raccontava alcuni episodi legati all’epoca alla quale risale quel gruppo scultoreo, finito di fumare (non ricordo se una sigaretta o un sigaro), gettò il mozzicone, con assoluta naturalezza, all’interno dell’area racchiusa dalla cancellata che circonda quel monumento, di quel monumento di cui esaltava la bellezza.
Quello che mi colpì di quel gesto non fu tanto la “naturalezza” con la quale fu compiuto quanto la mancata reazione da parte delle persone che partecipavano a quella visita guidata.
Trovai quel gesto assolutamente stonato, incongruo, fuori contesto: ma come, pensai, da una parte si cerca, con simili iniziative, di far conoscere ai palermitani le bellezze della loro città, di suscitare in loro un minimo di senso di appartenenza ad una comunità, e poi ci si comporta in questo modo!
Purtroppo, con mia grande tristezza, quel gesto passò inosservato; evidentemente fu considerato “naturale”.
Quell’episodio non fa che confermare che se le cose stanno come stanno non è tanto per quelli che tengono certi comportamenti quanto per quegli altri che non ravvisano in questi comportamenti alcuna anomalia (per non parlare di quelli che, pur accorgendosi di qualcosa che non va, stanno a guardare).
C’è però da tener presente che ciascuno può percepire come anomalo soltanto ciò che è in grado di riconoscere come tale.
Se nessuno fa notare a queste persone che non sono comportamenti corretti, continueranno imperterriti.
Purtroppo è abitudine di molti di noi palermitani osservare e indignarsi senza però intervenire. La conseguenza di questo atteggiamento è che le anomalie non riprese diventano prassi e normalità.
Purtroppo per vivere nella nostra città bisogna “adeguarsi” alla “cultura” dominante. Il cittadino che rispetta le regole e le leggi è un alieno, che tende ad essere emarginato. Non è un problema genetico ma culturale. Una mia conoscente tedesca, che nel suo paese è una cittadina modello, appena arriva a Palermo si “trasforma”. Passa con il rosso, posteggia in doppia fila, butta le cicche delle sigarette in strada , non rispetta i segnali stradali ecc. ecc. . Mi spiegò che tale comportamento, quando è a Palermo, per lei è normale, come è normale comportarsi da cittadina modello nel suo paese d’origine, Un vecchi proverbio dice che il pesce “fete” dalla testa. Se non c’è nessuno ha controllare, i nostri istinti più bassi prendono il sopravvento. Solo l’esempio e l’autorevolezza dei nostri amministratori e/o la “paura” della punizione può modificare questi nostri comportamenti. Ma se la macchina di scorta del sindaco viene posteggiata sopra il marciapiede o la macchina blu di un assessore attraversa un incrocio con il rosso o vengono scelti i dirigenti delle varie partecipate per la fedeltà al capo e non per le loro competenza e preparazione, e difficile che il cittadino si comporti in maniera civile. L’illegalità, piccola o grande, è il clientelismo sono i dati culturalmente significativi di questa nostra città . A parole vorremmo una città normale ma nella realtà, gran parte dei palermitani, non vuole che si cambi. Palermo è una città a immagine e somiglianza dei suoi cittadini, e gli amministratori non sono migliori dei loro “sudditi”.