Sono passati dieci anni ed eccoli lì: Rosalio continua
C’è stato un tempo, mi dico, in cui non esisteva il “mi piace”, ma come caspita comunicavano senza il mi piace?, e confessiamolo chi, in chat, non ha lanciato un mi piace, ovvero un pollicione alzato, incidentalmente? Partono che è una bellezza.
Il mi piace ha velocizzato la comunicazione web, vuoi mettere l’utilità rispetto alla fatica di pensare e vergare un commento?.
La stessa domanda, come comunicavano prima, me l’ero già posta una volta riguardo gli sms e giusto qualche anno prima per le email, la domanda era sempre la stessa, come facevamo a comunicare a dovere prima, senza l’sms, e addirittura senza la posta elettronica? Domande precedute solo dalla comparsa del cellulare – che tutt’ a un tratto designava il telefonino portatile, mentre prima era la camionetta dei galeotti – e dava il via a un incredibile quesito: Ma veramente siamo sopravvissuti fino agli anni Novanta senza telefonino?.
Ecco, sono passati dieci anni e mi chiedo, ma come faceva Palermo prima, senza Rosalio? Senza questa vera palestra di democrazia dove scrivevano e hanno scritto tutti? Persino io, che un pomeriggio incontrai Tony Siino da Aluia e gli suggerii di mettere insieme un pugno di firme. Ah non lo so com’è andata e perché mollai, ma Rosalio quell’anima lì l’ha mantenuta, è un luogo pop quanto basta, nostalgico, autorefenziale, ma non è un antro per polemici, e nemmeno un blog dove pascolavamo troll, non l’ho mai pensato nemmeno quando ha preso posizioni distantissime dalle mie o quando qualcuno si divertiva a commentare sarcastico i miei post.
Palermo, confessiamolo, è una città estremamente social, sia con foto – basta guardare certi scatti condivisi non appena piove per documentare i diversi allagamenti – che con dichiarazioni e con opere come il tram. Penso che molti blogger stiano affilando le penne e i loro tool nell’attesa di incontrare il tram ingargiato, ovvero bloccato, nel traffico per poterlo immortalare coi loro tablet.
Palermo è un luogo dove spira un venticello polemico costante e dove chi fa dà fastidio e chi non fa pure, che usa se stessa come parametro per misurare il mondo. Rosalio è stato una specie di piccolo faro, perché non era e non è un giornale – ricordo ancora un addetto stampa istituzionale che mi disse «i blog e i social sono una perdita di tempo», sbagliava – ma ha lottato nel tempo, per offrire differenti punti di vista, a volte scomodi, un posto “dove venivi pubblicato” – prima del diluvio di pagine cittadine digitali – potevi segnalare eventi, anche solidali, spesso modani, tutto per essere autorevole. Spesso Rosalio è riuscito in quest’opera di dialogo, di confronto fra i diversi strati di questa città frammentata, più veloce di molta informazione consueta. Con un linguaggio spesso più sentimentale, più intimo, più rappresentativo, non a caso l’headline recita A Palermo pure io. Una comunicazione farcita da palloni Supersantos, estati a Mondello, cabine, ciabatte, dove potevi sentire il profumo di pasta con le sarde, arancine e pezzi di rosticceria. Una dichiarazione di esistenza delle nostre radici che ha fatto scuola, che ci ha fatto sentire all’avanguardia. Sono passati dieci anni ed eccoli lì. Rosalio continua. Non tutte le città hanno un blog come Rosalio e di certo non tutti i blog hanno una città come Palermo da raccontare. E scusate se è poco.
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