Lei era la prima della classe
Lei era la prima della classe, in quella 2F di un liceo di Palermo. Lunghi capelli biondi e lisci, labbra morbide e due begli occhi nocciola, su un corpo da Venere tascabile.
Vestiva con classe ed eleganza: ricordo un maglioncino bordeaux a V, pantaloni di lana sagomati con fantasia tartan, e mocassini dal tacco quasi inesistente.
Aveva perso suo padre quando aveva solo pochi anni, e il suo patrigno era un alto funzionario statale, decisamente ricco. Sua madre una donna dalla grande bellezza e dalla notevole ambizione, per se stessa e la sua unica figlia. Vivevano in un grandissimo appartamento che occupava l’intero piano d’un bel condominio non lontano dal Giardino Inglese, insieme ad una tata dal grembiule bianco e ad una bastardina, un po’ obesa, di nome Briciola.
Le sue materie preferite erano l’Italiano e il Latino, e la nostra professoressa l’immaginava già come un’eccellente, futura insegnante di queste discipline.
E anch’io, a dir la verità, l’immaginavo spesso, anche se i miei erano più sogni che immaginazione: sognavo di passeggiar mano nella mano, di scambiarci sguardi complici tra i banchi di scuola, di baciarla sussurrandole quanto lei fosse importante per me. Del mio cuore di 15enne, allora ancora convinto che la donna fosse una creatura superiore all’uomo e quindi meritevole d’ogni attenzione, lei era l’indiscussa regina.
Ma una nemica implacabile, in quel liceo, m’impediva di provare a tramutar quei sogni in realtà: il suo nome era Timidezza. E restavo muto anche quei sabati pomeriggio, quando si usciva tutti insieme per un cinema ed una pizza. Lei era sempre attorniata da amiche molto loquaci e ragazzi più estroversi di me, e così alla fine m’accontentavo di strapparle anche solo un sorriso, che mi faceva comunque considerare quella serata un successo e, forse, un passo avanti nel suo cuore.
Ed in tal modo scorreva il tempo, con lei sempre così piacevolmente vicina ma anche sempre così maledettamente irraggiungibile.
*****
Ma un giorno di maggio, sul finire dell’anno scolastico, in un impeto di coraggio, le chiedo d’incontrarci di pomeriggio per studiare insieme: e lei accetta.
Ricordo quel caldo, assolato pomeriggio: esco già col cuore in gola, e prima di giungere a casa sua mi fermo ad acquistare una scatola di Baci, sperando che quando gliela porgerò sarà per lei un suggerimento su ciò che provo…anche se camminare per un buon quarto d’ora sotto il sole palermitano, stringendo tra le mani una scatola di cioccolatini non è proprio il massimo della furbizia, dato che infatti arriveranno tutti sciolti nei loro cartigli.
Ci mettiamo a studiare nella sua stanza ed ovviamente, ad intervalli regolari, sia la madre che la tata entrano in camera con le scuse più improbabili, naturalmente per controllare che non avvenga nulla di sconveniente. Ad un certo punto lei esce dalla stanza, ed io mi ritrovo così da solo nel suo mondo: osservo i suoi oggetti, i suoi libri, i suoi quadri, e il mio sguardo alla fine si posa sul suo letto. Mi alzo dalla sedia, mi avvicino a quel letto, mi chino e poggio il mio viso sul suo cuscino, trovandovi il profumo dei suoi capelli. Mi rialzo come inebriato da quell’emozione, e velocemente torno a sedermi alla scrivania, preoccupato che lei possa rientrare da un momento all’altro, trovandomi dove non dovrei essere. E ritornando a casa sogno ad occhi aperti il giorno in cui io e lei poggeremo i nostri visi sullo stesso cuscino. Ma nello stesso istante.
