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martedì 19 nov
  • Fenomenologia del turista eoliano

    Se ne stanno lì sospese tra mare e cielo, davanti la costa nordorientale della Sicilia, proprio di fronte Milazzo. Sette isolette che quest’estate, ancor più che negli altri anni, sono state prese letteralmente d’assalto. Eolie: sette isole, sette vacanze diverse, sette tipologie di turista differente. E visto che un po’ per studio, un po’ per lavoro, un po’ per puro piacere, questi sette scogli sul mare me li sono girati tutti, in diversi periodi dell’anno, se esistesse il gioco del “dimmi in che isola vai e ti dirò chi sei”, io (con qualche eccezione del caso) le indovinerei tutte.
    Il viaggio in aliscafo (o in traghetto se porti la macchina) è il momento più divertente, quello in cui mi piace fare una vera e propria ricognizione di volti, outfit, atteggiamenti, linguaggi e accenti, scommettendo sulle mete di arrivo dei miei compagni di viaggio.
    All’imbarco per le isole il molo di attracco del porto di Milazzo è pieno di tutti e di tutto. Mi muovo dentro a una massa indifferenziata di persone e di cose infilandomi tra ombrelloni stretti sotto l’ascella, trolley colorati, borse frigo, retini per le meduse, scarpe da trekking ancorate a zainoni da campeggio, bambini in trance ipnotizzati da giochini sull’iPad e trascinati dai propri genitori stanchi, sacchetti di plastica del supermercato con dentro la qualsiasi, passeggini, cappelloni di paglia, paperelle gonfiabili, bimbi urlanti arrampiacati sulle braccia di mamme isteriche, pinne, fucili subacquei, palloni, sedioline, sdraio pieghevoli, retine colorate con dentro secchielli, palette e formine per la sabbia; pesto piedi in infradito con unghia glitterate e piedi dentro fantasmini e mocassini in nabuk, mentre i miei vengono pestati da quelli di ragazze instabili per colpa di zeppe che sfidano le leggi dell’equilibrio; urto pance sporgenti dentro canottiere sudate e rimbalzo su sederi avvolti in parei dai colori fluo.
    Ognuno dei miei compagni di traversata ha in mano il biglietto con la destinazione della propria isola e si alza sulle punte dei piedi spingendo in avanti lo sguardo, in direzione dell’omino in divisa blu che sta cominciando a staccare i biglietti per far imbarcare i primi passeggeri. Loro, i primi, con quell’atteggiamento trionfante di chi sa di poter scegliersi il posto migliore. Da lì in poi è un continuo ammuttare, sbuffare e lamentarsi: e c’è caldo, e ma quando si muovono, e ma non mi spinga, e scusi c’ero prima io, e salvo non ti avvicinare al molo va sinnò abbuschi. Insomma servono una ventina di minuti buoni prima che questo informe formicaio brulicante si disponga tra le file delle poltrone passeggeri all’interno dell’aliscafo. Chi necessariamente accanto al finestrino perché sennò soffoca, chi per forza lato corridoio sennò gli vengono i crampi alle gambe, chi in piedi accanto alla valigia perché “non si sa mai”. Sembra quasi che tutti gli acciacchi, le patologie e le fobie si scatenino proprio nella fase del «mi…e ora dove ci sediamo» mentre io, che non eccello di certo nell’arte dello sgomitare (datemi un buffet e rimango digiuna) mi siedo in un posto a muzzo e osservo intorno, che tanto il libro che puntualmente mi porto nello zaino («dai figurati se sull’aliscafo non lo finisco») nemmeno lo apro.

