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sabato 23 nov
  • L’inferno terrestre: il pronto soccorso palermitano

    È circa l’una di notte, sono rientrata da poco a casa dopo aver trascorso una gran quantità di tempo al pronto soccorso del Civico di Palermo e, tuttavia, credo che spendere ancora qualche minuto per trasformare queste ore inutili della mia vita in qualcosa di costruttivo, sia una sorta di rivincita personale.

    Un mio caro amico è stato tamponato da un’automobile mentre faceva ritorno dal lavoro. Così stordito e dolorante a causa della botta, lo accompagno insieme alla sua ragazza per accertarci che non avesse nulla di rotto.

    Arrivati nei pressi dell’ospedale, posteggiamo e ci accoglie il “Totuccio” della zona che tiene a ripeterci ogni tre secondi «buonasera», non è gentilezza né compassione, pretende la quota per la sua “dose” giornaliera di caffè, precisando: «Io sono qui fino alle undici di stasera…poi…».

    La coppia prosegue verso l’entrata non curandosi del posteggiatore e lasciandolo lì, come un avvoltoio che aspetta il pasto.

    Entrati, la temperatura interna è come se ci prendesse per la gola e ci accompagnasse attraverso la sala d’attesa, mentre quella piccola percentuale d’ossigeno è mista a starnuti Chanel n°5, ansimi e fetore che emanano due poveri barboni, che “abitano” lì.

    Cerchiamo lo sportello e ne troviamo una sottospecie, blindato con del cartone. Dopo una lunga prima attesa, il mio amico spiega a una dottoressa cosa gli è accaduto, poi un secondo medico gli misura la pressione e infine gli donano un foglio con relativo codice VERDE dicendogli: «La chiameremo noi per la visita».

    Ci sediamo e attendiamo.

    Passa la prima ora, ma lì dentro ci sono gli stessi volti, gli stessi sguardi, lo stesso tanfo (anzi adesso più forte dato che i “padroni di casa” ci attorniano), gente che sviene a destra e a sinistra, alcuni zoppicano e altri cercano di assumere posizioni in modo tale da non accentuare il dolore, dato che non c’è neanche una sedia a rotelle che li possa agevolare.

    Un lazzaretto praticamente!

    Passa la seconda ora, così mi avvicino alla signora dello sportello di cartone e, dato che non esiste un display che ci informi, chiedo quanti pazienti ci sono col nostro stesso colore, prima di noi.

    Lei mi dice 20.

    Passa la terza ora, nel frattempo i barboni ricevono la loro cena da alcuni volontari, credo fosse la loro solita ronda serale dato che si conoscono, portano anche una bella dose di positività e di calore familiare a questi poverini, che mangiano e si sistemano comodamente lungo la fila di sedie per fare un pisolino.

    Passa la quarta ora, i pazienti diventano troppo impazienti, qualcuno perfino esclama: «Minchia le guardie giurate! Quattro dottori per un cristiano…Si ‘ntisi male Totò Riina!?».

    A questo punto io ritorno a casa, mentre l’infortunato decide di cambiare pronto soccorso e andare al Policlinico. Lo attende una lunga notte, ritornano a casa alle 8 del mattino.

    Ritornata a casa, stanca e con mezzo esaurimento nervoso e forse con la peste, do uno sguardo a facebook e mi fermo a guardare il video di Edoardo Stoppa, inviato da Striscia la Notizia proprio qui a Palermo.

    Le condizioni di vita di due cani sono il motivo per cui Striscia viene interpellata da alcuni i passanti che avevano notato i maltrattamenti.

    Gli animali sono palesemente malnutriti e malmenati dal padrone che, come ciliegina sulla torta, si scaglia come un pazzo furioso e mafioso verso i giornalisti, mandandoli a quel paese.

    Adesso il mondo conosce questa bestia d’uomo che maltratta degli animali indifesi.

    Automaticamente mi sovviene una domanda: «Ma il punto è: Chi difende noi? Noi persone?».

    Un silenzio scoraggiato riempie la mia testa.

    Chi si fa portavoce dei nostri diritti come quello di essere curati? Assistiti?

    Qualcuno risponderebbe: «Fai come i passanti, chiama Striscia!», ma per ottenere cosa?

    A fine video il proprietario dà una ciotola di cibo ai cani denutriti, credo per continuare a tenerli buoni, sottomessi e illusi, ma sappiamo bene che prima o poi si ammaleranno e moriranno.

    Noi palermitani, siciliani, come quei poveri cani, arranchiamo e sopravviviamo, non viviamo.