Ma, ahimé, i sogni, tutti i sogni muoiono all’alba, e così anche i miei moriranno di lì a poco. Infatti, spinta soprattutto dall’ambizione materna, dopo qualche settimana si fidanza ufficialmente con un ragazzo di un paio d’anni più grande ed obiettivamente di bella presenza, ma soprattutto con qualcosa di cui né io né gli altri potevamo vantarci: la nobiltà. Ed in fondo era logico: il denaro cerca spesso la nobiltà per elevarsi, e la nobiltà cerca spesso il denaro per mantenersi. Un giorno lei sarebbe divenuta una contessa, e avrebbe vissuto come in una fiaba. Mentre io, assorbito il colpo, avrei cercato e trovato nuove regine del mio cuore.
*****
Son trascorsi esattamente dieci anni da quel pomeriggio di maggio: è una dolce sera di primavera sulla spiaggia di Mondello mentre passeggio sulla sabbia, mano nella mano, con la mia fidanzata.
Ad un tratto noto una giovane donna dai lunghi capelli biondi e lisci che cammina lentamente guardando il mare. Lascio la mano della mia ragazza e m’avvicino: è lei. Ma appena la saluto m’accorgo che i suoi occhi sono lucidi e che le sue guance sono rigate dalle lacrime. Mi confida che ha appena lasciato il suo fidanzato, quel fidanzato, perché ha scoperto che l’ha tradita. Lui s’è giustificato dicendo che dopo così tanti anni una sbandata poteva capitare, che il rapporto era divenuto un po’ troppo abitudinario ma che, comunque, non voleva perderla e si era reso conto dell’errore fatto. Ma lei, anche se le stava costando tanto, aveva ormai deciso.
Per un istante interminabile sono sul punto di svelarle finalmente i miei sentimenti, confessandole che l’avevo sempre tenuta stretta in un angolo del mio cuore. Ma incrocio lo sguardo ignaro della mia ragazza, qualche metro più in là: distruggere il presente per scommettere su un sogno adolescenziale è un rischio troppo grande. E allora provo solo a consolarla e rincuorarla, e dopo averla salutata riprendo la mano della mia fidanzata e m’allontano lentamente, sentendo però che qualcosa sta morendo, dentro me.
*****
Tre anni più tardi, un sabato mattina d’inizio primavera, sono in piazza Politeama intento a far shopping: l’ignara fidanzata d’allora è solo un ricordo lontano, e il mio indimenticato amore di quei giorni è un’Alfa Romeo Duetto, rossa, sinuosa ma soprattutto più affidabile – il che è quanto dire, per chi conosce le Alfa Romeo d’epoca – di tante donne che ho poi avuto.
Improvvisamente, tra la folla, i miei occhi incontrano i suoi: il suo viso stavolta è sereno, radioso. Mi racconta che poco tempo dopo il nostro incontro conosce un uomo, più maturo, e in men che non si dica si sposa ed ha lei: e mentre mi parla prende in braccio la sua bimba di cui io, rapito dal suo sguardo, non m’ero neanche accorto. E proprio in quel momento suo marito s’avvicina: apparentemente, come avrebbe detto una mia ex, un uomo come se ne vendono a chili, e soprattutto senza quell’eleganza che invece era ancora il tratto distintivo di lei. E vedendoli insieme non posso far a meno di pensare, forse sbagliando, che lui l’aveva trovata in un momento di grande fragilità emotiva e non se l’era lasciata scappare.
Si vede che era destino che quell’amore che nutrivo per lei e di cui son sicuro non s’è mai accorta dovesse restare solo un’ipotesi. Ma forse è stato meglio così, perché un’ipotesi non invecchierà mai, non soffrirà mai le ingiurie del tempo e della realtà. E i rimpianti saran sempre leniti dalla convinzione, errata, che il fiore più bello resterà sempre quello che la tua mano non colse.
Ah, dimenticavo: è professoressa d’Italiano e Latino in un liceo di Palermo.
Signor David, ho voluto leggere prima il racconto e poi il nome dell’autore, cosa che faccio spesso. In un momento del suo racconto ho immaginato il playboy dé noantri, un po’ presuntuoso con la sua Alfa Romeo e con le sue tante donne (avute) 😀 , ma per il resto il suo racconto è tenero, di una nostalgia commovente oltre che maninconica. Complimenti.