    La prima macrocategoria di turista che salta subito all’occhio e alle orecchie (in genere è la categoria più casinara) è l’Eoliano della domenica. La sua isola preferita è Lipari. Che ci vada in giornata o ci trascorra una settimana intera lui si porta dietro tutta la casa. Prima di partire compila un vero e proprio business plan su un foglio excel e cerca di non spendere nemmeno un euro in più rispetto a quanto programmato. Immaginiamoci un padre di famiglia medio borghese in stile Furio e Magda in Bianco Rosso e Verdone che non può lasciare nulla al caso. Vuole poter scegliere almeno tra cinque o sei hotel, si deve portare la sua macchina in cui trasferisce praticamente tutta la casa, compreso il cuscino memory foam senza il quale non riesce a dormire e non concepisce una vacanza in un posto sprovvisto di ospedale. Prima di partire conosce già tutte le spiaggie in cui portare i bambini e ha passato a setaccio tutte le recensioni su Tripadvisor di tutti i ristoranti e bar dell’intera isola. Ma Lipari è anche meta di frotte di ragazzini e adolescenti alle prime vacanze fuori casa con gli amici, mandati da genitori ansiosi che si tranquillizzano sapendo che in fondo Lipari più che un’isola è una specie di cittadina galleggiante in cui in caso di bisogno c’è davvero tutto.
    Dalla costola dell’eoliano della domenica nasce il Vulcaniano. Anche lui mette davanti a tutto la comodità (Vulcano è il primo scalo e da Milazzo arrivi facile facile in 40 minuti). A differenza di Lipari, Vulcano fa un po’ più isola. C’è meno confusione, ci sono meno macchine e c’è quel tocco esotico del puzzo di uovo marcio e del giallo dello zolfo che ti da quell’illusione di essere in un posto diverso dal solito. Qui il turista è molto simile a quello di Lipari; forse si nota qualche straniero in più richiamato dal fascino del campo fumarolico in cima al cratere, più una serie di anziani curvi e acciaccati e qualche giovane ipocondriaco. Tra molti Vulcaniani, infatti, è diffusa la convinzione degli effetti benefici dei fanghi. Li vedi immersi dentro la vasca a Baia di Levante come degli ippopotami rotolanti che si spalmano a vicenda chilate di fango grigiastro sulla pancia, sulle spalle, sulle gambe, sulla faccia. Noi li lasciamo li, con questa convinzione, insieme a funghi, matasse di capelli, pelle morta e chissà quale strano mutante si nasconda li sotto.
    Manco a dirlo, sia Lipari che Vulcano, un po’ per la presenza di locali notturni, un po’ per la vicinanza a Milazzo, sono le destinazioni preferite dalla maggioranza dei tasci e mammoriani di Sicilia e Calabria. Ecco che, quindi, appena abbandonati i porti delle prime due isole, all’interno dell’aliscafo si compie una strana magia: cala il silenzio. Tutto il concentrato di urla e schiamazzi si trasferisce sulle strade e tra i bar e i negozi di Lipari e Vulcano, mentre gli altri passeggeri proseguono il loro viaggio in mare.
    Alicudi e in parte anche Filicudi sono le mete degli integralisti. Gli integralisti della lettura, dell’essenziale, dell’isolamento, del silenzio e delle immersioni subacquee. Quando l’aliscafo si ferma, a scendere sono coppiette di turisti tedeschi o francesi, ma anche silenziose famigliole del nord italia con bimbi piccoli e senza troppe pretese. Alicudi è uno scoglio in mezzo al mare in cui non solo non hai macchine, ma proprio non hai neanche le strade. Tutto si sviluppa in altezza seguendo una mulattiera di sassolini sconnessi. gradino 15: farmacia; gradino 27: poste; gradino 135: locanda di Nonna Pina (per dirne una). C’è solo un albergo-bar che di sera fa anche da ristorante. Assolutamente inesistente un bancomat. Una sola spiaggia raggiungibile a piedi. In genere il turista ci viene in giornata, ma se invece la sceglie per una settimana, è di sicuro un integralista.
    Salina è la preferita degli amanti della natura. È l’isola “montana” e selvaggia per eccellenza. I suoi due rilievi sono completamente incontaminati e ricoperti di un rigoglioso e fitto tappeto verde, boschi all’interno dei quali si possono percorrere sentieri di corbezzoli e felci senza nemmeno avere l’impressione di essere su un’isola. E poi il mare. Anche per chi non ha la barca, Salina regala calette di un azzurro cristallino.
    E poi c’è Lei. La Splendida. La mia turista preferita. La Panarea Addicted.
    Lei viaggia solo con valigie Louis Vuitton e con due iPhone 6 in mano (uno con la scheda per gli amici e l’altro con quella del lavoro, perché «cioè, capito, cheppalle, non riesco a rilassarmi neanche in ferie»). La vedi arrivare sull’aliscafo con un prendisole basic color (o bianco o nero) rigorosamente traforato che ricorda tanto i centrini a uncinetto di mia nonna. Non ha le infradito, ma le zeppe. Smalto sulle unghia dei piedi e delle mani, che controlla ognitrentasecondi per assicurarsi che non si sia graffiato o sporcato. Ogni accessorio e capo d’abbigliamento vorrebbe dare l’impressione di essere stato accostato li così, per caso, della serie “ho messo addosso la prima cosa che ho trovato” ma in realtà è il risultato di un preciso e attento studio scientifico durato settimane. Lei non va in vacanza: va ad un contest di alta moda. In genere viaggia con il fidanzato (che indossa una camicia bianca di lino rigorosamente a maniche lunghe anche con temperature cocenti e che porta entrambe le valigie, la propria più quella di Lei) oppure con un’amica, sua fotocopia o, ancora, con un microcane da borsa. Arrivata sull’isola la sua settimana vola tra aperitivi, feste in ville private dopo le quali dorme fino all’ora di pranzo, orario in cui finalmente fa colazione per poi farsi due orette di mare e quindi ricominciare con l’aperitivo. Il suo profilo instagram è pieno di hashtag del tipo #mare #estate #eolie #splendidapanarea #summer #foreverfriends #love ma in cui di fatto si vede solo la sua faccia in posa, e nient’altro.