    Ospiti
  • 12 commenti a “L’inferno terrestre: il pronto soccorso palermitano”

    1. Inutile stupirsi. Le direttive della spending review applicate alla sanità sono chiare: l’assistenza di pronto soccorso deve essere riservata ai soli (pochi) casi palesemente urgenti. L’assegnazione dei codici di priorità (triage) è organizzato in modo che se pure non c’è nessuno ma ti assegnano un codice verde, ti tocca un’attesa talmente lunga da farti passare la voglia di tornare nella stessa struttura con gli stessi sintomi. Il messaggio più o meno velato è: se non state sanguinando, se non avete perso un pezzo del corpo, se non vi siete rotti un osso… non venite. Andate dal medico curante.

    2. Fesserie
      quando non si parlava di spending revue la situazione era la stessa.
      Il sangue non c’entra.
      Puoi morire per infarto,ictus,etc.e sangue non ne vedi.
      Se stai male di notte
      di sabato o di domenica
      che fai?Aspetti lunedì per andare dal medico generico?
      La verità e che le strutture di primo soccorso sono scadenti,fatiscenti,e danno un servizio inadeguato.
      Una volta accompagnai una persona che aveva un problema di sanguinamento anale.Dopo 4 ore di attesa abbandonammo il turno.Un infermiere ci aveva detto : se e’ sangue rosso,non è cosa grave.Cosi decidemmo di rinunciare!Ma sicuramente in stato di preoccupazione.

    3. Vabbe non facciamo gli gnorri.molti dopo piccoli incidenti stradali si fanno repertare solo per l’assicurazione.Credo ,ma posso sbagliarmi,che in alcuni casi a palermo si abusa dei servizi di pronto soccorso.
      Poi secondo il mio modesto e ignorante patate il post risulta “brutto”

    4. Ti sbagli !

    5. A chi sommessamente scrive e pensa che ciò che ha vissuto sia figlio della mancanza di efficienza o di solerzia o di impegno, in sintesi di assenza di professionalità, rispondo altrettanto sommessamente, non arresa , questo mai, dalla parte del malvagio operatore di pronto soccorso. Siamo pochi, siamo stremati, siamo insultati, anche picchiati all’occorrenza. Siamo interrotti continuamente durante processi mentali e operativi che se ti distrai, in quel preciso momento in cui la concentrazione può determinare una prognosi, da domande e insistenze e ingressi violenti di ciascuno creda essere l’unico al mondo, con i suoi malesseri, veri o falsi, con la prepotenza di chi non conosce il rispetto delle regole, con la presunzione di chi ordina esami diagnostici come fosse al ristorante, con il dolo di chi sa che basta dir così è tanto mi faranno gratis ciò che pagherei all’interno di un corretto percorso da seguire in elezione. Tutto è urgenza, emergenza. Ripetuta dichiarazione, sintomo di prepotenza e ignoranza : “il mio parente è un codice rosso”, nemmeno immaginando nella più profonda ignoranza e prepotenza che li abita, che al più sarebbe “in” codice rosso. E allora i nostri sapienti e indistruttibili infermieri li avrebbero fatti entrare in sala visita perché perfettamemte in grado di riconoscerne il livello di urgenza. Ma tutti sanno tutto, tutti hanno trascorso 10 anni della loro vita chini sui libri e il loro giovane tempo libero all’interno degli ospedali a imparare. Tutti sanno, tutti pontificano, tutti giudicano. Provate a guidare nella nebbia con l’autoradio a tutto volume , con i pedoni che vi attraversano a sorpresa, con picchiatori minacciosi che si nascondono dietro ogni curva. Provate a comunicare a un parente che il suo caro sta per morire non trovando uno spazio, nemmeno acustico, perché altri parenti si infilano tra voi, la vostra difficoltà e il loro dolore , a rubare , ascoltare, spiare , violare il privato di diagnosi che diventano pubbliche, di corpi alla mercé di invasori senza confini di rispetto, di destini pubblici perché solo il loro parente conta, abbia o no una patologia seria. Riflettete un momento, vi prego, sulle nostre “non vite”. Sulla fatica di un massacro fatto di turni interminabili, notti eterne a velocità di esercizio insostenibili, notti in cui devi pubblicamente dichiarare, alla tua età, in divisa, come all’asilo, “vado un momento in bagno”, per non sentirti inseguire e insultare perché per 3 minuti in 12 ore di massacro guadagni un istante di tregua dall’inferno. Inferno si . Ancora una volta, ancora e sempre, vien fuori il maledetto “punto di vista”. Non esiste nulla al di fuori di sé stessi, del proprio individuale assoluto “io”. La ragione per cui noi operatori malvagi e indifferenti continuiamo a lavorare e pensare e agire con passione ai limiti dell’impossibile è quel suono meraviglioso accompagnato da un sorriso di chi sa ancora dirci “ma in che condizioni tornate a casa a fine turno?”. Per loro, che conoscono il valore della parola RISPETTO, il fare il MEDICO di pronto soccorso resta per noi la professione più bella del mondo. Costi quello che costi.