Ovviamente, anche conoscendo in anticipo il nome dell’autore, definire lei presuntuoso equivale a farle un complimento, giustamente.
Mi permetto, sullo stesso tema, di fare un omaggio a un poeta quasi sconosciuto, Antoine Pol, del quale il grande cantautore Georges Brassens adattò il testo della poesia “les passantes”:
Alors, aux soirs de lassitude,
Tout en peuplant sa solitude
Des fantômes du souvenir,
On pleure les lèvres absentes
De toutes ces belles passantes
Que l’on n’a pas su retenir.
( si piangono le labbra assenti di tutte le belle passanti che non siamo riusciti a trattenere )
La ringrazio per i complimenti, sig. Gigi: detti da lei, notoriamente parco nel distribuirli, sono particolarmente apprezzati.
E sa una cosa? Pur guidando uno spyder (peraltro il tipo d’auto che preferisco e che tuttora posseggo, assieme a qualche altra vettura piu’ “seria”) e non avendo mai avuto troppe difficolta’ nel trovar una compagna, non mi son tuttavia mai sentito un playboy, per il semplice fatto che non mi piace prender nessuno troppo sul serio, a cominciare da me.
I ricordi piu’ belli col Duetto sono quelle corse solitarie in autostrada, da Palermo verso Trapani, capote abbassata nel tramonto d’estate con il mare a pochi metri da me, specialmente nei pressi di Villagrazia di Carini, se non ricordo male.
E ad esser sinceri, molte delle gentili signore/signorine che hanno occupato il sedile del passeggero non gradivano l’auto, perche’ a capote abbassata scombinava i capelli, e a capote alzata era claustrofobica.
Valle a capire.
Bel racconto, complimenti. Di sicuro, anche se cambiano situazioni e protagonisti, molti vi si rispecchieranno.
Soprattutto quelli che da ragazzi non potevano contare su una facile e comoda chat, oggi alleata dei timidi, che può fare dialogare da dietro uno schermo con la ragazza dei sogni, ma dovevano sfoderare tutta la loro sfacciataggine di persona o rassegnarsi per sempre.
Signor David, come ho già scritto mentre leggevo non conoscevo il nome dell’autore, cioè lei.
Se dopo ho sottolineato comunque l’immagine del playboy con l’Alfa Romeo, che si suppone pure presuntuoso, l’ho fatto in tono semiserio anche per riportare, in modo simpatico, a un suo precedente commento sulla presunzione che lei rivendicava. Per quel che riguarda i complimenti: capisco la sua interpretazione, perché qui succede spesso di essere critici, ma nella vita reale, per formazione e per abitudine professionale mi capita spesso di fare apprezzamenti. In realtà a Parigi frequento ambienti, privati e professionali, dove la qualità, l’estetica, la creazione, primeggiano, ed essendo io in competizione solo con me stesso, essendo da sempre oltre e al di sopra del senso di competizione che affligge troppe persone * , non solo apprezzo ciò che ritengo valido per qualità, e provo piacere, ma provo piacere anche a dirlo all’autore/autrice che quelle qualità esprime, perché facendo un’opera di qualità mi procura piacere. Anche perché è meglio godere della qualità che inc.azzarsi per cose orrende. Per informazioni può chiedere al Dotttor Siino del quale vanto sempre le sue capacità professionali, nella vita reale.
* lei sa che gli insicuri, e qui ne passano tanti, come nella vita reale, appena vedono l’espressione creativa di un’altra persona, automaticamente, spesso inconsciamente, si sentono confrontati, e per complessi vari hanno reazioni scomposte.
Una storia dove ognuno di noi può in qualche modo specchiarsi e rivivere con un sentimento di piacevole nostalgia il passato. Ho trovato particolarmente romantico il momento in cui respirava nel cuscino il profumo del suo amore. Ho anche temuto che la ragazzina o peggio ancora il padre di lei avesse potuto aprire la porta e…
ah! malinconico, non “n”… correggo.