    Infine, l’ultimo attracco è riservato a Stromboli.
    Le poche anime rimaste all’interno dell’aliscafo diretto all’ultima isola si scrutano tra loro in un mix di diffidenza, di curiosità e di intima consapevolezza. Come se non servissero parole, loro sanno di andare in un luogo davvero diverso dagli altri. In realtà il quadro è un po’ più complicato perché i turisti strombolani si dividono in due categorie: i modaioli e i veri affezionati. I modaioli costituiscono un segmento della categoria Panarea Addicted che, consci della propria natura, rifiutano l’appellativo del “fighetto” e cercano asilo e riscatto in un’isola meno bersagliata da stereotipi ed etichette. Si professano come quelli che “non puoi capire, dal momento in cui ho messo piede a Stromboli…niente…amore a prima vista” però sono traditi dal loro stile di vita (assolutamente identico a quello della turista di Panarea) e dal fatto che se gli chiedi se sono mai saliti ai crateri ti rispondono con faccia incredula «Salire su? Ma daaaai? Si può salire ai crateri? Ah ma ecco allora cosa sono tutte quelle lucine che camminano sulla montagna di notte! Ma dai ci sono eruzioni? Ma che figata!».
    I veri affezionati invece sono quelli che Stromboli la chiamano Iddu e la conoscono per davvero perchè magari l’hanno sperimentata anche in altri periodi dell’anno, quando da il meglio di se. Sono quelli che cercano il silenzio delle stradine buie la sera e non concepiscono la presenza delle auto in un’isola. Sono quelli che tornano e ritornano ogni anno ma dormono sempre nello stesso posto e mal digeriscono i bruschi cambiamenti a cui l’isola è andata incontro nel corso degli ultimi anni. Sono quelli che vanno in bestia quando vedono la propria isola maltrattata o sporcata e che non sopportano di essere considerati dei semplici turisti.

    Post scriptum: chiaramente questo è un breve prontuario delle categorie più generiche del turista medio che si aggira per le isole Eolie e di cui io mi sono divertita a tracciare i connotati, secondo il mio personale punto di vista. Ma si sa, è l’eccezione che conferma la regola.
    In ogni caso, da questa lista sono esclusi i turisti provvisti di barca. Loro sono dei privilegiati e non sono classificabili in quanto possono permettersi di vivere al meglio ognuna di queste isole. Hanno tutta la mia invidia e, eventualmente, anche il mio numero di telefono.

    Ospiti
  • 12 commenti a “Fenomenologia del turista eoliano”

    1. Post molto utile nel favorire la peristalsi intestinale.

    2. ohhhh talè, cappedduzz’i lana tuinnò, chi sugnu priatu!!!!
      ma comè chi ssì ancuora cca però?? chi ffa, un t’appattasti cu luca in australia?? chi è, troppo stravacanti puru pi ttia vieru??
      Comunque, le eollie posto pì ccu avi i picciuli sunnu: me cucinu ri teizzo grado asparino vinnu muluni a panarrea a 20 euri l’unu e i bagni s’i fa iddu non i turisti!!!!

    3. E tu sei turista Panarea Addicted?

    4. Vi ricordo che questa non è una chat.

    5. Analisi perfetta, soprattutto per Lipari e Vulcano. Ci vanno milazzesi e barcellonesi che non riescono a vedere oltre il proprio naso

    6. Mi spiace non avere una barca, altrimenti t’avrei chiesto il numero.

    7. Mi debbo informare di Tasci e Mammoriani….sono Marchigiano e pratico a ripetizione quando posso Vulcano… Anzi Gelso per essere precisi. Ma la lettura è stata spettacolare. grazie

    8. Post divertente e nello stesso tempo diffamatorio.
      L’autrice pensa che in altri posti in Sicilia siano “FORTUNATI” e fighetti come lei ?

    9. Post fatto da persona snob. Testo garbage di cui si potrebbe fare a meno

    10. Michela sei grande.

    11. Chi si occupa di fenomenologia è esso stesso fenomeno, ovvero manifestazione stessa del manifestato che viene espresso mediante il linguaggio. L’autrice è fenomeno, il post fenomenale. L’osservazione acuta degli enti (i soggetti) e degli eventi (i fatti e gli oggetti) le ha permesso di affrontare uno studio (si, trattasi di ricerca che richiede tempo, concentrazione e spirito osservativo) fenomenico per costruire una ‘storia romanzata’ (direbbe Hegel nella Fenomenologia dello Spirito) che ha saputo cogliere lo spirito degli attori-turisti attraverso interessanti intuizioni sulle loro intenzioni -più o meno consce- di appartenere all’universo-mondo delle Eolie. La fenomenica descrizione dell’autrice costituisce un punto di partenza (Milazzo) per un lettore ermeneuta che incuriosito userebbe questo racconto come ipotesi da mettere alla prova secondo per conferme e smentite. Tutto ciò con l’unico obiettivo che ha la lettura di una fenomenologia: entrare in dialogo con l’autore e con se stessi. Grazie per la chiacchierata.!Speriamo di leggere ancora tanto altro di lei…

    12. Grazie Max per la tua attenta e…filosofica analisi 🙂
      A gli altri chiedo su che base io sarei fighetta e snob 🙂

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