    6. Non mi pare che si sia messo in dubbio la professionalità e lo spirito di sacrificio dei medici.Si è parlato di inadeguatezze strutturali e organizzative.Carenza di spazi ed attrezzature,scarsità numerica di operatori,
      determinano tempi di attesa ritenuti inaccettabili.Si possono fare tantissime cose per migliorare un Servizio
      attraverso cui passa ,prima o poi,ciascuno di noi,medici compresi.Ed amministratori.
      Bisogna rivedere i numeri,le statistiche sugli interventi,gli esiti.
      La dislocazione topografica delle strutture ,
      In relazione alla concentrazione demografica.
      Il numero di sale visita plesso per plesso.
      Occorre informare la cittadinanza ed instradarla correttamente.

    7. In italia esistono le guerre dei poveri, il pronto soccorso e’ da sempre una guerra dei poveri. Da una parte l’utenza sempre più numerosa perché non riesce a trovare risposta sul territorio e quindi spera che andando in pronto soccorso trovi finalmente quella tanto attesa risposta ad un bisogno, e dall’altra parte gli operatori sanitari tutti che costretti a fare turni impossibili a lavorare senza strumenti, materiale, a fare cose che una qualsiasi persona normale si rifiuterebbe categoricamente. La gente che arriva al pronto soccorso il più delle volte viene per fare prima, affollando e invadendo gli spazi del pronto soccorso. Più del 50% dei pazienti sono codici verdi ( pazienti non in pericolo di vita ) che potrebbero andare tranquillamente dal suo medico di base o dalla guardia medica nei giorni festivi quindi sabato e domenica, ma non ci vanno perché poi il medico gli prescive l’esame, poi si deve andare al centro prelievi, aspettare due giorni e poi ritornare dal medico per farglieli vedere…… Se sbaglio correggetemi!!!! Allora che fare? Andiamo in pronto soccorso, così faccio tutto in poche ore…..!!! Se la gente pensasse due volte prima di correre in pronto soccorso ci sarebbero più sedie e barelle libere per le vere urgenze, e i tempi sarebbero dastricamente ridotti…! Ps i monitor non ci sono perché un nostro concittadino ha pensato bene di romperlo dandogli un cazzotto perche stava iniziando la partita e lui ancora non era entrato in visita…..!!!

    8. Caro signor Lorenzo, quello del pronto soccorso è un problema sociale, poi politico e, in ultimo organizzativo. Lo dimostra inequivocabilmente il fatto che si stia parlando di un problema mondiale. Il suo ruolo di ammortizzatore sociale è esasperato laddove una politica scellerata determina scelte (più spesso “non scelte”) con ricadute disastrose per un Sistema già di per sè fragile. I suoi suggerimenti su come affrontare il problema, le analisi, le statistiche hanno come unica conclusione il fatto che dovrebbero essere impegnate risorse aggiuntive enormi in un sistema che “non produce” se non welfare, in un momento storico in cui si tagliano risorse, altroché se si tagliano. Allora si deve diventare virtuosi e si deve fare crescere l’erba dove non può crescere. ORGANIZZAZIONE. Una parola ultra abusata che vuol dire tutto o anche niente. Valido alibi per chi era tenuto a soluzioni politiche e scelte strategiche. Tradotto in burocratese significa spesso mettere la polvere sotto il tappeto. Giammai risolvere il problema. Per quello ci vogliono le risorse e scelte coraggiose e sconvenienti. Si, perché si devono soprattutto scomodare i poteri forti che governano gli ospedali e che non ne vogliono sapere nulla dei “problemi del pronto soccorso”. Non parliamo poi di quando le poche risorse vengono sperperate in cattedrali nel deserto….