La parte finale del suo racconto dove lei comunica perfettamente la nostalgia, e il rammarico, e un’esperienza probabilmente universale, estendibile anche oltre le relazioni sentimentali. I rimpianti forse sono maggiori quando l’interesse reciproco è sottinteso ma impedito da fattori esterni, ma consola il fatto che si prova anche un certo piacere nella malinconia, e un po’ di eccitazione che anche dopo tanti anni un desiderio possa avverarsi.
Troppo lungo, mieloso, infantile. E più di un impaccio nella consecutio temporum.
Moccia omnia vincit.
Una storia di ordinaria banalità ,e mediocrita.
Grazie sig. Gaspare, in effetti quando si e’ ancor molto giovani, e probabilmente ingenui, ed in piu’ imbevuti di Dante e Beatrice, Dolce Stil Novo, donne angelicate, blablabla, si e’ portati ad avere comportamenti del genere.
Ieri alcune mie ex compagne di liceo, leggendo il post, mi han detto che non s’eran mai accorte di niente (com’era ovvio) e mi han anche subissato di complimenti per il mio romanticismo, etc. probabilmente non leggendo bene cio’ che ho scritto, perche’, fortunatamente o sfortunatamente a seconda dei punti di vista, quella persona non esiste piu’, perche’ ho imparato a caro prezzo che la realta’ non e’ il sogno. e che il realismo (che per alcuni e’ cinismo) toglie senza dubbio molta poesia alla vita, ma te la fa vivere meglio, perche’ scevra delle illusioni.
Ma quando ancora siam cosi’ giovani da confondere il sogno con la realta’, e la disillusione non s’e’ ancora impadronita di noi, ecco, quella e’ l’eta’ d’oro della nostra vita. Ed e’ per questo che di solito ricordiamo con affetto e nostalgia quegli anni: non per cio’ che facevamo, ma per come lo facevamo, credendo negli altri e soprattutto nei nestri sogni.
PS. Che noia che barba, che barba che noia: il troll dai mille nomi ne ha scelto uno nuovo, Amedeo, il cicisbeo, aggiungo io.
L’ammirazione che nutro nei confronti del sig David si è costruita man mano che, commento dopo commento, ci conoscevamo qui su Rosalio. Più volte il sig David mi ha criticato, anzi il suo primo commento che ha scritto sulla prima cosa che (generosamente) Rosalio ha pubblicato è stata una bastonata. Questa premessa era doverosa.
Il sig David critica quasi sempre ciò che legge però la critica è puntualmente accompagnata da una spiegazione che da una parte la motiva e dall’altra lascia intendere la profonda intelligenza e cultura dello stesso (almeno io la vedo così )
Trovo lecito criticare e anche se spesso è molto fastidioso trovo che perfino il sig Gigi sia per certi versi piacevole e stimolante (non tema Gigi non cerco una tregua con lei…). Quello che voglio dire è che dire questa cosa è brutta senza spiegare il perché rifletta soltanto la povertà umana di chi deve demolire e criticare solo per il piacere di farlo facendo anche del male a questo stesso blog.
Per un attimo credevo fosse uno stralcio del racconto di Pif adolescente in “La mafia uccide solo d’estate” però poi continuando a leggere ho intravisto me, palermitano che ha vissuto tra gli anni ’70 ed ’80 la più bella giovinezza della sua vita. La mia innamorata si chiamava Francesca, ed era apparentemente di retaggio nobile. Conosciuta all’ultimo anno di elementari, l’ho poi rivista per tanti anni vicino casa, salutandola ma non avendo mai il coraggio di dichiararmi, perché l’amica timidezza mi si stringeva troppo al cuore. ^_^ Sono i ricordi più belli e sinceri, perché retaggio di un amore puro e non contaminato, fatto più di pensieri e sogni che di azioni. È stato un piacere, alla prossima!
Vede signor Gaspare,uno può avere letto tanto e pertanto potrebbe definirai cul turato,
ma se ha la tendenza di mescolare .azzi a ramurazzi
come lo definisce?
In quel caso lo definirei Amedeo.
