Lotta collettiva alla mafia: lo stato delle cose
Vedere Palermo attraverso gli occhi della lotta alla mafia è un’esperienza bipolare.
È la tipica esperienza che tira fuori il carattere di una persona, un po’ come il vecchio ma sempre attuale esempio del bicchiere mezzo pieno, mezzo vuoto, o se importa davvero dello stato del liquido nel bicchiere, che devo scendere a comprare le sigarette e a chi importa la valutazione volumetrica della pienezza di fantomatici bicchieri.
Ma senza perdersi in metafore che lasciano il tempo che trovano (afa, tanta afa), lo stato delle cose a Palermo nella lotta collettiva alla mafia è interessante. Ad oggi, più di novecento commercianti hanno aderito alla rete Addiopizzo. Un risultato che rende orgogliosa l’associazione e che dimostra come una buona parte della collettività sia parte integrante dello stesso obiettivo: eradicare una cultura mafiosa onnipervasiva attraverso l’unione e la resistenza civile, insieme.
Quasi mille esercenti – senza contare le migliaia, i milioni, di sostenitori e attivisti che non possiedono un esercizio commerciale – sono già una rivoluzione civile.
Noi siamo più di loro, ma la criminalità fa più “scruscio”.
Tal “scruscio” non fa che rinforzare subdolamente la percezione di vivere in un luogo immutabile, aumentando l’allarme sociale e minimizzando il potere che ha la società civile. Ci indeboliamo da soli e nemmeno ce ne accorgiamo. È da questo autolesionismo disfattista che nasce la convinzione di non poter cambiare lo status quo. Da questo autolesionismo della legalità nascono i timori a reagire, nonostante i risultati dell’azione collettiva siano palpabili.
Una riflessione sull’operato delle associazioni è d’obbligo. Il messaggio è stato mandato correttamente?
Ha raggiunto gli strati della società più a rischio, o si è limitato ad informare e sensibilizzare target già prevedibili, come i giovani, magari della Palermo bene, e l’intelligentsia locale?
Queste sono domande molto attuali e sulle quali bisogna riflettere a lungo, in modo da agire di conseguenza. Adesso che la campagna degli adesivi è diventata quasi una presenza non-presenza, persa nell’abitudine di sguardi distratti che hanno smesso di notarla, bisogna cercare nuovi mezzi, nuove parole, per raggiungere anche te, lettore, che leggi con scetticismo queste righe, pensando all’ingenuità, inutilità, o semplicemente mancanza di un buon esame di realtà che percepisci. Ma sai, lettore, noi siamo convinti che il “megghiu ‘u tintu canusciutu, c’u bonu ‘a canusceri” sia una dinamica autolesionista. Siamo anche convinti, e sappiamo, di essere tanti.
Dobbiamo solo uscire fuori, farci sentire come loro. Perché la città è nostra e non lo sappiamo.
Per denunciare, aderire, supportare Addiopizzo: http://www.addiopizzo.org/index.php/pago-chinon-paga/adesione-alla-campagna/
N.B. Non è necessario aver ricevuto richieste estorsive per aderire ad Addiopizzo. È una scelta etica che prescinde dall’effettiva esperienza sulla propria pelle di interazioni con estortori.
Ah ma quindi l’antimafia “collettiva” a Palermo è solo Addiopizzo… interessante!
Joseffis, mi dispiace che il messaggio passato sia stato questo. La mia intenzione non era assolutamente quella di identificare l’antimafia con Addiopizzo, anzi! Ci sono tanti movimenti, associazioni e singoli che fanno tanto, e per fortuna! Il motivo per il quale ho menzionato il Comitato è la mia attuale collaborazione con loro, che ovviamente mi porta ad essere più aggiornata sul loro lavoro e risultati. È inoltre innegabile che Addiopizzo sia una realtà visibile ad oggi ed il suo operato su commercianti e consumatori è uno dei tanti indici di cui ci possiamo servire per valutare a che punto siamo nella nostra lotta comune. Non cominciamo discorsi da “antimafia di concorrenza”, forza. Siamo tanti e lavoriamo tutti per un fine comune, questo volevo fosse il messaggio.
@Joseffis, Penso che Addiopizzo sia, ad oggi, una delle realtà più importanti di antimafia concreta.
Giorgio Gaber diceva che “Libertà è partecipazione”, quindi tutti dovremmo essere orgogliosi di quello che fanno i ragazzi di Addiopizzo, e di tutti i commercianti che ci mettono nome e cognome e indirizzo.
L’antimafia degli intellettuali è stata necessaria e naturale nei decenni passati, ma oggi credo che abbia fatto il suo tempo e che servano iniziative concrete come Addiopizzo o realtà analoghe.
In fondo penso che in Sicilia gli anticorpi antimafia siano più radicati del passato, infatti qui oggi non si sarebbe mai potuto celebrare il vergognoso funerale di Roma.
ragazzi?….a forza di chiamarli ragazzi si è perso nel tempo l’importanza di quello che nel tempo hanno detto…richiesta PUBBLICA di dimissioni di DUE presidenti della Regione,richiesta PUBBLICA di verità sulle stragi…affermazione del principio di responsabilità degli ordini professionali…Qualità del consenso…..etc…etc…