    9. Non tutto quello che si è realizzato e’ da buttare.
      Vediamo di fare alcune osservazioni.
      Le strutture di P.S. operano in adiacenza ai grandi plessi ospedalieri in modo di potersi avvantaggiare del l’ausilio dei reparti specializzati.
      Potrebbe essere vantaggioso conoscere la distribuzione
      delle dotazioni e delle specializzazioni in ambito cittadino,
      per avere un migliore instradamento.
      Si va al P.S. tramite il 118,ma anche con mezzi propri.
      Domanda
      gli operatori 118 quale criterio seguono?
      La minore distanza?
      la disponibilità’ di posti letto?
      La specializzazione?
      Chi ci va da se che criterio segue?
      Negli ultimi anni ci sono almeno 2 elementi che hanno fatto crescere la richiesta di P.S.
      Gli estracomunitari e gli anziani.
      Domanda:
      Da quando non vengono potenziate le strutture di P . S. disponibili?
      Altra domanda
      Chi osserva l’andamento dei tempi di attesa?
      Perché non vengono resi pubblici i tempi di attesa?
      Possibilmente a confronto con la Regione Veneto.
      Ancora
      Chi sa riferire delle dotazioni esistenti nelle sale visite?
      Quali dotazioni dovrebbe avere una sala modello?
      Quanto costa attrezzare una nuova sala visite,ammesso di trovare il locale ?
      In conclusione questa e’ una materia che andrebbe revisionata e monitorata continuamente.

    10. UNA SANITA° FATTA A TAVOLINO

      Individuare lo spreco della sanità sul numero dei posti letto ,e quindi tagliuzzare a più non posso e da definirsi davvero  aberrante.
      Gli ospedali ormai stretti in questa morsa perversa non riescono ad offrire quell’assistenza che i cittadini richiedono a gran forza ,la fatidica frase che ricorre ogni giorno ai pronto soccorso “Non ci sono posti”,fa piombare  migliaia di cittadini nella disperazione totale ,spesso con esiti letali, i insopportabili turni di attesa  rossi gialli e verdi dipingono una situazione ormai incancrenita  in una spirale disastrosa che non da assistenza  vera .
      Potenziare i pronto soccorsi  con più medici ed infermieri ,questa sarebbe la chiave iniziale di svolta per cambiare le cose ,più laboratori analisi pìù radiologie ,più diagnostica ad ampio respiro rilancerebbe una sanità ormai al collasso creando tantissimi posti di lavoro veri senza co,coco,.per non parlare del ramo psichiatrico che sopravvive nell’abbandono più completo dopo la chiusura dei nosocomi per effetto della legge Basaglia naviga nei  ,trattamenti sanitari obbligatori fatiscenti o in strutture alternative poche e mal sopportate dalla società in cui centinaia di pazienti sono mal curati le cui famiglie vanno a tantoni senza avere risposte futuristiche che consenta loro di avere una vita migliore e per i loro congiunti  , malati mentali in casa, oggi e più che mai disastroso insostenibile e pericoloso per tutti i fatti che quotidianamente avvengono perchè protagonisti dei giorni dell’abbandono non vedendo luce in questo tunnel infinito .

    11. in risposta all’utente Lorenzo:

      non creda che nelle altre regioni le cose vadano meglio, ahimè ho dovuto rivolgermi al PS di un importante ospedale di Milano e ho atteso dalle 21:00 alle 09:00 dell’indomani mattina.
      In realtà sono proprio tutte le strutture ospedaliere che sono sature e i tempi ovviamente si allungano per tutti, credo sia semplicemente l’altra faccia della medaglia di avere una sanità pubblica. Un’approccio intelligente al problema sarebbe educare la popolazione a rivolgersi al medico di famiglia per i casi meno gravi (come si è tentato di fare richiedendo un pagamento a chi viene dimesso con codice bianco) ma quanti di noi sono disposti ad aspettare di parlare con il proprio medico il giorno dopo invece di andare subito al PS? A parte che spesso i medici di famiglia non sono preparati tanto quanto quelli dei PS…ma questo è un altro discorso…

    12. Posso raccontare che a seguito di una brutta scivolata ho battuto la tempia su una roccia ,ho sentito il rumore sordo,una bella botta,mi sono trovato inondato di sangue,MA NON SONO andato al Pronto Soccorso.
      Ho messo la testa sotto il rubinetto ed ho lavato bene la ferita con acqua e sapone.Poi ho ricoperto la lacerazione di oltre 6 cm con una pomata di cui non faccio nome ma che si adopera comunemente per trattare le piaghe da decubito.Cosi per 4 gg consecutivi e ,da non medico,non ho cercato nessun medico.
      L’unico timore era il rischio tetano,ma una ricerca su internet mi ha tranquillizzato,affermando che il tetano si sviluppa se si fa uso di letame.
      Però se sto male,non sapendo perché,mi vengono crisi di ansia .Infatti chi può dire in questo genere di casi
      se il peggio deve ancora venire?
      Dunque mi pare del tutto normale che la gente corra al P.S.al primo malessere sconosciuto.

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