Non so se ridere o piangere.ho scritto così poco che la sfidò a trovare .azzi
e tantomeno ramurazzi.
La ritenevo più attento !
Mi devo ricredere.
Signor David, e per fortuna sua ( del multinick ) ha scelto Amedeo, perché dopo è entrato un vero Alberto. Si immagini, due Alberto…
Comunque, in una frase composta da 7 vocaboli, un punto e una virgola, è riuscito a fare due errori. E meno male che si tratta del suo “pensiero” sulla mediocrità…
A proposito, Signor David: lei ha mai pensato a una parentela tra tutti questi buontemponi – in una testa sola – e il folklorista ? Si tratta per caso degli stessi ( mutevoli* ) neuroni folletti dentro lo stesso cranio ?
* nel senso che sono tre/quattro, non di più, ma si scambiano anche i nick tra di loro, oltre ai ruoli.
Eh, sig. Gigi, parafrasando il Giorno della Civetta, si posson dividere i commentatori in tre categorie: impavidi, pavidi ed inutili.
Gli impavidi son quei commentatori, dei quali si puo’ condividere o meno il pensiero, ma che non han paura di esporsi e di farlo mantenendo una loro precisa identita’, e cosi’ facendo aumentando la loro credibilita’, perche’ ad un dato nick corrisponde sempre un certo tipo di logica e di pensiero. Esempi: lei, sig. Gigi, io, il sig. Scimo’, Pablo, Zelig, Full, Pequod ed alcuni altri. E siam noi, obiettivamente, la colonna portante del blog, perche’ lo animiamo con i nostri commenti, osservazioni ed anche arrabbiature, piu’ o meno quotidianamente. E Tony dovrebbe almeno offrirci il caffe’.
I pavidi sono invece coloro che pur avendo un pensiero ed uno stile abbastanza definiti, per vari motivi tendono spesso a cambiar nick, soprattutto quando voglion colpire qualcuno lasciando pero’ pulito il loro nick principale. Esempi, a mio parere: Merendero, il grillo saggio e qualcun altro. Non capiscono pero’ che cambiar nick lasciando immutato lo stile non e’ proprio una furbata.
Infine, gli inutili, aka troll: son quegli individui che per qualche perversa ragione che alberga nel loro gruviera, ops cervello, traggono piacere nel crear confusione, nel provocare e nel farsi prendere per idioti (che e’ poi quello che sono). L’esempio principe di cui possiamo vantarci qui nel blog e’ quello del troll dai mille nomi (e pure transessuale andata/ritorno, dato che da maschio diviene femmina e da femmina diviene maschio) che probabilmente, per non far capire che e’ 24/7 dinanzi al computer, non avendo evidentemente il resto di niente da far tutto il giorno, e per non farsi quindi criticare, da’ vita a molteplici identita’, non pensando pero’ che non solo si capisce che sta tutto il giorno al computer, ma che ha pure qualche tara mentale. Fatti suoi.
Infine penso che il Folklorista ed il suddetto troll stakanovista non siano la stessa persona, piu’ che altro perche’ l’atteggiamento mentale del Folklorista e’ piu’ tollerante e scherzoso di quello del troll in oggetto.
Oh mamma, ho fatto un trattato!
Di scemenze.
Gigi
interessante
il club dei buontemponi.
Finalmente un’idea !
Signor David, me l’ha fatto pensare… la virgola.
Amedeo
16 maggio 2015 alle 11:12
Virgole,accenti ?
Ma come si fa a scrivere una pagina tanto tascia ?
Scusi signor Rosalio il blog di Palermo: ma sto distillato allo zucchero in che misura è pertinente alla nostra città? No perché guardi signor Rosalio, l’ho letto tutto d’un fiato – trovandolo abbastanza banale peraltro – e in nessun tratto ho percepito un’attinenza a questa terra. Forse la dimensione interiore del signor David dovrebbe trovare spazio tra le pagine del suo diario.
Ps. Ah signor David: o usa la virgola (pausa) o usa la e (congiuzione). Dall’alto del suo sapere cattedratico, da lei non mi aspetto uno scivolone come questo.
Vi invito a essere rispettosi nei vostri commenti, a rimanere in tema e vi ricordo che questa non è una chat.
Dario è pertinente. Questo non è comunque il canale adatto per comunicare con me, sarò lieto di rispondere a ogni tuo dubbio per e-mail.
ahhhhhhhhhhhhhhhhhhh
ahhhhhhhhhhhhhhhhhhh
😀
distillato allo zucchero
…azzo, che vendetta !!!!
pausa, congiunzione, cattedratico, scivolone…
ti aspetto al varco… vendetta !!!!!!
Se non fosse stato per il commento di Gigi non avrei associato l’autore del post all’ironico commentatore del blog.
Complimenti David per il racconto romantico e a tratti anche malinconico, uno spaccato di vita giovanile che mi ha riportato indietro alla mia giovinezza.
D’altronde chi non ha vissuto nella vita un sogno mai mutato in realtà, un amore non corrisposto, etc….
Ti ringrazio per avermi annoverato tra i commentatori impavidi.
@Amedeo……penso che un post si può condividere oppure no, si può commentarlo argomentarlo oppure no…….. Ma mi spieghi dove sta il tascio in questo post? E’ forse il bisogno di lasciare un commento a tutti i costi?
@Dario……non sapevo che Rosalio fosse un blog a tema esclusivo della città! Poi se sei allergico alle cose troppe zuccherate, fai attenzione la prossima volta, non è necessario leggerlo tutto un post per capire l’argomento, e per di più tutto d’un fiato…. lo zucchero non sempre fa bene al………in quantità così eccessive…..:)
Grazie sig. Full, mi fa piacere che abbia apprezzato il mio breve racconto.
È inoltre interessante notare come l’ultima grammatica italiana che alcuni commentatori hanno sfogliato dev’esser stato il sussidiario di 5a elementare, cioè son fermi all’italiano di base.
L’Accademia della Crusca (che non è un panificio elegante di Palermo) dice infatti, a proposito di virgole e congiunzioni:
“..proprio a causa di questa sua versatilità risulta difficile individuare regole che ne circoscrivano l’impiego in modo esaustivo.Storicamente, la necessità di un sistema interpuntivo nasce dopo l’invenzione della stampa; nonostante questo, la punteggiatura ha continuato ad essere un terreno particolarmente fluttuante, condizionata da abitudini tipografiche di volta in volta differenti, errori e decisioni personali prese dal tipografo o dall’autore stesso. Fra i vari tentativi di normalizzazione fatti nel corso dei secoli, uno dei più importanti ai fine della nostra indagine fu intorno all’uso della virgola prima delle congiunzione coordinativa e subordinativa, o di un pronome relativo, ad esempio prima di e e che; intorno a questo fenomeno si è passati da una rigida obbligatorietà ad una progressiva caduta: se nel Cinquecento i testi erano punteggiati di virgole prima di ogni congiunzione, nel Seicento si assiste ad una considerevole riduzione di questa pratica, mentre nel Settecento la moda dello “stile spezzato” in frasi brevi favorisce l’interpungere ritmico, quindi ritroviamo nuovamente l’uso della virgola prima della congiunzione; nell’Ottocento la pratica scolastica porta nuovamente alla censura del fenomeno (anche se non è raro ritrovarlo in autori come Manzoni e Leopardi, del quale basta ricordare l’uso della punteggiatura ne L’infinito); il Novecento è caratterizzato da una punteggiatura più in funzione ritmico-melodica, ma anche dalla sua completa assenza (si pensi ad un movimento letterario come il Futurismo). Come possiamo capire dal quadro qui brevemente delineato, il problema della punteggiatura in generale, e della virgola in particolare, è ed è sempre stato piuttosto complesso. La situazione attuale è altrettanto varia e impervia, anche se è connotata da una più ampia libertà: l’uso della virgola – soprattutto prima della congiunzione e – pare essere vincolato piuttosto dai tipi di testo che si intendono produrre e dai mezzi di comunicazione che si usano per comunicare (si pensi all’uso dell’interpunzione in un mezzo come Internet).
Il dubbio se sia giusto o no usare la virgola prima di una congiunzione è comunque legittimo, dal momento che sia la virgola sia la e hanno la stessa funzione sintattica all’interno del periodo e l’uso può apparire ridondante o superfluo. Ma il fenomeno deve essere interpretato tenendo conto che la virgola è consigliata e, possiamo dire, attesa, all’interno di un dato testo solo in pochi casi, mentre più frequentemente viene utilizzata in contesti che non sono regolati da una vera e propria norma grammaticale ma dipendono piuttosto dal volere dello scrittore, che la interpreta a volte come una pausa intonativa, a volte come un separatore o ancora come una messa in evidenza di un soggetto. Purtroppo, non sempre l’intenzione dello scrivente viene correttamente interpretata da colui che fruisce del testo..Senz’altro ci sono casi più rigidi in cui la posizione della virgola risulta più vincolante dal punto di vista logico-sintattico (ad esempio, tra soggetto e verbo, tra verbo e complemento oggetto, tra un nome e un suo aggettivo, ecc.) ma, normalmente, l’uso della virgola resta una scelta stilistica personale, un modo per dare rilievo espressivo a singoli elementi di un testo, una maniera per conferire un particolare ritmo alla narrazione, ma, soprattutto, una scelta che determina significativamente lo stile comunicativo di un autore..”.
Quindi, sig. Obiettivo, mi sa che l’ho proprio centrato. Ora mi aspetti pure al varco, ma per offrirmi un caffè.
Full il tascio sta nel tema proposto e nelle relative considerazioni,costrutto a parte che trovo alquanto deficitario.
Penoso nell’insieme.
Secondome .
Confortato dal giudizio di altri,come potete leggere.
E,quando scrivi,devi sapere stare al gioco,
Incassare anche i pareri negativi,
Punto.
A capo.
David, malinteso ci fu.
Mi fa sorridere la vendetta di Dario che ti aspetta al varco…
che soddisfazione deve essere per lui che registra i commenti che hai scritto,
e ora consuma la vendetta !
Evidentemente non mi sono spiegato. Rimuoverò ulteriori commenti chattanti. Grazie.
“Aveva perso suo padre quando aveva solo pochi anni, e il suo patrigno era un alto funzionario statale, decisamente ricco.”
Non è (soltanto) una questione di virgole e di congiunzioni.
E’ principalmente una questione di orecchio :
do re mi fa so la
suo solo e il suo , lo stridore del gesso sulla lavagna (delle scuole elementari). Brividi, anche per l’espressione “decisamente ricco”.
Eh, sig. Arcimboldo, mi spiace, ma non poteva esser altrimenti: e’ naturale che lei abbia problemi d’orecchio, dato che il pittore da cui lei ha probabilmente preso il suo nick era solito dipingere ritratti utilizzando solo frutta e verdura. Ora, mi par logico che ascoltare usando un ravanello o una prugna invece di un banale orecchio non dev’esser un compito facile.
Ad ogni modo, il suo messaggio e’ arrivato forte e chiaro: non le piace il mio modo di scrivere. Ora me lo segno.
Ma sbaglio o si chiama Rosalio il blog di PALERMO? Perché devo leggere una pagina del diaro, sgrammaticata e melenza, del prof. David, accademico della Crusca?
Perche’, forse non se ne e’ accorto sig. Dario, il racconto si svolge a Palermo.
Ma una curiosita’, se possibile: melenza e’ forse la cugina della melanzana? Oppure licenza poetica e’?
Mitico.
Chiedo scusa in anticipo a Rosalio.
@Amedeo, non vi è nulla di tascio in un amore giovanile. Ma di semplicemente che non ti piace o che non ti piace come è scritto punto.
A meno che non ti riferisci all’uso della scappottabile o del duetto che il sig. David apprezzava in gioventù e che sembra continui ad apprezzare. Ma daresti l’impressione di essere un po’ invidioso.:)
@Full. “Dove sta il tascio”.
Il tascio lo vedi nella bastardina, obesa . Il tasciume è nella mancanza di sensibilità, di ogni grazia. Di riferimenti:
” La gioia d’esser cane e d’esser uomo ”
Tasciume, nell’ “uomo come se ne vendono tanti al chilo” . Le ( tante ) donne e i motori, come nei proverbi. La fantasia tartan, lo shopping in Piazza Politeama e un appartamento di pregio ( Euro mq 3800 min / max 4000 ).
Fine prima parte.
arciboldo ( non Arcimboldo). Google non arriva ovunque.
Certo che son onorato, sig, Arcimboldo (mi piace di piu’ cosi’) che lei impiega il suo tempo facendo quotidianamente l’esegesi del mio racconto. Avercene lettori come lei, che ti fan sentire importante.
Perche’ solitamente se non si apprezza un testo lo si dice una volta e poi si passa avanti. Invece a lei non basta averlo detto, ma lo vuole ridire, confermare, ribadire, rimarcare etc.
E forse e’ giusto cosi’, perche’ in tal modo siam tutti piu’ contenti: lei si sente soddisfatto, io son contento perche’ il mio post riceve piu’ clicks e commenti, ed il buon Tony pure, perche’ clicks significan soldi, anche se solo per lui, purtroppo.
E allora continui pure, lei e’ un benemerito.
Ecco, c’è del tascio anche in questo uso del “lei”, che ormai sopravvive soltanto in certi logori siti istituzionali. Nella connotazione dei nick, nella storpiatura dei nomi.
Totò poteva permetterselo, ma era soprattuto una rivincita, una lezione, ormai da tanti perduta.
Tascio anche il compiacimento nel correggere gli errori degli altri, nel metterli sempre in grande risalto. Ma poi ridicolo oltre che tascio, dimenticarsi l’uso del congiuntivo.
Fine seconda parte.
arciboldo ( piaccia o no, è arciboldo, non Arcimboldo)
PS Non c’è nulla da apprezzare nel tuo post, secondo me. Mi sembra giusto ribadirlo, troppo sintetico il mio primo intervento, molto più articolata la replica, da mercato ortofrutticolo.
Eh, sig. Arcimboldo (le piaccia o no io la chiamo cosi’) la ringrazio ancora per la sua devota e costante attenzione nei miei riguardi, perche’ da quanto lei scrive non solo legge i miei post, ma legge anche tutti i miei commenti sui post altrui, ed onestamente fa sempre piacere avere dei followers distinti, eleganti e rigorosamente di classe come lei.
Apparentemente lei vuol solo sfogare la sua stizza nei miei confronti e il racconto e’ solo il pretesto, probabilmente le saro’ antipatico. Faccia pure, l’anonimato di internet permette di sfogare le proprie antipatie in tutta sicurezza. Queste si’ che son soddisfazioni.
Piuttosto, parlando invece di cose importanti, dice che ce la facciamo ad arrivare a 50 commenti? Sarebbe il mio nuovo record. Col suo aiuto di sicuro.
Attendo trepidante il resto della saga.
La terza parte voglio dedicarla a “Il giorno della civetta”, inutilmente citato. Romanzo nel quale hai, con ogni evidenza, letto soltanto il nulla che sai. Romanzo ( e film ) di denuncia sul retroterra mafioso degli anni sessanta.
Te ne servi, da “colonna portante” quale sei, per “dividere” i commentatori.
Guarda che non è una questione di antipatia o simpatia, non sei antipatico. L’antipatia è già qualcosa. Mi intrigano semmai il tuo vuoto, l’ ossessione per i “piccioli”, unico metro che conosci.
Fine terza parte.
arciboldo ( Arcimboldo, per il giovin signore davidino )
Wow! Fine terza parte.
Ce n’e’ pure una quarta e magari una quinta?
Mi faccia sognare.
Purtroppo sono stato costretto a rimuovere diversi commenti. Spero che la discussione non trascenda ulteriormente. Grazie.